Sapa o saba, sciroppo d'uva, alla maniera dell'Artusi

Sapa o saba, sciroppo d’uva, alla maniera dell’Artusi

 Bottiglia di Saba fatta in casa

Artusi: Giugno - Nota pranzo ILa scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, di Pellegrino Artusi

SIROPPI

I siroppi di frutta acidule, sciolti nell’acqua fresca o gelata, sono bibite piacevoli e refrigeranti, molto opportune negli estivi ardori; ma è bene farne uso dopo compiuta la digestione perché, essendo alquanto pesanti allo stomaco pel molto zucchero che contengono, facilmente la disturbano.

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« La sapa, ch’altro non è se non un siroppo d’uva, può servire in cucina a diversi usi poiché ha un gusto speciale che si addice in alcuni piatti. È poi sempre gradita ai bambini che nell’inverno, con essa e colla neve di fresco caduta, possono improvvisar dei sorbetti.
Ammostate dell’uva bianca, possibilmente di vigna, di buona qualità e ben matura, e quando sarà in fermentazione da circa ventiquattr’ore, estraetene il mosto e passatelo da un canovaccio. Mettete questo mosto al fuoco e fatelo bollire per molte ore fino a consistenza di siroppo, che conserverete in bottiglie. »

La saba o sapa
è un condimento tipico di Emilia, Romagna, Marche e Sardegna, dove è considerata tra i sapori tipici dell’alimentazione contadina.
È uno sciroppo d’uva che si ottiene dal mosto appena pronto, di uva bianca o rossa. La saba è detta infatti anche “mosto cotto”, “vino cotto” o “miele d’uva” (allo stato attuale della normativa sull’etichettatura, è sconsigliabile mettere in commercio la Saba con il nome “miele d’uva”).
Il mosto viene versato in un paiolo di rame insieme a mezza dozzina di noci con il guscio che, rivoltandosi nel lento bollire, aiutano il mosto a non attaccarsi al fondo del recipiente.
La saba è pronta quando si sarà ridotta ad un terzo della sua quantità iniziale. Risulta molto dolce e si conserva benissimo proprio grazie al tenore zuccherino.
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Il nome
I termini “saba” e “sapa” derivano dalla parola sàpa, che ha diretta affinità con il termine latino sàpor. Era, assieme al miele e agli altri possibili succhi di frutta ridotti tramite cottura, il tipico dolcificante dei nostri antenati, perché lo zucchero di canna o di barbabietola era allora sconosciuto
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Uso in cucina
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In Emilia Romagna
I contadini erano soliti utilizzare molto la saba, sia per i dolci casalinghi che per dare più sapore a piatti poveri come la polenta o per intingervi altre pietanze come lo gnocco fritto. Sembra anche che il mosto cotto potesse servire per “governare vini deboli”, ovvero dare sapore, zucchero, colore a vini privi di queste caratteristiche. E l’utilizzo finale determinava anche l’uva da utilizzare:
  • bianca, più dolce, come condimento e insaporitore dei piatti,
  • rossa più scura di colore (in particolare l’ancellotta) per dare colore al vino.
Squisita insieme ai formaggi stagionati e saporiti, la saba si accompagna molto bene anche come condimento per l’insalata e come salsa per i gelati di crema e di panna. In estate, aggiunta all’acqua, diventa un’ottima bevanda dissetante. Aggiunta ad un bel bicchiere di neve fresca costituiva un’inaspettata granatina per i più piccini.
La saba si usa anche per inzuppare i Tortelli di San Lazzaro (con castagne lessate), i Sabadoni, (raviole di mele e pere cotogne) ed è l’ingrediente base per preparare  il «Savòr» di Romagna, una composta dolce tipica della tradizione contadina romagnola.
«Savòr» di Romagna

«Savòr» di Romagna

Nelle Marche
A Staffolo, Apiro e Cingoli, nel maceratese, viene usata per creare uno dei dolci caratteristici del periodo invernale: i cavallucci, cornetti ripieni di sapa e frutta secca che si conservano per molto tempo. A Rosora, in provincia di Ancona, nella seconda metà di ottobre viene svolta una festa tutta dedicata alla sapa.
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In Sardegna
La saba, ricavata dal mosto, oppure dai frutti del fico d’India (Saba de figu morisca), o più raramente di corbezzolo, viene frequentemente utilizzata nella preparazione dei dolci tipici. In Barbagia, Logudoro e Anglona la saba (o sapa) è ricavata dal mosto, a Oristano invece maggiormente utilizzata la saba di fico d’India.
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In Puglia
La saba, chiamata notoriamente “vincotto”, può essere ricavata anche dai fichi che, raccolti appassiti direttamente dall’albero e mescolati a quelli maturi, sono fatti sbollentare fino a quando il liquido risulta ambrato e fluido. Il tutto viene messo in ampi canovacci a trama media e pressati per ricavare il prezioso liquido che viene ulteriormente addensato a fuoco lento fino a quando diventa denso. La saba trova ampio utilizzo anche nella pasticceria tradizionale pugliese, sia per intingervi cartellate e calzoncelli, sia come ingrediente per amalgamare sasanelli e mostacciuoli.
Fonte.Wikipedia

Ricette

Tortelli di Faenza, detti anche di San Lazzaro

Tortelli di San Lazzaro inzuppati nella Sapa

Sapa o saba, sciroppo d’uva, alla maniera dell’Artusi
Di Saba san giacomo.JPG – http://it.wikipedia.org/wiki/File:Saba_san_giacomo.JPG, CC BY-SA 3.0,