La Taberna dell'Antica Roma e la Taverna del Medioevo  Taverne_di_pescivendoli_Ostia_Antica

La Taberna dell’Antica Roma e la Taverna del Medioevo

Taberna di pescivendoli a Ostia antica

LA TABERNA
Nell’antica Roma la taberna (al plurale tabernae) era una sorta di ristorante o trattoria, tipicamente dotata di una sola stanza con volta a botte. La taberna nacque inizialmente come deposito ed era, in genere, la bottega degli artigiani, aperta verso la strada; si passò poi alle tabernae vinarie e a quelle che si specializzarono nella consumazione del vino e del pasto.

Tabernae a Ostia
        Taverne in Ostia Antica 01.jpg    Taverne in Ostia Antica 02.jpg
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Le tabernae avevano un bancone di pietra, con cinque o sei contenitori murati, rivolti verso la strada; accanto al banco vi era un fornello con una casseruola piena di acqua calda; nel retro c’erano la cucina e le sale per la consumazione. Avevano una finestra in alto che dava luce al soffitto in legno del deposito ed un grande vano di apertura sulla strada.

Un famoso esempio si trova nei mercati di Traiano, costruiti da Apollodoro di Damasco. Secondo la “Cambridge Ancient History”, la taberna era un’unità per la vendita al dettaglio all’interno dell’ Impero Romano, in più era il luogo dove venivano offerte numerose attività commerciali e terziarie, comprese la vendita di cibi cotti, vino e pane.

Fonte: Wikipedia

Jan Steen - Revelry at an Inn - WGA21761.jpg

Revelry at an Inn (Baldoria in una locanda)  di Jan Steen (1625/26–1679)

LA TAVERNA
La taverna nel Medioevo è un luogo di ritrovo per bere, mangiare, incontrarsi, giocare.
La documentazione principale sulla presenza della Taverna nella vita sociale del Tardo Medioevo ci è fornita dagli Statuti delle città. Le Taverne erano ubicate sia nei centri urbani che nei piccoli borghi nelle campagne, ma soprattutto nei luoghi di mercato, lungo i fiumi in prossimità di ponti e traghetti e le strade, nei porti; tutti posti nei quali vi era molta gente di passaggio o stanziale. Erano sorvegliate dalle autorità. La Taverna medievale era caratterizzata da un’insegna e da dei lunghi sporgenti pali per la birra che però spesso recavano fastidio alla circolazione, e a Londra nel 1375 vi fu un provvedimento che ne limitava a 7 piedi la misura massima di sporgenza dalla facciata. Lo statuto della città di Verona del 1327 ci trasmette la possibile esistenza di un cortivum o di un porticus: ne è facile dedurre che durante la buona stagione i vini, la birra e l’idromele venivano consumati all’esterno in quello che è altrove definito “circuito della taverna”.

Fonte: lamescaligere.it
Ricette

I Carmina Burana

sono testi poetici contenuti in un importante manoscritto del XIII secolo, il Codex Latinus Monacensis o Codex Buranus, proveniente dal convento di Benediktbeuern (l’antica Bura Sancti Benedicti fondata attorno al 740 da San Bonifacio nei pressi di Bad Tölz in Baviera) e attualmente custodito nella Biblioteca Nazionale di Monaco di Baviera..

Se vuoi ascoltare:
Il testo in Latino e italliano di “In taberna quando sumus”, il carme 196 dei “Carmina Burana”
In taberna                                                                                                                    All’osteria
Carmina Burana: “In taberna quando sumus” 196 Testo ©2001 Saltatio Mortis Traduzione ©2008 Daniele Benedetti
In taberna quando sumus
Non curamus quid sit humus
Sed ad ludum properamus
Cui semper insudamus
Quid agatur in taberna
Ubi nummus est pincerna
Hoc est opus ut queratur
Si quid loquar, audiatur Quidam ludunt, quidam bibunt
Quidam indiscrete vivunt
Sed in ludo qui morantur
Ex his quidam denudantur
Quidam ibi vestiuntur
Quidam saccis induuntur
Ibi nullus timet mortem
Sed pro Baccho mittunt sortem: Hier ein Spiel, ein Trunk daneben
Dort ein wahres Heidenleben
Wo des Spieles wird gepflogen
Sieht sich mancher ausgezogen
Klopft ein anderer stolz die Tasche
Liegt der Dritt in Sack und Asche
Wer wird um den Tod sich scheren?
Losung ist: Zu Bacchus Ehren!
Quando siamo all’osteria
Non ci curiamo più del mondo
Ma ci affrettiamo al gioco
Al quale sempre ci accaniamo
Che si faccia all’osteria
Dove il soldo fa da coppiere
Questa è cosa da chiedere
Si dia ascolto a ciò che dico C’è chi gioca, c’è chi beve
C’è chi vive senza decenza
Ma tra coloro che attendono al gioco
C’è chi viene denudato
Chi al contrario si riveste
Chi di sacchi si ricopre
Qui nessuno teme la morte
Ma per Bacco tentano la sorte: Qui un gioco, insieme a una bevuta
Là una vera vita da miscredente
Dove c’è l’abitudine del gioco
Si vedono alcuni che si spogliano
Un altro batte orgogliosamente la tasca
Il terzo giace tra sacchi e cenere
Chi si curerà della morte?
La parola d’ordine è: onore a Bacco
 Fonte: metalgermania.it/
“Taverne di pescivendoli Ostia Antica” di Chris 73 – Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons
 “Jan Steen – Revelry at an Inn – WGA21761” di Jan Steen (1625/1626–1679) – Web Gallery of Art:   Image  Info about artwork. Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons –
Scapece da taberna taverna

“Scapece da taberna (taverna)”

Scapece gallipolina 

La scapece e’ una preparazione gastronomica dell’Italia meridionale; in Puglia, ad esempio, sono famose le scapece di Lesina e di Gallipoli. La procedura varia da zona a zona, e, sostanzialmente prevede nella ricetta l’utilizzo di verdure o ortaggi tassativamente fritti (melanzane, pomodori, carote, fagiolini ecc.) e pesce azzurro o anche le une e l’altro, ma fritti separatamente.

Si avvicina grosso modo, anche alla tipica preparazione del nord Italia “carpione” che prende nome da un pesce d’acqua dolce (Salmo tutta carpio) il quale, previa frittura, viene cosparso con cipolle fatte appassire in olio d’oliva con una marinata d’aceto, aglio e altre spezie, e, al veneto “saòr” che deriva dal medievale italiano “savore” dal latino “sapor”, mentre con il termine Scabeccio si fa riferimento ad una identica preparazione in uso in Liguria e in Piemonte.

  Ingredienti per 6 persone 

800 g – 1 kg di pesce (naselli, merluzzetti, sgombri ecc.), 3 cipolle da agricoltura biologica, 1 litro di vino (rosso o bianco, a seconda del colore che si vuole ottenere), ¼ di litro di aceto di vino, 6-7 stigmi di zafferano, ½ cucchiaino di grani di cumino, ½ cucchiaino di pepe nero in polvere, sale.

Preparazione

Mescoliamo il vino all’aceto, aggiungiamo il sale e portiamo ad ebollizione. Mettiamo il pesce in questa miscela acetosa e cuociamo solo per 6-7 minuti, mantenendo il liquido al limite dell’ebollizione. Togliamo il pesce dall’acqua con la schiumarola e mettiamolo in un recipiente fondo, preferibilmente di terracotta. Rimettiamo sul fuoco il liquido, aggiungiamo le cipolle tagliate a rondelle e facciamo restringere a fuoco lento per circa mezz’ora. Togliamo dal fuoco e aggiungiamo le spezie (cumino, pepe e zafferano) al liquido. Versiamo sul pesce e facciamo raffreddare: si rapprenderà in gelatina. Serviamo freddo.

  • Questa ricetta si trovava quasi sempre nei “menù” delle taverne che erano luoghi in cui si dovevano proporre piatti da realizzarsi velocemente o addirittura già pronti. Ciò vale anche per lo scapece che è, nello stesso momento, un modo per cucinare ma anche un metodo di conservazione del pesce. Questo procedimento constava, in genere, di pesce azzurro, verdure o anche carni fritte cui venivano applicate alcune spezie (in particolare lo zafferano), le cipolle e una salsa o gelatina dal sapore acido. Tale salsa è probabilmente originaria della cucina araba e il suo nome deriva dal termine sikbaj; troviamo attestazioni di questa preparazione già nel “De re coquinaria” di APICIO o in alcuni ricettari della corte di Federico II di Svevia che ne era particolarmente ghiotto. Nell’Italia meridionale e in Spagna si servono ancora oggi gli scapece. Fonte: Il libro della cucina del secolo XIV
Jan_Steen_-_Revelry_at_an_Inn_-_WGA21761
Revelry at an Inn (Baldoria in una locanda)  di Jan Steen (1625/26–1679)
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Altre ricette

Grande Taberna, Herculaneum – Scavi di Ercolano

Scapece da taberna taverna

 Scapece,
etimologicamente deriva dal latino Escha Apicii, e cioe salsa di APICIO, autore del De coquinaria, il piu antico manuale di gastronomia, per fare in modo che pisces fricti diu durent (per conservare pesci fritti) consiglia: eodem momento, quo friguntur et levantur, ab aceto calido, perfunduntur (nello stesso momento in cui escono dall’olio cospargili di aceto caldo).
Dell’Imperatore Federico II di Svevia si racconta che ne era talmente ghiotto che difatti se la faceva venir dal Lago Lesina (Resina ut ab eis faciat ascaperiam). Nel marzo del 1240 in vista del Colloquium generale previsto a Foggia, chiese al cuoco Berardo di preparare askipeciam et gelatinam usando appunto il pesce che proveniva da quel lago.
Alcuni studiosi affermano invece il termine deriva dall’arabo As-sikbāj che designava una preparazione molto apprezzata di quella cucina che seguiva una procedura abbastanza simile alla scapece, ma solitamente utilizzata per le carni bollite e che sarebbe pervenuta a noi attraverso lo spagnolo escabeche. nella gastronomia iberica, infatti, figurano molte preparazioni di escabeche: Patatas en escabeche con tenca (tinca) a la cacerena (alla maniera di Caceres), Escabeche de berenjenas (melanzane) con hinojo (finocchio), Perdices (pernici) escabechadas.
Può considerarsi una sorta di scapece il siviero di Ippolito Cavalcanti (Capetone in siviero, Puorco sarvateco (cinghiale) ‘nseviero).
Altri percorsi etimologici ci indirizzano invece al francese “aspic” una pietanza in gelatina ormai celebre portata della cucina internazionale. In questo caso va fatta un’osservazione chimica che ci puo’ aiutare a comprendere l’analogia filologica, e cioe’ che in assenza di grassi aggiunti, la cartilagine del pesce una volta disciolta nell’acqua per effetto dell’aceto si solidifica trasformandosi così in gelatina che del resto era all’epoca considerata un “trattamento” per la conservazione degli alimenti, ed esiste una preparazione simile nella cucina ebraica di tradizione askenazita che si chiama “gefillte fisch” .
Fonte:guide.supereva.it
 “Scapece” di Scapece.bianco – Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons

 

Zucchine scapece

Zucchine a scapece (Cucuzzielle a la scapece)

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 Ingredienti per 4 persone

1 kg. di zucchini teneri e freschi, olio evo, sale, 2 spicchi d’aglio, origano o menta, aceto

Preparazione

Tagliare a rondelle gli zucchini e farli asciugare un po’ al sole oppure asciugarle premendole con un canovaccio. Friggere gli zucchini nell’olio e salarli, scolarli solo quando saranno diventati scuri. Metterli in una terrina, a strati, cospargendo ogni strato di aglio tritato e origano, oppure foglie di menta tritate. Versare, nella terrina, sopra gli zucchini dell’ottimo aceto di vino. Marinare per qualche ora o, meglio, 1 giorno prima di servire.

Leggi anche

 

 Scapece,
etimologicamente deriva dal latino Escha Apicii, e cioe salsa di APICIO, autore del De coquinaria, il piu antico manuale di gastronomia, per fare in modo che pisces fricti diu durent (per conservare pesci fritti) consiglia: eodem momento, quo friguntur et levantur, ab aceto calido, perfunduntur (nello stesso momento in cui escono dall’olio cospargili di aceto caldo).
Dell’Imperatore Federico II di Svevia si racconta che ne era talmente ghiotto che difatti se la faceva venir dal Lago Lesina (Resina ut ab eis faciat ascaperiam). Nel marzo del 1240 in vista del Colloquium generale previsto a Foggia, chiese al cuoco Berardo di preparare askipeciam et gelatinam usando appunto il pesce che proveniva da quel lago.
Alcuni studiosi affermano invece il termine deriva dall’arabo As-sikbāj che designava una preparazione molto apprezzata di quella cucina che seguiva una procedura abbastanza simile alla scapece, ma solitamente utilizzata per le carni bollite e che sarebbe pervenuta a noi attraverso lo spagnolo escabeche. nella gastronomia iberica, infatti, figurano molte preparazioni di escabeche: Patatas en escabeche con tenca (tinca) a la cacerena (alla maniera di Caceres), Escabeche de berenjenas (melanzane) con hinojo (finocchio), Perdices (pernici) escabechadas.
Può considerarsi una sorta di scapece il siviero di Ippolito Cavalcanti (Capetone in siviero, Puorco sarvateco (cinghiale) ‘nseviero). […]

 Zucchine scapece

 

 

 

Alici, acciughe, sardine Scapece Charles_Lamb,_Islington,_London_

Alici, acciughe, sardine in Scapece

The sardines escabeche. At The Charles Lamb, Elia Street London.
Con scapece o escabeche, si intende sia il procedimento per la conservazione di alimenti sotto aceto, che il prodotto ottenuto. Il metodo per processare un alimento in escabeche rientra nelle operazioni denominate in cucina come marinatura e la tecnica consiste basicamente nel pre-cucinare l’alimento in aceto, olio d’oliva fritto, vino, alloro e pepe in grani. È la trasformazione di un procedimento di origine araba, perfezionato dagli spagnoli.
La parola escabeche, secondo il Dizionario Etimologico di Pascual Corominas, proviene dall’arabo sikbâg, che si riferisce ad un sugo di carne con aceto ed altri ingredienti; è un piatto tipico della Persia, che appare già nel libro “Le mille e una notte”.
La pronuncia volgare di“sikbâg” suonava come “iskebech”, da cui escabeche o “escabetx” in catalano. La forma castigliana “escabeche” apparve scritta per la prima volta nel 1525, nel “Libro de los Guisados” di Ruperto de Nola, edito a Toledo. Questo libro ha anche edizioni precedenti dove apparirebbe la parola escabeche; la prima edizione risale alla metà del secolo XIV, dove appare “escabeig a peix fregit”. Esiste anche un manoscritto catalano “Flors de les medicines” della metà del secolo XV nel quale appare un riferimento all'”escabex”.
Un’altra possibile origine fa risalire la parola escabeche al latino esca (prefisso latino per alimento) + alice (uno dei pesci più noti che vengono conservati in aceto salmistrato) o ancora a esca + Apicii (dal celebre gastronomo romano Apicio).
Esistono altre teorie che fanno risalire sempre all’arabo il nome escabeche, modificato dal Siciliano in “scapeci”, termine utilizzato per indicare il tonno rosso cotto a vapore.

.Alici, acciughe, sardine Scapece

 Ingredienti per 4 persone

 500 gr. di alici freschissime, alcuni cucchiai di farina, 4 foglie di alloro, 1 cipolla piccola, uno spicchio d’aglio, 1/4 di litro di olio d’oliva, 1 bicchiere di aceto, 1/2 bicchiere di acqua, un’abbondante presa di origano, 3 granelli di pepe e poco sale.

Attrezzatura

Una padella per fritti, fogli di carta assorbente, un recipiente di terracotta o vetro completo di coperchio.

Preparazione

 Aprite con un coltello le alici nel senso della lunghezza (facendo però attenzione a lasciarle attaccate da un lato), liberandole della spina dorsale e della testta, ma lasciando la coda. Risciacquatele più volte con delicatezza, sgocciolatele con cura, asciugatele leggermente e passatele rapidamente nella farina; fatele quindi friggere in una padella di ferro, nell’olio bollente, e dorare da ambo le parti.

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  • Quando saranno pronte, estraetele dall’olio e passatele in fogli di carta assorbente, o su tovaglioli di carta, per eliminare ogni eccesso di unto. Dopo averle cosparse con un po’ di sale, sistematele a strati in un recipiente di terracotta o vetro provvisto di coperchio.
  • Ponete ora in una piccola casseruola mezzo bicchiere d’acqua, un bicchiere abbondante di aceto, uno spicchio d’aglio schiacciato, la cipolla tagliata a fettine sottili, le foglie di alloro, una presa abbondante di origano e tre granelli di pepe e lasciate sobbollire lentamente il tutto per un quarto d’ora.
  • Versate quindi la miscela aromatica sulle alici, avendo cura che ne risultino completamente sommerse. Lasciate infine raffreddare a temperatura ambiente, poi coprite il recipiente e fatelo riposare al fresco, per servire il giorno seguente.
  • Desiderando prolungare la conservazione delle alici è indispensabile non infarinarle prima di friggerle e sostituire l’acqua con mezzo bicchiere di olio d’oliva.
Vino

La presenza notevole di aceto suggerisce di evitare, se possibile, il vino; tuttavia in Abruzzo si usa accostare il piatto, in spuntini rustici, al Trebbiano d’Abruzzo servito a 12°C oppure al Cerasulo d?Abruzzo servito a 13-14 °C.

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L’escabeche in Italia
  • Liguria
    Lo scabeccio è un piatto di pesce marinato molto comune in tutta la Liguria. Si usano soprattutto triglie, boghe, acciughe e piccoli pesci in genere, fatti marinare per almeno un giorno in aceto, olio, sale, aglio, cipolle, rosmarino. Va servito a temperatura ambiente.
  • Puglia
    La scapece gallipolina è un piatto tipico di Gallipoli; preparazione: il pesce viene fritto con olio per friggere e dopo fatti marinare a strati alterni con mollica di pane imbevuta con aceto e zafferano in appositi mastelli in legno, la scapece viene venduta in occasione delle festività patronali e fiere.
  • Molise
    La scapece molisana (“scapec” in dialetto molisano) è un tipico piatto usato come antipasto nelle feste popolari e sagre. La scapecie molisana viene preparata in particolare con la razza o palombo, polpi e calamari infarninati e poi marinati con aceto, olio, sale e zafferano, a volte viene servita dopo averla lavata in vino bianco per attenuare il sapore dell’aceto.[1].
  • Sicilia
    A Trapani lo scapece è tradizionalmente la parte meno pregiata del tonno rosso (dopo la buzzonaglia) che viene conservato sott’olio. È chiamato anche maccarone.
  • Sardegna
    Nella Sardegna meridionale e in particolar modo a Cagliari e dintorni compare in svariate ricette Su Scabecciu, il caratteristico sistema di marinatura con olio, aglio e aceto trovando applicazione in molti piatti di pesce e in un tipico metodo di conservazione delle olive, dette appunto “Olive a Scabecciu”.
  • Abruzzo
    Lo Scapece è un tipico piatto del teatino, in particolare della città di Vasto; esso viene cucinato prima infarninadolo e poi facendolo mantegare con aceto, olio, sale, a cui viene poi aggiunta una bustina di zafferano.
L’escabeche nel mondo
  • Argentina
    L’escabeche è una preparazione per vari tipi di carne in Argentina. Uno tra tutti, per esempio, l’escabecha el carpincho (escabeche di capibara, che è una specie di roditore di circa 70-100 cm di altezza).
  • Bolivia
    L’escabeche è un piatto tipico della Bolivia: si prepara dalla pelle e dalle zampe di maiale cotte oppure dal pollo, normalmente accompagnati da cipolle, carote e locoto, mischiati sotto aceto.
    Si prepara anche un escabeche di verdure, mettendo locoto, la ulupica o l’abibi (piccoli frutti piccanti), cipolla, carota e cetriolini in una bottiglia di bocca grande e si versa all’interno l’aceto. Si lascia riposare un giorno per poi mangiarlo. In alcune regioni mettono anche olio nel vaso per poi utilizzarlo a gocce sui piatti come condimento.
  • Chile
    Si prepara la cebolla en escabeche (cipolla in escabeche), a base di cipolla valenciana fresca (non fermentata) e con l’aggiunta di aceto rosa.
  • Cuba
    Generalmente se fa l’escabeche con il pesce, tagliato a fette, infarinato e fritto; in seguito si mette a marinare in una miscela in parti uguali di olio di oliva e aceto. Si aggiunge cipolla, peperoncino, olive ripiene con pepe e opzionalmente con capperi; la marinatura deve durare almeno una settimana.
  • Perù
    L’ecabeche è un piatto tipico della cucina peruviana importato dagli spagnoli nell’epoca del Vicereame del Perù.
  • Uruguay
    L’escabeche viene utilizzato normalmente per conservare i funghi.

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 “Charles Lamb, Islington, London (7794379340)” di Ewan Munro from London, UK – Charles Lamb, Islington, LondonUploaded by tm. Con licenza CC BY-SA 2.0 tramite Wikimedia Commons –
“Acciughe sotto sale.acciughe sott’olio, vaschetta portacciughe” di Roger469 – Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons
2. ABEMUS IN CENA menù dell'antica Roma

2. *ABEMUS IN CENA* (menù dell’antica Roma)

ABEMUS IN CENA

(menù)

GUSTUM
GUSTATICIUM
LIBUM
EPITYRIUM
PETASONEM EX MUSTEIS
MORETUM
PRIMAE MENSAE
TISANA
PATINAM APICIANAM
PULLUS FARSILIS
SECUNDAE MENSAE
PATINA VERSATILIS
GLOBULOS
Museo Archeologico Sarsinate
 Invocazione iniziale

Con un urlo chiamai di Maia il figlio,
re di Cillene: ”Mercurio strozzacani,
polpetta! Come nome hai fra i Lidii,
compagno dei ladri, dammi una mano.
Mercurio mio, figlio di Maia,
re di Cillene, ti scongiuro! Ho addosso
un freddo maledetto, e batto i denti.
Regala ad Ipponatte un mantelluccio,
ed un corsetto, e un paio di stivali,
e due ciabatte, ed una sessantina
di pezzi d’oro. Rubale al vicino!”

Ipponatte, VI sec. a. C.(trad. Ettore Romagnoli, Zanichelli, 1965)

GUSTUM (antipasti)
La cena tradizionale, spesso preceduta da un aperitivo di vino addolcito, iniziava con gli antipasti a base di uova, ceci bolliti o salati, foglie di lattuga, tonno e, nelle cene più ricche, frutti di mare, salsicce ed altri cibi saporiti.GUSTATICIUM
Mettere nel piatto uova, datteri, olive, datteri, noci, nocciole, allec (si può sostituire con delle acciughe) , albicocche, pistacchi. Come “tartine” libum, moretum (un pasticcio di cacio con aglio) ed epityrum (un gramolato di olive)
(Catone)
LIBUM DI CATONE
(focaccia sacra preparata con ricotta e farina per 6 persone: 400 gr. di ricotta, 100 gr. di farina, 1 uovo, sale, qualche foglia di alloro.)
“Farai così il libum.
Sciogli bene in un mortaio due libbre di formaggio, quando lo avrai reso del tutto liscio impasta bene con il formaggio una libbra di farina o, se lo vuoi più leggero, mezza libbra. Aggiungi un uovo e di nuovo impasta tutto attentamente, forma la pagnotta, ponila sopra un letto di foglie e falla cuocere lentamente in un forno caldo”
(Catone)

EPITYRIUM
(patè di olive, per 12 persone: 300 gr. di olive nere, 1 pizzico di semi di coriandolo, 1 pizzico di finocchiella, pochissima ruta, 1 pizzico di cumino.)
“Fa in questo modo l’epityrum d’olive bianche o nere, leva i noccioli dalle olive e accomodale nella seguente maniera: tritale ed aggiungi olio, aceto, coriandolo, cumino, finocchio, ruta e menta. Riponile in un oriolo e coprile bene con olio e usale così condite” (Apicio)

X,7. PETASONEM EX MUSTEIS
(Prosciutto cotto con mostaccioli)
(è dolce impastato con farina, miele, fichi e mandorle tostate): fai il prosciutto lesso con 600 gr. circa di orzo e 25 fichi secchi. Quando sarà lessato scotennalo e con un mazzuolo rovente brucia il grasso e ungilo di miele. O meglio, mettilo in forno cosparso di miele. Quando avrà ripreso il colore metti nel tegame del passito, del pepe, un mazzetto di ruta, tempera di vino puro. Quando sarà temperato versa la metà della salsa sul prosciutto e con l’altra metà bagna i mostaccioli fatti a bocconcini. Quando saranno ben imbevuti spargi sul prosciutto ciò che avanza.

MORETUM
formaggio preparato con pecorino, aglio, coriandolo e sedano (Virgilio)

VINUM MULSUM
vino, miele e pepe
 
PRIMAE MENSAE (piatti principali)
La cena proseguiva con piatti forti a base di carne o pesce, sempre accompagnati da vari tipi di verdure.
Orazio, Giovenale e Marziale ci descrivono sfilate di cinghiali, maialetti, capretti, pesci e arrosti vari.

IV,4. TISANA
(Zuppa)
per 6 persone: 1 litro e mezzo di acqua, 100 gr. di ceci, 100 gr. di lenticchie, 100 gr. di piselli, 100 gr. di orzo perlato, 6 cucchiai di nuoc-nam, 1 manciatina di prezzemolo, 1 pizzico di aceto, 200 gr. di cime di broccoli, 1 bella pizzicata di origano, 2 spicchi d’aglio, 1 manciata di levistico, 2 cucchiai d’olio.
“Metti a bagno ceci, lenticchie e piselli secchi. Frega l’orzo per togliergli la buccia e fallo lessare con gli altri legumi. Quando saranno cotti, mettici olio e tagliuzza porro, coriandolo verde, aneto, finocchiella e gettali nella pentola. Lessa cime di cavolo e trita assieme parecchio seme di finocchiella, origano silfio e finocchio. Dopo averli tritati, insaporisci con il liquamen ed aggiungili ai legumi. Infine tagliuzzaci sopra cime di cavolo molto tenere”(Apicio)

II,4. PATINAM APICIANAM
(pasticcio apiciano)
Prendi pezzi di poppa cotta di scrofa, polpe di pesci, polpe di pollo, beccafichi o petti di tordi o qualsiasi altro pezzo ottimo che tu abbia; pesta bene tutto eccetto i beccafichi. Sciogli nell’olio le uova crude. Trita del pepe, del ligustico, bagna con la salsa, con il vino, con passito; metti tutto nella pentola a bollire e lega con amido (maizena).Tuttavia, prima vi metterai tutte quelle carni spezzettate in modo che cuociano. Quando saranno cotte, le leverai col loro sugo e le getterai poco alla volta in padella con grani interi di pepe e pinoli così che per ogni strato avrai una doppia crosta e una sfoglia. Quante sfoglie avrai, tante saranno le cucchiaiate di condimento che vi getterai sopra. Spiana col mattarello una sfoglia e copri il pasticcio. Copri di pepe. Prima avrai – nella pentola – legato le carni con le uova sbattute e col condimento. La padella di rame può avere una forma qualsiasi.
(antenata della lasagna n.d.r.) (Apicio)

X,6. PULLUS FARSILIS
(Pollo farcito)
Vuota il pollo dalla parte del collo. Trita del pepe, del ligustico, dello zenzero, della polpa tagliuzzata e spelta lessata, cervello scottato nella salsa, rompi delle uova e mescolale. fai l’impasto. Stempera con Salsa e mettici poco olio, pepe a chicchi e abbondanti pinoli. Riempi il pollo o il latterenzolo in modo che rimanga dello spazio dentro. Farai lo stesso col cappone che disosserai prima di cuocerlo. (Apicio )

SECUNDAE MENSAE (Dolci)
IV,2. PATINA VERSATILIS VICE DULCIS
(piatto da usare come dolce)
Prendi pinoli e noci, puliscili e abbrustoliscili, mescolali con miele, pepe e Salsa (liquanem¹), latte, uova e poco vino puro e olio. (Apicio)

GLOBULOS
(dolce di formaggio)
Farina di farro, formaggio di capra, miele, semi di papavero, olio. (Catone)

XIII,1. SALES CONDITOS AD MULTA
(Sali preparati per molti usi)
I sali conditi facilitano la digestione, aiutano a sciogliere il ventre e vietano che si formino malattie, pestilenze e ogni altro tipo di febbre. Sono necessari più di quanto tu creda. Prendi 300 gr. di sale comune molto asciutto, 300 gr. di sale ammoniaco assai asciutto, 90 gr. di pepe bianco, 60 gr. di zenzero, 45 gr. di amomo, 45 gr. di timo, 45 gr. di semi di sedano (se non vuoi mettere i semi di sedano mettici 90 gr. di prezzemolo), 90 gr. di origano, 45 gr. di semi di ruchetta, 90 gr. di pepe nero, 30 gr. di zafferano, 60 gr. di issopo di Creta, 60 gr. di foglie di nardo, 60 gr. di prezzemolo e 60 gr. di aneto. (Apicio)

La cena si concludeva con grandi vassoi di frutta, soprattutto secca. Ma prima non poteva mancare un’ampia scelta di formaggi, a cominciare dal tipico formaggio della rustica Sassina, di forma conica, tanto amato da Marziale e ricordato anche da Plinio.

  • ¹GARUM o LIQUAMEN: salsa mille usi, piccante, dal forte profumo, che i Romani aggiungevano a tutto: alle minestre, verdure, secondi piatti, dolci. Da Marziale: “Si usino pesci grassi come sardine e sgombri cui vanno aggiunti, in porzione di 1/3, interiora di pesci vari. Bisogna avere a disposizione una vasca ben impeciata, della capacità di una trentina di litri. Sul fondo della stessa vasca fare un altro strato di erbe aromatiche disseccate e dal sapore forte come aneto, coriandolo, finocchio, sedano, menta, pepe, zafferano, origano. Su questo fondo disporre le interiora e i pesci piccoli interi, mentre quelli più grossi vanno tagliati a pezzetti. Sopra si stende uno strato di sale alto due dita. Ripetere gli strati fino all’orlo del recipiente. Lasciare riposare al sale per sette giorni. Per altri giorni mescolare di sovente. Alla fine si ottiene un liquido piuttosto denso che è appunto il “garum”. Esso si conserverà a lungo”
Da Marziale:
“Si usino pesci grassi come sardine e sgombri cui vanno aggiunti, in porzione di 1/3, interiora di pesci vari. Bisogna avere a disposizione una vasca ben impeciata, della capacità di una trentina di litri. Sul fondo della stessa vasca fare un altro strato di erbe aromatiche disseccate e dal sapore forte come aneto, coriandolo, finocchio, sedano, menta, pepe, zafferano, origano. Su questo fondo disporre le interiora e i pesci piccoli interi, mentre quelli più grossi vanno tagliati a pezzetti. Sopra si stende uno strato di sale alto due dita. Ripetere gli strati fino all’orlo del recipiente. Lasciare riposare al sale per sette giorni. Per altri giorni mescolare di sovente. Alla fine si ottiene un liquido piuttosto denso che è appunto il “garum”. Esso si conserverà a lungo”.
Da Plinio:
“Oggigiorno il garum migliore vien fatto negli stabilimenti di Cartagine Spartaria con gli sgombri, pesce di ottima qualità. Si chiama garum del consorzio, e raggiunge il prezzo di 1000 sesterzi ogni due congi (6 litri). Soltanto i profumi raggiungono prezzi più elevati…”
Il garum veniva aggiunto a una straordinaria varietà di piatti o preparazioni, tal quale ma anche diluito con acqua (hydrogarum), aceto (oxygarum) o vino (oenogarum). L’aggiunta di liquamen all’acqua, soprattutto d’estate, la rendeva più saporita e dissetante. L’aggiunta di mosto al garum ne rendeva possibile l’aggiunta alle pietanze in grandi quantità.
Il garum veniva aggiunto a una straordinaria varietà di piatti o preparazioni, tal quale ma anche diluito con acqua (hydrogarum), aceto (oxygarum) o vino (oenogarum). L’aggiunta di liquamen all’acqua, soprattutto d’estate, la rendeva più saporita e dissetante.

AQUA (Acqua)

AQUA MULSA IDROMELE (Acqua con miele)

CERVISIA (Birra)

POSCA (bevanda a base di acqua e vino scadente)

VINUM n(vino)

VINUM MERUM (vino puro, senza aggiunta di acqua)

II,1.. APSINTHIUM ROMANUM (Vino d’assenzio romano)
..fallo così: se non hai assenzio di Camerino usa pure quello del Ponto ben pulito, prendine 30 gr. e 3 gr. di terebinto o malabatro e 3 gr. di datteri tebani, 5 gr. di costo (costus arabicus), 4 gr. di zafferano e un litro circa di vino invecchiato. Non occorre scalcare perchè è abbastanza amaro.

III,1. ROSATO ET VIOLATUM (Vino rosato e violato)
Si usa la Rosa Gallica e la Viola Odorata.
Per questo rosato fai così: cuci in un sacchettino di lino dei petali di rose ben asciutte dalla rugiada e senza l’unghia bianca. Copri tutto di vino per sette giorni. Togli le rose dal vino e sostituiscile con altre rose fresche sempre nel sacchettino. Falle riposare per altri sette giorni. Togli le rose. Ripeti l’operazione una terza volta e togli le rose. Cola il vino e quando lo vorrai bere aggiungici del miele rosato.
Puoi fare la stessa cosa con le violette.

V,1. VINUM EX ATRO CANDIDUM FACIES (Come rendere chiaro il vino nero)
Versa in un orciuolo di vino nero delle fave ridotte in farina o l’albume di tre uova. Agita a lungo.
Il giorno dopo il vino sarà scolorito. Lo stesso effetto produrranno le ceneri della vitalba.

NdR. Accanto ai titoli:
  • Nr. romano indica il paragrafo,
  • Nr. arabo indica il libro (i libri sono 10 in cui sono raccolte 450 ricette)
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