Consigli di Petronilla: Come presentare le portate .2

Consigli di Petronilla: Presentare le portate 1

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Presentare i piatti delle varie portate?
Sempre in modo molto appariscente, amiche mie, io preparo (e faccio preparare e disporre) le pietanze nei loro piatti; giacché anche in questo campo l’apparenza esige la sua buona parte. Tanto, anzi, l’esige che persino un piatto non eccezionale, se ben presentato, diventa di colpo un piatto desiderato. Le vetrine dei salumieri (ma dei salumieri di gran lusso) ogni giorno ce ne danno, infatti, la prova lampante.
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La semplice Insalata russa in forma, i pasticcetti di fegato, le conchiglie di pesce, le cosce di pollo in gelatina, il vitello lardellato, il vitello tonnato; insomma tutti piatti che ognuna di noi saprebbe preparare, ci fan rimanere lì, di stucco, ci fan venire l’acquolina in bocca, ci fan persino aprire il borsellino, perché… Perché quella scodellina di bianca carta pieghettata, quel trasparente velo di gelatina, quel verde pistacchio, quell’ olivetta bruna, quella listerella di peperone rosso, quel dischetto di limone, messi lì e là con quel tal garbo, danno ai piatti quell’ario di sopraffino, di aristocratico… danno insomma quell’ apparenza che (non c’è che dire) tante volte vale più della sostanza stessa!
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Ma… non è così anche di noi, donne? Più valiamo quanto maggiore è l’eleganza con la quale… ci presentiamo! Io… (lo sapete) io sono la semplice Petronilla, e di certo non «gran maestra» di alte eleganze in fatto di cucina; né saprei (lo confesso) presentare un piatto come lo sanno presentare i cuochi istruiti e diplomati nelle… università cucinarie; ma poiché è a voi, che parlo; a voi che, al par di me, dovete voi stesse tutto fare nelle vostre modeste case, così eccomi a dirvi con quale modesta eleganza io presenti i miei piatti, affinché anche voi, che non osate e non sapete, possiate a cuor tranquillo osare e fare.
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Per gli antipasti,
che devono iniziare soltanto colazioni ricercate (mai pranzi), ma che possono anche rappresentare una bella e appetitosa cena quando voglio far… le cose in grande, e quanto assai varia è, quindi, anche la varietà degli antipasti, preparo tanti piattini (io ne possiedo 12, tutti uguali, non grandi, e un po’ concavi, quelli, cioè – ve lo dico in un orecchio – che uso per creme, frutta cotta e gelati); colmo ciascuno d’essi, e con certo garbo, di questa o di quella merce; adorno quelli di salumi con mucchietti di gelatina che tagliuzzo con il coltello per darle un aspetto di… tremolante ghiaccio; e tutti i piattini (in ciascuno un cucchiaino od una forchettina) li dispongo nel mezzo della tavola tra i ciuffetti di verde prezzemolo.
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Effetto? Sempre assai appetitoso ed invitante. Ve lo raccomando. Gli antipasti devono invece essere da colazione modesta in casa modesta? In questo caso, dispongo vari salumi sul nudo piatto di portata; ne adorno la superficie con olivette verdi e gelatina tagliuzzata, e nel bel mezzo dispongo un ciuffo di prezzemolo oppure un rosso radicchio trevisano (forchetta e cucchiaio).
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La minestra?
Se asciutta sul piatto di portata (cucchiaio e forchetta); se in brodo, naturalmente nella zuppiera (cucchiaione); ma il coperchio, dato che non serve, quello lo… scordo in cucina mentre mai non scordo il cucchiaino della formaggera ricolma di cacio trito. (Attente, figliole – predicava zia Caterina – attente, prima di grattugiare il formaggio di raschiarne sempre l’untume nero, se volete il trito scevro di poco attraenti briciole scure!).
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Il Pesce
sempre intiero (e sia lessato che arrostito), disteso sull’apposito piatto lungo da portata rivestito dell’adatta tovaglietta bianca; e contornato di ciuffetti di prezzemolo e spicchi di limoni alternati con rossi gamberoni di ruscello lessati (l’apposita posata da pesce, o cucchiaio e forchetta).
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Il piatto freddo
– che dev’essere sempre ricoperto di gelatina e contornato, come vi ho detto, con le prelibate leccornie serbate in credenza – su un piatto nudo (cucchiaio e forchetta).
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Il Fritto
su un piatto rotondo e rivestito da una rotonda tovaglietta bianca; e qualsiasi fritto lo presento scottante, e radunato a montagna che guarnisco, alla base, con spicchi di limone alternati con ciuffetti di prezzemolo fritto (cucchiaio e forchetta). Amichette, non sapete come si frigga il prezzemolo per ornare i fritti? Così: ogni ciuffetto di prezzemolo fresco lo si tuffa in acqua; leggermente lo si scuote a farne sgocciolare l’acqua abbondante; lo si immerge in olio bollente (gran fuoco) e lo si toglie subito, con lo scolino, ancor verde ma di già indurito.
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Le verdure
su piatto rotondo e nudo; e contornate da listerelle, triangoli, quadratini, ritagliati in pane da crostoni (senza la crosta), fritti in burro bollente e, o tali e quali, o prima tuffati in ovo battuto, indi spolverati di pane trito (forchetta e cucchiaio). Attente, amichette che non sapete, di friggerne soltanto 3-4 alla volta; di rivoltarli spesso; di toglierli appena li vedrete imbruniti e di starvene bene all’erta che non si faccian neri; e quindi amari in modo veramente insopportabile.
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Le carni
sempre già trinciate (anche i polli), ben disposte su piatto nudo (forchetta e cucchiaio ) e adornate con 2 ciuffetti – uno di qua, uno di là – di insalata variegata.
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L’insalata,
che deve sempre accompagnare gli arrosti, già condita; (l’apposita posata che deve essere, almeno in parte, non di metallo).
Il tegame di rame o di pirofila – nel quale venne cotta una certa pietanza che richiede di venir presentata, anche in grandi pranzi, nello stesso recipiente appena tolto dal calor del forno o delle brage – su piatto rotondo rivestito da una tovaglietta bianca; oppure circondato al completo da un tovagliolo arrotolato, e su piatto rotondo e nudo (cucchiaio e forchetta).
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Il dolce se…
crema-semifluida, in tante scodelline, o tazzine da tè, o bicchieri da sciampagna, quanti sono i commensali (piccolo piatto; su questo un tovagliolino rotondo; sul tovagliolino il bicchiere o la tazza col suo piattino; il cucchiaino). A certe creme dà bella apparenza e buon gusto una ciliegina sotto spirito sita nel mezzo d’ogni tazzina.
Se bodino, quale la zuppa inglese o il dolce diplomatico, cioè un misto di biscotti o di creme o marmellate, in vaschette di cristallo o di vetro (cucchiaio).
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Se torta, intatta e su piatto rotondo rivestito della relativa tovaglietta traforata (se la torta è soda, «posata per torta» o – se il «servizio» non fosse ben provvisto – coltello e forchetta; se la torta è tenerella, «paletta per torta» o cucchiaio e forchetta).
A certe torte dà bella apparenza una guarnizione di frutti canditi; a quelle sode, una bianca impolverata di zucchero a velo, od una vesticciola di bruna cioccolata.
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E se anche voi voleste vestir con cioccolata una torta, comperatene dal droghiere 1 etto (di quella chiamata «per usi di cucina»); sminuzzatela con il coltello; mettetela in un pentolino; aggiungete un cucchiaio (non più) di acqua; mettete il pentolino a fuoco assai basso; mescolate con cucchiaio di legno (il più piccolo che possedete) e appena vedete la cioccolata sciolta, subito subito, e prima che si riscaldi troppo, versatela e stendetela sulla torta.
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Se invece voleste ben degnamente, o ben artisticamente, o ben allegramente, impolverare di bianco una torta, tagliate, in cartoncino, un disco del diametro stesso della vostra tortiera; sul disco disegnate o foglie, o stelle, o parole bene auguranti – specie se dovete festeggiare un onomastico (W GIOVANNI!), la promozione del ragazzo (W W IL LICEALE!), l’onorificenza del marito (W W IL CAVALIERE!) o semplicemente degli invitati assai cari (W IL NONNO!); colle forbici intagliate (indi asportate) le parti interne dei vari disegni; applicate il disco sulla superficie della torta; impolveratelo con zucchero tutto quanto; togliete il disco con precauzione (adagio che non si sposti!) e vedrete così spiccare, sul fondo scuro della torta e nel biancore dello zucchero, gli ornati e le parole ben-auguranti che faran salir sorrisi su tutte le labbra!
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I formaggi,
ognuno con la relativa crosta intatta, ma tutti senza carta (sia pure pergamenata e con tanto di… grande marca); ben disposti su piatto preferibilmente rettangolare e preferibilmente anche di vetro… e sempre nudo, ché le tovagliette si appiccicano ai formaggi molli (coltello e forchetta).
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Le frutta
io le presento tutte insieme commiste in un certo cesto foderato di foglie fresche o, quando non posso averle, nudo. Il mio cesto è col manico; intrecciato in grossa paglia e rustico nell’aspetto. Io stessa l’ho verniciato in verde smagliante e lustro usando «smalto sintetico» (quello che in 2, massimo 3 ore, è già asciutto); e al manico ho annodato un nastro di seta color verde-cangiante. Verde il cesto, perché in solo verde io soglio ornar la tavola; ma qualora volessi ornarla con fiori rosei, azzurri, rossi, mi sarebbe assai facile – con una pennellata e un po’ di nastro – adattare anche, il cesto delle frutta, al colore… predominante. (Se tra le frutta sono noci e mandorle, lo schiaccianoci sulla tavola; se sono frutta secca, la «pinzetta per frutta», od una forchetta, nel cesto).
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Il caffè
io lo presento così: sul grande vassoio nudo (e nudo giacché il mio è… bello, ché se fosse invece soltanto discreto, lo rivestirei con una tovaglietta); la caffettiera e, naturalmente, la mia caffettiera… bella che, prima di colmare di caffè, faccio anche riscaldare là, in cucina, riempiendola d’acqua bollente; la zuccheriera (pinzetta o cucchiaino); tanti piatti quanti sono i convitati, e l’uno sull’altro sovrapposti perché occupino, così, lo spazio di un solo piatto e fra piatto e piatto un tovagliolino rotondo; le tazze tutte in giro, ma una, con piattino e cucchiaino, sul primo dei piatti, e un’altra, con cucchiaino, sul primo dei piattini che, per ragioni di spazio, pure sovrappongo; su di un lato del vassoio, gli altri cucchiaini. Piatti, piattini e tazzine, io li ho tutti ugualmente decorati, e qualora la vostra provvista del «servizio per caffè» non fosse ancora fatta, vi consiglio, amichette, di comperarlo così quanto il mio, al completo… perfetto.
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I liquori
io li presento così: i soli bicchierini su di un piccolo vassoio (nudo o vestito), e le bottiglie, quelle, me le faccio recare sulla tavola; e poiché, quando si tratta di far brillantemente figurare la mia casa, io sono (ve ne sarete già accorte ed io stesa lo confesso) più spaccona che modesta, così me ne faccio portar parecchie, e fra quelle dei mie liquori casalinghi non faccio mai mancare quella della… non casalinga, ma italianissima grappa. Così, in casa della Petronilla, vengono presentati i vari piatti; e così pur voi – amichette che non osavate non sapevate – ormai edotte anche in questo campo, potrete con… sapere e coraggio fare e osare.
Ma… e la tavola? Come
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Apparecchiare la tavola
perché sia degna di quelle pietanze squisite, di quella tovaglia sì ricca, di quel vasellame tanto ricercato e di quei piatti delle pietanze che verranno recati dalla cucina in tavola nelle loro vesti sì appetitose ed attraenti? Secondo il gusto personale, amichette care, e che non è in tutte noi uguale; ma se incerte, timorose, inesperte, voleste consigli di Petronilla anche sul modo di degnamente preparar la tavola, vi consiglio: sempre una certa cura, amichette mie – sempre – anche per i pasti quotidiani, se volete che il desco appaia riposante al marito che rincasa stanco per il lavoro della giornata, e rallegrante ai vostri cari ragazzi. Vi sian così la tovaglia non mai rosseggiante di vino o di pomodoro, i piatti e le posate bene ordinati, i bicchieri ben disposti, la saliera sempre colma di sale e con infisso il minuto cucchiaino, le bottiglie dell’acqua e del vino mai non manchino di una certa simmetria; e… quanto costa un fiorellino?
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Niente; ma anche un solo fiorellino (e persin di prato) che, nel mezzo della tavola, sorrida dal suo vasetto, va di continuo ripetendo: «Mangiate di buon appetito, cari, ciò che per voi ha preparato la sposa, la mamma che, con le sue piccole mani, e perché vi rallegri, mi ha posto qua». Quando, poi, si hanno invitati… Vorreste ora dettagliatamente sapere come io apparecchio la tavola, quanto ho invitati perché all’occasione vi sia così facile seguire l’esempio mio? Ebbene; così:
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Stesa sulla tavola la tovaglia dopo averne tolto col ferro da stiro caldo le pieghe) e distribuitivi i sottopiatti, preparo i coperti.
«Coperti? Brutta parola, mamma, questa; parola che, essendo un vero francesismo, non esiste nemmeno nei vostri vocabolari». Così m’ha ammonito il mio dotto Tita quanto mi ha sentita un certo giorno pronunciarla; ed ha pure aggiunto: «Devi invece dire: il posto apparecchiato sulla mensa per ciascun invitato». Ma io, ben sapendo come la parola sia ormai d’uso comune in tutta Italia, io – non badando al mio dottissimo figliolo – anche oggi ripeto:
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I coperti io li preparo così: metto un piatto al posto d’ogni invitato o su ciascun sottopiatto (io sto sempre ben attenta che il numero dei commensali non ecceda le possibilità della mia tavola); sul piatto, metto il tovagliolo ripiegato in 4; e sul tovagliolo un piccolo pane e 2-3 grissini che vengono tanto gustati da tutti. A destra dei piatti, colloco il coltello (taglio della lama che guardi i piatti) e un po’ più all’esterno il cucchiaio (punta in giù); a sinistra la forchetta (punta in giù).
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Davanti ai piatti metto, perfettamente allineati, il bicchiere per l’acqua, quello per il vino, e – se quel giorno offro vino bianco – anche il calice verde. Null’altro, ché, al mio gusto, sulla tavola non dovrebbero sovrabbondare posate e bicchieri. E nel suo mezzo, come si dovrà apparecchiar la tavola? A seconda del vostro gusto, amichette mie; a seconda di quanto possedete; e anche a seconda della maggiore o minore… sontuosità del pranzo.
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Così: possedete un vero centro da tavola?
– Possedete, cioè, un vassoio che sia ben «sagomato», che abbia uno specchio per ripiano, ed una cornice d’argento vero o d’argento finto? Allora, collocate quello nel mezzo della tavola; adornatelo con statuette di porcellana (se le avete); e sempre con fiori che dovranno essere minuti, freschi, senza il gambo, e distribuiti sia a coroncina alla base delle statuette, sia a mazzetti sparsi: e ad ornar tavole si prestano, a seconda della stagione, le roselline, le violette, le margherite, i non-ti-scordar-di-me, i lillà, i rossi fiorellini staccati dai mazzetti dei gerani, le gialle palline della mimosa; e a seconda delle circostanze il vischio (a Capo d’Anno), il pungitopo, con le loro palline rosse (a Natale); i fiori di pesco o le margheritine di prato (a Pasqua). Non avete fiori?
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Decorate allora la tavola con verde: cioè con rametti a foglie minute (asparago piumoso, capelvenere, felci) o con sole piccole foglie (edera, ligustro) staccate dal ramo. Non possedete un «centro da tavola»? Sostituitelo, allora, con una bella coppa dalla quale ricadano rami di asparago e si ergano fiori dal peduncolo corto, o pianticelle basse, ché non ostacolino la… vista del dirimpettaio. Non possedete nemmeno una coppa che sia adatta ad ornare una «bella» tavola? Possedete però 2-4-6 vasetti tutti piccoli, uguali, e di vetro, o di porcellana o (meglio ancora) d’argento? Mettete allora fiori e verde nei vasetti, e distribuite i vasetti qua e là sulla tavola.
Manco vasetti possedete? Allora ornate la tavola o con solo verde (asparago o foglie staccate) sul quale distribuirete i fiori, o con soli fiori recisi con le loro fogliette (rose, viole) e la vostra tavola ben apparecchiata e ben «infiorata» sarà ugualmente (ve l’assicuro) elegante e… bella.
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Sulla tavola apparecchiata, non potranno naturalmente mancare 1-2 brocche d’acqua fresca, brocche di vetro bianco o colorato; e 1-2 bottiglie di vino, ugualmente di vetro, ma bianche e possibilmente colme l’una di vino bianco, l’altra di vino rosso (gran peccato, bisogna convenirne, dover travasare, dal suo fiasco… natìo, un chianti di gran marca, per rinserrarlo in una comune bottiglia, ma se il pranzo non è di grande, di grandissima confidenza, il fiasco – sia pure col suo bel portafiaschi di metallo lustro – sulla tavola assolutamente non va).
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Le bottiglie, sulla tavola, mettetele accoppiate (l’una dell’acqua vicina all’una del vino); e se la tavola è lunga e stretta, ponetele sulla linea del mezzo in fila indiana (acqua, vino, centro, vino, acqua); se la tavola invece è rettangolare, ponete una coppia di qua e una coppia di là, ai due estremi del lato più lungo. Sulla tavola dovranno essere anche 2 saliere colme di sale raffinato (lisciate nella superficie con la lama del coltello e non scordate i relativi cucchiaini di vetro, d’osso, d’argento) accoppiate con 2 pepaiole; e, nelle grandi occasioni di grandi pranzi faranno sempre una magnifica figurona, sulla tavola, anche le candele colorate, con le loro fiammelle tremolanti, spesso guizzanti, sempre vive e parlanti (e questo, ve lo confesso, è l’ornamento che, sopra tutti, prediligo io e del quale faccio persino… forse… un po’ d’abuso).
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Dite: anche voi vorreste le candele colorate, e averle anche poco spendendo? Allora con qualche pennellata dall’alto al basso, su comuni candele bianche, di «vernice trasparente a spirito» (cioè di quelle vernici che tosto s’asciugano e che sono in commercio d’ogni colore) ecco, poco faticando e poco spendendo, soddisfatto il desiderio d’aver candele che, accese, avranno tale e quale l’aspetto delle costosissime candele che si comprano dai droghieri.
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Ma e i candelabri? Ne possedete di adatti? No? Allora tronchi di trapezio (o di cono) di legno ben levigato e con il loro buco nel mezzo per infiggervi le candele (con pochi soldi ve li fabbrica ogni tornitore) e da voi stessi poi verniciati con «smalto sintetico» nel colore desiderato, potranno, e con bell’effetto, sostituire anche gli stessi candelabri d’argento.
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Avete, infine un bel portampolle? Un bel porta stecchi? Ebbene, lasciate entrambi sulla credenza ché, di olio e d’aceto, le pietanze che si recano in tavola non devono necessitare mai; e se alcuno, malato di fegato, non volesse saperne, di salsa maionese con il pesce, il portampolle sarà lì a portata di mano, per soddisfarlo. E in quanto poi al porta stecchi… Monsignor Della Casa, nel suo «Galateo», non ammonisce che è sconcio mostrarsi ai convitati mentre…? Inchiniamoci dunque tutti quanti, in ubbidienza, davanti a «Madama Creanza», e abituiamoci a non aver bisogno di quel fuscello di legno, mentre si mangia. Amichette mie, siete ormai bastantemente edotte?
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All’opera, allora; e se il borsellino lo permette, se la buona volontà non vi difetta, se il necessario per ben apparecchiar la tavola non manca, se quel tantin di buon gusto nel saper disporre questo e quello c’è, e se, soprattutto, l’occasione si presenta… fate e osate, certe del successo.
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Ma, e i Posti come assegnarli?
– Io mi regolo così: i posti così detti di «capo tavola» non sono due? Ebbene; quello di qua me lo prendo io; quello di là, lo riserbo a mio marito; il posto alla mia destra, lo assegno al signore di maggior riguardo o di più grave età; quello alla destra di mio marito, alla signora di maggior riguardo o… meno giovane di tutte l’altre. Cerco di alternare signori e signore; e se fra i commensali sono giovanotti e signorine, allora… Oh, allora, con femminile furberia e femminile desiderio di facilitare la felicità di due creature, assegno, a quel tal giovanotto il posto vicino a quella tal signorina, giacché… non si fanno anche a tavola certe conoscenze che possono legale per la vita intiera?
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E, tutte noi, donne, non siamo tante felici quando, per amorosa opera nostra, vediamo…? Se i convitati sono tanti, ad evitare quel po’ di «confusione» che non può mancare quando «in stretta schiera» si fa il «solenne ingresso» nella sala da pranzo… valgono molto i segnaposto; cioè cartoncini che si mettono sul tovagliolo d’ogni «coperto» con su scritto il nome… di chi deve sedere sulla sedia che c’è, pronta, lì.
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I «segnaposto», più o meno decorati, e quindi più o meno costosi, si possono comperare da tutti i cartolai; ma se voi, al par di me, voleste fabbricare all’economica graziosi «segnaposto», ritagliate i cartoncini; scrivete nel mezzo di ciascuno il nome; e filettateli poi con colore all’acquerello, o con «bottone d’oro o d’argento» sempre all’acquerello, e servendovi di un pennellino bagnato d’acqua. (A scansar la difficoltà di una perfetta pennellata dritta, io… che non sono Giotto, la faccio sempre ondulata). Quando tutti sono seduti; quando tutti son lì ad ammirare «la bella tavolata» e tutte le mani stanno già spiegando i tovaglioli, si comincia a «servire» il pranzo.
Consigli di Petronilla: Presentare le portate

Petronilla, chi era?Ricette della Petronilla libri

  • PETRONILLA: svolse un ruolo importante negli anni delle ristrettezze economiche dovute alla guerra. Di fronte alla drastica riduzione dei beni alimentari disponibili, proponeva i suoi suggerimenti «sul modo di sbarcare il lunario mangereccio, consumando poco grasso, poco riso, poca pasta, poca farina e poco zucchero; spendendo pochetto ma….nutrendo bastevolmente»
Ricette di Petronilla per tempi eccezionali
Consigli di Petronilla: Come presentare le portate .2

Consigli di Petronilla; Presentare le portate .2

Le idee per decorare un piatto e renderlo gradevole alla vista sono innumerevoli e quasi sempre quello che si ha in casa può servire per aggiungere una nota di colore, una rifinitura ad un piatto un po’ spoglio.

Gli Antipasti
Insieme agli aperitivi si servono canapé, tartine, stuzzichini: basta presentarli su un vassoio o accomodati su un piatto coperto da un tovagliolo ben stirato, magari ravvivando il tutto aggiungendo qualche ravanello ben rosso, fresco e con attaccata qualche fogliolina o intagliato come si può vedere
Altre semplici decorazioni potranno essere, secondo i casi, olive nere, fette di olive verdi con ripieno di peperone rosso, mezze noci, pistacchi, fette di cetriolo, ecc.

Quando l’antipasto è costituito da affettati misti, potete disporre le fettine di salumi un po’ mosse e leggermente arricciate, e farle ricadere da un mezzo melone. Potete completare con riccioli di burro o pezzetti di formaggio oppure sottaceti.
Quando servite prosciutto e melone, un altro antipasto dei più consueti, potete studiare qualche presentazione decorativa: disponete le fette di melone a raggiera in un grande piatto rotondo e le fette di prosciutto negli spazi tra un spicchio e l’altro. Un ottimo accompagnamento per salumi sono anche i fichi freschi: potete disporli decorativamente al centro o lungo il bordo di un grande piatto che accoglierà anche i salumi; e saranno ancora più decorativi se li pelate, li incidete dalla parte della base con due tagli in croce, senza dividere completamente gli spicchi, e li aprite a fiore.

Anche un antipasto di crudità, cioè di verdure crude, si presta a presentazioni attraenti: potete accomodare le verdure a settori o ad anelli concentrici in un grande piatto o anche su un vassoio di vimini; se sono in un piatto, potete adagiarle sopra uno strato o una cupola bassa di ghiaccio tritato, che le terrà fresche e porterà una nota di accuratezza ed eleganza.

Le minestre e i primi piatti
In questo caso, un piatto può non avere bisogno di essere presentato con decorazioni varie: non c’è da aggiungere niente ai ravioli conditi con burro e formaggio, andranno soltanto accomodati con cura in un recipiente di servizio, oppure a una minestra di verdure miste, già ricca di colore.

Il risotto può non avere bisogno di niente, tranne che di essere ben accomodato in un piatto. Ma, se la ricetta comporta una guarnizione, potete mettere il risotto, premendolo leggermente, in uno stampo a corona imburrato; dopo un paio di minuti sformate e disponete la guarnizione nel suo foro centrale oppure parte nel centro e parte intorno alla corona di riso: il piatto avrà così un aspetto più festoso.

Perché una pastasciutta faccia maggiore figura, a volte basta tenere da parte un poco del sugo con cui la condite, e versarlo poi al centro della zuppiera, senza più mescolare. Su una pastasciutta rossa stanno poi benissimo foglie di basilico ben fresche e di un bel verde vivo, tritate grossolanamente o anche spezzettate con le dita.

Qualche volta il vostro gusto vi dirà che è necessario un piccolo tocco per rialzare il tono dell’insieme o per rompere la monotonia di un colore: così, una minestra molto brodosa può essere ravvivata da prezzemolo fresco, tritato grossolanamente, e una crema di pomodoro diventa più attraente se la cospargete di anelli di cipolla o di porro; su altre creme possono fare meraviglie una fresca cimetta di basilico o di menta, al centro di ogni piatto fondo individuale, oppure foglioline di prezzemolo o, se ne avete, steli di erba cipollina tagliate a piccoli pezzi; o, ancora, dadi di polpa di pomodoro o crostini di pane fritti.

Qualche volta il vostro problema può essere di semplificare il servizio. Un facile sistema è quello di servire il primo insieme con il secondo, facendone un piatto unico e usando un risotto o una pastasciutta come contorno, invece di offrirle come portata a sé. Disponete, allora, il riso o la pasta intorno o di fianco alla carne o altra pietanza che devono accompagnare, in un unico grande piatto di portata; o fatene uno strato sul fondo del piatto e disponetevi la pietanza sopra; o accomodali a cupola al centro e disponete la pietanza tutt’intorno. Con un risotto potete fare anche dei “timballini”, mettendolo in stampini da créme caramel imburrati, premendolo leggermente e poi sformandolo per fare da contorno, per esempio, ha una carne.

I piatti di portata in metallo (hanno il vantaggio che non si rompono) vanno bene per quasi tutti gli usi.
Un bell’effetto faranno anche le preparazioni portate in tavola nei recipienti in cui si sono cotte: potete servire una costata sul tagliere usato per affettarla, o lo spezzatino in una pentola di terracotta, il soufflé nel suo stampo, le uova al tegamino nei loro tegamini.

Se i recipienti hanno un aspetto troppo disadorno, si possono presentare accomodati su un bel piatto.
Le preparazioni con molto colore possono star bene in recipienti trasparenti come la macedonia di frutta o l’insalata mista.
E’ importante anche che i recipienti in cui servite le vivande siano della giusta misura, quindi non troppo piccoli, ma neanche così grandi che il cibo vi appaia disperso e in poca quantità.

Se, però, avete a disposizione solo un piatto troppo grande, riempitelo con foglie di insalata, ma anche con i foglie di vite o di fico, ed anche con filetti di pomodoro, anelli di cipolla o di peperone, ravanelli con attaccata qualche fogliolina, spicchi di limone, sottaceti, crackers, fette di pane tostato, e così via.

Le carni e i pesci
Un piatto di carne con verdure di solito non ha bisogno di altre guarnizioni: p.e. il pollo arrosto insieme al contorno di cipolline, di patate, di carote. L’importante è che il cibo non abbia un’aria povera sguarnita, che mortifica anche l’appetito.
Si possono accomodare le bistecche su qualche foglia di insalata che si potrà mangiare o no, a piacere, e contornare con spicchi di limone che potranno servire anche per condirle. Oppure si possono guarnire con triangoli di pane tostato, fettime di burro e un pizzico di prezzemolo tritato; oppure, ancora, ornare con fette di pomodoro e anelli di cipolla.
Le cotolette alla milanese si possono guarnire con ciuffetti di prezzemolo magari riccio, e spicchi di limone o mezzi limoni tagliati a zig-zag;

Il bollito si può decorare con le stesse verdure che avete usato per insaporire il brodo, disposte con garbo nello stesso piatto della carne, o soltanto con la carota tagliata a fettine; un arrosto può essere contornato di patate fritte o arrosto.
In qualche caso, può fare da elemento decorativo la salsa o il sugo che completa il piatto, distribuiti con cura sulle fette di carne o i filetti di pesce. Attenzione che salse e sughi non sbavino o non abbiano sgocciolato sull’orlo del piatto di portata, dando a tutto l’insieme un aspetto trascurato: sbavature e sgocciolature vanno accuratamente tolte, prima che il piatto vada in tavola, con un angolo di strofinaccio o un pezzetto di carta da cucina.

Anche il vitello tonnato senza guarnizioni non avrebbe un un aspetto invitante e così, a ravvivare lo strato uniforme della salsa, si possono mettere in bell’ordine capperi, cetriolini sott’aceto tagliati a ventaglio, fette di limone con al centro capperi aperti a fiore.
Ci sono cibi già così belli per forma e colore che spesso aggiungervi qualcosa sarebbe strafare: per esempio un’aragosta può far da decorazione soltanto il suo guscio. Spesso non occorre guarnire una grigliata mista di carni e di pesci, o un carré di vitello arrostito col suo osso oppure un pesce arrostito in forno in una bella pirofila, elegante nella sua sobrietà.

A volte occorre qualche cura in più per rendere interessante un piatto modesto o troppo disadorno: una insalata di avanzi di pesce, che non avrebbe trovato un’accoglienza molto calorosa, può essere accomodata in coppette foderate di lattuga, guarnita con fettine di uovo sodo e cosparsa con prezzemolo tritato.
Sono decorativi anche conchiglie cappesante, che possono fare da recipiente per ogni genere di insalate e per piccole preparazioni calde da gratinare in forno.

Un pesce lessato può sembrare triste, ma avrà un’aria più allegra se metterete a fargli compagnia patatine bollite con un ciuffo di prezzemolo, mezzo limone e un filo di maionese, oppure foglie di lattuga e mezzelune di pomodoro.

Le uova
Le uova hanno sempre l’effetto d’un piatto un po’ povero, ma diventeranno appetitose con un pizzico di fantasia:
le uova sode potete affettarle e disporle alternate con fette di pomodoro e/o altre verdure da insalata; potete tagliarle a metà per il lungo e guarnirle con maionese e capperi o fettine d’oliva e filettini di peperone sott’aceto; potete lasciarle intere, sgusciate con molta cura, e portate in tavola in un recipiente di colore vivace; potete tritarle grossolanamente, mescolarle a maionese, pezzetti di tonno, pezzetti di oliva nera e riempirne mezzi pomodori; potete affettarle o tagliarle a metà o a spicchi e usarle come guarnizione di insalate mist4 o di un piatto freddo.

Le frittate di verdure, già colorite, di solito non hanno bisogno di guarnizione, ma potete renderle ancora più attraenti se riuscite a far affiorare in superficie le verdure. Potete servire le frittate intere, da tagliare a tavola, oppure già affettate e fredde per antipasto: tagliatele a grossi dadi che si mangeranno con le dita senza bisogno di piatti e posate.

Le uova trapazzate possono avere un aspetto un po’ scialbo quando si presentano sole nel piatto, a meno che siano state cotte in compagnia di qualche ingrediente abbastanza colorito, è meglio contornarle con verdure e con crostini di pane fritto o tostato oppure con crackers assortiti.

Alcune preparazioni a base di uova vanno servite nei recipienti in cui sono state cotte: le uova al tegamino hanno un’aspetto piacevole, ma saranno ancor più apprezzate se le cospargete con un pizzico di erbe odorose tritate o tagliuzzate, p.e. l’erba cipollina. Possono però anche far scivolare delicatamente su un piatto e accompagnarle con bacon e verdure.

Le verdure
Quasi mai è necessario aggiungere guarnizioni a una vivanda accompagnata con verdure. Le verdure si possono accomodare nei recipienti di servizio insieme a un’altra vivanda oppure si possono presentare a parte:
Gli ingredienti di un’insalata mista si possono radunare tutti insieme in un’insalatiera magari trasparente o distribuire in recipienti separati così daranno l’impressione di maggiore abbondanza.

Più verdure si possono accomodare decorativamente in un grande piatto piano.
Si può variare il modo in cui si tagliano alcuni ingredienti:
i peperoni si possono tagliare ad anelli;
i ravanelli tagliati a fiore sono molto decorativi come anche le fette di limone o d’arancia incise da un lato e girate a spirale.
Con gli stampini tagliapasta si possono tagliare le verdure in forme speciali.

I formaggi
Tre o quattro tipi insieme formano già un piatto decorativo, in più si prestano a varie presentazioni: si possono servire oltre sull’apposito piatto, su un tagliere o un vassoio ricoperto di foglie fresche o secche. Comunque dovranno essere sempre serviti con uno dei coltelli speciali da formaggio.
Se vi sembra che il formaggio sia poco potete disporre sullo stesso piatto qualche pera, spicchi di finocchio, costole di sedano, bastoncini di carote, crackers e fette di pane ben tagliate.

Le frutta
Come le verdure anche la frutta può essere una perfetta guarnizione a un piatto:
arance per l’anatra all’arancia, kiwi per la bistecca Auckland, ciliegie sciroppate, ribes o ananas per un prosciutto caldo.
Sono perfette per i dolci:

Potete guarnire una bavarese alla frutta con lo stesso frutto di cui è fatta.
Un créme caramel con rametti di ribes o fragole oppure acini di uva nera.
Con la frutta potete arricchire una semplice coppetta di gelato decorandola con i frutti di cui è fatto o con altri di colore contrastante.

La frutta si presta a belle presentazioni, dalle più semplice alle più sontuose:
macedonia di frutti esotici; ananas svuotato e riempito di gelato o di frutta mista;
anguria svuotata e riempita di macedonia e/o gelato; composizioni di frutti canditi e frutta secca.

Consigli di Petronilla: Come presentare le portate .2

Petronilla, chi era?Ricette della Petronilla libri

  • PETRONILLA: svolse un ruolo importante negli anni delle ristrettezze economiche dovute alla guerra. Di fronte alla drastica riduzione dei beni alimentari disponibili, proponeva i suoi suggerimenti «sul modo di sbarcare il lunario mangereccio, consumando poco grasso, poco riso, poca pasta, poca farina e poco zucchero; spendendo pochetto ma….nutrendo bastevolmente»
Ricette di Petronilla per tempi eccezionali
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Consigli di Petronilla: Presentare le portate 1

Galateo: Il Grande libro della casa Donna Letizia 1967

Il Grande libro della casa di Donna Letizia 1967

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Donna Letizia (pseudonimo di Colette Cacciapuoti Rosselli) negli anni 50 pubblicò, sulle pagine del settimanale “Gente” e in diversi libri, consigli pratici  relativi al galateo e alle buone maniere. Colette Cacciapuoti Rosselli (Losanna, 25 maggio 1911 – Roma, 9 marzo 1996) fu scrittrice e  illustratrice. Viene anche ricordata per essere stata moglie del grande giornalista Indro Montanelli.
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GabriellaTurnaturi – www.150anni.it

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Donna colta ed elegante, laureata in lingua e letteratura francese all’Università di Losanna, città dove nacque, Colette Rosselli è nota al grande pubblico soprattutto con lo pseudonimo di Donna Letizia. Donna Letizia nella storia del costume italiano ha ricoperto un ruolo significativo ed indiscusso di Signora del bon ton. Per più di trent’anni ha educato le italiane e gli italiani, all’arte della socievolezza e delle buone maniere con i suoi consigli e suggerimenti. Per chiunque fosse in difficoltà, sia nell’allestire un ricevimento che nello scegliere un abito era d’obbligo consultare “La Posta del cuore”, la sua seguitissima rubrica pubblicata dal settimanale femminile Grazia. E vero e proprio manuale imprescindibile per imparare l’arte del comportarsi in società divenne il suo libro Il saper vivere (Mondadori 1960, 1972, 1976, 1979).

Ma prima di diventare la Signora indiscussa del bon ton, Colette Rosselli aveva già raggiunto una grande notorietà, fra un pubblico più sofisticato, come illustratrice. Negli anni Quaranta illustrò soprattutto libri per l’infanzia come Per i bimbi buoni e anche quelli cattivi, Il primo libro di Susanna, Il secondo libro di Susanna, Il cavaliere Dodipetto, I poemetti di Susanna. Trasferitasi negli Stati Uniti negli anni Cinquanta, lavora come illustratrice delle più prestigiose riviste dell’epoca: Harper’s Bazaar, Mademoiselle, Vogue. Nel 1950 vince un premio per la migliore copertina dell’anno. Le illustrazioni e la pittura resteranno la sua passione e nel corso degli anni i suoi quadri vennero esposti in importanti gallerie. La sua versatilità si proverà anche nella pubblicazione di due romanzi: Ma non troppo e Casa di randagia. Il suo prestigio personale e sociale si accrebbe notevolmente con il matrimonio con Indro Montanelli a cui resterà legata sino alla morte. La conoscenza diretta del bel mondo, la frequentazione dei salotti più esclusivi, sia nazionali che internazionali, il cosmopolitismo, una buona dose di cultura ed un’innegabile eleganza fecero di lei una maestra indiscussa del buon gusto borghese dell’Italia del dopoguerra. Ai consigli su come comportarsi ad un pranzo sapeva alternare suggerimenti sentimentali e velatamente indicare anche comportamenti “corretti” riguardanti la sfera, innominabile sino alla fine degli anni Sessanta, della sessualità. Celebre resta un suo ammonimento, quasi un grido che spesso echeggiava dalla rubrica “La Posta del cuore”:
«Non ceda, non ceda», rivolto alle signorine, fidanzate o meno, a cui sempre più pressantemente, il nuovo maschio italiano richiedeva, come certificato di modernità, la “prova d’amore”.

L’eleganza e l’ironia della scrittura nascondevano spesso un solido conservatorismo ed una celebrazione degli stili di vita della “gente per bene” ovvero della vecchia e consolidata borghesia, opposti tenacemente alla grossolanità ed ai nuovi modelli di comportamento introdotti dai nuovi ricchi. Gli anni della maggior popolarità di Donna Letizia, sono gli anni Sessanta, ovvero quegli anni attraversati da profonde contraddizioni nella società italiana, che si andava modernizzando, arricchendo, ma che al contempo cercava strenuamente di difendere consuetudini, tradizioni e rapporti di potere. Queste contraddizioni si riflettevano nel costume delle italiane e degli italiani, sospesi fra vecchio e nuovo, fra ansia di modernizzazione e paura del mutamento. Donna Letizia si fece interprete di questi timori e con prudenza cercò di traghettare le nuove aspiranti “vere signore” verso una modernità controllata, dove i rapporti fra le classi e fra i sessi restassero però indiscussi. Legittimati dalle regole eterne del saper vivere.

Di fronte al lusso vistoso ostentato dei nuovi ricchi, sono questi gli anni del boom economico, Colette Rosselli difenderà sempre una discreta eleganza. Sarà lei a costruire il modello della Vera Signora, della donna elegante che preferisce sempre ad una vistosa pelliccia, un cappotto di buon taglio, che tratta con cortesia e paternalismo la servitù, e soprattutto impegnata a difendere sempre e dovunque la sua immagine di donna pudica e riservata. La Vera Signora sembra essere innanzitutto asessuata, e non permette assolutamente mai che intorno a lei vi siano comportamenti e conversazioni poco rispettosi.

«La Vera Signora non cammina ancheggiando volutamente. […] Se qualche vitellone mugge dietro a lei un complimento superlativo, non lascia trasparire un sorriso compiaciuto». Il “Saper Vivere” di Donna Letizia diviene così il capofila di tutti i galatei di quegli anni impegnati soprattutto nell’educazione della nuova borghesia in ascesa, che si vuole plasmare a tutti i costi sul modello del vecchio ceto aristocratico-alto borghese. Leggiamo dai consigli di Donna Letizia alla “Signora che vuole arrivare”:
«Abbia un cuoco francese, elargisca laute somme alle Opere benefiche capeggiate da dame autorevoli; inviti spesso qualche nobile decaduto ma à la page, disposto a consigliarla e a pilotarla in cambio di un posto sempre disponibile a tavola. Abbia una casa arredata da un decoratore di gusto sicuro e piuttosto tradizionale e quando riuscirà a riunire nel suo salotto un mazzetto di marchese e di contesse non imiti di colpo i loro modi di parlare; non inserisca a vanvera parole straniere nella conversazione. Meglio piuttosto, inserire frasi di questo genere: “Io che non ho avuto un’infanzia privilegiata come tutte voi”, “Mio padre che si è fatto da sé…”

Si dirà di lei che ha l’orgoglio di essere quello che è, e il coraggio di non rinnegare le sue origini». Non sappiamo con precisione se ancora oggi esistano i salotti descritti da Colette Rosselli popolati da contesse, marchese ed alti prelati, ma i suoi consigli sono sopravvissuti a tutte le tempeste che hanno attraversato la storia della società e del costume italiano, tant’è che nel 1991 viene pubblicato con enorme successo Il nuovo Saper vivere, di Donna Letizia. E chi volesse oggi ricostruire la storia del costume italiano non può rinunciare alla lettura dei galatei di Donna Letizia e alla sua “Posta del cuore”, in gran parte raccolta in Cara Donna Letizia (Mondadori, 1981).

GabriellaTurnaturi – www.150anni.it
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Manuali di galateo
  • Il saper vivere di Donna Letizia, Arnoldo Mondadori Editore, 1960
  • Cara Donna Letizia… venticinque anni in confidenza, Rusconi Editore, 1981
  • Ma non troppo, Longanesi & C., 1986
  • Case di Randagia, Longanesi & C., 1989
  • Il nuovo saper vivere di Donna Letizia, Arnoldo Mondadori Editore, 1990
  • C’era una volta il galateo, Longanesi & C., 1996
  • Il saper vivere di Donna Letizia, BUR, 2007
Galateo: Il Grande libro della casa Donna Letizia 1967