Strauben frittelle tirolesi

Encytum, le frittelle a spirale di Catone

Strauben, come gli Frisgioli longhi, ricordano le frittelle Encytum

Nell’Antica Roma, le  Encytum erano frittelle, come lo erano i Globi  e  le Frictilia.

L’impasto era quello dei globi, ma era versato a spirale nello strutto bollente attraverso un imbuto largo. Nella  preparazione ricordano le frittelle tirolesi: Strauben, e le frittelle sarde: Frisgioli longhi.

CATONE  De agri cultura liber (II a.Ch.n./I a.Ch.n)

80.1.”t”  LXXXVIII

Encytum ad eundem modum facito, uti globos, nisi calicem pertusum cavum habeat. Ita in unguen caldum fundito. Honestum quasi spiram facito idque duabus rudibus vorsato praestatoque. Item unguito coloratoque caldum ne nimium. Id cum melle aut cum mulso adponito.

Preparerai l’encytum allo stesso modo dei globi, ma ci si dovrà fornire di un imbuto largo. Con questo verserai l’impasto nello strutto bollente. Darai ad esso la forma di spirale, alla perfezione. Lo rigirerai con due palette e lo tirerai su. Come i globi, lo spalmerai di miele e lo farai colorare quando non è troppo caldo. Li servirai con miele o con vino melato.

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Strauben frittelle tirolesi 2

Far colare l’impasto, con l’aiuto di un apposito imbuto nell’olio bollente seguendo un movimento circolare

Strauben, straboli. Frittelle dolci tirolesi

Le strauben sono frittelle dolci tipiche tirolesi; il termine tedesco straub significa tortuoso come la forma che il dolce assume durante la frittura. Vengono preparate nelle feste di piazza o durante le sagre di paese e vengono chiamate anche stràboli, stràuli, o fortaie.

Ingredienti
200 gr.di farina, 250 gr. di latte, 20 gr di burro fuso, 3 uova, 20 ml. di grappa, 1 pizzico di sale, olio per friggere

Preparazione
Mescolare la farina con il latte e poi aggiungere il burro fuso, la grappa e i tuorli d’uovo. Montare a neve l’albune, con un pizzico di sale e aggiungerlo all’impasto. Far colare l’impasto, con l’aiuto di un apposito imbuto nell’olio bollente seguendo un movimento circolare e lasciare friggere fino a che non diventa dorato. Quindi passare su una carta assorbente. Servire gli Strauben ancora caldi cosparsi di zucchero a velo con marmellata di mirtilli rossi.

Enc. della donna Rizzoli 1978
Frisgioli longhi, Frittelle lunghe sarde

Frisgioli longhi, Frittelle lunghe sarde

 Frisgioli longhi, Frittelle lunghe sarde

Sono i tipici dolci del Carnevale Tempiese e Gallurese. Occorrono pochi ingredienti e sono di facilissima realizzazione. Fino a pochi anni fa venivano impiegati solo farina di grano duro, acqua, sale e un po’ di miele.
 
Ingredienti:
1 kg. di farina di grano duro, 1 l. di acqua bollente, 1 bicchiere di latte, 25 gr. di lievito di birra, 2 uova intere o niente, 1 pizzico di sale, 1 pizzico di scorza d’arancia tritata

Preparazione
Impastare la farina sul tavolo o in una terrina versandovi l’acqua calda; aggiungere le uova (se si decide di metterle), sciogliere il lievito in acqua tiepida e mescolarlo all’impasto, versare il latte e lavorare il tutto molto bene sbattendo la pasta con le mani finchè non diventa omogenea (se nella terrina, fin quando non si stacca dalla stessa). Lasciare riposare la pasta ottenuta ben coperta con un panno per un ora circa finchè non è ben lievitata. Procurarsi un sacchetto di tela simile a quello usato dai pasticcieri o un imbuto. Le donne di una certa età ne fanno tuttora a meno, ma è meglio non complicare le cose.

Cottura:
Mettere al fuoco una padella per friggere abbastanza larga con olio possibilmente d’ oliva (non essendo più possibile utilizzare l’olio estratto dalle bacche del lentischio detto ociu listincu) e mentre bolle, versare l’impasto con il sacchetto in centri concentrici o a spirale formando delle lunghe frittelle grosse 2/3 cm. Girarle per cuocere meglio e toglierle con un forchettone quando sono dorate. Spolverare con dello zucchero o bagnare con del miele liquido. Vanno servite calde e accompagnate con frizzante Moscato di Tempio. Qualche palato “forte” preferisce l’acquavite.
Questa è una delle tante ricette conosciute. Esistono diverse varianti e poi, ogni donna, impiega i suoi segretucci.

Tempio – La Storia, le immagini, i vini

Frictilia, le frittelle di Apicio

Globi (globus, globulos) di Catone, le frittelle di Roma antica

Di Karl Gruber – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3728204 Di © Karl Gruber / Wikimedia Commons, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=45607897Tzìpulas.jpg[[File:Tzìpulas.jpg|Tzìpulas]]

 

frittelle globi globulos catone

Globi (globus, globulos) di Catone, le frittelle di Roma antica

 Foto by Carole Raddato from FRANKFURT, Germany, che ringrazio.

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Treccani.it – Sinonimi e contrari, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana,
  • Frittella /fri’t:ɛl:a/ s. f. [der. di fritto]. – 1. (gastron.) [vivanda dolce o salata che si prepara facendo friggere in padella una piccola porzione di pasta semiliquida, spesso unita ad altri ingredienti] ≈ ‖ bignè, bomba, bombolone, crêpe, crespella, Krapfen2. (fig.fam.) [traccia d’unto sul vestito] ≈ gora, macchia, (region.) padella, (fam.) patacca.
Le frittelle erano conosciute già ai tempi dell’Antica Roma, e probabilmente ancora prima. Gli antichi romani chiamavano questi dolci: frictilia, globi (globulos, globus), encytum (frittelle a spirale preparati con lo stesso impasto dei globi).  Venivano preparati in onore di Saturno per la festività invernale de i Saturnali (tra il 17 e il 23 dicembre).
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Nell’opera culinaria greco-romana, Globulus o globus era una preparazione a base di miele e formaggio e fritta nello strutto. Catone così scrive:

La ricetta proviene dagli scritti agricoli del console romano Catone nel De agri cultura liber (II a.Ch.n./I a.Ch.n), che includeva ricette semplici per gli agricoltori.
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79.1.”t”  LXXXVIII
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Globulos sic facito
Globos sic facito: caseum cum alica ad eundem modum misceto; inde, quantos voles facere, facito. in aenum caldum unguen indito. singulos aut binos coquito versatoque crebro duabus rudibus: coctos eximito, eos melle unguito, papaver infriato: ita ponito.
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Preparerai così i globi
Preparerai così i globi: mescolerai in parti uguali formaggio e farina di farro. Con questo impasto farai tutti i globi che vuoi. Verserai dello strutto in una padella calda. Ne friggerai uno o due per volta, e li rigirerai con due palette: quando saranno fritti li toglierai li spalmerai di miele, ci gratterai sopra del papavero. Li servirai così.
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Di Globos parla anche Petronio in Decadenza dell’oratoria (Petr. 1-2). Nella prima pagina del Satyricon l’oratore Agamennone paragona l’eloquenza dei declamatori del suo tempo a questo cibo, tuonando contro la scuola:

“…sed mellitos verborum globulos et omnia dicta factaque quasi papavere et sesamo sparsa“… ma sdolcinate bolle di parole, e detti e fatti tutti quasi cosparsi di semi di papavero e di sesamo.

La Cena di Trimalchione dal Satyricon di Petronio

 Ricetta per una decina di globi

I globi erano preparati con alica, farro mondo pestato, ma non in farina.

Ingredienti per circa 10 globi

  • 200 gr. di ricotta (o formaggio fresco)
  • 200  gr. di farro
  • semi di papavero bianco
  • strutto per friggere (in latino unguen)
  • miele
  • acqua

frittelle globi globulos ingredienti

Preparazione

Pestate il farro nel mortaio senza ridurlo in farina e lasciatelo a bagno in acqua per tutta la notte. Gettate l’acqua e mescolate il farro con la ricotta fino ad ottenere un composto omogeneo. Con le mani umide, formate delle palline delle dimensioni di una noce o poco più.

Fate sciogliere una buona quantità di strutto e friggete i globi uno o due alla volta. Quando saranno cotti, metteteli nel piatto di portata e versate sopra il miele, poi cospargete i semi di papavero.

Servite caldi.
frittelle globi globulos catone

Encytum, le frittelle a spirale di Catone

Frictilia, le frittelle di Apicio

Apicio: Ricetta del MULSUM con volgarizzamento e note del 1852.

 

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presentazionehttps://www.flickr.com/photos/carolemage/12135219843/in/album-72157640144679524/
frictilia apicio frittelle

Frictilia, le frittelle di Apicio

Questi dolcetti del Salento, sono chiamati cartiddati, nella forma assomigliano alle “chiacchiere” e sono rivestiti di miele. Ricordano le antiche frictilia. Le foto sono puramente indicative

 

Nell’Antica Roma, le Frictilia” erano dolci fritti nel grasso di maiale in occasione dei Baccanali, e dei Saturnali (festa in onore di Saturno e simile al nostro Carnevale). Nel Medioevo la ricetta si arricchì della cannella e le frictilia venivano consumate durante le “Feste dei folli“, festeggiamenti in maschera che sostituirono i Saturnali. In epoca cristiana, più recente, rimase la tradizione di friggere in grandi quantità queste frittelle, ma nel periodo di Carnevale che precedeva la Quaresima. 

Altre frittelle degli antichi romani erano Globi e Encytum ((frittelle a spirale preparate con lo stesso impasto dei globi che veniva versato nello strutto bollente attraverso una specie di imbuto.

APICIO  De re coquinaria 230 D.C.

XI. DVLCIA DOMESTICA ET MELCAE, dolci casalinghi  con miele.
VII. cap.XI § 6

Frictilia

Aliter dulcia: accipies similam, coques [et] in aqua calida, ita ut durissimam pultem facias, deinde in patellam expandis. cum refrixerit, concidis quasi dulcia et frigis in oleo optimo. levas, perfundis mel, piper aspargis et inferes. melius feceris, si lac pro aqua miseris.

Altri dolciumi  Prendi fior di farina, e cuocilo in acqua calda, sicché riesca una polta durissima; poi la distendi in una padella; e, quand’ è fredda, la tagli a mo’ di dolciumi, e la friggi in olio del più fino. Quindi la levi, la bagni con miele, la impepi, e la mandi in tavola. Farai meglio se, in cambio d’ acqua, metterai latte.

Traduzione di Giambattista Baseggio, Venezia 1852
frictilia apicio frittelle antica roma

clicca sulle immagini per ingrandire

 

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Ricetta delle frictilia
roma.metropolitanmagazine.it

Ingredienti

  • 500 gr. di farina di farrro
  • 3 uova
  • 40 gr. di olio evo
  • 50 gr. di miele
  • 3 gr. di semi di papavero
  • 2 gr. di sale
  • 3 gr. di pepe pestato
  • strutto per friggere

Preparazione

 Mettete in una ciotola la farina con le uova, l’olio e il miele. Impastate. Fate riposare l’impasto per circa un’ora. Stendete una sfoglia sottile e tagliate le frittelle con un coppapasta o fate delle strisce con la rotella. Fate sciogliere una buona quantità di strutto e friggetele. Le Frictilia saranno cotte quando appariranno gonfie e dorate. Scolatele e mettetele sul patto di portata. Versate sopra il miele, poi cospargete i semi di papavero. Servite caldi.

File:Fried tortillas IMG 5488.jpg

Queste frittelle ricordano le Frictilia ricavate con il coppapasta.

Encytum, le frittelle a spirale di Catone

Globi (globus, globulos) di Catone, le frittelle di Roma antica

Dulcia domestica, ricette per dolci fatti in casa – Apicius, De Re Coquinaria

Ricetta del Conditum Paradoxum (vino speziato) per i giorni nostri che si avvicina all’originale

 IngredientiCartiddati.jpg [[File:Cartiddati.jpg|Cartiddati]]Fried tortillas IMG 5488.jpg[[File:Fried tortillas IMG 5488.jpg|Fried_tortillas_IMG_5488]]
apicio vino antica roma Roemerwein_in_Speyer

Apicio: Ricetta del CONDITUM PARADOXUM con volgarizzamento del 1852.

La bottiglia di vino di Spira. La bottiglia di vino più antica al mondo risale all’epoca romana, più precisamente, al IV secolo d.C. (325-350 d.C.) ed è stata trovata nel 1867 in una tomba romana vicino alla città di Speyer, in Germania, da cui ha preso il nome.
Manoscritto di Apicio (ca 900 d.C.), monastero di Fulda in Germania, acquistato nel 1929 dall’Accademia di Medicina di New York.

File:Apicius Handschrift New York Academy of Medicine.jpg

Marcus Gavius Apiciius De re coquinaria Liber I –  Epimeles I.  CONDITUM PARADOXUM

1.1. CONDITI PARADOXI COMPOSITIO

Mellis pondo XV in aeneum vai mitluntur, praemissis vini sex tari is duobus, ut in coctura mellis vinum decoquas: quod igni lento, et aridis lignis calcfactum, commotum ferula dum coquitur, si effervere caeperit, Tini rore compescitur, praeter quod subtracto igni in se rediL Cum perfrixerit,rursus accendilur. Hoc secundo ac tertio fìat. Ac tum demum reraotum a foco postridie despuinatur. Tum addcs piperis uncias IV. jam tri tas, mastiche! scrupulos tres, folii et croci drachroas singulas, ductylorum ossibus lorridorum quinque, iisdemque daclylis vino mollitis, intercedente prius suffusione vini de suo modo ac numero, ut tritura lenis habeatur. Uis omnibus paratia, supermittcs vini settaria X V11I. Carbone» perfecto aderunt duo millia.

C. APICIO, delle vivande e condimenti ovvero DELL’ARTE DELLA CUCINA di Giambattista Baseggio- 1852- Volgarizzamento

(Vino) CONDITO MIRABILE

1.1. COMPOSIZIONE DEL CONDITO MIRABILE.

«Versa in vaso di bronzo quaranta once¹ di vino e quindici parti di miele, perchè cuocendo il mele il vino si scemi. Scalda a fuoco lento di legna ben secche e diguazza con bastoncello finché cuoce; che se leva il bollore, spruzza vino e fermalo; senzachè, a farlo posare, basta sottrargli il fuoco. Raffreddato che sia, riponilo al fuoco, e ciò per due e tre volte. Finalmente toltolo, nel dì vegnente lo schiuma.

•Quindi vi aggiungi quattro once di pepe trito, tre scropoli di mastice² un dramma di malabastro³ ed altrettanto di zafferano, cinque ossicelli torrefatti di datteri, e pure cinque datteri (i) ammollati nel vino tanto, quanto basti perchè riescano teneri a dovere. Compiuta la operazione, versavi trenta libbre di vino delicato. Consumati due mila carboni, la cottura sarà perfetta•»

•Quindi aggiungere 4 once di pepe, poco pistacchio, cannella e zafferano, cinque ossi di datteri arrostiti; trita cinque datteri che dal giorno precedente avrai posti nel vino per farli ammorbidire. Fatto ciò versa due litri circa di vino giovane. La cottura sarà perfetta quando avrai consumato circa un chilo e mezzo di carbone•

¹Un’oncia equivale a 28,35 grammi
Note del 1852:
²mastice: La resina prodotta dalla pianta nominata dal Linneo Pistacia Lentiscus (Pistacchio).
³malabastro: Bene considerato ciò che dice Plinio intorno il solium mi attengo al Bauhin: Pinax 4. Basileae 1671, e quindi ritengo che sieno le foglie della Cannella del Malabar, ossia del Laurus Cassia di Linneo (…)
Sestario: Antica misura di capacità romana corrispondente a un sesto del congio, cioè a 0,545 l. Accanto al s. romano esistevano numerosi s. provinciali derivati da misure locali. (Treccani.it/enciclopedia/sestario)
Mixtura cum Caseo, Formaggio a pasta molle con purea di erbe e Hapalos Artos, pane morbido
undefinedDi Carole Raddato from FRANKFURT, Germany – Mixtura cum Caseo (Soft Cheese with a Herb Purée) & Hapalos Artos (soft bread), CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=38328971 Bottiglia di Spira Di Immanuel Giel – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=19228090

Ricetta del Conditum Paradoxum (vino speziato) per i giorni nostri che si avvicina all’originale

Apicio: Ricetta del MULSUM con volgarizzamento e note del 1852.

I cibi afrodisiaci di Apicio nell’antica Roma

salse condimenti apicio

Salse e condimenti dell’antica Roma. Volgarizzamento del 1852 con note

Zucca, grani di pepe, cumino, semi di coriandolo, menta, aglio, datteri, mandorle pelate, miele, Liquamen, Defritum (Vino o Succo d’uva ridotto di due terzi). Foto by Carole Raddato from FRANKFURT, Germany
Dalla prefazione del volgarizzatore
« (…) L’opera alimurgica che passa sotto nome di Apicio é una compilazione fatta da più libri di Cucina, cioè da quelle note che d’ordinario scarabocchiano i cuochi, per tenere memoria o di manicaretti da se inventati, od apparali da altri: e debbe averla fatta tale, che nemmeno doveva essere cuoco di professione, imperciocché qua e colà si trovano lacune che un Cuoco non avrebbe lasciate. Mancano quasi che sempre le proporzioni fra gl’ ingredienti delle composizioni, locchè dimostra, che ai cuochi scarabocchiatori delle note bastava la denominazione degl’ingredienti medesimi per operare di pratica, accomodandosi nel resto al gusto de’ loro signori. Per la qual cosa, colui che trascrisse, raffazzonando in questo luogo e in quello il linguaggio delie cucine, né sapendo proporzionare le sostanze, ammucchiò cose sopra cose, ed ignorando affatto le manipolazioni, ha non di rado interpolato col suo, talché ne uscì di tratto in tratto una mirabile confusione. Il nome di Apicio apposto al libro, evidentemente é una gherminella del compilatore. inventata per dar fama all*opera. Infatti quale altro nome più celebre fra i ghiottoni di quell’Apicio che visse regnando Tiberio? Supponendola dunque sua fattura, meritava il rispetto di tutti i golosi, e diveniva il codice irrefragabile di tutti i cuochi. Nè s’ingannò colui, imperciocché la menzogna passò felice per più secoli, finché fra gli studiosi si trovarono critici acuti i quali dalla inegualità dello stile, dalla volgarità dei modi e dalle voci straniere introdotte, conobbero il vero, e ritenendo l’opera siccome monumento prezioso di antichità, non vollero perdere ulteriormente il tempo cercando fra le tenebre il nome del compilatore. (…) »

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Marcus Gavius Apiciius
De re coquinaria
Liber VI – Tropetes

V.  Ius in diversis avibus 5.1.2..3.4.5.6.7

In diversis avibus, turdis, ficedulis, pavo, fasiano, anser.
Per altri uccelli, cioè tordi, beccafichi, pavoni, fagiani ed oche¹.

Nota del 1852:
  • ¹‹ Dell’oca poi la parte prediletta era il fegato. Plinio, dopo aver parlato dei vari pregi dell’ oca, soggiunge: « Ma i nostri furono assai più savii, i quali seppero conoscere il merito del fegato d’oca. Ingrossa assai nelle stie, e più ancora cresce, dopo tratto dal corpo, mettendolo in latte e vino melato (con miele). Non senza ragione si disputa chi sia stato l’ autore di sì bel trovato, se Scipione Metello che fu già console, o il cavaliere M. Saio contemporaneo di lui. Certo è che Messalino Cotta figlio dell’oratore Messala fu il primo ad arrostirne le pelle de’ piedi, e condirle in manicaretti con le creste de’polli ».

Piper, cuminum frictum, ligusticum, mentam, uvam passam enucleatam aut damascena, mel modice, vino myrteo temperabis, aceto, liquamen et oleo, calefacies et agitabis apio et satureia.
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1. Salsa per altri uccelli
Pepe, cornino fritto, ligustico, menta, uva passa purgata da vinacciuoli, o prugne damaschine, e mele in discreta dose; tempera con vin mirtino¹, aceto, savore² ed olio. Metti a scaldare, e rimena con sedano e peverella.
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¹Savore: il dolcificante all’epoca dell’antica Roma, composto da frutta bollita che veniva messo su gli alimenti.
Nota del 1852:
²Come tacciasi il vino mirteo, cioè condito con mirto, ce lo insegnano Catone, Colurnello XII, 38, Palladio II, 18.

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2. Aliter ius in avibus:
piper, petroselinum, ligusticum, mentam siccam, cneci flos, vino suffundis, adicies ponticam vel amygdala tosta, mel modicum, vino et aceto, liquamen temperabis. oleum in pultarium super ius mittis, calefacies, ius agitabis apio viridi et nepeta. incaraxas et perfundis.
 .
2. Altra salsa per uccelli:
Trita pepe, ligustico, prezzemolo, menta secca, fiori d’ anici; bagna con vino; aggiungi nocciuole o mandorle abbrostite, mele non troppo; tempera con vino, aceto e savore¹; l’olio, ve’l metterai in pignatto sopra la salsa. Scalda, ed agita la salsa con sedano verde e nepitella². Apparecchia l’ uccello tagliato, e versagli sopra la salsa².
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¹Savore: il dolcificante all’epoca dell’antica Roma, composto da frutta bollita che veniva messo su gli alimenti.
Note del 1852:
  • ²Nepitella: Melissa Nepeta Lina.
  • ³L ’ Humelbergio spiega incharaxas, o incaraxas (come trovasi spesso erroneamente scritto — vedi Du Cange in Caraxare), nel senso di punzecchiare e scalfire l’ uccello, perchè succi la salsa e mandi fuori il suo succhio. Meglio il Lister lo intende dèi tagliare in parti, secondo l’uso che s’è già notato al capo I di questo libro, dove prescrivesi et sic partes struthionis in lance perfundis. Questo verbo charaxare è il greco … che vale scalpere, incidere, sulcare, scribere: nella bassa latinità è frequente nel senso di scrivere.

3. Ius candidum in avem elixam: piper, ligusticum, cuminum, apii semen, ponticam vel amygdala tosta vel nuces depilatas, mel modicum, liquamen, acetum et oleum.

3. Salsa bianca per uccelli allesso
Pepe, ligustico, comino, semi di sedano, nocciuole o mandorle abbrostite, o noci rimonde, un po’ di mele, savore¹, aceto ed olio.

¹Savore: il dolcificante all’epoca dell’antica Roma, composto da frutta bollita che veniva messo su gli alimenti.

4. Ius viride in avibus: piper, careum, spicam Indicam, cuminum, folium, condimenta viridia omne genus, dactilum, mel, acetum, vinum modice, liquamen et oleum.

4. Salsa verde per uccelli
Pepe, carvi, spigo nardo, comino, malabatro, condimenti verdi di qualunque sorta¹, datteri, mele, aceto, vino discretamente, savore² ed olio.

Nota del 1852:
¹È questa la vera lezione de’ codici. Non so per quale disattenzione l’ Humelbergio, credendo emendare il testo, lo guastò col sostituire condimenta viridia, omne genus dactylorum.
²Savore: il dolcificante all’epoca dell’antica Roma, composto da frutta bollita che veniva messo su gli alimenti.

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5. Ius candidum in ansere elixo:
piper, careum, cuminum, apii semen, thymum, cepam, laseris radicem, nucleos tostos, mel, acetum, liquamen et oleum.

5. Salsa bianca per oche allesso
Pepe, carvi, comino, semi di sedano, timo, cipolla, radice di laser, pinocchi abbrosliti, mele, aceto, savore ed olio.

In aves hircosas
Per uccelli che sanno di lezzo¹.

6. Ad aves hircosas omni genere:
piper, ligusticum, thymum, mentam aridam, calvam, caryotam, mel, acetum, vinum, liquamen, oleum, defritum, sinape. avem sapidiorem et altiliorem facies et ei pinguedinem servabis, si eam farina oleo subacta contextam in furnum miseris.

6. Per uccelli che san di lezzo, d’ ogni maniera²
Pepe, ligustico, timo, menta secca, salvia, cariote, mele, aceto, vino, savore, olio, sapa e senapa. Farai che l’ uccello riesca più saporito e pingue, e gli conserverai il suo grasso, se il metterai in forno, coperto di farina impastata con olio.

Nota del 1852:
¹Crede il Lister che con l’ aggiunto di hircosae, cioè che puton di becco, si vogliano indicare gli uccelli di riva e dì acqua, come l’Ardea Grus e Botaurus, la Fulica atra, il Rallus aquaticus ec.
²Ne’ codici omnigere; l’ Humelbergio sostituì omnis generis.

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7. Aliter avem:
In ventrem eius fractas olivas novas mittis et consutam sic elixabis. deinde coctas olivas eximes.

7. In altro modo
Introduci nel ventre dell’ uccello olive fresche infrante: cuci il taglio, e lessa: colto che sia, levane le olive.

antica roma abemus apicio 1

Altri condimenti e salse

GARUM o LIQUAMEN
(Apicio dà per scontata la ricetta e nel suo libro non ce l’ha tramandata)
salsa mille usi, piccante, dal forte profumo, che i Romani aggiungevano a tutto: alle minestre, verdure, secondi piatti, dolci.

MORETUM
Crema di formaggio alle erbe con noci o pinoli

Moretum, crema di formaggio alle erbe (con noci o pinoli) dell’antica Roma

Garum o Liquamen, salsa milleusi dell’antica Roma, anche in versione moderna

Moretum

Moretum, crema di formaggio alle erbe (con noci o pinoli) dell’antica Roma

Moretum by Carole Raddato from FRANKFURT, Germany

Il Moretum era un formaggio spalmabile alle erbe, con noci o pinoli, che gli antichi romani mangiavano con il pane. La variante con i pinoli era simile all’odierno pesto alla genovese. Pinoli e noci venivano pestati nel mortaio (moretarium: attrezzo per ottenere il moretum).

In epoca romana il Moretum venne descritto da Virgilio nel poema della Appendix Vergiliana: breve idillio di ispirazione campestre in cui viene descritto il risveglio di un contadino all’alba. Appena alzato si prepara, aiutato dalla schiava, una colazione rustica a base di formaggio, erbe ed aglio, che mangia con appetito. Terminato il pasto, si reca al lavoro.

Nel De Re Rustica di Columella, nel Libro XII, si trovano ulteriori ricette di moretum.

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Ricetta di Carole Raddato
Ingredienti

8 spicchi d’aglio, 200 gr di formaggio (io ho usato la ricotta ma potete usare anche la feta), 2 gambi di sedano con le foglie, un mazzetto abbondante di foglie di prezzemolo, un mazzetto abbondante di foglie di coriandolo, 2 cucchiai di olio d’oliva, 4 cucchiai di olio d’oliva con aceto di vino bianco, sale di mare. Noci o pinoli.

File:Moretum DSC 3294.jpg

Preparazione

Il moretum si ottiene pestando (mescolando a pressione) il sedano, il prezzemolo, il coriandolo con il sale, le noci o i pinoli e l’aglio, il tutto condito con il formaggio e l’olio extravergine di oliva. Si tratta quindi di una salsa a crudo, ovvero un composto nel quale gli ingredienti sono amalgamati a freddo, non cotti.

Moretum and Roman bread by Carole Raddato from FRANKFURT, Germany

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Garum o Liquamen, salsa milleusi dell’antica Roma, anche in versione moderna

Trenette al pesto alla genovese

Pesto di rucola con noci o mandorle

Pesto trapanese

Ingredienti Moretum, Ingredients (14964548651).jpg [[File:Moretum, Ingredients (14964548651).jpg|Moretum,_Ingredients_(14964548651)]] Presentazione Moretum and Roman bread (14971169175).jpg [[File:Moretum and Roman bread (14971169175).jpg|Moretum_and_Roman_bread_(14971169175)]] Mortaio Moretum DSC 3294.jpg [[File:Moretum DSC 3294.jpg|Moretum_DSC_3294]]
pere soufflé patina apicio (3)

Patina de piris, Soufflé di pere – Apicius, De Re Coquinaria.

Marcus Gavius Apiciius
De re coquinaria 

Liber IV – Pandecter

230 p.Chr.n.
pere soufflé patina apicio (2)

Liber IV – Pandecter

II. PATINAE PISCIUM, OLERUM, POMORUM

35. Patina de piris – Apicius, De Re Coquinaria

Foto e ricetta by Carole Raddato from FRANKFURT, Germany. Wikimedia Commons
Ingredienti
  • 675 g di pere (sbucciate e senza torsolo),
  • 3 uova sbattute,
  • 60 g di miele chiaro,
  • 280 ml di Passum (vino passito),
  • un po’ di olio d’oliva,
  • 15 ml di liquamen (garum),
  • 1 cucchiaino di cumino macinato,
  • 1/2 cucchiaino di pepe nero macinato.
Pere, uova, miele, vino passito, olio, liquamen, cumino, pepe.

Pere, uova, miele, vino passito, olio, liquamen, cumino, pepe.

Istruzioni:

Sbucciare e togliere il torsolo alle pere e tritarle grossolanamente. Cuocetele finché saranno morbide nel vino passito e nel miele. Passare l’intero composto attraverso una bocchetta o lavorarlo fino ad ottenere un composto omogeneo. Aggiungere il cumino, l’ olio, la salsa di pesce e le uova e lavorare nuovamente fino ad ottenere un composto omogeneo. Versare in una pirofila unta e cuocere in forno preriscaldato a 190°C (gas 5) per 20 minuti o finché non si solidifica. Servire caldo con una spolverata di pepe nero appena macinato.

 Recipe from Apicius’ De Re Coquinaria (taken from The Classical Book by Andrew Dalby and Sally Grainger)

APICIO antica roma libri

foto
1  Ingredienti Patina de piris (pear soufflé) – Ingredients (15006539841).jpg [[File:Patina de piris (pear soufflé) – Ingredients (15006539841).jpg|Patina_de_piris_(pear_soufflé)_-_Ingredients_(15006539841)]]
2 crudomPatina de piris (pear soufflé) (14823682999).jp [[File:Patina de piris (pear soufflé) (14823682999).jpg|Patina_de_piris_(pear_soufflé)_(14823682999)]]
3 cottoPatina de piris (pear soufflé) (14824241837).jpg
[[File:Patina de piris (pear soufflé) (14824241837).jpg|Patina_de_piris_(pear_soufflé)_(14824241837)]]
Dulcia piperata dolce torta pepato apicio

Dulcia piperata, Torta di miele pepata – Apicius, De Re Coquinaria.

Dulcia piperata torta dolce pepato apicio
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Foto e ricetta by Carole Raddato from FRANKFURT, Germany. Wikimedia Commons pompeii.org.uk
Ingredienti
  • 140 gr di farina 00
  • 1 cucchiaino di lievito in polvere
  • ½ cucchiaino di rosmarino macinato
  • 1 cucchiaino di cannella
  • 70 gr di mandorle tritate
  • 50 ml di succo d’uva bianca
  • 50 ml di passum vino passito (o altrio 50 ml di succo d’uva bianca)
  • 2 cucchiai di miele
  • Latte
  • Nocciole tritate
farina, lievito, rosmarino, cannella, mandorle tritate, succo d'uva,passum vino passito, miele, latte. nocciole

farina, lievito, rosmarino, cannella, mandorle tritate, succo d’uva,passum vino passito, miele, latte. nocciole

Istruzioni:

Mescolare la farina in una ciotola con il lievito. Aggiungere le mandorle tostate nella ciotola. Mescolare bene. In una ciotola, mescolare le uova, il vino con il succo d’uva e il miele. Aggiungere abbastanza latte nella caraffa per portare il liquido fino a 200 ml/8 floz.

Versare il liquido nel composto secco e mescolare bene. Versare il composto in uno stampo rotondo da 22 cm ben unto. Cuocere in forno a 190ºC/375ºF/Gas Mark 5, per circa 30 minuti.

Mentre le torte sono ancora calde, cospargere sopra il miele liquido e cospargere  le nocciole tritate.

 Recipe from Apicius’ De Re Coquinaria (taken from The Classical Book by Andrew Dalby and Sally Grainger)

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1 ingredienti  Dulcia domestica (stuffed dates), Ingredients (14783706549).jpg [[File:Dulcia domestica (stuffed dates), Ingredients (14783706549).jpg|Dulcia_domestica_(stuffed_dates),_Ingredients_(14783706549)]]
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zucca egiziana apicio Aliter_Ius_in_Avibus_(Poultry_with_Hazelnuts_Sauce),_Apicius,_De_Re_Coquinaria_6,5,2_&_Cucurbitas_more_Alexandrino_(Alexandrine_Squash),_Apicius,_De_Re_Coquinaria_3,4,3_(23852992435)

Cucurbitas more Alexandrino, Zucca all’egiziana con frutta secca – Apicius, De Re Coquinaria.

Aliter Ius in Avibus (Pollame con Salsa di mandorleApicius, De Re Quinaria e Cucurbitas more Alexandrian (zucca) Apicius, De Re Quinaria

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La zucca del genere “cucurbita” (quella arancione) è stata importata in Europa nel XVI secolo dai coloni spagnoli dall’America, dove era già coltivata nel Nord America, in Messico nord-orientale e Stati Uniti meridionali, pertanto in Europa era presente la zucca del genere “lagenaria” e la specie Lagenaria siceraria fu utilizzata già dagli egizi, dai greci, dagli etruschi e dai romani. Dioscoride e Plinio definirono la zucca “refrigerio della vita umana, balsamo dei guai”. Wikipedia

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Marcus Gavius Apiciius
De re coquinaria
Liber III – Cepuros
IV. Cucurbitas 4.3.3

zucca apicio egiziana

Cucurbitas more Alexandrino, Apicius, De Re Coquinaria

Foto e ricetta by Carole Raddato from FRANKFURT, Germany. Wikimedia Commons pompeii.org.uk

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 Ingredienti:
  • 1 zucca (o zucchina, zucca piccola)
  • grani di pepe
  • cumino
  • semi di coriandolo
  • 3-4 foglie di menta, tritate
  • 1 aglio
  • 3 cucchiai di aceto
  • 50 g di datteri tritati finemente
  • 50 g di mandorle pelate, tritate finemente
  • 2 cucchiai di miele chiaro
  • 60 ml di garum o liquamen (in questo caso brodo vegetale)
  • 4 cucchiai di Defrutum (o Vino o Succo d’uva ridotto di due terzi)
  • 20 ml di olio d’oliva (o 25 g di burro)
  • Sale marino q.b.
zucca, pepe, cumino, coriandolo, menta , 1 aglio, aceto, datteri, mandorle pelate, miele chiaro, garum-liquamen, Defritum (Succo d'uva), olio d'oliva, Sale marino

zucca, pepe, cumino, coriandolo, menta , 1 aglio, aceto, datteri, mandorle pelate, miele chiaro, garum-liquamen, Defritum (Succo d’uva), olio d’oliva, Sale marino

Istruzioni:

Tagliare la zucca (o la zucchina) a pezzetti. Metterli in una vaporiera e cuocere fino a cottura. Mettete la carne cotta in un sacchetto di mussola o in un canovaccio e strizzate l’acqua in eccesso. Trasferire la polpa rimanente in una casseruola.

Mentre la zucca cuoce, mettete le spezie essiccate in un pestello e un mortaio e tritate. Successivamente aggiungere la menta e l’aglio, macinando fino ad ottenere una pasta liscia. Toglietelo dal mortaio e aggiungetelo alla zucca cotta.

Aggiungere poi i datteri, le mandorle e tutti gli ingredienti liquidi, compreso il miele. Infine aggiungete l’olio (o il burro) e amalgamate con la zucca. Rimettete il composto ottenuto sul fuoco e lasciate cuocere a fuoco lento per qualche minuto affinché i sapori si amalgamino.

Servire subito cosparso di sale e pepe nero.

pompeii.org.uk

apicio zucca pollo antica roma ricette

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2 Ingredienti Cucurbitas more Alexandrino (Alexandrine Squash), Apicius, De Re Coquinaria 3,4,3 (23825118696).jpg[[File:Cucurbitas more Alexandrino (Alexandrine Squash), Apicius, De Re Coquinaria 3,4,3 (23825118696).jpg|Cucurbitas_more_Alexandrino_(Alexandrine_Squash),_Apicius,_De_Re_Coquinaria_3,4,3_(23825118696)]]
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IN HAEDO VEL AGNO: Capretto e agnello alla maniera dell’antica Roma

MARCO GAVIUS APICIUS (Marco Gavio Apicio)

De re coquinaria  (L’arte culinaria)

Nel III o forse IV sec. dell’era volgare fu compilata una raccolta di ricette a nome di Apicio, il De re coquinaria (L’arte culinaria), in dieci libri, forse un rimaneggiamento di un antico ricettario di Marco Gavio. Altra ipotesi è che l’autore di tale opera sia stato un certo Celio (il cui nome compare in alcuni codici dopo quello di Apicio), ma probabilmente il nome Celio appare un inserimento congetturale di epoca umanistica. Si tratta di appunti frettolosi e disordinati che costituiscono, tuttavia, la principale fonte superstite sulla cucina nell’antica Roma.
Libro ottavo – I quadrupedi. CAPRETTO O AGNELLO

1 Copadia
(intingolo di carne trita):
cuocila con pepe e Salsa; uniscivi i fagioli disfatti nel farro con Salsa, pepe, laser¹, Salsa acida, bocconcini di pane e poco olio.

2 Altro modo per carne di capretto e di agnello riscaldata:
mettilo nel tegame tagliate a piccoli pezzi. Trita fine la cipolla, il coriandolo, il pepe, il ligustico, il cumino, la Salsa; aggiungi olio e vino. Cuoci, versa nel piatto e stringi con amido.
 
3 Altro modo per carne di capretto e di agnello riscaldata:
la carne cruda dell’agnello deve ricevere il trito del mortaio; la caprina -invece- deve riceverlo quasi cotta.

4 Capretto e agnello arrostito; cottura del capretto:
quando lo avrai cotto nella Salsa e nell’olio, dopo averlo inciso mettilo in infusione con pepe, laser¹, la Salsa², poco olio e lo farai arrostire in gratella. Lo bagnerai con lo stesso condimento. Lo cospargerai di pepe e lo porterai in tavola.

5 Altro modo per capretto e agnello arrostiti:
pepe, una cucchiaiata di asaro, poco zenzero, un pugnello di prezzemolo, poco laser, mezzo bicchiere di ottima Salsa, due cucchiai d’olio.

6 Agnello e capretto siringati (cioè svuotati):
si disossi diligentemente dalla gola in modo che l’animale diventi un otre;gli intestini usciranno integri e fai in modo che escano dalla testa gonfiati; farai uscire lo sterco dall’altra parte.
Lavalo bene con l’acqua e riempilo mescolando la Salsa; cuci il taglio dalle spalle e mettilo in forno. Quando sarà cotto, bagnalo del suo stesso sugo mescolato a latte bollente e pepe tritato, Salsa, vino dolce, poco mosto cotto e così l’olio e mentre la Salsa bolle gettaci l’amido.
Si può mettere in un sacco di rete o in una sporta e si stringa bene che si getti in una pentola con poco sale. Quando avrà fatto due o tre bollori, levalo. Metti a bollire di nuovo il sugo suddetto e versaci sopra il condimento bollente.

7 Altro modo per svuotare il capretto o l’agnello:
latte, miele, pepe, sale, poco laser. fai il sugo così: due cucchiai d’olio, due di Salsa, otto datteri tritati, un bicchiere di vino buono e poco amido.
 
8 Capretto o agnello crudo:
con l’olio triterai del pepe e spargerai bene di fuori molto sale puro con seme di coriandolo. Metti in forno e portalo in tavola arrostito.

9 Capretto o agnello tarpeiano (dal nome della rupe Tarpeia o di un personaggio o di un colle?:
prima di cuocerlo preparalo cucito con pepe, santoreggia, ruta, cipolla, poco timo. Bagna il capretto con Salsa, lo farai macerare nel forno o in padella con olio.
Quando sarà quasi cotto, versagli sopra il misto di santoreggia tritata, cipolla, ruta, Salsa, datteri, vino, mosto cotto o olio. Quando il misto sarà indurito, mettilo nel piatto, cospargi di pepe e servi.

10 Capretto o agnello partico:
mettilo nel forno. Trita pepe, ruta, cipolla, santoreggia, prugne di Damasco snocciolate, poco laser, vino, Salsa², olio. Mettilo sul piatto e bagnalo di vino bollente. Si mangia con aceto.

11 Capretto con alloro e latte:
pulisci il capretto disossato, togli i suoi visceri col coagulo, lavalo. Metti nel mortaio pepe, ligustico, radice di lasert, due bacche d’alloro, poco piretro, due o tre cervella. Trita il tutto, bagna con Salsa, tempera con sale. Sopra il trito cola del latte e due cucchiai di miele. Con questo intriso riempi gli intestini e avvolgili attorno al capretto, copri con la rete e con carta, ferma con stecchi. Metti il capretto nel tegame o in padella e gettaci della Salsa, dell’olio e del vino. Quando sarà a mezzo cottura, trita del pepe, del ligustico e mescolali al suo stesso sugo.
Aggiungi poco mosto cotto, trita e versa nel tegame. Quando la cottura sarà ultimata, accomodalo, legalo con amido e servi.

¹Laser: chiamato dai latini “laserpizio” era la Lacrima Cirenaica, sugo di una pianta usato in medicina e come condimento delle vivande, equivale al silphium (silfio)
²Salse di accompagnamento
  • Salsa acida per arrosto: pepe, nardone (spicanardo), malabastro, semi di sedano, cipolla secca, ruta verde, miele, aceto; aggiungi carota, uva passa e olio.
  • Salsa bollente: pepe, ligustico, cumino, menta secca, timo, silfio; bagna con vino, aggiungici prugne di Damasco macerate, miele, vino, aceto, passito per dare colore, olio. Agiterai e con un mazzetto di origano e uno di menta secca.
  • Salsa fredda: pepe, ligustico, timo, cumino fritto, pinoli tritati, miele, aceto e bagna con olio, e cospargi di pepe.
Liber octavus -Tetrapus Quadripedia. VI IN HAEDO VEL AGNO
  1. Copadia haedina sive agnina: pipere, liquamine coques, cum faseolis faratariis, liquamine, pipere, lasere, cumino fricto, buccellas panis et oleo modico.
  2. Aliter haedinam sive agninam excaldatam: mittes in caccabum copadia. cepam, coriandrum minutum succides, teres piper, ligusticum, cuminum, liquamen, oleum, vinum. coques, exinanies in patina, amulo obligas.
  3. [Aliter haedinam sive agninam excaldatam] ‹agnina› a crudo trituram mortario accipere debet, caprina autem cum coquitur accipit trituram.
  4. Haedum sive agnum assum: [haedi cocturam:] ubi eum ex liquamine et oleo coxeris, incisum infundes in pipere, lasere, liquamine, oleo modice, et in craticula assabis. eodem iure continges. piper asparges et inferes.
  5. Aliter haedum sive agnum assum: piperis semunciam, asareos scripulos VI, gingiberis modicum, petroselini scripulos VI, laseris modice, liquaminis optimi heminam, olei acetabulum.
  6. Haedus sive agnus syringiatus [id est mammotestis]: exossatur diligenter a gula, sic ut uter fiat, et intestina eius integra exinaniantur, ita ut in caput intestina sufflentur, et per novissimam partem stercus exinanibitur. aqua lavantur diligenter et sic implentur admixto liquamine, et ab umeris consuitur et mittitur in clibanum. cum coctus fuerit, perfunditur ius bulliens: lacte, piper tritum, liquamen, caroenum, defritum modice, sic et oleum, et iam bullienti mittis amulum. vel certe mittitur in retiaculo vel in sportella et diligenter constringitur et bullienti zemae cum modico salis summittitur. cum bene illic tres undas bullierit, levatur, et denuo bullit cum humore supra scripto. bulliente conditura perfunditur.
  7. Aliter haedus sive agnus syringiatus: lactis sextarium unum, mellis unc. IV, piperis unc. I, salis modicum, laseris modicum. ius in +ipsius:+ oleum acetabulum, liquaminis acetabulum, mellis acetabulum, dactilos tritos octo, vini boni heminam, amulum modice.
  8. Haedus sive agnus crudus: oleo, piper fricabis et asparges foris salem purum multo cum coriandri semen. in furnum mittis, assatum inferes.
  9. Haedum sive agnum Tarpeianum: antequam coquatur, ornatus consuitur. piper, rutam, satureiam, cepam, thymum modicum, et liquamine collues haedum, macerabis, ‹mittes› in furno, in patella quae oleum habeat. cum percoxerit, perfundes in patella impensam, teres satureiam, cepam, rutam, dactilos, liquamen, vinum, caroenum, oleum. cum bene duxerit impensam, in disco pones, piper asparges et inferes.
  10. Haedum sive agnum Parthicum: mittes in furnum. teres piper, rutam, cepam, satureiam, damascena enucleata, laseris modicum, vinum, liquamen, et oleum [vinum]. fervens colluitur in disco, ex aceto sumitur.
  11. Haedum laureatum ex lacte: haedum curas, exossas, interanea eius cum coagulo tolles, lavas. adicies in mortarium piper, ligusticum, laseris radicem, bacas lauri duas, pyrethri modicum, cerebella duo vel tria. haec omnia teres, suffundes liquamen, temperabis ex sale. super trituram colas lactis sextarios duos, mellis ligulas duas. hac impensa intestina reples et super haedum componis in gyro, et omento ‹vel› charta cooperies, surclas. in caccabum vel patellam compones haedum, adicies liquamen, oleum, vinum. cum ad mediam cocturam venerit, teres ‹piper›, ligusticum, et ius de suo sibi suffundes. mittes defriti modicum, teres, reexinanies in caccabum. cum percoctus fuerit, exornas, amulo obligas et inferes.
Gnocchi di semola della Antica Roma di Apicio

Gli storici gnocchi di semola della Antica Roma di Apicio

I moderni gnocchi di semola alla romana, che possono avere la forma di rombo o di disco, non si differenziano molto, se si eccettua l’innaffiata di miele, da quelli di questa antichissima ricetta. Chiarire l’origine dei famosi gnocchi è importante per l’amor proprio dei cuochi romani, che sono stati spesso accusati di appropriarsi di ricette di altri paesi e di ribattezzarle senza troppi complimenti, con nomi romaneschi. Alcuni maligni avevano addirittura insinuato che gli gnocchi alla romana, altro non sarebbero stati che «gnocchi alla rumena».

Scrive Apicio, considerato il più grande gastronomo della Roma del basso Impero, nel suo libro di cucina  «De re coquinaria»:

«Tolle et dissectum, aut post lac mixtum aqua coque undis porrum solidatae dum non. Ac deinde in surculos volvuntur in sectione tabula adamantina coquo te oleo. Melle cospargila adde piper, et ministrare mensis. »
«Prendi della semola e, dopo averla impastata con acqua o con latte, falla cuocere in acqua bollente, finchè non si sarà solidificata. Stendila poi sul tagliere e tagliala in piccoli rombi, che farai friggere in olio d’oliva. Cospargila poi di miele, aggiungi pepe e servi in tavola»

CONVIVIUM (Il Banchetto)
Menù

Gnocchi_alla_romana_1 (2)

Ecco la ricetta per gli gnocchi al semolino (quella “moderna”), che ho trovato in web.

Tempo: 60 minuti .
Ingredienti e Dosi: per 4 persone

1 l. di latte, 200 g di semolino, 250 g di formaggio (es. Fontina), 100 g di burro, 2 uova, 30 g di pangrattato, Noce moscata q.b, Sale q.b.

Preparazione:

Preriscaldate il forno a 200°C. Fate bollire il latte con circa 60 grammi di burro, la noce moscata e un pizzico di sale. Dopo aver abbassato la fiamma, versate il semolino e continuate a mescolare. Incorporate le uova. Dopo due o tre minuti il semolino inizierà ad addensarsi. Togliete dal fuoco e versatelo in una teglia capiente rivestita di carta da forno. Con l’aiuto di un cucchiaio bagnato, stendete uno strato uniforme spesso circa 1 cm. Una volta che il semolino si sia raffreddato, ritagliate dei dischi utilizzando una formina o un bicchiere dal diametro di circa 8 cm. Rivestite una teglia di carta forno, imburratela e disponetevi i dischetti, leggermente sovrapposti. Distribuite su tutta la superficie il formaggio grattugiato, qualche fiocchetto di burro e il pangrattato. Infornate e lasciate cuocere per 15-20 minuti, fino a che non si sarà formata sulla superficie una crosticina dorata.

4 gnocchi-alla-romana

Accorgimenti:

Per un sapore più variegato, abbinate più tipi di formaggio, come Asiago e Fontina.

Idee e varianti:

Per variare, potete utilizzare formaggi freschi, come taleggio, robiola o stracchi

Per gli gnocchi moderni conditi con burro e parmigiano esistono più varianti:

  • Anzichè ottenere i dischi con il coppa pasta dall’impasto steso, si può ridurre l’impasto in un salsicciotto compatto e quindi da esso ricavare i dischi affettandoli con un coltellino affilato e dello spessore di 1 cm. circa..
  • Si può arricchire il condimento con l’aggiunta di prosciutto e/o mozzarella, rendendoli un piatto unico ideale.

Gnocchi alla romana con mozzarella Imburrare una pirofila, disporre sul fondo le fette, quindi la mozzarella tagliata a dadini e spolverati di parmigiano grattugiato. Fare un secondo strato, mettere gli gnocchi nel forno già caldo a 200 gradi C per 15 minuti circa, fino a quando la superficie avrà preso un bel colore dorato.

Gnocchi alla romana con prosciutto cotto Imburrare una pirofila, disporre sul fondo le fette, quindi cospargeteli con un trito di prosciutto cotto e parmigiano grattugiato. Infornare a 200 gradi C per circa 15 minuti circa, fino a quando la superficie avrà preso un bel colore dorato.

Gnocchi alla romana (con farina bianca) della Petronilla, ricetta del 1939

Gnocchi di semola della Antica Roma di Apicio

 

antica roma

Ave populus! Festa a tema in stile Antica Roma con menù

Museo Romano in Butchery Lane, Canterbury, Kent, Regno Unito. Ricostruzione: donna romana con specchio e schiava. I veri gioielli romani sono in una teca di vetro sullo sfondo. foto by Linda Spashett (Storye book)
Tra le mansioni della schiava romana di medio livello vi era la cura estetica ed il benessere fisico della persona; esistevano addetti al bagno, manicure e pedicure, massaggiatori, prostitute, truccatrici e guardarobieri con il compito di aiutare ad indossare la toga, la palla (vestito)
 Se per Carnevale, o in altre occasioni, volete organizzare una festa a tema, ecco alcuni suggerimenti che spero possano esservi utili:
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Abbigliamento e accessori. 
Vestiti dell’antica Roma

  • Tunica e Toga: procuratevi un lenzuolo bianco ed uno rosso o viola.
    1. Piegate il lenzuolo bianco a metà dal lato più corto.
    2. Avvolgetelo attorno alla vita e fissatelo con spille da balia.
    3. Portate su una spalla la parte di lenzuolo che avanza e fermatela con una spilla da balia.
    4. Drappeggiatelo in modo che il lenzuolo sia disposto in ampie pieghe “che ricadano con armoniosa eleganza”.
    5. Mettete il lenzuolo rosso o viola (se è possibile, rifinitelo con passamaneria dorata) sulla spalla rimasta nuda e fermatelo con spille da balia al lenzuolo bianco.
  • Monili: donne e uomini indosseranno cinture, orecchini, anelli e bracciali dorati.
  • Sandali: con lacci, a schiava ecc.
  • Coroncine di foglie varie o alloro:
    1. Tagliate uno spago un po’ più lungo della circonferenza della testa (per poterlo legare)
    2. Raccogliete delle foglie
    3. Con colla vinilica incollate le foglie sullo spago.

Trucco e parrucco:

Musica

      https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/9/92/Dr%C3%A4kt%2C_Romare%2C_Nordisk_familjebok.png      

Clicca sulle immagini per vederle ingrandite

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CONVIVIUM (Il Banchetto)

Alimentazione nell’antica Roma

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Le_Satyricon Trimalchione

Cena di Trimalchione dal Satyricon di Petronio

apicio Scène_de_banquet_-_Herculanum

Cibi afrodisiaci di Apicio

simposio tomba dei leopardi

Simposio nell’antica Roma e nell’antica Grecia

 

 

 

 

 

 

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Ricette con foto

 

 

 

 

 

 

 

Menù

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Leggiadre Madonne et baldi Messeri, udite! Festa a tema in stile Medievale con ricette

Ricette anni ’80 per una festa a tema.

Costumi femminili da maschera per il Carnevale di inizio ‘900

“Parassita-big” di Original uploader was Twice25 at it.wikipedia – By Nordisk familjebok – →This file has been extracted from another file: Dräkt, Gamla tiden och medeltiden, Nordisk familjebok.jpgNordisk familjebok (1907), vol.6, Dräkt [1], Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=850563 By Linda Spashett (Storye book) – Own work, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=9394373 
simposio tomba dei leopardi

Il Simposio nell’antica Roma e nell’antica Grecia

Scena di Simposio: musica e conversazione Tomba dei Leopardi, 473 a.C. Necropoli dei Monterozzi (Tarquinia) Museo archeologico nazionale di Tarquinia
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Presso i Greci e i Romani, il Simposio era quella pratica conviviale, che faceva seguito al banchetto, durante la quale i commensali bevevano secondo le prescrizioni del simposiarca, intonavano canti conviviali (skólia), si dedicavano ad intrattenimenti di vario genere (recita di carmi, danze, conversazioni, giochi ecc.).

  1. Il contesto
  2. Il rito
  3. Le etere, la musica, il canto, la danza
  4. Il vino
  5. Dioniso
  6. I giochi
  7. La fortuna di un genere letterario
  8. Note
  9. Bibliografia
  10. Voci correlate

Scena di Simposio: musica e conversazione. Dalla Tomba del tuffatore. Museo Archeologico Nazionale di Paestum

Uomini a banchetto

Il simposio era il convegno dei cittadini maschi adulti al banchetto e agli intrattenimenti (akroàmata) che lo animavano, e cioè la conversazione arguta e colta, la musica dell’aulòs: strumento a fiato, quasi sempre a due tubi. L’aulòs, al contrario di quest’ultimo, era uno strumento ad ancia,e della lyra, la compagnia di bei giovani e ragazze compiacenti, i giochi e gli spettacoli. Il simposio, nello spirito greco, condensa ed esemplifica quei valori che rendono nobile l’uomo. Si tratta una vera e propria forma di conoscenza, magari parziale, cui si accede proprio attraverso il simposio e l’abbandono alle sue pratiche: la conversazione, il vino, l’eros, il canto, la musica, la poesia, la danza. Il kòmos, la baldoria che seguiva il simposio, era un’importante componente nella vita della polis greca. Celeberrima è, ad esempio, la già menzionata scena dell’irruzione, nel Simposio platonico (212 a.C.), di Alcibiade, la testa inghirlandata, completamente ebbro e sorretto dalla sua combriccola.

Qualcuno ha definito la polis come un luogo per soli uomini. Il banchetto si teneva in un’ala separata della casa, nella quale non era consentito l’accesso alle donne sposate e ai bambini. Il simposio e il banchetto, alla maniera greca, conobbero un’immensa fortuna nella società etrusca, che li assimilò e li fece propri, adattandoli alla diversa sensibilità sociale e spirituale. Donne e mogli vi erano tranquillamente ammesse, anche a condividere la klìne dei maschi. Le immagini ad essi connesse divennero una fonte iconografica per le rappresentazioni dell’arte funerea.

Un eromenos con il suo erastès durante un simposio. Tomba del tuffatore

Inizia la festa

Veniva fatto girare un recipiente di vino non diluito in modo che ciascuno potesse riempire la propria coppa e berne per poi offrire una libagione a Dioniso, accompagnata dall’invocazione del suo nome. A questo punto si cantava un inno al dio (il peana: si tratta di una forma lirica greca, inizialmente di derivazione dialettale dorica, dedicata alla celebrazione del culto di Apollo e Artemide. Il suo uso si diffuse in tutto il mondo greco che lo destinò al culto di tutti gli dei olimpici, per poi estenderlo ad altri usi, come la celebrazione degli uomini illustri. Se ne conosce bene anche l’uso propiziatorio negli istanti che precedevano la battaglia. Nei Persiani (391-394), si descrive l’effetto terrificante prodotto dall’ascolto del «nobile peana», che i persiani udirono levarsi dall’altra parte dello stretto di Salamina.

Lo cantavano i greci, in coro, prima di lanciarsi «in battaglia con cuore intrepido», e solo dopo, a garanzia del buon andamento del simposio, veniva nominato o estratto a sorte con gli astragali, un simposiarca, con il compito di garantirne la riuscita. A lui spettava di stabilire e far osservare le regole del gioco: le proporzioni da rispettare nella miscelazione del vino, la quantità spettante a ciascuno, le regole della festa. Una regola non convenuta, ma spesso seguita, doveva essere la stessa sana trasgressione delle regole: in tal caso la punizione comminata dal simposiarca era bonaria, spingendosi tuttalpiù a qualche blanda forma di penitenza canzonatoria.

La musica, il canto, la danza

Vi erano giovani donne, appositamente convocate, che suonavano l’aulòs e danzavano: le etere, le uniche donne ammesse al simposio. La musica aveva un ruolo importante nella convivialità simposiaca. Oltre all’aulòs si suonava la lira o, spesso, la cetra. Sulle raffigurazioni vascolari compaiono più raramente il crotalo e piccoli tamburi.

A cantare e suonare non erano solo i musicisti ma spesso, a turno, gli stessi convitati, che si esibivano in uno nei già citati skòlia’.
I canti conviviali, nati a Lesbo nel VII secolo a.C. ma diffusisi presto in tutta la Grecia, finirono per diventare un vero e proprio genere letterario, non di sola matrice aulica, ma anche di impronta popolare. I canti popolari andarono a costituire un vasto corpus, la cui esistenza si reggeva sulla tradizione orale, ma che non disdegnavano nemmeno di cimentarsi in danze ed acrobazie, a volte mostrando, anche a causa dei fumi alcolici, una perizia e una destrezza non sempre impeccabili, come evidenziato dalle posture scomposte immortalate in alcuni vasi.

Chi non sapeva suonare sottolineava il ritmo del suo canto segnando il tempo con ramoscelli, di alloro o di mirto, gli àisakos.
A volte musica e danze erano animate da piccole compagnie professionali di acrobati, danzatori musicisti e citaredi, appositamente scritturate.

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Danzatori e musici. Tomba dei leopardi

Il vino

Durante il Simposio, a differenza di quanto avveniva nel Banchetto, si beveva abbondante vino accompagnato da assaggi della tipica alimentazione greca: formaggio, olive, frutta secca o esotica, assaggi di stuzzichini salati o piccanti. Giovani coppieri mescolavano il vino all’acqua in grandi vasi, spesso all’esterno delle stanze del simposio, e mettevano il liquido dentro speciali brocche da vino, le oinochoe, e da queste in tazze per bere: l’elegante e prestigiosa kylix, lo skyphos, la kotyle, o più raramente e in epoca più tarda, il kantharos, la tazza dagli alti manici ricorrente nelle raffigurazioni dei rituali al dio Dionisio. Nella stagione calda il ghiaccio sostituiva spesso l’acqua oppure il vino tenuto in freddo in un apposito recipiente, lo psyktèr, a sua volta immerso nel ghiaccio. Nella miscela l’acqua era in misura maggiore. Un vino troppo ubriacante era considerato un’usanza barbarica.

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Una libagione simposiaca in una pittura vascolare attica a figure rosse da Vulci (480 a.C.) .Museo del Louvre

« Beviamo.
Perché aspettare le lucerne?
Breve il tempo.
O amato fanciullo, prendi le grandi tazze variopinte, perché il figlio di Zeus e di Sèmele
diede agli uomini il vino
per dimenticare i dolori.
Versa due parti d’acqua e una di vino;
e colma le tazze fino all’orlo:
e una segua subito l’altra. »
(Alceo, traduzione di Salvatore Quasimodo)

Per i Greci il vino era il dono di Dioniso, divinità giunta da remote terre asiatiche, ed era l’essenza stessa della civiltà; l’ebbrezza che esso causava era vista come una compensazione degli affanni della vita, a patto di farne un uso giudizioso. I Greci, infatti, bevevano raramente vino puro e avevano piena coscienza dei rischi che comportava un uso smodato. Sul retro di molte kylikes di età arcaica compaiono spesso dei grandi occhi spalancati. Sollevando la tazza alle labbra e inclinandola per bere, gli invitati si trovavano ad indossare quasi una maschera che ricorda indubbiamente il volto della Gorgone, una delle più selvagge e feroci creature del mito.

apicio vino brulè BIVE_VIVAS_MULTIS_ANNI_(15786542861)Apicio Ricetta del MULSUMapicio vino antica roma Roemerwein_in_Speyer.

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I giochi

Oltre al bere e al conversare, i convitati si dedicavano a vari intrattenimenti ludici, in genere indovinelli ed enigmi, attestati in considerevole numero: il lessicografo greco Giulio Polluce (II Secolo d.C.), nel suo Onomastikon, arriva ad enumerarne addirittura cinquantadue.

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Il Kottabos in una raffigurazione attica a figure rosse su una Kylix esposta al Louvre (510 a.C.)

Il kòttabos Il gioco più diffuso, ampiamente testimoniato da pitture e vasi, era il kottabos (Kòttabos o Cottabo). Esso consisteva nello scagliare le ultime gocce di vino rimaste nella tazza (làtax o latàghe) a colpire dei piattelli (plàstinghes) collocati su un’asta di bronzo (rhàbdos kottabikè). A volte i piattelli erano posati in equilibrio precario e il successo consisteva nell’andare a segno con la goccia facendoli cadere gli uni sugli altri con un sonoro clangore.

La Kylix era la più comune coppa per bevande nell’antica Grecia, c. 500 a.C., British Museum

La kylix veniva appoggiata al polso con una presa imperniata sull’indice. La proiezione del liquido, da posizione quasi sdraiata, era accompagnata da un calibrato gesto di lancio il cui successo doveva richiedere una notevole destrezza se Sofocle, non a caso, arriva a riferire come tra i Siculi fossero in molti ad andar fieri più di un successo al kòttabos che di un riuscito lancio di giavellotto.
Non è da dargli torto visto che il gioco, oltre a conservare chiare tracce dei significati augurali e sacri attribuiti agli antichi riti del versare per terra il vino (libagioni), si connotava anche di una valenza erotica, non minore di quella del gesto atletico del tiro del giavellotto. Il gesto ludico infatti, oltre che da eleganti e precisi movimenti, era accompagnato dall’invocazione del nome della persona di cui si desideravano i favori.

Ancora oggi, l’atto di versare il vino o di schizzarlo contro bersagli, si carica, nella cultura popolare e nell’immaginario collettivo, di un profondo significato benaugurale, apotropaico o di erotismo e fertilità, ricorrendo in moltissime occasioni, soprattutto festeggiamenti o premiazioni (si pensi solo alle scene finali di un Gran Premio di Formula Uno).

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Tomba del tuffatore, Parete sud, particolare del gioco del kottabos

La fortuna di un genere letterario

Dal banchetto conviviale greco, divenuto palestra di sapienza, nacque un genere letterario che ebbe cultori specialmente fra i socratici (Platone e Senofonte su tutti). La successiva letteratura conviviale prese a modello quei primi esempi e trasformò il genere in vero e proprio dialogo; esso fu usato in età ellenistica per opere di erudizione (Plutarco, Ateneo, Macrobio), mentre ebbe carattere parodistico e caricaturale con Luciano e con Petronio.

Fonti Wikipedia, l’enciclopedia libera.
Scene di Simposio. Tomba del tuffatore 480-470 a.C. circa Museo archeologico nazionale di Paestum, Paestum

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 Wikipedia, l'enciclopedia libera. Tomba del tuffatore. Museo Archeologico Nazionale di Paestum Scene di Simposio.
 Simposio nell’antica Roma e nell’antica Grecia https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Tomba_dei_leopardi,_470_ac_ca._02.jpg#/media/File:Tomba_dei_leopardi,_470_ac_ca._02.jpgDi Miguel Hermoso Cuesta – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=37719959
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OSPREON Dei Legumi, Baccelli verdi di fave comuni e baiane, nelle ricette di Apicio

Le fave e la festa del 2 novembre: Il 2 novembre, in tutto il mondo cristiano, è il giorno della commemorazzione dei morti. oggi, da noi, è consuetudine visitare i cimiteri, ripulire le tombe, illuminarle con ceri, deporre crisantemi e pregare. Tipica di un tempo era invece l’usanza delle fave. Infatti, sia i Greci che i Romani vedevano nel bianco e nero dei suoi fiori una sigla mortuaria, e perciò le consideravano emblema della morte. Esse, pertanto, venivano sparse sulle tombe per implorare pace e placare gli spiriti maligni.

Marco Gavio Apicio, De re coquinaria

Intorno al 230 D.C. un cuoco di nome Celio compilò una raccolta di ricette in dieci libri, il De re coquinaria (L’ arte culinaria), attribuendola ad Apicio. Si tratta di appunti frettolosi e disordinati, tuttavia è il più importante libro di cucina scritto in latino. I piatti, qui descritti, furono creati per i nobili ed i ricchi dell’epoca, ma, le ricette e gli accorgimenti per le preparazioni, risultano attuali.
INDEX

Liber Quintus (Libro quinto)

OSPREON
Dei Legumi
VI. FABACIAE VIRIDES ET BAIANAE
VI. Baccelli verdi di fave comuni e baiane
Fabaciae viriles ex liquamine, oleo, coriandro viridi, cumino et porro conciso coctae inferuntur.
Aliter: fabaciae frictae ex liquamine inferuntur.
Aliter: fabaciae ex sinapi trito, melle, nucléis, ruta, cumino et aceto inferuntur.
Baianas elixas minutatim concidis. Ruta, apio viridi, porro, aceto, oleo, liquamine, caroeno vel passo modico inferes.

  • I baccelli verdi di fave si servono cotti in Salsa, olio, coriandolo verde, cumino e porro tritato.
  • Altro modo: li servirai fritti e messi in Salsa.
  • Altro modo: servirai i baccelli verdi di fava con trito di senape, miele, pinoli, ruta, cumino e aceto.
  • Le fave baiane (si intendono sempre le fave in baccello) dopo averle lessate le triterai. Le servirai condite con ruta, sedano verde, porro, aceto, olio, Salsa, mosto cotto e poco passito.

III. PISAM VITELLIANAM SIVE FABAM.
Pisam coques lias. teres piper, ligusticum, gingiber, et super condimenta mittis vitella ovorum, quae dura coxeris, mellis uncias III, liquamen, vinum et acetum.
Haec omnia mittis in caccabum et condimenta quae trivisti. adiecto oleo ponis ut ferveat.
Condies pisam, lias, si aspera fuerit. melle mittis et inferes.
ALITER PISA SIVE FABA. Ubi despumaverit, teres mel, liquamen, caroenum, cuminum, rutam, apii semen, oleum et vinum. udiclabis. cum pipere trito et cum isiciis inferes.
ALITER PISAM SIVE FABAM. Despumatam subtrito lasare Parthico, liquamen et caroeno condies.
Oleum modice superfundis et inferes.
PISAM SIVE FABAM VITELLIANAM. pisam sive fabam coques. cum despumaverit, mittis porrum, coriandrum et flores malvarum. dum coquitur, teres piper, ligusticum, origanum, feniculi semen, suffundis liquamen et vinum, mittis in caccabum, adicies oleum. cum ferbuerit, agitas.
Oleum viridem insuper mittis et inferes.

  • Piselli vitelliani¹ o Fave (Vicia Fabas): Cuoci e lavorali. Trita del pepe, del ligustico, dello zenzero e sopra mettici i tuorli d’uova che avrai cotte e rese dure, 90 gr. di miele, Salsa², vino e aceto. Meti tutte queste cose nel tegame coi condimenti tritati. Aggiungi olio e metti a cuocere.Condirari i piselli lavorando bene. Se saranno aspri ci metterai del miele e servirai.
  • Altro modo per piselli e fave: quando avrai schiumato, trita col miele, con la Salsa² e mosto cotto, cumino, ruta, seme di sedano, olio e vino. manipola. porta in tavola cosparso di pepe tritato e con polpette.
  • Altro modo per i piselli e per le fave: una volta schiumati, condisci copn laser partico tritato con Salsa e con mosto cotto. bagna con poco olio e porta in tavola.
  • Piselli o fave alla vitelliana: cuoci piselli e fave. Quando avrai tolto la schiuma, mettici del porro, del coriandolo e dei fiori di malva. mentre cuociono trita del pepe, del ligustico, dell’origano, del seme di finocchio, bagna con salsa e vino metti nel tegame aggiungi olio, quando bollirà gira. mettici sopra olio verde e porta in tavola.

¹Vitelliani = dal nome dell’imperatore Vitellio oppure dal tuorlo d’uovo
²Salsa = garum o liquamen, una salsa a base di pesce azzurro messo a macerare per mesi in piccole vasche con sale ed erbe aromatiche.

OSPREON Dei Legumi, Baccelli verdi di fave comuni e baiane, Apicio.Villa Borg, Germany (9293913196).jpg[[File:Roman Villa Borg, Germany (9293913196).jpg|Roman_Villa_Borg,_Germany_(9293913196)]]
Insalata_di_lampascioni

LAMPASCIONI PER L’AMORE (Apicio, da una ricetta di Marco Terenzio Varrone)

Lampascioni alla lucana, con uova strapazzate e peperoni cruschi

Il lampascione detto anche lampagione, muscari chiomato, aglio di biscia, aglio delle vigne, bulboide lampocomoro, cipolla canina, cipolletta calabrese, cipollaccia turchina, cervellino, cipollaccio col fiocco o giacinto dal pennacchio(Leopoldia comosa

Lampascioni sott'oliofrittata lampascioni Muscari_comosum_omelet.

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DE RE COQUINARIA  – Marco Gavio Apicio

«Per coloro che cercano le gioie di Venere, lessare i lampascioni in acqua, poi, come si fa anche per le nozze, servirli con i pinoli, il succo estratto dalla ruchetta e con pepe»

  • Nelle ricette antiche non viene spiegato come togliere il sapore amaro, sicuramente venivano fatti bollire cambiando spesso l’acqua, quindi venivano scolati.

Un piatto di lampascioni con pinoli, il succo di ruchetta (rucola) e abbondante pepe erano serviti, durante i banchetti di nozze. agli sposi, come augurio di una notte focosa.
Molti erano i modi previsti dalla cucina romana per gustare i pinoli spesso venivano mischiati al formaggio, oppure erano l’ingrediente per realizzare salse e ripieni di sicuro successo.

Secondo Plinio il Vecchio, i pinoli «spengono la sete, calmano i bruciori dello stomaco e vincono la debolezza delle parti virili», mentre per la ruchetta (rucola) la garanzia d’efficacia veniva direttamente dal dio della fertilità Priapo: questa erba aromatica cresceva spontanea intorno alle sue immagini sacre.

Anche Marziale credeva al potere afrodisiaco dei lampascioni che scriveva (XIII, 34) di un povero vecchio, messo alla berlina, per essere stato sorpreso a mangiarne a iosa:
«Dato che tua moglie è vecchia – sentenziava il poeta – e le tue membra sono morte i lampascioni potranno soltanto riempirti lo stomaco».

Oltre agli amari lampascioni, ai pinoli e alla rucola erano considerati afrodisiaci anche le ostriche, il fegato d’oca, i frutti di mare, le lenticchie, le lumache, il tartufo e secondo la magia, erano considerati afrodisiaci i genitali d’animali e i cibi che nella forma rassomigliando ad essi.

I romani non furono gli unici ad apprezzare le qualità afrodisiache di determinati cibi, anche i Greci, allo stesso scopo, consumavano cipolle, carote, tartufi, miele, uova, storione e diverse qualità di pesce e crostacei; quest’ultimi, del resto, arrivavano direttamente dal mare, da dove era sorta Venere.

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/9/9b/Lampascioni.jpg
Di Generale Lee – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=102289091 Di Lucarelli – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=10344343
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I cibi afrodisiaci di Apicio nell’antica Roma

Affresco di Ercolano, Scena di banchetto: La donna indossa un abito di seta trasparente mentre l’uomo solleva un rhyton (contenitore forato dal quale le bevande, che vi venivano versate, potevano fuoriuscire per essere bevute o versate in cerimonie come la libagione).

DE RE COQUINARIA  – Marco Gavio Apicio
Il grande gastronomo dell’antica Roma, Apicio, fu un simbolo del suo tempo quando, una volta tramontata la corrente moralizzatrice del periodo augusteo, la ricerca dei piaceri della vita divenne fondamentale per i Romani. In nome della “dissolutezza più raffinata”, egli intratteneva i suoi aristocratici ospiti offrendo elaborate pietanze quali il pappagallo arrosto, l’utero di scrofa ripieno o i ghiri farciti, dei quali troviamo le ricette in De re coquinaria, opera redatta, con buona probabilità nel IV secolo d.C
INDEX
I cibi afrodisiaci per gli antichi romani

Con il termine cucina afrodisiaca s’intende l’attività di scelta e preparazione di tutti i cibi che sono ritenuti avere proprietà afrodisiache È convinzione antica e radicata che gli alimenti influiscano positivamente o negativamente sugli stimoli e sulle prestazioni sessuali. «Sine Bacco et Cerere frigescit Venus» (Venere si raffredda senza Bacco, dio del vino e Cerere, dea della fertilità), sentenziavano i romani.

I romani non furono gli unici ad apprezzare le qualità afrodisiache di determinati cibi, anche i Greci, allo stesso scopo, consumavano cipolle, carote, tartufi, miele, uova, storione e diverse qualità di pesce e crostacei; quest’ultimi, del resto, arrivavano direttamente dal mare, da dove era sorta Venere.

Oltre agli amari lampascioni, ai pinoli e alla rucola erano considerati afrodisiaci anche le ostriche, il fegato d’oca, i frutti di mare, le lenticchie, le lumache, il tartufo e secondo la magia, erano considerati afrodisiaci i genitali d’animali e i cibi che nella forma rassomigliando ad essi.

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LAMPASCIONI PER L’AMORE (Apicio, da una ricetta di Varrone)

“Per coloro che cercano le gioie di Venere, lessare i lampascioni in acqua, poi, come si fa anche per le nozze, servirli con i pinoli, il succo estratto dalla ruchetta e con pepe”.(segue)

Pesto di rucola e mandorle

BIBERE ERUCAE (Bevanda di rucola)
Considerata altamente afrodisiaca, la rucola poteva essere usata anche come bevanda rinfrescante. Per prepararla frullare tre foglie di rucola con un po’ di acqua. Lentamente aggiungere ancora acqua fino ad arrivare ad un litro. Le proporzioni possono variare a seconda del gusto. Eventualmente nel frullatore si può aggiungere anche un cucchiaino di miele. Libro V. Ospreon (Dei legumi)
lenticchie (2)

LENTICVLA (Lenticchie)

  • LENTICULA EX SPHONDYLIS [SIVE FONDILOS]. Accipies caccabum mundum, adicies in mortarium piper, cuminum, semen coriandri, mentam, rutam, puleium, fricabis, suffundis acetum, adicies mel, liquamen et defritum, aceto temperabis, reexinanies in caccabo. sphondylos elixatos teres et mittis ut ferveant. Cum bene ferbuerint, obligas. adicies in boletari oleum viridem.
  • LENTICULAM DE CASTANEIS. Accipies caccabum novum, et castaneas purgatas diligenter mittis. Adicies aquam et nitrum modice, facies ut coquatur. Cum coquitur, mittis in mortario piper, cuminum, semen coriandri, mentam, rutam, laseris radicem, puleium, fricabis. suffundis acetum, mel, liquamen, aceto temperabis, et super castaneas coctas refundis. adicies oleum, facies ut ferveat. cum bene ferbuerit, tudiclabis [ut in mortario teres]. gustas, si quid deest, addes. cum in boletar miseris, addes oleum viridem.
  • ALITER LENTICULAM. Coquis. cum despumaverit, porrum et coriandrum viridem supermittis. teres coriandri semen, puleium, laseris radicem, [semen] mentam et rutam, suffundis acetum, adicies melle, liquamine, aceto, defrito temperabis, adicies oleum, agitabis. si quid opus fuerit, mittis. amulo obligas, insuper oleum viridem mittis, piper aspargis et inferes.

Lenticchie con sfondili (funghetti o spugnole). Prendi una pentola pulita e mettile dentro e cuoci. Lavora nel mortaio del pepe, cumino, semi di coriandolo, menta, ruta, mentuccia, versa l’aceto, aggiungi il miele, Salsa (garum)¹ e mosto cotto. Mescola tutto con l’aceto, e getterai nella pentola. Trita i funghi puliti e mettili a cuocere a bollire. Quando saranno ben cotti aggiungerai l’olio verde.

Castagne ad uso lenticchie. Prendi una padella nuova, e cuoci le castagne accuratamente purificate e aggiungi un po’ d’acqua. Quando saranno cotte, metti in un mortaio, pepe, cumino, semi di coriandolo, menta, ruta, laser, mentuccia. trita il tutto. Cospargi di aceto, miele, salsa (garum)¹, mescola con l’aceto e versa sopra le castagne cotte. Aggiungi l’olio, fai bollire. Quando saranno cotte sfarinale come se usassi un mortaio. Assaggia, se qualcosa manca, aggiungilo. Quando metterai tutto nel piatto, aggiungi olio verde.

Altro modo per le lenticchie. Le cuocerai. Quando le avrai schiumate, metti porro e coriandolo verde. Trita i semi di coriandolo, mentuccia, radice di laser, semi di menta, della ruta, cospargi di aceto, aggiungi il miele, Salsa (garum), aceto. Metti mosto cotto, aggiungi l’olio, e lavorare bene. Se c’è qualcosa che manca aggiungila. Lega con amido, olio verde, cospargi di sale e pepe.

  • ¹SALSA GARUM o LIQUAMEN: salsa mille usi, piccante, dal forte profumo, che i Romani aggiungevano a tutto: alle minestre, verdure, secondi piatti, dolci. Il garum più pregiato, quello chiamato salsa di sangue (αἱμάτιον), si ottiene così: si prendono le interiora del tonno, con le branchie e il sangue, si salano quanto è necessario, poi si mettono in un vaso. Dopo circa due mesi, si fora il recipiente e viene fuori il garum salsa di sangue.

Tartufo... secondo l'Artusi

TUBERA (Tartufi)
Pulire i tartufi, scottarli in padella, cospargerli di sale ed infilarli in uno spiedo. metterli in un tegame con dell’olio del garum, del vino dolce cotto, del vino puro, pepe e miele. A fine cottura guarnire i tartufi e servire caldi. (Apicio, libro VII).

Tubera ut diu serventur. Tubera, quae aquae non veraverint, componis in vas alternis, alternis scobem siccam mittis, cooperis et gypsas, et loco frigido pones.

Come conservare a lungo i tartufi (Apicio, libro I, XII): riempi a strati un barattolo di tartufi non contaminati dall’acqua. Separali con segatura fresca, coprili e chiudi il barattolo con gesso e metteli in luogo freddo.

Numerosi fonti indicano che si utilizzavano le scrofe per cercarli, e che erano cotti sotto la cenere o saltati in padella, per essere poi mangiati senza una precisa collocazione durante il pasto. In quel tempo ai tartufi s’iniziarono ad attribuire anche virtù afrodisiaca, e il medico Michele Savonarola (1385–1468) li consigliava come alimento ideale per i vecchi che avevano una bella moglie.

Platina, erudito dell’epoca, non solo assegnò al tartufo un alto potere nutritivo, ma lo definì: “un eccitante della lussuria… servito spesso nei pruriginosi banchetti di uomini ricchi e raffinatissimi che desiderano essere meglio preparati ai piaceri di Venere”.

 Vino

CONDITUM PARADOXUMVino inebriante, Vino meraviglioso: Era un vino pregiato consumato dalle famiglie patrizieNell’antica Roma non era comune bere il vino puro e veniva  diluito con acqua. 

Conditum Paradoxum (vino speziato) per i giorni nostri che si avvicina all’originale

 MULSUM  era una bevanda molto apprezzata dai Greci e dai Romani. Si riteneva che stimolasse l’appetito, aiutasse la digestione e prolungasse la vita.

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CONDITUM PARADOXUM,

Apicio Ricetta del MULSUM

MULSUM

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Conditum Paradoxum per i giorni nostri

 

 

 

 

Leggi anche
I

I

II

II

III

III

LAMPASCIONI PER L’AMORE (Apicio, da una ricetta di Marco Terenzio Varrone)

La Cena di Trimalchione dal Satyricon di Petronio

Ricette medievali magiche e afrodisiache

 I cibi afrodisiaci di Apicio Di anonimo – from Le Musée absolu, Phaidon, 10-2012, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=49860430
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La Taberna dell’Antica Roma e la Taverna del Medioevo

Una taberna a Ostia Antica, Roma; l’affresco sopra il bancone mostra ciò che veniva offerto nell’osteria: cibo, bevande e musica.
TABERNA

Nell’antica Roma la taberna (al plurale tabernae) era una sorta di ristorante o trattoria, tipicamente dotata di una sola stanza con volta a botte. La taberna nacque inizialmente come deposito ed era, in genere, la bottega degli artigiani, aperta verso la strada; si passò poi alle tabernae vinarie e a quelle che si specializzarono nella consumazione del vino e del pasto.

Le tabernae avevano un bancone di pietra, con cinque o sei contenitori murati, rivolti verso la strada; accanto al banco vi era un fornello con una casseruola piena di acqua calda; nel retro c’erano la cucina e le sale per la consumazione. Avevano una finestra in alto che dava luce al soffitto in legno del deposito ed un grande vano di apertura sulla strada.

Un famoso esempio si trova nei mercati di Traiano, costruiti da Apollodoro di Damasco. Secondo la “Cambridge Ancient History”, la taberna era un’unità per la vendita al dettaglio all’interno dell’ Impero Romano, in più era il luogo dove venivano offerte numerose attività commerciali e terziarie, comprese la vendita di cibi cotti, vino e pane.

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Mercati di Traiano – Roma

Tito Livio descrive l’aspetto delle tabernae (botteghe) nelle strade di Tusculum, in riferimento ad una visita di Marco Furio Camillo:
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«Camillus castris ante portas positis, eademne forma pacis quae in agris ostentaretur etiam intra moenia esset scire cupiens, ingressus urbem ubi patentes ianuas et tabernis apertis proposita omnia in medio uidit intentosque opifices suo quemque operi et ludos litterarum strepere discentium uocibus ac repletas semitas inter uolgus aliud puerorum et mulierum huc atque illuc euntium qua quemque suorum usuum causae ferrent, nihil usquam non pauidis modo sed ne mirantibus quidem simile, circumspiciebat omnia, inquirens oculis ubinam bellum fuisset; adeo nec amotae rei usquam nec oblatae ad tempus uestigium ullum erat sed ita omnia constanti tranquilla pace ut eo uix fama belli perlata uideri posset.»
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« Posto il campo di fronte alle porte, Camillo, desiderando sapere se anche all’interno delle mura appariva la stessa aria di pace che si ostentava nelle campagne, entr? in citt?. L? vide le porte delle case spalancate, le botteghe aperte, con tutta la mercanzia bene in vista, gli artigiani impegnati ciascuno nel proprio lavoro, le scuole che risuonavano per le voci degli scolari, le strade piene di gente con donne e bambini mescolati tra la folla e diretti l? dove i rispettivi impegni li chiamavano, il tutto senza avvertire da nessuna parte non solo alcun segno di paura ma nemmeno di stupore. Camillo si guardava intorno con attenzione, cercando di scoprire le tracce tangibili di una guerra imminente. Ma non c’era alcun segno di cose spostate o preparate per l’occasione. Anzi tutto era cos? immerso in una quiete pacifica e costante, che sembrava impossibile vi fosse anche solo arrivata una qualche notizia della guerra.
.….»
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(Tito Livio, Ab Urbe condita libri, VI, 25)

 

Jan Steen - Revelry at an Inn - WGA21761.jpg

Revelry at an Inn (Baldoria in una locanda) di Jan Steen (1625–1679) museo del Louvre, Parigi

TAVERNA
Il nome “taverna” deriva dal latino tabernae, negozi alimentari che nell’antica Roma offrivano la possibilità di consumare cibi e bevande in loco e, in alcuni casi, perfino di alloggiare.

La taverna nel Medioevo era un luogo di ritrovo per bere, mangiare, incontrarsi, giocare.
La documentazione principale sulla presenza della Taverna nella vita sociale del Tardo Medioevo ci è fornita dagli Statuti delle città.

Le Taverne erano ubicate sia nei centri urbani che nei piccoli borghi nelle campagne, ma soprattutto nei luoghi di mercato, lungo i fiumi in prossimità di ponti e traghetti e le strade, nei porti; tutti posti nei quali vi era molta gente di passaggio o stanziale. Erano sorvegliate dalle autorità.

La Taverna medievale era caratterizzata da un’insegna e da dei lunghi sporgenti pali per la birra che però spesso recavano fastidio alla circolazione, e a Londra nel 1375 vi fu un provvedimento che ne limitava a 7 piedi la misura massima di sporgenza dalla facciata. Lo statuto della città di Verona del 1327 ci trasmette la possibile esistenza di un cortivum o di un porticus: ne è facile dedurre che durante la buona stagione i Vini, la Birra, i Distillati, l’Ippocrasso e l’Idromele venivano consumati all’esterno in quello che è altrove definito “circuito della taverna”.

Fonte: lamescaligere.it
Ricette

Scapece da taberna taverna Zucchine scapece

 

 

 

 

I

I

II

II

III

III

 

 

 

 

 

Bevande

Apicio Ricetta del MULSUMapicio vino antica roma Roemerwein_in_Speyer

vino medioevo Idromele_e_ippocrasso

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Carmina Burana In taberna quando sumus  
sono testi poetici contenuti in un importante manoscritto del XIII secolo, il Codex Latinus Monacensis o Codex Buranus, proveniente dal convento di Benediktbeuern (l’antica Bura Sancti Benedicti fondata attorno al 740 da San Bonifacio nei pressi di Bad Tölz in Baviera) e attualmente custodito nella Biblioteca Nazionale di Monaco di Baviera.
Se vuoi ascoltare:
Carmina Burana: “In taberna quando sumus” 196
Testo ©2001 Saltatio Mortis
Traduzione ©2008 Daniele Benedetti
In taberna     
In taberna quando sumus
Non curamus quid sit humus
Sed ad ludum properamus
Cui semper insudamus
Quid agatur in taberna
Ubi nummus est pincerna
Hoc est opus ut queratur
Si quid loquar, audiatur
Quidam ludunt, quidam bibunt
Quidam indiscrete vivunt
Sed in ludo qui morantur
Ex his quidam denudantur
Quidam ibi vestiuntur
Quidam saccis induuntur
Ibi nullus timet mortem
Sed pro Baccho mittunt sortem:
Hier ein Spiel, ein Trunk daneben
Dort ein wahres Heidenleben
Wo des Spieles wird gepflogen
Sieht sich mancher ausgezogen
Klopft ein anderer stolz die Tasche
Liegt der Dritt in Sack und Asche
Wer wird um den Tod sich scheren?
Losung ist: Zu Bacchus Ehren!
    All’osteria
Quando siamo all’osteria
Non ci curiamo più del mondo
Ma ci affrettiamo al gioco
Al quale sempre ci accaniamo
Che si faccia all’osteria
Dove il soldo fa da coppiere
Questa è cosa da chiedere
Si dia ascolto a ciò che dico
C’è chi gioca, c’è chi beve
C’è chi vive senza decenza
Ma tra coloro che attendono al gioco
C’è chi viene denudato
Chi al contrario si riveste
Chi di sacchi si ricopre
Qui nessuno teme la morte
Ma per Bacco tentano la sorte:
Qui un gioco, insieme a una bevuta
Là una vera vita da miscredente
Dove c’è l’abitudine del gioco
Si vedono alcuni che si spogliano
Un altro batte orgogliosamente la tasca
Il terzo giace tra sacchi e cenere
Chi si curerà della morte?
La parola d’ordine è: onore a Bacco!
 Fonte: metalgermania.it/
Codex Buranus – miniatura nel foglio 89v – Bevitori

Ostia antica-13.jpg [[File:Ostia antica-13.jpg|Ostia_antica-13]]Di NikonZ7II – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=117028491 https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Codex_Buranus-89v-dettaglio.jpg
APICIO antica roma libri

APICIO – De re coquinaria: raccolta di ricette dell’antica Roma

Frontespice d’une édition de 1709

(…) Chi era Apicio e il De RE Coquinaria?

Il nome in ambiente romano, era comune a tre ghiottoni; per alcuni quattro, vissuti in diverse età.

  • Il primo si scagliò contro la legge Fannia del 161 a.C., una sorta di legge che cercava di porre un limite allo sperpero durante i banchetti.
  • Il secondo visse sotto Augusto e Tiberio e sembra l’autore della prima stesura del De Re Coquinaria e si chiamò Marco Gavio Apicio.
  • Il terzo visse sotto Traiano e inventò il procedimento per mantenere fresche le ostriche. Si chiamò Claudio (nome romano) o Celio (nome etrusco) Apicio e ampliò il testo del precedente. E’ possibile pensare che siano due persone diverse e abbiano ampliato il trattato secondo le proprie esperienze.

Paulys Wissow nella sua opera Enciclopedia reale dell’antichità classica, vol. I, ne cita altri due: un Apicio Giuliano probabilmente governatore di Siria e un certo Api(ciu)s proconsole dì Asia. L’unica cosa certa è che un cuoco di nome Apicio, vissuto tra il I secolo a.C.e il IV secolo d.C. dette ai suoi ricettari il nome «Libri di Apicio». Poiché per gli storici della tarda romanità, il nome di «Apicio» indicava l’esperto di arte culinaria, il titolo del trattato di cucina, potrebbe intendersi come «Libri dell’esperto cuoco» alla cui stesura collaborarono vari cuochi della media e tarda romanità.

Apicio si rivolge ad un cuoco esperto, lo provano le espressioni «Gustas: si quid deest, addes…» (asssagia, se manca qualcosa aggiungila) e «Si quid opus fuerit, cittis…» (se c’è bisogno di qualcosa, aggiungilo) e «Si quid defuerit, mittis…» (se manca qualcosa, aggiungilo…). (…)

da La cucina dell’antichità, Clotilde Vesco – Newton Compton Editori

MARCO GAVIUS APICIUS
(Marco Gavio Apicio)

Nacque intorno al 25 A.C. e morì suicida verso la fine del regno di Tiberio. Fu considerato il più grande gastronomo della Roma del basso Impero. Era in grado di preparare sontuosi banchetti e, quando rimase con gli ultimi 10 milioni di sesterzi, si uccise per il timore di non poterne allestire più. Passò alla storia per li suoi piatti fantasiosi: manicaretti a base di talloni di cammello, intingoli di creste tagliate a volatili vivi, triglie fatte morire nel garum della migliore qualità, oche ingrassate nei fichi secchi e ingozzate con mulsum, lingue di usignoli, di pavoni e di fenicotteri.
Intorno al 230 D.C. un cuoco di nome Celio compilò una raccolta di ricette in dieci libri, il De re coquinaria (L’ arte culinaria), attribuendola ad Apicio.

Si tratta di appunti frettolosi e disordinati, tuttavia è il più importante libro di cucina scritto in latino. I piatti, qui descritti, furono creati per i nobili ed i ricchi dell’epoca, ma, le ricette e gli accorgimenti per le preparazioni, risultano attuali.

abemus-in-cena-menu apicio

RICETTE con foto

Le_Satyricon Trimalchione

Satyricon di Petronio

apicio Scène_de_banquet_-_Herculanum

Cibi afrodisiaci

 

 

 

 

 

I

I

II

II

III

III

INDEX
La giornata degli antichi romani iniziava presto la mattina e le ore erano regolate dall’orologio solare. La prima colazione era a base di pane, carne e formaggio. A mezzogiorno erano preferiti pasti leggeri. Alle 16 circa, dopo una eventuale sosta alle terme pubbliche, veniva consumata la cena, che era il pasto principale. Era composta da piatti sostanziosi: olive, nocciole, noci, datteri e altra frutta, lenticchie, piselli, orzo e grano, zuppe, piatti di pesce o carne cotti alla griglia o al forno. Il vino era molto apprezzato: veniva diluito in acqua fredda o calda, o bevuto puro (merum), oppure arricchito con miele o altro.
antica roma abemus apicio 1

Gli Antichi Romani a tavola: Dove Come Quando

Dulcia domestica, ricette per dolci fatti in casa – Apicius, De Re Coquinaria

Frictilia, le frittelle di Apicio

Di Apicius, Coelius – Disponibile nella biblioteca digitale BEIC e caricato in collaborazione con Fondazione BEIC., Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=50356952
I

I. ABEMUS IN CENA, menù dell’antica Roma

Oggetti in terra cotta esposti nella culina (cucina), Pompejanum, replica idealizzata di una villa romana, Aschaffenburg, Germania by Carole Raddato from FRANKFURT, Germany

I tre pasti principali degli antichi romani

LENTACULUM,
prima colazione
PRANDIUM,
pranzo
VESPERNA,
cena

ABEMUS IN CENA
(menù)

GUSTUM
OVA SFONGIA EX LACTE
GUSTUM DE PRAECOQUIS

PRIMAE MENSAE
STRUTHIONE ELIXO
OFELLAS APICIANAS
PORCELLUM AENOCOCTUM

SECUNDAE MENSAE
DULCIA DOMESTICA ET MELCAE
TYROPATINAM

 Invocazione iniziale

Con un urlo chiamai di Maia il figlio,
re di Cillene: ”Mercurio strozzacani,
polpetta! Come nome hai fra i Lidii,
compagno dei ladri, dammi una mano.
Mercurio mio, figlio di Maia,
re di Cillene, ti scongiuro! Ho addosso
un freddo maledetto, e batto i denti.
Regala ad Ipponatte un mantelluccio,
ed un corsetto, e un paio di stivali,
e due ciabatte, ed una sessantina
di pezzi d’oro. Rubale al vicino!”

Ipponatte, VI sec. a. C.(trad. Ettore Romagnoli, Zanichelli, 19

GUSTUM (Antipasti)
VII, 9.8 OVA SPONGIA EX LACTE
Ova quattuor, lactis heminam, olei unciam in se dissolvis, ita ut unum corpus facias. in patellam subtilem adicies olei modicum, facies ut bulliat, et adicies impensam quam parasti. una parte cum fuerit coctum, in disco vertes, melle perfundis, piper adspargis et inferes.
Frittata col latte
Sciogli quattro uova con sei tazze di latte e 300 gr. d’olio in modo che facciano un sol corpo. Metti poco olio in una padella sottile, fallo bollire e gettaci il composto che preparasti. Quando sarà cotto da una parte capovolgilo in un piatto, bagnalo di miele, cospargilo di pepe e servi in tavola.
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V,4. GUSTUM DE PRAECOQUIS
Duracina primotina (pusilla praeco(quia) purgas, enucleas, in frigidam mittis, in patina componis. Teres piper, mentam siccam, suffundis liquamen, adicies mel, passum, vinum et acetum. Refundis in patinam super praecoqua, olei modicum mittis et lento igni ferveat. Cum ferbuerit, amulo obligas. piper aspargis et inferes.
Antipasto di albicocche
Dure primaticce ( piccole albicocche ) pulisci, snocciola, metti in acqua molto fredda, disponi in terrina. Pesta pepe, menta secca, copri di liquame, aggiungi miele, passito, vino e aceto. Versa nella terrina su albicocche, aggiungi olio moderato e (fai) che bolla a fuoco lento.Quando avrà bollito, lega con amido. Spargi di pepe e servi.
 .
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PRIMAE MENSAE (piatti principali)

I,6. STRUTHIONE ELIXO
Metti a bollire nel tegame il pepe, la menta, il cumino abbrustolito, il seme di sedano, dei datteri o carote, del miele, dell’aceto, del passito, della Salsa (garum) con poco olio.
Struzzo lesso
Condensa con amido e così getta nel piatto dello struzzo tagliato a pezzi e cospargi sopra il pepe.
Se vorrai cuocerlo e condirlo gettaci sopra della spelta.
Altro modo per loi struzzo lesso: condisci con pepe, ligustico, timo,
santoreggia, miele, senape, aceto, Salsa (liquamen) e olio.

IV,2. OFELLAS APICIANAS
Ofellas exossas, in rotundum complicas, surclas, ad furnum admoves. postea praeduras, levas et, ‹ut› humorem exspuant, in craticula igni lento exsiccabis, ita ne urantur. teres piper, ligusticum, cyperis, cuminum, liquamen et passo temperabis, cum hoc iure ofellas in caccabum mittis. cum coctae fuerint, levas et siccas, sine iure, piper asperso, et inferes. si pingues fuerint, cum surclas tollis cutem. potest et de abdomine huiusmodi ofellas facere.
Braciole apiciane
Disossa le braciole, piegale in rotondo, infilale con gli stecchi e accostale al forno. Poi falle indurire e levale in modo che trasudino l’umidità, seccale sulla gratella a fuoco lento in modo che non brucino. Trita del pepe, del ligustico, del cipero e del cumino; stempera con la Salsa (garum) e del passito. Metti le braciole nel tegame con questa salsa. Quando saranno0 cotte, levale e asciugale senza salsa. Cosparse di pepe, portale in tavola. Se saranno grasse, quando le infilzerai, toglierai la cotenna. Si possono fare braciole anche dall’addome.

VIII, 7. 11. PORCELLUM OENOCOCTUM
porcellum praeduras, ornas. adicies in caccabum oleum, liquamen, vinum, aquam, obligas fasciculum porri, coriandri, media coctura colorabis defrito. adicies in mortarium piper, ligusticum, careum, origanum, apii semen, laseris radicem, fricabis, suffundes liquamen, ius de suo sibi, vino et passo temperabis, exinanies in caccabum, facies ut ferveat. cum ferbuerit, amulo obligas. porcellum compositum in patina perfundes, piper asparges et inferes.
Maiale in salsa di vino: Prepara e lascia insaporire il maiale. Aggiungi in una pentola olio, garum, vino, acqua, aggiungi un manciata di porri, di coriandolo; colora a metà cottura con vino. Metti in un mortaio pepe, ligustro, cumino, origano, seme di sedano, radice di silfio. Trita e versa il garum¹, il grasso colato dal maiale stesso, aggiungi il vino e il passito; amalgama con farina, metti il porcello ben preparato in una padella, cospargi il pepe.

  • ¹Garum, salsa mille usi, piccante, dal forte profumo, che i Romani aggiungevano a tutto: alle minestre, verdure, secondi piatti, dolci.
Garum o Liquamen

Garum o Liquamen

Garum o Liquamen

Garum o Liquamen

 

 

 

 

 

SECUNDAE MENSAE (dolci e dessert

VII,11. DULCIA DOMESTICA
Palmulas vel dactilos excepto semine, nuce vel nucleis vel piper tritum infercies. sales foris contingis, frigis in melle cocto, et inferes.
Dolci casalinghi 
Prendi palpule o datteri. Togli il nocciolo e riempili con un trito di noci o di pinoli o di pepe. Salali all’esterno, friggili nel miele cotto e porta in tavola.

apicio Dulcia domestica (Dolci fatti in casa con datteri ripieni)

Datteri ripieni

VII, 9.7. TYROPATINAM
Accipies lac, adversus quod patinam aestimabis, temperabis lac cum melle quasi ad lactantia, ova quinque ad sextarium mittis, si ad heminam, ova tria. in lacte dissolvis ita ut unum corpus facias, in cumana colas et igni lento coques. cum duxerit ad se, piper adspargis et inferes.
Piatto di formaggio
Prendi latte in proporzione al tegame, emulsiona il latte con miele come per fare lactantia¹, metti 5 uova per un sestari² o 3 per 1 emina². Sciogli nel latte in modo da fare un corpo unico, cola in (pentola) Cumana³ e cuoci a fuoco lento. Quando è rappresa spargi di pepe e servi.

  • ¹LACTANTIA: potrebbe essere quel dolce di solo latte che doveva al suo tempo essere ben noto, ma di cui adesso non abbiamo la ricetta e quindi non abbiamo nessuna indicazione sulla quantità di miele.
  • ²SESTARIE e EMINA: sono misure di volume corrispondenti a 542 ml. e 271 mlè curioso che sebbene il sestario sia il doppio dell’emina, il numero di uova non sia il doppio.
  • ³CUMANA: sembra che la Cumana fosse una terrina, bassa e dotata di coperchio, rivestita all’interno di un’argilla finissima che durante la cottura della ceramica, formava uno smalto antiaderente rosso cupo. Si pensa che dopo la famosa eruzione del Vesuvio non siano più state fabbricate vere Cumane, può darsi che la preoccupazione di dare dosi diverse per le diverse capacità dipenda dalla scarsa disponibilità di Cumane in epoca tarda.

Nel ricettario di Apicio non sono indicate le dosi e così non si riesce tanto a capire la proporzione. Ricostruire esattamente le pietanze è impossibile, quindi le dosi qui riportate sono indicative.

BEVANDE

AQUA (Acqua: che veniva bollita e bevuta calda o raffreddata con la neve)
AQUA MULSA  (Acqua con miele)
IDROMELE (Acqua piovana e miele)
CERVISIA (Birra)
POSCA (Bevanda a base di acqua e vino scadente o aceto)
VINUM MERUM (vino puro, senza aggiunta di acqua)
LATTE (di capra, di vacca, di asina, di cavalla. Bevuto fresco o aromatizzato)

II,1.. APSINTHIUM ROMANUM (Vino d’assenzio romano)
fallo così: se non hai assenzio di Camerino usa pure quello del Ponto ben pulito, prendine 30 gr. e 3 gr. di terebinto o malabatro e 3 gr. di datteri tebani, 5 gr. di costo (costus arabicus), 4 gr. di zafferano e un litro circa di vino invecchiato. Non occorre scalcare perchè è abbastanza amaro.

III,1. ROSATO ET VIOLATUM (Vino rosato e violato)
Si usa la Rosa Gallica e la Viola Odorata.
Per questo rosato fai così: cuci in un sacchettino di lino dei petali di rose ben asciutte dalla rugiada e senza l’unghia bianca. Copri tutto di vino per sette giorni. Togli le rose dal vino e sostituiscile con altre rose fresche sempre nel sacchettino. Falle riposare per altri sette giorni. Togli le rose. Ripeti l’operazione una terza volta e togli le rose. Cola il vino e quando lo vorrai bere aggiungici del miele rosato.
Puoi fare la stessa cosa con le violette.

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V,1. VINUM EX ATRO CANDIDUM FACIES (Come rendere chiaro il vino nero)
Versa in un orciuolo di vino nero delle fave ridotte in farina o l’albume di tre uova. Agita a lungo.
Il giorno dopo il vino sarà scolorito. Lo stesso effetto produrranno le ceneri della vitalba.

La cena si concludeva con grandi vassoi di frutta, soprattutto secca. Ma prima non poteva mancare un’ampia scelta di formaggi, a cominciare dal tipico formaggio della rustica Sassina, di forma conica, tanto amato da Marziale e ricordato anche da Plinio

abemus-in-cena-menu apicio

 Leggi anche
Le_Satyricon Trimalchione

Satyricon

apicio Scène_de_banquet_-_Herculanum

Cibi afrodisiaci

zucca egiziana apicio Aliter_Ius_in_Avibus_(Poultry_with_Hazelnuts_Sauce),_Apicius,_De_Re_Coquinaria_6,5,2_&_Cucurbitas_more_Alexandrino_(Alexandrine_Squash),_Apicius,_De_Re_Coquinaria_3,4,3_(23852992435)

Ricette

 

 

 

 

INDEX

Apicio: Ricetta del MULSUM con volgarizzamento e note del 1852.

Apicio: Ricetta del CONDITUM PARADOXUM con volgarizzamento del 1852.

Terra sigillata ware displayed in the culina (kitchen), Pompejanum, idealized replica of a Roman villa, Aschaffenburg, Germany (14185449419).jpg
[[File:Terra sigillata ware displayed in the culina (kitchen), Pompejanum, idealized replica of a Roman villa, Aschaffenburg, Germany (14185449419).jpg|Terra_sigillata_ware_displayed_in_the_culina_(kitchen),_Pompejanum,_idealized_replica_of_a_Roman_villa,_Aschaffenburg,_Germany_(14185449419)]]
III

III. ABEMUS IN CENA, menù dell’antica Roma

Replica di Posate degli antichi Romani: coltello da cucina, cucchiaio di legno e cucchiaio d’argento by Carole Raddato from FRANKFURT, Germany

I tre pasti principali degli antichi romani

LENTACULUM,
prima colazione
PRANDIUM,
pranzo
VESPERNA,
cena

ABEMUS IN CENA
(menù)

GUSTATIO

Libum

PRIMA MENSAE
Pullus elibus ex iure suo
Nucleorum ius in ovis apalis
Ova sfongia ex lacte
Porcellus oenococtus
Agnus parthicus
Ius in pisce elixo
Esiciola tretina

SECUNDAE MENSAE
Patina de piris
Dulcia domestica
Patina versatilis
Dulcia piperita
Tiropatina

 Invocazione iniziale
Con un urlo chiamai di Maia il figlio,
re di Cillene: ”Mercurio strozzacani,
polpetta! Come nome hai fra i Lidii,
compagno dei ladri, dammi una mano.
Mercurio mio, figlio di Maia,
re di Cillene, ti scongiuro! Ho addosso
un freddo maledetto, e batto i denti.
Regala ad Ipponatte un mantelluccio,
ed un corsetto, e un paio di stivali,
e due ciabatte, ed una sessantina
di pezzi d’oro. Rubale al vicino!”

Ipponatte, VI sec. a. C.(trad. Ettore Romagnoli, Zanichelli, 1965)

 DEGUSTATIO
La cena tradizionale, spesso preceduta da un aperitivo di vino addolcito, iniziava con gli antipasti a base di uova, ceci bolliti o salati, foglie di lattuga, tonno e, nelle cene più ricche, frutti di mare, salsicce ed altri cibi saporiti.
GUSTATICIUM
Mettere nel piatto uova, datteri, olive, datteri, noci, nocciole, allec (si può sostituire con delle acciughe) , albicocche, pistacchi. Come “tartine” libum, moretum (un pasticcio di cacio con aglio) ed epityrum (un gramolato di olive)
(Catone)

LIBUM DI CATONE
(focaccia sacra preparata con ricotta e farina) per 6 persone: 400 gr. di ricotta, 100 gr. di farina, 1 uovo, sale, qualche foglia di alloro.)
“Farai così il libum. Sciogli bene in un mortaio due libbre di formaggio, quando lo avrai reso del tutto liscio impasta bene con il formaggio una libbra di farina o, se lo vuoi più leggero, mezza libbra. Aggiungi un uovo e di nuovo impasta tutto attentamente, forma la pagnotta, ponila sopra un letto di foglie e falla cuocere lentamente in un forno caldo”

VINUM MULSUM
vino, miele e pepe

Apicio Ricetta del MULSUM

MULSUM

libum apicio antica roma

LIBUM

 PRIMAE MENSAE (piatti principali)

La cena proseguiva con piatti forti a base di carne o pesce, sempre accompagnati da vari tipi di verdure. Orazio, Giovenale e Marziale ci descrivono sfilate di cinghiali, maialetti, capretti, pesci e arrosti vari.

PORCELLUM OENOCOCTUM
Maialino al vino
porcellum praeduras, ornas. adicies in caccabum oleum, liquamen, vinum, aquam, obligas fasciculum porri, coriandri, media coctura colorabis defrito. adicies in mortarium piper, ligusticum, careum, origanum, apii semen, laseris radicem, fricabis, suffundes liquamen, ius de suo sibi, vino et passo temperabis, exinanies in caccabum, facies ut ferveat. cum ferbuerit, amulo obligas. porcellum compositum in patina perfundes, piper asparges et inferes.

Maiale cotto nel vino
Fallo frollare e preparalo; metti nel tegame dell’olio, della Salsa, del vino e dell’acqua. Aggiungi un mazzetto di porri, di coriandolo; a mezza cottura colorerai col mosto cotto. Metti nel mortaio del pepe, del ligustico, del carvi, dell’origano, del seme di sedano, della radice di laser; mescolerai e bagnerai di Salsa e del suo stesso sugo; stempererai col vino e col passito; verserai nel tegame e farai in modo che bolla; quando avrà bollito, lega con amido. Versa il tuttp sul maiale preparato sul vassoio; cospargilo di pepe e servi.

IUS IN PISCE ELIXO:
piper, ligusticum, cuminum, cepulam, origanum, nucleos, caryotam, mel, acetum, liquamen, sinapi, oleum modice. ius calidum. si velis, uvam passam.

Salsa per pesce lesso: pepe, ligustico, cumino, cipolla, origano, pinoli, carota, miele, aceto,Salsa, senape, poco olio; aggiungi salsa calda. Se vorrai aggiungi uva passa.

SECUNDAE MENSAE (Dolci)

PATINA DE PIRIS
Soufflé di pere
Pira elixa et purgata e medio teres cum pipere, cumino, melle, passo, liquamine, oleo modico. Ovis missis patinam facies, piper super aspargis et inferes.

pere soufflé patina apicio (3)

PATINA DE PIRIS

BEVANDE

AQUA (Acqua: che veniva bollita e bevuta calda o raffreddata con la neve)
AQUA MULSA  (Acqua con miele)
IDROMELE (Acqua piovana e miele)
CERVISIA (Birra)
POSCA (Bevanda a base di acqua e vino scadente o aceto)
VINUM MERUM (vino puro, senza aggiunta di acqua)
LATTE (di capra, di vacca, di asina, di cavalla. Bevuto fresco o aromatizzato)

II,1.. APSINTHIUM ROMANUM (Vino d’assenzio romano)
..fallo così: se non hai assenzio di Camerino usa pure quello del Ponto ben pulito, prendine 30 gr. e 3 gr. di terebinto o malabatro e 3 gr. di datteri tebani, 5 gr. di costo (costus arabicus), 4 gr. di zafferano e un litro circa di vino invecchiato. Non occorre scalcare perchè è abbastanza amaro.

III,1. ROSATO ET VIOLATUM (Vino rosato e violato)
Si usa la Rosa Gallica e la Viola Odorata.
Per questo rosato fai così: cuci in un sacchettino di lino dei petali di rose ben asciutte dalla rugiada e senza l’unghia bianca. Copri tutto di vino per sette giorni. Togli le rose dal vino e sostituiscile con altre rose fresche sempre nel sacchettino. Falle riposare per altri sette giorni. Togli le rose. Ripeti l’operazione una terza volta e togli le rose. Cola il vino e quando lo vorrai bere aggiungici del miele rosato.
Puoi fare la stessa cosa con le violette.

V,1. VINUM EX ATRO CANDIDUM FACIES (Come rendere chiaro il vino nero)
Versa in un orciuolo di vino nero delle fave ridotte in farina o l’albume di tre uova. Agita a lungo.
Il giorno dopo il vino sarà scolorito. Lo stesso effetto produrranno le ceneri della vitalba.

La cena si concludeva con grandi vassoi di frutta, soprattutto secca. Ma prima non poteva mancare un’ampia scelta di formaggi, a cominciare dal tipico formaggio della rustica Sassina, di forma conica, tanto amato da Marziale e ricordato anche da Plinio.

antica roma abemus apicio 1

1  Ingredienti Patina de piris (pear soufflé) – Ingredients (15006539841).jpg
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 2 crudomPatina de piris (pear soufflé) (14823682999).jpg
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3 cottoPatina de piris (pear soufflé) (14824241837).jpg
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