10 post più visti in Aprile

I 10 post più visti in Aprile

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La ricetta base degli Scialatielli e alcuni sughi per condirliLa ricetta base degli Scialatielli e alcuni sughi

Gli scialatielli sono un formato di pasta fresca della cucina campana, tipici di Amalfi dove sono nati per mano dello chef Enrico Cosentino nel 1978. Il nome si presume derivi da due parole della lingua napoletana “scialare” (godere) e “tiella” (padella) []

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 Cinghiale arrosto al fornoCinghiale arrosto al forno

1 kg. di carne di cinghiale giovane a pezzi o 1 cosciotto Per la marinata: 1 litro d’acqua. 1 bicchiere di aceto, 4 foglie di alloro, 1 rametto di rosmarino e 1 di salvia, 20 bacche di ginepro schiacciate, cipolla media, aglio, carota media, sedano []

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Liquore di fiori di sambucoLiquore di fiori di sambuco

Le ricette che seguono possono essere preparate anche con fiori (o petali) di acacia, arancio, garofano. limone, rosa, tiglio, viola (mammola o selvatica) []

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Anche i regali hanno il loro galateo – Il galateo di Donna LetiziaAnche i regali hanno il loro galateo

Omaggio a Donna Letizia Come comportarsi quando si riceve personalmente un dono Se vi si consegna un dono, è cortese aprire subito il pacchetto e ringraziare il donatore con   […]

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10 Antipasti con il prosciutto crudo e cotto10 Antipasti con il prosciutto crudo e cotto

Gli antipasti possono servire ad arricchire in quantità e qualità un menù, ma anche a tenere impegnati gli ospiti mentre si preparano le altre pietanze. Per iniziare un pranzo o una cena, la scelta degli antipasti è tra quelli freddi più tradizionali, a base di affettati o di pesce, []

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Risotto con germogli di pungitopoRisotto con germogli di pungitopo

I teneri germogli del pungitopo, la caratteristica piantina sempreverde con la tipica bacca rossa (da non confondere con l’agrifoglio), si trovano alla base delle piante nel periodo primaverile nelle stesse zone degli asparagi e sono molto gustosi utilizzati per diverse preparazioni  […]

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Canapé: cosa sono e come si preparanoCanapé cosa sono come si preparano

Per iniziare un pranzo o una cena, la scelta degli antipasti è tra quelli freddi più tradizionali, a base di affettati o di pesce, e quelli caldi, più iinsoliti. Alcune “entrate”, soprattutto a base di pesce, arrivano direttamente dal frigo, in conchiglia, in granzeola, in piatti decorati  […]

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Frollatura e marinatura della selvaggina prima della cottura  Frollatura e marinatura della selvaggina
La carne di selvaggina è detta “carne nera” e si suddivide in selvaggina da pelo e da piuma. È povera di grassi, ricca di proteine, compatta, con fibre piuttosto dure che, negli animali adulti o di grossa taglia, diventano addirittura coriacee. Per la durezza delle sue fibre deve  []

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Funghetti di uova sul pratoUova sode Funghetti di uova sul prato

Antipasto pasquale. Rassodate le uova, scolatele dopo 10 minuti. Raffreddateli in acqua fredda per fermare la cottura e sgusciateli.Tagliate una calotta dalla parte meno appuntita e estraete il tuorlo. Mettete tutti i tuorli in una terrina e unitevi l’acciuga lavata diliscata, tritata insieme   […]

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Cignale (cinghiale) in dolce-forte dell’ ArtusiCignale (cinghiale) dolce-forte Artusi

La cottura in dolceforte è un modo antichissimo di cucinare la carne e, in particolare, tipico della terra Toscana. Così, nel Trecento, venivano trattate le carni di lepre, cervo e cinghiale, lingua di manzo e baccalà servite nelle occasioni speciali. Il gusto di queste pietanze è un po’  []

 10 post più visti in Aprile
MESI secondo ALMANACCO DELLA CUCINA anno 1935

I MESI secondo l’ ALMANACCO DELLA CUCINA “L’amico della massaia” anno 1935

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Consigli per la massaia

Come mantenere fresca la pasticceria
Se volete mantenere fresca la pasticceria conservatela in una scatola di latta avente una buona chiusura. In detta scatola ponente delle fette di mela o di patata cruda.

Come conservare a lungo i limoni
Per conservare a lungo i limoni bisogna stenderli sopra un reticolato di filo di ferro posto in un luogo fresco e asciutto. In tal modo l’aria potrà circolare liberamente, permettendo una lunga conservazione.

Come impiegare meno zucchero nella cottura delle frutta
Per impiegare meno zucchero nella cottura delle frutta bisogna aggiungervi una presina di sale.

Come verificare se il caffè è adulterato
Se volete verificare se il caffè è adulterato, dovete lasciarne cadere qualche chicco in un bicchiere d’acqua. Se il caffè è puro resterà lungamente a galla, mentre se adulterato andrà subito a fondo.

Come togliere il gelo alle patate
Sbucciate le patate che hanno sofferto il gelo, immergetele in acqua lasciandovele per un’intera giornata, avendo cura di cambiare l’acqua ogni cinque ore.

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 gennaiofebbraiomarzoaprile.

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.Zuppa di porri
Mondate e lavate 200 gr. di porri tagliati a strisce e poneteli in una casseruola dove avrete preparato un grosso pezzo di burro spumeggiante. Aggiungetevi due carote e due patate sbucciate e tagliate a pezzi, indi mescolate per fare intridere le verdure di condimento. Quando queste cominceranno a prendere colore, bagnate con due litri di buon brodo bollente, coprite la casseruola e lasciate cucinare a fuoco lento per un’ora circa. Verificate la cottura e la densità della zuppa che verserete nella zuppiera, dove avrete posto dei crostini di pane fritti nel burro. Servite dopo avere cosparso la vostra zuppa con abbondante parmigiano grattugiato.

Per pulire le tele cerate
Non servitevi mai né di spazzola né di sapone. Dopo aver diligentemente strofinate con una pezzuola imbevuta di acqua e latte in parti uguali risciacquateli con acqua fresca, indi asciugatele con forza con una grande flanella asciutta.

Per rimettere a nuovo un pavimento di linoleum
Fate sciogliere a bagnomaria in un capace recipiente mezzo chilo di paraffina e quando questa sarà ben fusa levate dal fuoco e mescolate in mezzo litro di olio essenziale di trementina. Mescolate per bene con una spatola
di legno e lasciate raffreddare un pochino ma non completamente. Stendete la pastella ottenuta sul linoleum precedentemente lavato e diligentemente asciugato. Dopo una giornata sfregate energicamente con una pezzuola di di lana.

Come pulire la cucina a gas
Per pulire convenientemente la cucina a gas strofinate le parti in ferro smaltato con una pezzuola imbevuta di acquaragia che scioglierà immediatamente ogni traccia di grasso. Dopo avere lavato le parti in ghisa con acqua bollente e soda asciugatele per bene, indi strofinatele con della sabbia umida, terminati applicando un miscuglio di olio di lino e più pagine.

Come levare le macchie di olio e di inchiostro sui pavimenti di legno
Se volete togliere le macchie di olio dai pavimenti di legno strofinatele con un pannolino imbevuto di acquaragia, lavate con acqua calda e sapone; risciacquate ed asciugate con cura. Per pulire per le macchie di inchiostro invece, adoperate dell’alcool a 90°.

maggiogiugnoluglioagosto.

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Del pesce lesso
Il modo più semplice e più comune di cucinare il pesce è quello di lessarlo. Così si consiglia per i pesci più fini come il dentice, l’ombrino, la spigola, la cernia, il pagello. Il pesce a taglio va immerso in acqua bollente, mentre il pesce intero va trattato con acqua fredda al lento riscaldamento. In tal modo si eviteranno brusche contrazioni e di conseguenza deformazioni e rotture. L’acqua deve essere salata con l’aggiunta di erbe aromatiche come sedano, prezzemolo, qualche fettina di cipolla, qualche grano di pepe, una foglioline di lauro e una fettina di limone. L’ebollizione non deve mai essere tumultuosa e di durata eccessiva. Per un pesce grosso, una mezz’ora è sufficiente per la cottura dimostrata dagli occhi uscenti dall’orbita. Prima di toglierlo dal recipiente conviene lasciarlo raffreddare un pochino allo scopo di permettere alle sue carni di acquistare una maggiore consistenza. Molti indicato e l’uso della pesciaiuola, recipiente metallico di forma allungata munito di fondo mobile sul quale il pesce riposa. Si può così sollevarlo, dopo cotto, evitando qualsiasi rottura. Il pesce lesso si mangia di preferenza freddo condito con olio, sale, e spruzzato con alcune gocce di succo di limone.
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settembreottobrenovembredicembre.
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Come evitare in cucina gli odori cattivi

Sono davvero molte le piccole precauzioni che l’accorta massaia dovrà prendere per evitare lo spandersi, tanto sovente purtroppo, di cattivi odori in cucina. Con un poco d’accortezza essa potrà riparare immediatamente gli eventuali disastri e, seguendo le regole sotto elencate, non potrà fare a meno di constatare l’efficacia dei nostri consigli.

Infatti basterà spargere un po’ di sale sul latte traboccato nella bollitura per arrestare il cattivo odore emanato. La medesima pratica usata per il sugo o per il brodo traboccato darà pure buon successo.

Per rendere inodore il grasso e l’olio spruzzato sul fornello si dovrà immediatamente pulirlo con carta di giornale, mentre un piccolo recipiente contenente dell’aceto e posto vicino ai fornelli stessi, assorbirà gran parte degli eventuali odori emanati.

Per cucinare i cavolfiori, evitando odori sgradevoli, dovrete mettere nell’acqua della bollitura dei pezzetti di pane e, per non lasciar bruciare le minestre ristrette o le dense salse, il che produce, come ben si sa, un odore molto antipatico, dovrete introdurre nella casseruola una piccola palla di vetro che non dimenticherete di levare prima di servire.
Qualità  deodoranti molto spiccate possiede il limone. Infatti alcune fette di esso, aggiunte nell’acqua dove si lavano i piatti, renderanno l’acqua morbida ed elimineranno gli odori dai recipienti in essa lavati.
L’odore sgradevole di cui s’impregnano le mani nella preparazione del pesce, scompare pulendole col fondo di caffè.

Se i cattivi odori hanno già invaso la casa bisognerà mettere negli ambienti che si vogliono deodorare un recipiente con dell’ acqua contenente alcune gocce di lavanda.

Anche l’odore del fumo può essere eliminato senza spalancare le finestre e senza raffreddare i locali. Basterà porre negli ambienti una bacinella contenente dell’acqua fresca.

MENÚ
Galateo: L’arte di comporre un Menù

Natale

NEL MONDO

Santo Stefano

Capodanno

Epifania
Breve viaggio tra i dolci dell’Epifania nel mondo

MESI secondo ALMANACCO DELLA CUCINA anno 1935
carnevale carolina (7)

ARTUSI: Aprile – Nota di pranzo I

 
“Poichè spesso avviene che dovendo dare un pranzo ci si trovi imbarazzati sulla elezione delle vivande, ho creduto bene di descrivervi in quest’appendice tante distinte di pranzi che corrispondano a due per ogni mese dell’anno, ed altre dieci da potersi imbandire nelle principali solennità, tralasciando in queste il dessert poichè, meglio che io non farei, ve lo suggerisce la stagione con le sue tante varietà di frutta. Così, se non potrete stare con esse alla lettera, vi gioveranno almeno come una scorta per rendervi più facile il compito della scelta”


APRILE
Nota di pranzo I
Minestra in brodo. Mattoncini di ricotta n. 25
Lesso. Vitella con sparagi in Salsa bianca n. 124
Trasmesso. Pagnottelle n. 239
Erbaggi. Sformato di carciofi n. 391
Arrosto. Vitella da latte con insalata
Dolci. Panettone Marietta n. 604 – Latte brûlé n. 692, con Cialdoni n. 621
Frutta e formaggio. Baccelli, càtere, ossia mandorle tenere con guscio, e Pasta Maddalena n. 608 .

Minestra di mattoncini di ricotta n. 25
Ricotta, grammi 200.
Parmigiano grattato, grammi 30.
Uova, n. 2.
Sale, quanto basta.
Odori di scorza di limone e di noce moscata,
Disfate la ricotta passandola per istaccio, aggiungere il resto e le uova uno alla volta. Mescolate bene e versate il composto in uno stampo liscio per cuocerlo a bagnomaria. Sformatelo diaccio, levategli la carta colla quale avrete coperto il fondo dello stampo e tagliatelo a dadini della dimensione di un centimetro circa. Collocateli poi nella zuppiera, versate sui medesimi il brodo bollente e mandateli in tavola.
Questa dose basterà per cinque o sei persone.
Salsa bianca n. 124
È una salsa da servire cogli sparagi lessati, o col cavolfiore.
Burro, grammi 100.
Farina, una cucchiaiata.
Aceto, una cucchiaiata.
Un rosso d’uovo.
Sale e pepe.
Brodo o acqua, quanto basta
Mettete prima al fuoco la farina colla metà del burro e quando avrà preso il color nocciola versate il brodo o l’acqua a poco per volta girando il mestolo e, senza farla troppo bollire, aggiungete il resto del burro e l’aceto. Tolta dal fuoco, scioglieteci il rosso d’uovo e servitela. La sua consistenza dev’essere eguale a quella della crema fatta senza farina. Per un mazzo comune di sparagi possono bastare grammi 70 di burro colla farina e l’aceto in proporzione.
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Pagnottelle n. 239
Nelle grandi città un bravo cuoco è, a male agguagliare, come un generale d’armata in un vasto campo ben trincerato con numerose ed agguerrite legioni ove può far valere tutte le sue prodezze. Le grandi città oltre all’esser sempre ben provvedute d’ogni grazia di Dio, hanno chi pensa a fornirvi anche le più piccole cose, le quali, benché di poca importanza, contribuiscono alla varietà, all’eleganza e alla precisione de’ vostri lavori. Così, come vi si trovano bastoncini di pane che, tagliati a fette, s’infilano nello spiedo cogli uccelli, vi si fabbricano pagnottelle della grandezza di una mela comune per farle ripiene.
Raspatene leggermente la corteccia colla grattugia e fate in mezzo ad ognuna un tassello rotondo della dimensione di una moneta da 10 centesimi. Vuotatele del midollo lasciando le pareti all’intorno alquanto grossette. Bagnatele dentro e fuori con latte bollente e quando saranno discretamente inzuppate chiudetele col loro tassello, inzuppato anch’esso, immergetele nell’uovo per dorarle e friggetele nel lardo o nell’olio, ma buttatele in padella dalla parte del coperchio perché vi resti aderente. Distaccate dopo, colla punta di un temperino, il tassello, riempitele di un battuto di carne delicato e ben caldo, richiudetele e mandatele in tavola. Se le fate accuratamente possono benissimo figurare in qualunque pranzo.
Il battuto di carne, a pezzetti grossi quanto i ceci, sarà bene farlo con fegatini, petti di pollo, animelle e cose simili tirate col sugo di carne e legate con una presa di farina; ma ciò che sarebbe indispensabile, per rendere il composto più grato, sono i tartufi.
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Sformato di carciofi n. 391
Questo è uno sformato da farsi quando i carciofi costano poco e ve lo do per uno de’ più delicati.
Levate ai carciofi le foglie più dure, spuntateli e sbucciatene i gambi, lasciandoli tutti, anche se sono lunghi. Tagliateli in quattro spicchi e fateli bollire nell’acqua salata per soli cinque minuti. Se li lasciate di più sopra al fuoco, oltre ad inzupparsi troppo di acqua, perdono molto del loro aroma. Levateli asciutti, pestateli nel mortaio e passateli per istaccio. Dosate la polpa così ottenuta con tutti quegli ingredienti soliti negli altri sformati di erbaggio, e cioè: uova, non facendo avarizia d’uno di più, onde restringa, due o tre cucchiaiate di besciamella ove non iscarseggi il burro; parmigiano, sale e odore di noce moscata, ma assaggiate il composto più volte per ridurlo a giusto sapore.
Se avete sugo di carne o di stracotto non è male l’unirci un poco anche di questo e, se i carciofi sono teneri, anziché passarli potete lasciarli a piccoli spicchi.
Cuocetelo a bagno-maria in uno stampo bucato, se avete un intingolo di carne per riempirlo; se no, mettetelo in uno stampo liscio e servitelo per tramesso.
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Panettone Marietta n. 604
La Marietta è una brava cuoca e tanto buona ed onesta da meritare che io intitoli questo dolce col nome suo, avendolo imparato da lei.
Farina finissima, grammi 300.
Burro, grammi 100.
Zucchero, grammi 80.
Uva sultanina, grammi 80.
Uova, uno intero e due rossi.
Sale, una presa.
Cremor di tartaro, grammi 10.
Bicarbonato di soda, un cucchiaino, ossia grammi 5 scarsi.
Candito a pezzettini, grammi 20.
Odore di scorza di limone.
Latte, decilitri 2 circa.
D’inverno rammorbidite il burro a bagno-maria e lavoratelo colle uova; aggiungete la farina e il latte a poco per volta, poi il resto meno l’uva e le polveri che serberete per ultimo; ma, prima di versar queste, lavorate il composto per mezz’ora almeno e riducetelo col latte a giusta consistenza, cioè, né troppo liquido, né troppo sodo. Versatelo in uno stampo liscio più alto che largo e di doppia tenuta onde nel gonfiare non trabocchi e possa prendere la forma di un pane rotondo. Ungetene le pareti col burro, spolverizzatelo con zucchero a velo misto a farina e cuocetelo in forno. Se vi vien bene vedrete che cresce molto formando in cima un rigonfio screpolato. È un dolce che merita di essere raccomandato perché migliore assai del panettone di Milano che si trova in commercio, e richiede poco impazzamento.
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Latte brûlé n. 692
Latte, un litro.
Zucchero, grammi 180.
Rossi d’uovo, n. 8 e due chiare.
Mettete al fuoco il latte con 100 grammi del detto zucchero e fatelo bollire per un’ora intera, poi ritiratelo dal fuoco perché diacci. Sciogliete in una casseruola a parte gli 80 grammi di zucchero che resta e quando sarà ben liquefatto versatene in uno stampo liscio tanto che ne ricuopra il fondo come di un velo; quello che rimane nella casseruola continuate a tenerlo al fuoco finché sia diventato nero. Allora fermatelo con un ramaiolino d’acqua e lo sentirete stridere aggrumandosi; ma continuate a tenerlo al fuoco girando il mestolo per ottenere un liquido denso e scuro. Mettetelo da parte e frullate in un pentolo le dette uova, poi mescolate ogni cosa insieme, cioè: il latte, le uova e lo zucchero bruciato. Assaggiatelo se è dolce a sufficienza, passatelo da un colatoio di latta non tanto fitto e versatelo nello stampo già preparato. Cuocetelo a bagno-maria con fuoco sopra e quando la superficie comincia a colorarsi ponete sotto al coperchio un foglio unto col burro. Per accertarsi della cottura, immergete uno steccolino di granata e se questo esce pulito ed asciutto sarà segno che va tolto dal fuoco. Lasciatelo diacciar bene e prima di versarlo nel vassoio, con tovagliolo o senza, distaccatelo giro giro con un coltello sottile. In estate, prima di sformarlo, potete gelarlo col ghiaccio. Lo stampo da preferirsi è di forma ovale e sarebbe bene che avesse un orlo all’ingiro largo un dito, onde non vi schizzasse l’acqua dentro quando bolle,
Questa dose potrà bastare per dieci persone
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Cialdoni n. 621
Ponete in un pentolo:
Farina, grammi 80.
Zucchero biondo, grammi 30.
Lardo vergine e appena tiepido, grammi 20.
Acqua diaccia, sette cucchiaiate.
Sciogliete prima, coll’acqua, la farina e lo zucchero, poi aggiungete il lardo.
Ponete sopra un fornello ardente il ferro da cialde e quando è ben caldo apritelo e versatevi sopra ogni volta mezza cucchiaiata della detta pastella; stringete le due parti del ferro insieme, passatelo sul fuoco da una parte e dall’altra, levate le sbavature con un coltello ed apritelo quando conoscerete che la cialda ha preso il color nocciola. Allora distaccatela alquanto da una parte col coltello e subito così calda sopra il ferro medesimo o sopra a un canovaccio disteso sul focolare arrotolatela con un bocciolo di canna o semplicemente colle mani. Quest’ultima operazione bisogna farla molto svelti perché se la cialda si diaccia non potrete più avvolgerla su sé stessa. Se le cialde restassero attaccate al ferro ungetelo a quando a quando col lardo, e se non venissero tutte unite, aggiungete un po’ di farina.
Sapete già che i cialdoni si possono servir soli; ma è meglio accompagnarli con la panna o con la crema montata ed anche col latte brûlé o col latte alla portoghese.
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Pasta Maddalena n. 608
Zucchero, grammi 130.
Farina fine, grammi 80.
Burro, grammi 30.
Rossi d’uovo, n. 4.
Chiare, n. 3.
Una presa di bicarbonato di soda.
Odore di scorza di limone.
Lavorate prima i rossi d’uovo collo zucchero, e quando saranno diventati biancastri, aggiungete la farina e lavorate ancora per più di un quarto d’ora. Unite al composto il burro liquefatto se è d’inverno, e per ultimo le chiare montate.
La farina asciugatela al fuoco, o al sole, se d’estate.
A questa pasta potete dare forme diverse, ma tenetela sempre sottile e di poco volume. Si usa metterla in degli stampini lavorati, unti col burro e infarinati, oppure in teglia alla grossezza di un dito scarso, tagliandola dopo in forma di mandorle che spolverizzerete di zucchero a velo. Potete anche farla della grossezza di mezzo dito e appiccicare insieme le mandorle a due per due con conserve di frutta.
ARTUSI: Aprile – Nota pranzo
Artusi: Giugno - Nota pranzo I

ARTUSI: Aprile – Nota di pranzo II

 
“Poichè spesso avviene che dovendo dare un pranzo ci si trovi imbarazzati sulla elezione delle vivande, ho creduto bene di descrivervi in quest’appendice tante distinte di pranzi che corrispondano a due per ogni mese dell’anno, ed altre dieci da potersi imbandire nelle principali solennità, tralasciando in queste il dessert poichè, meglio che io non farei, ve lo suggerisce la stagione con le sue tante varietà di frutta. Così, se non potrete stare con esse alla lettera, vi gioveranno almeno come una scorta per rendervi più facile il compito della scelta”

APRILE
Nota di pranzo II

Minestra in brodo.
Panata n. 11
Fritto. Krapfen n. 182
Umido. Pollo ripieno n. 258 con piselli
Trasmesso. Gnocchi alla romana n. 231
Arrosto. Agnello pasquale con insalata e uova sode
Dolci. Dolce alla napoletana n. 586 – Gelato di cioccolata n. 761,
Frutta e formaggio. Frutta fresca di stagione e Stiacciata alla Livornese n.598

 Panata n. 11
Questa minestra, con cui si solennizza in Romagna la Pasqua d’uovo, è colà chiamata tridura, parola della quale si è perduto in Toscana il significato, ma che era in uso al principio del secolo XIV, come apparisce da un’antica pergamena in cui si accenna a una funzione di riconoscimento di patronato, che consisteva nell’inviare ogni anno alla casa de’ frati di Settimo posta in Cafaggiolo (Firenze) un catino nuovo di legno pieno di tridura e sopra al medesimo alcune verghe di legno per sostenere dieci libbre di carne di porco guarnita d’alloro. Tutto s’invecchia e si trasforma nel mondo, anche le lingue e le parole; non però gli elementi di cui le cose si compongono, i quali, per questa minestra sono:
Pane del giorno avanti, grattato, non pestato, gr. 130.
Uova, n. 4.
Cacio parmigiano, grammi 50.
Odore di noce moscata.
Sale, un pizzico.
Prendete una casseruola larga e formate in essa un composto non tanto sodo con gl’ingredienti suddetti, aggiungendo del pangrattato se occorre. Stemperatelo con brodo caldo, ma non bollente, e lasciatene addietro alquanto per aggiungerlo dopo.
Cuocetelo con brace all’ingiro, poco o punto fuoco sotto e con un mestolo, mentre entra in bollore, cercate di radunarlo nel mezzo scostandolo dalle pareti del vaso senza scomporlo. Quando lo vedrete assodato, versatelo nella zuppiera e servitelo.
Questa dose può bastare per sei persone.
Se la panata è venuta bene la vedrete tutta in grappoli col suo brodo chiaro all’intorno. Piacendovi mista con erbe o con piselli cuocerete queste cose a parte, e le mescolerete nel composto prima di scioglierlo col brodo.

Krapfen n. 182
Proviamoci di descrivere il piatto che porta questo nome di tedescheria ed andiamo pure in cerca del buono e del bello in qualunque luogo si trovino; ma per decoro di noi stessi e della patria nostra non imitiamo mai ciecamente le altre nazioni per solo spirito di stranieromania.
Farina d’Ungheria, grammi 150.
Burro, grammi 40.
Lievito di birra, quanto una grossa noce.
Uova, uno intero e un rosso.
Zucchero, un cucchiaino.
Sale, una buona presa.
Prendete un pugno della detta farina, ponetela sulla spianatoia e, fattale una buca in mezzo, stemperateci dentro il lievito di birra con latte tiepido e formatene un pane di giusta sodezza, sul quale inciderete un taglio in croce per poi conoscer meglio se ha rigonfiato. Ponete questo pane in un tegamino o in una cazzarolina nel cui fondo sia un sottilissimo strato di latte, copritela e lasciatela vicino al fuoco onde il pane lieviti a moderatissimo calore: vedrete che basterà una ventina di minuti. Lievitato che sia mettetelo in mezzo alla farina rimasta ed intridetela colle uova, col burro liquefatto, collo zucchero e col sale. Se questo pastone riesce troppo morbido, aggiungete tanta farina da ridurlo in modo che si possa distendere col matterello alla grossezza di mezzo dito. Così avrete una stiacciata dalla quale con un cerchio di latta taglierete tanti dischi della grandezza di quello soprassegnato [figura05].
Ammesso che ne facciate 24, prendete un uovo o altro arnese di forma consimile e colla punta del medesimo pigiate nel mezzo di ognuno dei dischi per imprimergli una buca [figura06]. In 12 di detti dischi ponete un cucchiaino di un battutino tirato col sugo e la besciamella, composto di fegatini, animelle, prosciutto, lingua salata, odore di tartufi o di funghi, il tutto tagliato a piccoli dadi.
Bagnate i dischi all’intorno con un dito intinto nell’acqua e sopra ciascuno sovrapponete un altro disco dei 12 rimasti vuoti; quando saranno tutti coperti premete sopra ai medesimi un altro cerchio di latta di dimensione eguale a quello qui delineato, onde si formi un’incisione tutto all’ingiro.
Ora che avete questi 12 pasticcini ripieni bisogna lievitarli, ma a lieve calore, e ciò otterrete facilmente ponendoli vicino al fuoco, o dentro a una stufa. Quando saranno rigonfiati bene friggeteli nel lardo o nell’olio in modo che siano ricoperti dall’unto e serviteli caldi come fritto o piatto di tramesso, il quale, per la sua apparenza e bontà sarà giudicato piatto di cucina fine.
Se volete che servano per dolce non avrete altro a fare che riempirli di una crema alquanto soda o di conserva di frutta, spolverizzandoli, dopo cotti, di zucchero a velo.

Pollo ripieno n. 258
Per disossare un pollo il modo più semplice è il seguente:
Tagliategli il collo a metà, la punta delle ali e le zampe alla giuntura della coscia; poi, senza vuotarlo, apritelo lungo il dorso superficialmente, dalle ali al codrione, e con un coltellino ben tagliente cominciate a levar dall’interno le ossa delle ali scarnendole bene. Dopo, sempre dall’interno, levate quelle delle anche e delle cosce, quindi, radendo via via col coltello le ossa esterne della carcassa, vi riescirà di levarla tutta intera, comprese le interiora. I piccoli ossicini della stizza lasciateli, oppure levatela tutta e levate la forcella del petto.
Fatto questo, rovesciate le cosce e le ali, già spoglie d’ossa, ritirandole all’interno e portate via tutti i tendini che trovate framezzo alla carne.
Ora che il pollo è disossato, se fosse alquanto grosso, formate il composto per riempirlo, con grammi 300 circa di magro di vitella di latte; se piccolo, regolatevi in proporzione. Tritatelo prima, poi pestatelo nel mortaio per ridurlo ben fine, e a questa carne aggiungete una grossa midolla di pane inzuppata nel brodo, un pugno di parmigiano grattato, tre rossi d’uovo, sale, pepe e, se vi piace, odore di noce moscata. Per ultimo mescolate nel composto, grammi 20 di prosciutto grasso e magro, e grammi 20 di lingua salata, tagliati l’uno e l’altra a piccoli dadi; riempito che abbiate il pollo cucitelo, involtatelo stretto in un pannolino e legatelo. Mettetelo a cuocere nell’acqua per un paio d’ore a fuoco lento, poi toglietegli l’involucro e fatelo prender colore prima col burro poi in un sugo tirato nella seguente maniera:
Spezzate tutte le ossa levate dal pollo, il collo e la testa compresi, e con carnesecca a pezzetti, burro, cipolla, sedano e carota mettetele al fuoco in una casseruola, condite con sale e pepe, tiratene il sugo con l’acqua in cui ha bollito il pollo, la quale è già divenuta un buon brodo. Prima di mandarlo in tavola, da solo o con un contorno, levategli il filo con cui fu cucito.

Gnocchi alla romana n. 231
Questi gnocchi, che io ho modificato e dosati nella seguente maniera, spero vi piaceranno come sono piaciuti a quelli cui li ho imbanditi. Se ciò avviene fate un brindisi alla mia salute se sarò vivo, o mandatemi un requiescat se sarò andato a rincalzare i cavoli.
Farina, grammi 150.
Burro, grammi 50.
Cacio gruviera, grammi 40.
Parmigiano, grammi 20.
Latte, mezzo litro.
Uova, n. 2.
Si dice che a tavola non si dovrebbe essere in meno del numero delle Grazie, né in più del numero delle Muse. Se vi aggirate intorno al numero delle Muse, raddoppiate la dose.
Intridete la farina colle uova e col latte versato a poco per volta entro una casseruola, aggiungete il cacio gruviera a pezzettini e mettete l’intriso al fuoco mescolando continuamente. Quando sarà assodato per la cottura della farina, salatelo e aggiungete la metà del detto burro. Lasciate che il composto diacci e poi, nella stessa guisa degli gnocchi di farina gialla, mettetelo a tocchetti in un vassoio che regga al fuoco e conditeli via via col resto del burro a pezzetti e col parmigiano suddetto grattato; ma non alla superficie, perché il parmigiano col fuoco sopra prende l’amaro. Rosolateli sotto a un coperchio di ferro o nel forno da campagna e serviteli caldi.

Dolce alla napoletana n. 586
Questo è un dolce di bell’apparenza e molto gentile.
Zucchero, grammi 120.
Farina d’Ungheria, grammi 120.
Mandorle dolci, grammi 100.
Uova, n. 4.
Le mandorle sbucciatele, asciugatele al sole o al fuoco e, scegliendone un terzo delle più grosse, dividete queste in due parti nei due lobi naturali; le altre tagliatele in filetti sottili. Montate le uova e lo zucchero in una bacinella di rame o di ottone, sul fuoco, alla temperatura di 20 gradi, battendole con la frusta più di un quarto d’ora. Ritirato il composto dal fuoco uniteci la farina mescolando leggermente e versatelo in uno stampo liscio, tondo od ovale poco importa, che avrete prima imburrato e spolverizzato con un cucchiaino di zucchero a velo ed uno di farina uniti insieme; ma sarebbe bene che lo stampo fosse di grandezza tale che il dolce, quando è cotto, riuscisse alto quattro dita circa. Cuocetelo al forno o al forno da campagna a moderato calore e dopo corto e ben diaccio tagliatelo all’ingiro a fette sottili un centimetro. Fate una crema con:
Rossi d’uovo, n. 2.
Latte, decilitri 3.
Zucchero, grammi 60.
Farina, grammi 15.
Burro, grammi 10.
Odore di vainiglia,
e con questa a bollore spalmate da una sola parte le fette del dolce e ricomponetelo, cioè collocatele insieme una sopra l’altra.
Verrà meglio la crema se metterete al fuoco prima il burro con la farina per cuocerla senza farle prender colore; poi, resa tiepida, vi aggiungerete i rossi, il latte e lo zucchero rimettendola al fuoco.
Ora bisogna intonacare tutta la parte esterna del dolce con una glassa, ossia crosta, e a questo effetto mettete a bollire in una piccola casseruola grammi 230 di zucchero in un decilitro di acqua fino al punto che, preso il liquido fra le dita, appiccichi un poco, ma senza filo, ed avrete un altro indizio della sua giusta cottura quando avrà cessato di fumare e produrrà larghe gallozzole. Allora ritiratelo dal fuoco e quando comincia a diacciare spremetegli un quarto di limone e lavoratelo molto col mestolo per ridurlo bianco come la neve; ma se v’indurisse fra mano versateci un poco d’acqua per ridurlo scorrevole come una crema alquanto densa. Preparata così la glassa, buttateci dentro le mandorle a filetti, mescolate e intonacate il dolce, e colle altre divise in due parti rifioritelo al disopra infilandole ritte.
Invece della crema potete usare una conserva di frutta, ma con la crema riesce un dolce squisito e perciò vi consiglio a provarlo.

Gelato di cioccolata n. 761
Latte, un litro.
Cioccolata fine, grammi 200.
Zucchero, grammi 100.
Grattate la cioccolata e mettetela al fuoco collo zucchero e con quattro decilitri del detto latte in una casseruola ove stia ristretta. Fatela bollire per qualche minuto, frullandola sempre onde si affini. Ritiratela dal fuoco, aggiungete il resto del latte e versate il composto nella sorbettiera quando sarà ghiaccio.
Anche questa dose potrà bastare per dieci persone. Se volete questo gelato più sostanzioso portate la dose dello zucchero a 120 grammi ed uniteci due rossi d’uovo quando ritirate la cioccolata dal fuoco e non è più a bollore. Mescolate, e rimettetela sul fornello per qualche minuto e poi, come si è detto, aggiungete il resto del latte.
 
Stiacciata alla Livornese n.598
Le stiacciate alla livornese usansi per Pasqua d’uovo forse perché il tepore della stagione viene in aiuto a farle lievitar bene e le uova in quel tempo abbondano. Richiedono una lavorazione lunga, forse di quattro giorni, perché vanno rimaneggiate parecchie volte. Eccovi la nota degl’ingredienti necessari per farne tre di media grandezza, o quattro più piccole:
Uova, n. 12.
Farina finissima, chilogrammi 1,800.
Zucchero, grammi 600.
Olio sopraffine, grammi 200.
Burro, grammi 70.
Lievito di birra, grammi 30.
Anaci, grammi 20.
Vin santo, decilitri 11/2.
Marsala, 1/2 decilitro.
Acqua di fior d’aranci, decilitri l.
Mescolate le due qualità di vino e in un po’ di questo liquido ponete in fusione gli anaci dopo averli ben lavati. A tarda sera potrete fare questa.
1a Operazione. Intridete il lievito di birra con mezzo bicchiere di acqua tiepida, facendogli prender la farina che occorre per formare un pane di giusta consistenza, che collocherete sopra il monte della farina, entro a una catinella, coprendolo con uno strato della medesima farina. Tenete la catinella riparata dall’aria e in cucina, se non avete luogo più tiepido nella vostra casa.
2a Operazione. La mattina, quando il detto pane sarà ben lievitato, ponetelo sulla spianatoia, allargatelo e rimpastatelo con un uovo, una cucchiaiata d’olio, una di zucchero, una di vino e tanta farina da formare un’altra volta un pane più grosso, mescolando ogni cosa per bene senza troppo lavorarlo.
Ricollocatelo sopra la farina e copritelo come l’antecedente.
3a Operazione. Dopo sei o sette ore, che tante occorreranno onde il pane torni a lievitare, aggiungete tre uova, tre cucchiaiate d’olio, tre di zucchero, tre di vino, e farina bastante per formare il solito pane e lasciatelo lievitar di nuovo, regolandovi sempre nello stesso modo. Per conoscere il punto della fermentazione calcolate che il pane deve aumentare circa tre volte di volume.
4a Operazione. Cinque uova, cinque cucchiaiate di zucchero, cinque d’olio, cinque di vino e la farina necessaria.
5a ed ultima operazione. Le tre rimanenti uova e tutto il resto, sciogliendo il burro al fuoco, si mescoli ben bene per rendere la pasta omogenea. Se il pastone vi riuscisse alquanto morbido, il che non è probabile, aggiungete altra farina per renderlo di giusta consistenza.
Dividetelo in tre o quattro parti formandone delle palle e ponete ognuna di esse in una teglia sopra un foglio di carta che ne superi l’orlo, unta col burro, ove stia ben larga; e siccome via via che si aumenta la dose degli ingredienti, la fermentazione è più tardiva, l’ultima volta, se volete sollecitarla, ponete le stiacciate a lievitare in caldana e quando saranno ben gonfie e tremolanti spalmatele con un pennello prima intinto nell’acqua di fior di arancio, poi nel rosso d’uovo. Cuocetele in forno a temperatura moderatissima, avvertendo che quest’ultima parte è la più importante e difficile perché, essendo grosse di volume, c’è il caso che il forte calore le arrivi subito alla superficie, e nell’interno restino mollicone. Con questa ricetta, eseguita con accuratezza, le stiacciate alla livornese fatte in casa, se non avranno tutta la leggerezza di quelle del Burchi di Pisa, saranno in compenso più saporite e di ottimo gusto.

ARTUSI: Aprile – Nota pranzo II

 

 

Menù di Escoffier:aprile Menù Escoffier: GIUGNO

Menù di Escoffier: APRILE

Bottles of Champagne Bread Biscuits and Cakes on a Draped-Table. Jules Larcher (1849-1920)
Menù
Pranzo
Uova di piviere*
Anguilla alla tartara*
Pulcini Valentinois
Punte di asparagi al burro
Friicandò alla gelatina
Cuori di lattuga
Banane soufflées
Crocchette di BordeauxCena
Minestra Longchamps
Sogliola alla mugnaia con mirtilli*
Prosciutto di Praga al marsala
Fave del Marais
Pollo allo spiedo
Cuori di lattuga romana
Fragole fémina. Dolce Condé
Dopo teatro
Consommé all’essenza di mirtillo
Trote di torrente in guazzetto (fredde)
Costolette di agenllo Villeroy*
Piselli all’inglese*
Quaglie Richelieu*. Insalata di lattuga
Pesche Adrienne*. Cialde normanne

Uova di piviere e di pavoncella

Questi due uccelli,di dimensioni quasi identiche, ma con un piumaggio diverso, producono uova molto simili, di colore verde chiaro, macchiate di punti neri. Se, durante la cottura, l’albume assume l’aspetto di una gelatina abbastanza chiara, significa che l’uovo è fresco. A queste uova sono applicabili quasi tutte le preparazioni comuni alle altre, ma si servono quasi sempre sode, calde o fredde. Per farle sode, si calcola otto minuti di cottura a partire dal momento in cui, una volta immersa nell’acqua, questa riprende l’ebollizione. Prima di cuocerli, bisogna assicurarsi che siano freschi, immergendole nell’acqua fredda. L’uovo che galleggia è di dubbia freschezza e deve quindi essere scartato.
Cuocerle otto minuti in acqua bollente e raffreddarle; togliere con la punta di un cucchiaio un piccolissimo pezzo di guscio dalla parte più appuntita dell’uovo; è un modo per assicurarsi che l’uovo sia in b,anguilla,tartara,uova,piviereuone condizioni per poter essere servito: in questo caso l’albume deve essere leggermente trasparente.
In Inghilterra, dove le uova di piviere sono molto apprezzate, le si serve disposte in nidi fatti di mousse verde. Questo metodo non è però molto elegante e soprattutto non assicura la freschezza; è sicuramente più adatta una base di crescione fresco tagliato e condito delicatamente.
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Anguilla alla tartara
Tagliare a pezzi e cuocere in un brodetto con vino bianco. Una volta che i pezzi si sono raffreddati, asciugarli, passarli nella farina, immergerli nell’uovo battuto, ricoprirli poi di pangrattato o di mollica di pane grattugiato ed infine friggerli. Servire contemporaneamente della Salsa Tartara.
Durante la stagione dei piselli, si possono preparare degli eccellenti umidi di anguilla con piselli, oppure con piselli e patate novelle. Scegliere preferibilmente delle piccole anguille, tagliarle a pezzi, condirli con sale e pepe, passarli nella farina. Fare scaldare qualche cucchiaio di burro in una casseruola, aggiungere dei pezzi di anguilla, lasciarli rosolare qualche istante, poi unirvi una decina di cipolline e dei piselli; bagnare con acqua calda fino a ricoprire le verdure e il pesce; aromatizzare l’umido con un mazzetto guarnito; condire con sale e pepe. Coprire la casseruola, fare cuocere a fuoco medio per 30-35 minuti.
N. B. Si possono sostituire i piselli con piccole fave grandi d’orto.
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Sogliola alla mugnaia con mirtilli
Lavare e pulire molto bene la sogliola, salarla leggermente, passarla nel latte, poi nella farina e cuocerla nel burro in padella. Girarla al momento giusto in modo da ottenere una cottura uniforme. Disporre la sogliola in un piatto di portata molto caldo, annaffiarla con succo di limone, cospargere la superficie con una presa di prezzemolo. Aggiungere al burro di cottura della sogliola un cucchiaio di burro, fare riscaldare vigorosamente;
non appena il burro comincia a schiumare, versarlo sulla sogliola. Servire immediatamente.
Facoltativamente, le sogliole alla mugnaia si possono guarnire con fettine di melanzane, zucchine fritte, con funghi porcini sminuzzati saltati nel burro cosparse di prezzemolo, con spugnole, con pomodori alla provenzale, con ribes rossi, ecc. In questo caso sul menu si scriverà “Sogliola alla mugnaia con melanzane”, “con zucchine”, ecc.
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Piselli all’inglese
Cuocere i piselli in acqua salata, lasciandoli un po’ al dente; scolarli accuratamente e versarli in legumiera; servire a parte delle rondelle di burro freschissimo. Gli inglesi sono soliti far bollire i piselli insieme a un mazzetto di menta fresca, con cui poi, una volta cotta, li guariscono
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Quaglie Richelieu I
Scegliere 6 belle quaglie, il più possibile grasse e freschissime; togliere il ventriglio e le interiora; condire l’interno con un pizzico di sale e un filo di cognac; introdurre un pezzo di tartufo in ogni quaglia e prepararle per la cottura. Stirarle in una casseruola, stringendole l’una contro l’altra e condendole leggermente con un pizzico di sale fino. Coprirle con una julienne di carote, cipolle, sedani, tutto cotto nel burro e possibilmente a base di verdure fresche. Annegare con un fondo di vitello succulento, gelatinoso e di un bel color ambrato; coprire la casseruola; portare ad ebollizione e lasciar cuocere per 10 minuti. Aggiungere allora una julienne di tartufi accuratamente raschiati, il più possibile crudi, nella misura di un terzo della quantità totale della julienne di verdure; lasciar cuocere ancora per due minuti. Mettere le quaglie in una teglia d’argento o in una terrina, sgrassare il fondo di cottura e versare il tutto sulle quaglie.
Servire con un contorno di riso pilaf.
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Quaglie Richelieu II
Prepararle esattamente come le Quaglie Richelieu calde. Una volta cotte, metterle in una terrina della grandezza voluta e veersarvi sopra verdure e fondo di cottura. Le quaglie devono essere annegate nel fondo di cottura e nella julienne. Lasciarle raffreddare per qualche ora con la terrina circondata di ghiaccio. Al momento di servire, togliere con un cucchiaio il poco grasso rappresosi sulla superficie. Le quaglie Richelieu preparate nelle condizioni indicate, apprezzatissime dai veri intenditori di cibi raffinati, possono figurare nei menù più mondani, ma a condizione di non far mai uso di quaglie congelate, né di gelatina commerciale; solo ossa e garretto di vitello possono fornire un buon corpo gelatinoso. Per la preparazione di un grande quantitativo, ai garretti si potranno aggiungere dei piedini di vitello e delle cotenne di lardo secche, tenute bagno per un po’ di tempo in acqua bollente e ben sgrassate.
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Pesche Adrienne
Prendere delle belle pesche dalla polpa morbida, matura al punto giusto, tante quanti sono i convitati. Immergere in acqua bollente, ritirarle immediatamente con la schiumarola e gettarle in acqua contenente pezzi di ghiaccio. Sbucciarle, sistemarle su d’un piatto, cospargerle di zucchero e tenerle in fresco. Precedentemente sarà stato preparato un gelato di fragole di bosco e panna fresca profumata alla vaniglia e tante conchiglie di meringa quante sono le pesche. Sistemare il gelato in una coppa di cristallo e incrostarvi le conchiglie di meringa. Appoggiare una pesca su ognuna di queste conchiglie e coprirle leggermente di mousse al curacao
non gelata. Stendervi sopra un velo di zucchero filato cosparso di petali di rose cristallizzati. Incastrare la coppa in un blocco di ghiaccio e circondarla semplicemente di ghiaccio tritato a neve.

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