Idromele

Idromele, bevanda medievale per la “Luna di miele”

Idromele è una bevanda alcolica prodotta dalla fermentazione del miele. È forse il fermentato più antico del mondo, ancor di più della birra, in quanto non era necessaria la coltivazione per poterlo produrre e nell’antichità era noto come “la bevanda degli dèi”.

Le bevande erano, sulla tavola dei ricchi, in bottiglie di vetro o in brocche metalliche e si servivano in metallo prezioso, di vetro o di legno decorato.

 

L’Idromele in dono agli sposi per “la luna di miele”

Era tradizione, in molte parti d’Europa, che alle coppie appena sposate fosse regalato idromele sufficiente per la durata di un mese lunare. Tale dono veniva fatto come incentivo alla procreazione dato che si era perfettamente a conoscenza del fatto che la bevanda fosse alcolica e, in quanto tale, erano note le sue caratteristiche di tonico/energetico. In questo modo quindi la giovane coppia avrebbe avuto “energia” sufficiente per affrontare i loro primi rapporti sessuali. Ai tempi della nascita di questa bevanda (considerando che ne è stata provata la presenza nell’antico Egitto si parla di almeno 2000 anni prima di Cristo) lo scandire del tempo non era regolato dai mesi del calendario gregoriano ma dalle fasi lunari. Un mese lunare corrisponde ad un periodo di tempo di quasi un mese del calendario gregoriano. La locuzione “luna di miele”, deriva proprio dal fatto che per la durata di una luna la coppia si godrà il consumo di questa bevanda.

Ingredienti 
  • 1 kg. di miele
  • 4 litri d’acqua
  • 1 limone tagliato a fette
  • 1 arancia tagliata a fette
  • 1 pizzico di lievito di birra
Preparazione 
  1. Scalda leggermente l’acqua e sciogli il miele al suo interno.
  2. Lascia raffreddare il composto a temperatura ambiente.
  3. Aggiungi il limone, l’arancia e il lievito di birra.
  4. Trasferisci il tutto in un recipiente ermetico e lascia fermentare per almeno 2 settimane.
  5. Filtra la bevanda e imbottiglia.
  6. Lascia maturare l’Idromele per almeno un mese prima di consumarlo.

L’idromele era apprezzato nell’antchità e considerato una bevanda sacra associata agli dei. La sua preparazione richiedeva tempo e attenzione alla fermentazione.

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salse condimenti apicio

Salse e condimenti dell’antica Roma. Volgarizzamento del 1852 con note

Zucca, grani di pepe, cumino, semi di coriandolo, menta, aglio, datteri, mandorle pelate, miele, Liquamen, Defritum (Vino o Succo d’uva ridotto di due terzi). Foto by Carole Raddato from FRANKFURT, Germany
Dalla prefazione del volgarizzatore
« (…) L’opera alimurgica che passa sotto nome di Apicio é una compilazione fatta da più libri di Cucina, cioè da quelle note che d’ordinario scarabocchiano i cuochi, per tenere memoria o di manicaretti da se inventati, od apparali da altri: e debbe averla fatta tale, che nemmeno doveva essere cuoco di professione, imperciocché qua e colà si trovano lacune che un Cuoco non avrebbe lasciate. Mancano quasi che sempre le proporzioni fra gl’ ingredienti delle composizioni, locchè dimostra, che ai cuochi scarabocchiatori delle note bastava la denominazione degl’ingredienti medesimi per operare di pratica, accomodandosi nel resto al gusto de’ loro signori. Per la qual cosa, colui che trascrisse, raffazzonando in questo luogo e in quello il linguaggio delie cucine, né sapendo proporzionare le sostanze, ammucchiò cose sopra cose, ed ignorando affatto le manipolazioni, ha non di rado interpolato col suo, talché ne uscì di tratto in tratto una mirabile confusione. Il nome di Apicio apposto al libro, evidentemente é una gherminella del compilatore. inventata per dar fama all*opera. Infatti quale altro nome più celebre fra i ghiottoni di quell’Apicio che visse regnando Tiberio? Supponendola dunque sua fattura, meritava il rispetto di tutti i golosi, e diveniva il codice irrefragabile di tutti i cuochi. Nè s’ingannò colui, imperciocché la menzogna passò felice per più secoli, finché fra gli studiosi si trovarono critici acuti i quali dalla inegualità dello stile, dalla volgarità dei modi e dalle voci straniere introdotte, conobbero il vero, e ritenendo l’opera siccome monumento prezioso di antichità, non vollero perdere ulteriormente il tempo cercando fra le tenebre il nome del compilatore. (…) »

.

Marcus Gavius Apiciius
De re coquinaria
Liber VI – Tropetes

V.  Ius in diversis avibus 5.1.2..3.4.5.6.7

In diversis avibus, turdis, ficedulis, pavo, fasiano, anser.
Per altri uccelli, cioè tordi, beccafichi, pavoni, fagiani ed oche¹.

Nota del 1852:
  • ¹‹ Dell’oca poi la parte prediletta era il fegato. Plinio, dopo aver parlato dei vari pregi dell’ oca, soggiunge: « Ma i nostri furono assai più savii, i quali seppero conoscere il merito del fegato d’oca. Ingrossa assai nelle stie, e più ancora cresce, dopo tratto dal corpo, mettendolo in latte e vino melato (con miele). Non senza ragione si disputa chi sia stato l’ autore di sì bel trovato, se Scipione Metello che fu già console, o il cavaliere M. Saio contemporaneo di lui. Certo è che Messalino Cotta figlio dell’oratore Messala fu il primo ad arrostirne le pelle de’ piedi, e condirle in manicaretti con le creste de’polli ».

Piper, cuminum frictum, ligusticum, mentam, uvam passam enucleatam aut damascena, mel modice, vino myrteo temperabis, aceto, liquamen et oleo, calefacies et agitabis apio et satureia.
 .
1. Salsa per altri uccelli
Pepe, cornino fritto, ligustico, menta, uva passa purgata da vinacciuoli, o prugne damaschine, e mele in discreta dose; tempera con vin mirtino¹, aceto, savore² ed olio. Metti a scaldare, e rimena con sedano e peverella.
.
¹Savore: il dolcificante all’epoca dell’antica Roma, composto da frutta bollita che veniva messo su gli alimenti.
Nota del 1852:
²Come tacciasi il vino mirteo, cioè condito con mirto, ce lo insegnano Catone, Colurnello XII, 38, Palladio II, 18.

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2. Aliter ius in avibus:
piper, petroselinum, ligusticum, mentam siccam, cneci flos, vino suffundis, adicies ponticam vel amygdala tosta, mel modicum, vino et aceto, liquamen temperabis. oleum in pultarium super ius mittis, calefacies, ius agitabis apio viridi et nepeta. incaraxas et perfundis.
 .
2. Altra salsa per uccelli:
Trita pepe, ligustico, prezzemolo, menta secca, fiori d’ anici; bagna con vino; aggiungi nocciuole o mandorle abbrostite, mele non troppo; tempera con vino, aceto e savore¹; l’olio, ve’l metterai in pignatto sopra la salsa. Scalda, ed agita la salsa con sedano verde e nepitella². Apparecchia l’ uccello tagliato, e versagli sopra la salsa².
.
¹Savore: il dolcificante all’epoca dell’antica Roma, composto da frutta bollita che veniva messo su gli alimenti.
Note del 1852:
  • ²Nepitella: Melissa Nepeta Lina.
  • ³L ’ Humelbergio spiega incharaxas, o incaraxas (come trovasi spesso erroneamente scritto — vedi Du Cange in Caraxare), nel senso di punzecchiare e scalfire l’ uccello, perchè succi la salsa e mandi fuori il suo succhio. Meglio il Lister lo intende dèi tagliare in parti, secondo l’uso che s’è già notato al capo I di questo libro, dove prescrivesi et sic partes struthionis in lance perfundis. Questo verbo charaxare è il greco … che vale scalpere, incidere, sulcare, scribere: nella bassa latinità è frequente nel senso di scrivere.

3. Ius candidum in avem elixam: piper, ligusticum, cuminum, apii semen, ponticam vel amygdala tosta vel nuces depilatas, mel modicum, liquamen, acetum et oleum.

3. Salsa bianca per uccelli allesso
Pepe, ligustico, comino, semi di sedano, nocciuole o mandorle abbrostite, o noci rimonde, un po’ di mele, savore¹, aceto ed olio.

¹Savore: il dolcificante all’epoca dell’antica Roma, composto da frutta bollita che veniva messo su gli alimenti.

4. Ius viride in avibus: piper, careum, spicam Indicam, cuminum, folium, condimenta viridia omne genus, dactilum, mel, acetum, vinum modice, liquamen et oleum.

4. Salsa verde per uccelli
Pepe, carvi, spigo nardo, comino, malabatro, condimenti verdi di qualunque sorta¹, datteri, mele, aceto, vino discretamente, savore² ed olio.

Nota del 1852:
¹È questa la vera lezione de’ codici. Non so per quale disattenzione l’ Humelbergio, credendo emendare il testo, lo guastò col sostituire condimenta viridia, omne genus dactylorum.
²Savore: il dolcificante all’epoca dell’antica Roma, composto da frutta bollita che veniva messo su gli alimenti.

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5. Ius candidum in ansere elixo:
piper, careum, cuminum, apii semen, thymum, cepam, laseris radicem, nucleos tostos, mel, acetum, liquamen et oleum.

5. Salsa bianca per oche allesso
Pepe, carvi, comino, semi di sedano, timo, cipolla, radice di laser, pinocchi abbrosliti, mele, aceto, savore ed olio.

In aves hircosas
Per uccelli che sanno di lezzo¹.

6. Ad aves hircosas omni genere:
piper, ligusticum, thymum, mentam aridam, calvam, caryotam, mel, acetum, vinum, liquamen, oleum, defritum, sinape. avem sapidiorem et altiliorem facies et ei pinguedinem servabis, si eam farina oleo subacta contextam in furnum miseris.

6. Per uccelli che san di lezzo, d’ ogni maniera²
Pepe, ligustico, timo, menta secca, salvia, cariote, mele, aceto, vino, savore, olio, sapa e senapa. Farai che l’ uccello riesca più saporito e pingue, e gli conserverai il suo grasso, se il metterai in forno, coperto di farina impastata con olio.

Nota del 1852:
¹Crede il Lister che con l’ aggiunto di hircosae, cioè che puton di becco, si vogliano indicare gli uccelli di riva e dì acqua, come l’Ardea Grus e Botaurus, la Fulica atra, il Rallus aquaticus ec.
²Ne’ codici omnigere; l’ Humelbergio sostituì omnis generis.

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7. Aliter avem:
In ventrem eius fractas olivas novas mittis et consutam sic elixabis. deinde coctas olivas eximes.

7. In altro modo
Introduci nel ventre dell’ uccello olive fresche infrante: cuci il taglio, e lessa: colto che sia, levane le olive.

antica roma abemus apicio 1

Altri condimenti e salse

GARUM o LIQUAMEN
(Apicio dà per scontata la ricetta e nel suo libro non ce l’ha tramandata)
salsa mille usi, piccante, dal forte profumo, che i Romani aggiungevano a tutto: alle minestre, verdure, secondi piatti, dolci.

MORETUM
Crema di formaggio alle erbe con noci o pinoli

Moretum, crema di formaggio alle erbe (con noci o pinoli) dell’antica Roma

Garum o Liquamen, salsa milleusi dell’antica Roma, anche in versione moderna

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Del modo di formar Giulebbe, ricette del 1778 di Vincenzo Corrado “Il credenziere di buon gusto”

treccani.it
giulebbe giulèbbe s. m. [dal pers. gulāb «acqua rosa», comp. di gul «rosa» e āb «acqua», attrav. l’arabo giulāb], tosc. e letter. – Bevanda fatta con succo di frutti bolliti con zucchero, diluito e chiarificato; […] anche, più generica., sciroppo fatto con acqua zuccherata e aromatizzata. In similitudini: essere, parere un g., di cibo o bevanda troppo dolce, e, fig., di persona o cosa sdolcinata; fig., vivere, tuffarsi
giulebbare v. tr. [der. di giulebbe] (io giulèbbo, ecc.), tosc. o letter. – Cuocere nel giulebbe, sciroppare; anche addolcire a modo di giulebbe. Fig., giulebbarsi qualcuno, essere costretto a sopportarne […] la presenza o la compagnia, fingendo di provarne piacere. ◆ Part. pass. giulebbato, anche come agg.: frutta giulebbata, cotta nello sciroppo.

giulebbe corrado (2)

CAPITOLO I
Dello Zucchero, e Giulebbi;

Ognun sa, che lo zucchero è natural prodotto delle piante, ma estratto però, e reso nella maniera che sì vede con grande ajuto dell’ arte, e perciò di varie qualità si rende.  Il migliore è quello di grana bianca, lucida, e soda; e di quello io intendo parlare nel presente trattato (…)

Delli Giulebbi.

I Giulebbi si fanno dello zucchero in grana sciolto e tirato a cottura di Manuscritto, rendendoli varj con fiori, frutta, radiche, serri, e succhi di vegetabili freschi e teneri; e quelli si compongono, chi per macerazione, chi per infusione, e chi per decozione, delle quali maniere se ne parlerà con chiarezza.

Giulebbe di Viole, o Boragine senza fuoco.
In un vase di creta, o vetro si dispongono quattro libre¹ di fiori di Viole o Boragine tramezzate con due libre di zucchero fino in polvere, facendole cosi macerare per quattro giorni in luogo fresco: dopo si passerà; il giulebbe, così preparato per un panno di lana con soppressarlo, bene, acciò tutto il succo i fiori tramandino; e ciò fatto se ne farà ufo.

Dell’ istessi in altra maniera.
Una libra di fiori si metta in un vase di vetro con una libra di zucchero in polvere ed altra d’ acqua calda, e si lasci stare al sole per un giorno; dopo si aggiunga altra libra di fiori, e nel terzo giorno altra, con mezza di zucchero e mezza d’acqua calda, e chiuso bene il vase si lascerà così per altri otto giorni scuotendolo due volte al giorno. Si passerà dopo per un panno di lana in un bacile il giulebbe, e coverto d’ un velo si tornerà al sole per quattro giorni, che addensato si conserverà.

Dell’ istessi in altra manlera
Dentro un vase di vetro si méttano quattro libre di detti fiori con libre due di zucchero fino, e libre due di acqua, e chiuso bene si metterà dentro altro vase di rame con acqua a bollire fintanto che i fiori siano disfatti ed il giulebbe addensato. Ciò fatto si leverà dal fuoco il vase di rame lasciando dentro quello di vetro a raffreddare, per poi passare il giulebbe per panno di lana sospeso in aria acciò pian piano gocciola in altro vase, dal quale si passerà a conservare nelle Bottiglie di Cristallo

Giulebbe di Rigolizia
Once sei di Radici di Regolizla rotte e schiacciate, si mettono a bollire in vase di creta con quattro libre di acqua finché cali la metà; dopo si farà raffreddare, e passandoli per un panno si metterà in un stainato con una chiara d’ uovo montata e libre due di zucchero, facendola bollire e chiarire con alcune gocce di succo di limone; e quando sarà alla cottura di manuscritto, sarà fatto il giulebbe.

(…)

Giulebbe di Cannella.
Due once di Cannella in pezzi si mettano in una boccia, di vetro con libre due di zucchero in giulebbe lungo, e si facciano bollire dentro un vase di rame con acqua, fermando la boccia con panno acciò non versi, e quando si conoscerà ch’ il giulebbe si è addensato, allora si caverà, e si passerà per colatojò di rame per confervarsi ad ufo.

Giulebbe di fragole
Giulebbate due libre di zucchero e tirate alla densa cottura di Manuscritto, vi sfi metterà una libra di Fragole (temperate con acqua di Cannella, e passate per setaccio; e deposto il tutto in una boccia si metterà al sole per qualche giorno, acciò vieppiù si addensi.

Giulebbe di Caffè
Si mettano in una boccia di vetro due once di Caffè abrustolito e macinato con due libre d’ acqua bollente, e tra le ceneri calde si lascino per qualche ora; dopo in un stainato passando per panno di lana l’ acqua, vi si metterà una chiara d’ uovo con libre due di zucchero e si farà bollire per chiarire il giulebbe ed addensarlo.

(…)

Colori vari Per Giulebbe
Mentre bolle una libra di acqua vi si metterà mezz’ oncia  di Cuciniglia, un cucchiajo di Cremor di Tartaro, e mezzo di  Alume di Rocca, tutto in polvere. Bollendo si proverà sopra un pezzo d’argento per la qualità, e tinta varia che si vuole , poiché crescendo o diminuendo l’ uno o l’altra si avrà quel colore che fi desidera.

Il color Torchino del giulebbe di Viole mutasi tosto in rosso se vi s’ infondono alcune gocce di spirito di Vetriolo; laddove se vi si getta del sale Alkalico si fa subito verde.

Qualunque Giulebbe poi, che si voglia render più vivo nel suo natural colore, basta che vi si gettino mentre bolle alcune gocce di succo di limone.

Buonissimo è anche il Mele² per far Giulebbi, poiché tutti sanno, ch’ ei nasce dagl’ umori più raffinati e più perfetti delle piante (benché raccolto dalle Api, e qualche tempo serbato in certi follicoli entro al loro corpo , e quindi ne’ Favi deposto); ond’ è tra succhi vegetabili. Con due parti di Mele, ed una di Aceto si fa il Giulebbe detto Osmele, facendolo bollire sintanto che cali il terzo, con spumarlo bene per renderlo chiaro.

¹1 libbra=  454 gr.
²Mele: miele
Edoardo Mori Raccolta di libri gratis digitalizzati

giulebbe corrado

Syrop z pędów sosny.jpg [[File:Syrop z pędów sosny.jpg|Syrop_z_pędów_sosny]]
Coniglio in agrodolce

Coniglio in agrodolce

Già dai tempi dell’Antica Grecia in Sicilia si andava sviluppando uno stile ben preciso di abitudini culinarie che col passare dei secoli si è arricchito di sapori, seguendo le vicissitudini storiche dell’isola.
Le nobili famiglie Greche chiedevano per le loro mense cuochi siciliani, poiché all’epoca erano considerati tra i più abili in circolazione.
Archestrato di Gela (IV sec.a.C.–330 a.C. circa), poeta e considerato il padre dei critici dell’arte culinaria, scrisse un poeama titolato Gastronomia, nel quale elenca cibi e vivande incontrate durante i suoi lunghi viaggi:
« Quanto conobbi in viaggiar mostrando
A Grecia tutta, ove miglior si trova
ogni cibo dirò ogni liquore.
Di vivande squisite unica mensa.
Accolga tutti, ma di tre o di quattro
O di cinque non più sia la brigata:
Perché se fosser più cena sarebbe
Di mercenari predator soldati.»
Oltre al poeta Archestrato vi furono molti altri siciliani che si occuparono di gastronomia, come Miteco Siculo che scrisse il primo libro di cucina che la storia ricordi: Manuale di cucina o Il cuoco siciliano.

Continua il mio viaggio gastronomico in Italia. Oggi farà tappa nella splendida Sicilia con un saporito piatto della tradizione a base di carne bianca; come altre volte consulto il sito in cui frequentemente vado a curiosare… trovata!… questa è la ricetta per il

Coniglio in agrodolce

Ingredienti per 4 persone
  • 1 coniglio di media grandezza,
  • 200 g di olive verdi denocciolate,
  • 30 g di uvetta,
  • 30 g di pinoli,
  • 1 gambo di sedano,
  • 1 cipolla,
  • 1 cucchiaio di capperi,
  • 1 cucchiaio di miele,
  • 100 ml di brodo,
  • Farina q.b,
  • Olio extravergine d’oliva q.b,
  • Aceto q.b,
  • Sale q.b, Pepe q.b.
Preparazione:

Fate sbollentare le olive e soffriggetele per un quarto d’ora insieme a cipolla e sedano tritati, capperi, pinoli, uvetta, sale e pepe a piacere. Aggiungete il brodo e portare a ebollizione. Lavate il coniglio e tagliatelo a pezzi, quindi passatelo nella farina e fatelo soffriggere in un tegame con un po’ d’olio. Fate diluire il miele nell’aceto e spennellate il coniglio, una volta cotto, con questo composto. Disponete, poi, i pezzi di coniglio nel tegame insieme al sugo di olive e lasciate cuocere per un altro quarto d’ora.

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Pesche caramellate nel miele e profumate con cannella

Pesche caramellate nel miele e profumate con cannella

  • La pesca viene mangiata a morsi o sbucciata, da sola o in macedonie di frutta. Viene impiegata per fare succhi, marmellate e anche dolci (Pesca Melba). Può inoltre essere consumata, sempre come dessert, con vino, zucchero e qualche goccia di limone. Una ricetta tradizionale piemontese è quella delle pesche ripiene (in lingua piemontese: persi pièn con un composto a base di uova, zucchero, amaretti sbriciolati e cacao.
  • Il miele è un alimento prodotto dalle api (ed in misura minore, da altri imenotteri). Viene prodotto a partire dal nettare e dalla melata. La melata, con un gusto molto dolce simile allo zucchero, è prodotta da vari omotteri, fitomizi, i cui escrementi zuccherini sono la base alimentare per numerosi insetti.
Ricicliamo gli avanzi

Perfetta ricetta per utilizzare pesche un po’ mature ed il fondo del vasetto del miele. E’ un dessert veloce, ma di sicuro successo. Inoltre possono essere utilizzare per decorare torte o pasticcini.

Ingredienti
  • Pesche,
  • 1 cucchiaio di miele per pesca,
  • cannella,
  • facoltativo vino passito.
Preparazione

Pulite sbucciate le pesche e tagliatele a spicchi.

In una padella antiaderente fate sciogliere il miele. Aggiungete gli spicchi di pesca e versate un po’ di vino passito. Spolverizzate la cannella. Fate asciugare voltando una volta, molto delicatamente, gli spicchi.

Le pesche così preparate sono buone sia calde che fredde e possono essere servite con panna montata, gelato e crema.

Pesche caramellate nel miele e profumate con cannella

Pesche al vino rosso con cannella, ricetta spagnola della Rioja

Pesche al limone alla maniera di Petronilla

 Jonathunder – Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons