frittata di luppolo iurvetis

Frittata di luppolo selvatico, luvertin, luartìs, vartiś, bruscandoli, urticiòns, noppolo

Il luppolo (Humulus lupulus) viene usato nella produzione della birra. In cucina gli apici della pianta di luppolo (in piemontese “luvertin“, in lombardo “luertis“, in veneto “bruscandoli” o “briscandoli“, in friulano “urticiòns“, in dialetto versiliese “noppolo“), vengono raccolti in primavera (marzo-maggio) e utilizzati come il più noto asparago e, per questo, sono chiamati comunemente, ma impropriamente, “asparagi selvatici“.

“Avertis, blaudin, bruscandoi, bruscandol, bruscandui, bruscandul, bruscanzi, cervese, houbloun, lavartin, lavertin, lavertis, lepone, levertiss, levratim, livertizio, livirgiti, loertis, lopal, loppel, loval, lovertis, lovertiss, luartis, lufe, lupari, luparu, lupele, lupene, lupiri, lupola, lupolo, luppele, luppolo comune, lupulu, luvein, luvertin, luvertis, orticaccio, ortigolo, overtis, reverdixe, roveja, rovertise, rovertiz, ruverdi, ufe, umolo, urtizzon, vartis, vertigolo, vertis, vertuxi, vite nera, votticella”
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Da notare come, a differenza della maggior parte dei germogli utilizzati per uso culinario, i getti di luppolo selvatico siano più gustosi quanto più sono grossi. Una volta lessati per 5-10 minuti, con poca acqua o al vapore, si possono consumare direttamente con classico condimento “all’agro”, oppure saltare qualche minuto in padella per servirli con riso o utilizzare per risotti, frittate e minestre.

Non vanno confusi con i rami fioriferi di altre piante solo a prima vista simili, quali l’Ornithogalum (Latte di gallina), un genere che conta molte specie alquanto tossiche (Ornithogalum pyrenaicum è però commestibile)

luppolo selvatico

La frittata di luppolo selvatico (in piemontese frità ëd luvertin, in lombardo fartada cui luartìs e in piacentino fritä o fritäda cui vartiś) è una frittata a base di germogli di luppolo selvatico. È una ricetta diffusa in buona parte dell’Italia settentrionale

Raccogliere, pulire e cucinare il luppolo selvatico
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Lavaggio delle cime di luppolo

Frità ëd luvertin (Piemonte) 

Ingredienti per 4 persone

  • 250 gr. di germogli di luppolo selvatico
  • 6 uova
  • 3 cucchiai di formaggio parmigiano grattugiato
  • ½ bicchiere di latte
  • 1 scalogno
  • 2 cucchiai di olio extravergine d’oliva (evo)
  • prezzemolo
  • erba cipollina
  • sale e pepe

Preparazione
Pulite i germogli, lavateli accuratamente e tagliateli a pezzetti lunghi circa 2 cm.. Versate l’olio in una padella e fate rosolare lo scalogno. Unite i germogli, aggiungete ½ bicchiere d’acqua, salate, pepate e cuocete 7-8 minuti con il coperchio. Nel frattempo in una ciotola sbattete le uova con una forchetta, unite il sale, il formaggio grattugiato, il latte, il prezzemolo e l’erba cipollina tritati. Versate il composto nella padella e mescolate in modo tale che i germogli si distribuiscano uniformemente. Lasciate cuocere 6 minuti con il coperchio e girate la frittata aiutandovi con quest’ultimo, facendo attenzione a non romperla. Ultimate la cottura per altri 5 minuti e servite calda.

Una cultura alimentare di collina. Solferino: oltre…

 

Sminuzzatura dei germogli con la mezzaluna

Fartada cui luartìs (Lombardia)

Ingredienti

  • 600 gr. di Iuartis germogli di luppolo
  • 12 uova
  • 150 gr. di parmigiano grattugiato
  • 1 cipolla
  • 1 cucchiaio di olio extravergine d’oliva (evo)
  • sale e pepe

Preparazione
Sbollentate i germogli in acqua salata. Sbattete poco le uova, il sale, il formaggio, il pepe. Scolate i germogli e uniteli alle uova. Fate rosolare la cipolla nell’olio fin quando sarà trasparente. Unite il composto di uova e continuare la cottura a fuoco dolce.
Rimestate in continuazione per impedire che si crei uno strato cotto sottostante (isolante al calore), quando la cottura raggiungerà gli strati più alti coprite e permettete solo allora la creazione della crosta che permetterà alla frittata di staccarsi dal fondo.
Girate la frittata e terminate la cottura sull’altro lato. Servite calda o fredda a piacere, ma mai troppo cotta.

Pianura da scoprire.it
anguilla padella

Inguèla in padëla, anguilla in padella alla romagnola con la ricetta in dialetto

Per la Vigilia di Natale, il precetto impone “pranzo di magro”, ma la festosa attesa che è nell’aria, la serenità  che regna nelle case mal si conciliano con l’astinenza. Pranzo di magro, quindi, secondo tradizione, ma un “magro” del tutto particolare, tanto particolare da presentare come piatto forte il CAPITONE, il pesce più grasso che esista. Capitone, abbiamo detto, e non semplicemente anguilla, perchè si tratta dell’anguilla femmina giunta all’età adulta: può raggiungere la lunghezza di 1 metro e 80 cm. e il peso di 5 kg. (i maschio arriva al massimo alla lunghezza di 55 cm. e al peso di 400 gr.).
La ricetta in dialetto romagnolo “Romagna in cucina” ed. Gulliver 1998

anguilla padella

Anguilla in padella

Per 6 persone calcolate circa 1 kg. e ½ di anguille. Strofinatene la pelle con cenere di legna, pulitele e lavatele. Fate soffriggere in ½ bicchiere d’olio 2 spicchi d’aglio (che poi eliminerete) e 1 cipolla grossa affettata. Quando il soffritto comincerà a dorarsi, unite l’anguilla tagliata a pezzi piuttosto piccoli, qualche foglia di alloro, sale e pepe. Dopo circa 15 minuti spruzzate l’anguilla con 2 cucchiai d’aceto e lasciatela cuocere a fuoco lento per circa 1 ora. servitela appena pronta.

anguilla in padella. 2

Anguilla con verdure alla maniera di Petronillaarrosto Cooked_Anguilla_anguilla_with_teriyaki_sauce_2

 

 

 

 

Risi Bisi e Bisato (riso, piselli e anguilla) di magro PetronillaRisotto con l'anguillaanguille marinate

 

 

 

 

anguilla capitone spiedo spiediniCapitone e Anguilla

matelote zuppa pesce anguilla (3)

 

 

 

Anguilla arrosto per Nota di Pranzo di Quaresima di Pellegrino Artusi

L’Estimat – All i Pebre.jpg[[File:L’Estimat – All i Pebre.jpg|L’Estimat_-_All_i_Pebre]]
strgoli stridoli garganelli

Garganelli con stridoli e pancetta (Silene vulgaris)

Primavera tempo di Stridoli in Romagna. Tra le migliori erbe di campo commestibili, cresce spontanea ed ha un sapore dolce e delicato. Un ottimo condimento per i garganelli fatti in casa, con pancetta saltata in padella e parmigiano. Federica.tamburini.75

  • La Silene vulgaris è conosciuta in gastronomia con il nome di silène rigonfiagrisol, strigoli, stridoli, carletti, strisci, scrissioi, s-ciopit o sclopit, s-ciopetin, cuietconcigli) ed è fra le migliori erbe commestibili, ma solo prima della fioritura poi le foglie basali diventano troppo coriacee. È possibile trovarla nei prati, arbusteti, boschi radi e margini dei sentieri. Si mangia sia cruda, sia cotta (come gli spinaci), in risotti, minestre, ripieni, ravioli e frittate: ha un sapore dolce e delicato.
  • garganelli (in dialetto romagnolo: garganéi o macaró ruzlé o zuflót) sono un formato di pasta all’uovo tipica della Romagna, realizzata a mano. Vengono cucinati asciutti, tradizionalmente con sugo di piselli, con scalogno e pancetta, ragù alla romagnola o alla salsiccia, e con abbondante parmigiano reggiano.

stridoli strigoli

Le tagliatelle con stridoli e pancetta sono un primo piatto della tradizione romagnola. Ecco la ricetta

Ingredienti per 4 persone 
  • 300 gr. di garganelli,
  • 300 gr. di stridoli lavati,
  • 100 gr. di pancetta,
  • ½ cipolla,
  • ½ bicchiere di vino bianco,
  • 1 spicchio di aglio,
  • olio qb.
  • Se volete farli col sugo di pomodoro, aggiungete 600 gr. di salsa.
Preparazione

In una padella capiente, fate soffriggere nell’olio un  trito di cipolla e aglio. Aggiungete la pancetta a dadini, versate il vino e fatelo evaporare. Unite gli stridoli spezzettati a mano. Lasciate insaporire qualche minuto, aggiustate di sale e cuocete per 10 minuti.

Cuocete i garganelli in abbondante acqua salata, scolateli al dente e saltate nella padella con il sugo di stridoli.

Servite con una spolverata di parmigiano grattugiato.

stridoli garganelli

Ricette con erbe di campo spontanee

mezze-penne-con-asparagi-selvatici-di-bosco-L-Ing4b1ortiche come pulire.

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Frittata con gli stridoli (Silene vulgaris)

1. Tagliatelle con gli stridoli (Silene vulgaris), ricotta e pomodorini

2. Tagliatelle con stridoli e formaggi

3. Tagliatelle con stridoli, pancetta affumicata e pecorino

Triangoli ripieni con stridoli (Silene vulgaris) e ricotta

Garganelli Stridoli e Pancetta.jpg [[File:Garganelli Stridoli e Pancetta.jpg|Garganelli_Stridoli_e_Pancetta]]
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Frittata con gli stridoli (Silene vulgaris)

La Silene vulgaris è conosciuta in gastronomia con il nome di silène rigonfiagrisol, strigoli, stridoli, carletti, strisci, scrissioi, s-ciopit o sclopit, s-ciopetin, cuietconcigli) ed è fra le migliori erbe commestibili, ma solo prima della fioritura poi le foglie basali diventano troppo coriacee. È possibile trovarla nei prati, arbusteti, boschi radi e margini dei sentieri. Si mangia sia cruda, sia cotta (come gli spinaci), in risotti, minestre, ripieni, ravioli e frittate: ha un sapore dolce e delicato.

STRIDOLI2

La ricetta tratta dal volume Mangiare in Romagna, cultura, ricette e tradizione.G. Pozzetto ne La cucina romagnola.

«Servono naturalmente uova fresche, una manciata di parmigiano grattugiato, sale fino, pepe appena macinato e gli stridoli. Questi sono destinati alla frittata solo se giovani, altrimenti si è costretti ad utilizzare solo le foglie; in ogni caso si lessano in acqua salata e, ben scolati, si insaporiscono brevemente in padella con un po’ di strutto e di burro e qualche spicchio d’aglio schiacciato.

A parte, in una padella, si amalgamano uova sbattute con pepe, sale fino, parmigiano grattugiato, pochissimo pangrattato e prezzemolo tritato. Si uniscono infine gli stridoli padellati al composto e si procede per la frittata nel modo consueto. Alcune gocce di aceto (lungamente affinato) sulla frittata calda, conferiscono sorprendenti suggestioni all’olfatto e al gusto.»

G. Pozzetto¹, La cucina romagnola, Padova, Muzzio Editore 1995

¹Graziano Pozzetto è giornalista, scrittore, gastronomo, bibliofilo, ricercatore, autore rigoroso e prolifico, divulgatore appassionato e molto attivo (oltre 2300 incontri in quarant’anni). Ha ottenuto importanti riconoscimenti locali e nazionali. È stato tra i fondatori storici dell’Arcigola Slow Food. È protagonista di un enciclopedica codificazione culturale ed antropologica sui mangiari, cibi, vini, prodotti tipici, eccellenze, memorie identitarie, storie e testimonianze di cibo delle Romagne. Ha tracciato il mosaico delle unicità gastronomiche e culturali che, insidiate da omologazioni devastanti, esprimono la civiltà, la storia, il territorio e la sua gente.
La Giuria del Premio Bancarella Cucina gli ha conferito il Premio Baldassarre Molossi 2011 alla carriera.
Per i tipi del Ponte Vecchio ha pubblicato Caro vecchio porco ti voglio bene. La tradizione del maiale in Romagna (2014) e Frutti dimenticati frutti indimenticabili. Tradizione, biodiversità, cucina (2015)
Graziano è orgoglioso di far parte dell’“Unione degli inciciuiti” di Ravenna, la cui appartenenza si guadagnava meritoriamente tutti i giorni: invecchiando gli riesce sempre meglio!

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stridoli frittata 1

Ricette con erbe di campo spontanee

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1. Tagliatelle con gli stridoli (Silene vulgaris), ricotta e pomodorini

2. Tagliatelle con stridoli (Silene vulgaris) e formaggi

3. Tagliatelle con stridoli (Silene vulgaris), pancetta affumicata e pecorino

 

Herb ‘frittata’ and boiled easter eggs.jpg [[File:Herb ‘frittata’ and boiled easter eggs.jpg|Herb_’frittata’_and_boiled_easter_eggs]]
menù santo stefano albero di natale

Pranzo e Cena di SANTO STEFANO. 25 dicembre, delle famiglie nobiliari ravennati di inizio ‘900

Leopold Graf von Kalckreuth: Children by the Christmas Tree 1912

cucinario dei nobili“Cucinario di una vecchia famiglia nobiliare”: Menù per festività e ricorrenze con oltre 350 ricette raccolti in un cucinario di una vecchia famiglia nobiliare romagnola che il rampollo Giovanni Manzoni ha svelato in questo libro ricco di suggerimenti e leccornie. Tra le ricette più selezionate ben otto modi di fare i cappelletti romagnoli ed altrettanti per i tortellini bolognesi con tanto di brodo doc per palati fini. Da citare la polenta alla Manzoni che riporta gli antichi sapori nostrani, poi per sbizzarrirsi si può provare a cucinare altre ricette che si adattano a qualsiasi piatto ed accostamento di cibi. Lugo di Romagna 1985.

SANTO STEFANO – PRANZO

Menù

Minestra
Riso alla campagnola
Riso al pomodoro
Pietanza
Arrosto di gallina di Faraone e di piccioni contornati da patate fritte ed insalata
Salsiccia e fegato di maiale nella rete in graticola contornati da sformato di cavolo fiore
Formaggi di Roma, d’Olanda, di Francia
Frutta di stagione
Dolce
Torta di mele
Castagne inzuccherate col rum (o cognac)

Riso alla campagnola
A 500 gr. di fagioli bianchi lessati ed al loro brodo di cottura aggiungere 6 pomidoro, 2 cipolle finemente tritate, 50 gr. di burro, un cucchiaio di farina,, uno di conserva, uno di sale e 300 gr. di riso e cuocere il tutto a brodo bollente per 15 minuti circa.

Fegato di maiale (nella sua rete) 

Torta di mele

Castagne al rum

Fegato di maiale (nella sua rete) alla maniera di Petronilla

torta di mele

Castagne al rum

 

 

 

SANTO STEFANO – CENA

Menù

Minestra
Cappelletti all’uso di Romagna in brodo
Tagliatelle in brodo
Pietanza
Cappone con spinaci
Tordi finti o quagliette contornati da sedani al sugo
Formaggio di Roma, di Francia, d’Olanda
Frutta di stagione
Dolce
Torta di biscotti

Cappelletti all’uso di Romagna in brodo

Menù per pranzo e cena San Biagio Cappelletti di Romagna Artusi

 

 

 

 

 

Tordi finti o quagliette (uccellini scappati)
Magro di vitello per 6 tordi, grammi 300. Coccole di ginepro, numero 6. Fegatini di pollo. numero 3. Acciughe salate, numero 3. Olio, 3 cucchiaiate. Lardone quanto basta.
Fate sei fette sottili. Con i fegatini, un pezzo di lardone, le coccole di ginepro, le acciughe pulite e una foglia di salvia, tritate il tutto finissimo, condite con sale e pepe. Riempite le bracioline col composto, fasciandole con una fetta sottile di lardone, frapponendo  fra questa e la carne una foglia di salvia e legatele con filo. Cuocerle con tre cucchiaiate di olio e aggiungere brodo durante la cottura.

Saltimbocca cooked (1).jpg

Torta di biscotti
(per 6 persone) 300 gr. di biscotti,60 grammi di miele, un budino di crema, un budino di cioccolata, ciliegie in acquavite.
Mettere entro un piatto molto fondo di portata, una mano (strato) di biscotti e inzupparli con marsala, versare sopra questi uno strato di crema di cioccolato e ricoprirlo di biscotti e inzupparli di marsala, versare sopra questi uno strato di crema e ricoprirlo con una mano di biscotti e inzupparli con marsala, fino a consumare il tutto. coprire l’ultima mano di biscotti con  miele e disporre con fantasia sopra questo, qua e là delle ciliegie tolte dall’acquavite.

Menù per PRANZO DI CAPODANNO delle famiglie nobiliari ravennati di inizio ‘900 (Romagna)

Menù per l’EPIFANIA delle famiglie nobiliari ravennati di inizio ‘900 (Romagna)

Menu per PRANZO NATALIZIO delle famiglie nobiliari ravennati di inizio ‘900 (Romagna)

Saltimbocca cooked (1).jpg[[File:Saltimbocca cooked (1).jpg|Saltimbocca_cooked_(1)]]
stracciatella zuppa minestra

La Stracciatella in brodo in alcune ricette della tradizione regionale

Foto di taccuinigastrosofici.it
 

La stracciatella è un tipico piatto della cucina romana, marchigiana e abruzzese, consistente in una zuppa a base di uova con aggiunta di Parmigiano-Reggiano grattato, sale, pepe, noce moscata, a volte semolino o pangrattato e cucinata nel brodo. Il nome deriva dal fatto che il composto di uova all’interno del brodo prenda la forma di piccoli straccetti.

È un piatto molto conosciuto anche in Romagna (tardura o minestra del paradiso, descritta da Pellegrino Artusi).

Una versione simile, seppur con nome diverso, è presente anche nella cucina istriana, dove prende il nome di “pasta butada” cioè buttata, dal fatto che la sua preparazione consiste nel “buttare” nel brodo bollente, aiutandosi con una forchetta, la pastella di farina, uova, burro e grana.

18. Minestra del paradiso (stracciatella) dell’Artusi

«È una minestra sostanziosa e delicata; ma il Paradiso, fosse pur quello di Maometto, non ci ha nulla che fare.
Montate sode quattro chiare d’uovo, incorporateci dentro i rossi, poi versateci quattro cucchiaiate non tanto colme di pangrattato fine di pane duro, altrettanto di parmigiano grattato e l’odore della noce moscata.
Mescolate adagino onde il composto resti soffice e gettatelo nel brodo bollente a cucchiaini. Fatelo bollire per sette od otto minuti e servitelo. Questa dose potrà bastare per sei persone.»

La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene
Pasta butada triestina 

«Ingredienti per 2 persone: brodo di carne, 2 uova bio, 3 cucchiai di farina, 3 cucchiai di parmigiano, sale.

Preparazione: Fate sobbollire il brodo di carne. A parte sbattete le uova con sale, farina di semola, e parmigiano grattugiato. Versate il composto nel brodo  “spaccando” il liquido con una forchetta. Cuocere per qualche minuto e servire caldo.»

 Il blog di semi di lino
Stracciatella abruzzese 

«È una minestra che si serve a Natale o Pasqua e si distingue per la presenza di verdure e del formaggio pecorino.

Ingredienti per 4 persone: 4 uova bio, 6-8 cucchiai di pecorino grattugiato, 200 gr. di cicoria lessata e strizzata, noce moscata, un paio di litri di brodo e, volendo, con croste di  parmigiano.

Preparazione: tritate finemente al coltello la verdura. Sbattete in una ciotola le uova e il pecorino. Profumate con la noce moscata grattugiata. Non è necessario salare. aggiungete la cicoria e mescolate. Portate a leggero bollore il brodo, versatevi il composto e mescolate per 3-4 minuti. Ci vorrà pochissimo per fare rapprendere l’uovo. Ve ne accorgerete perché assorbe il brodo e aumenterà di volume. Servite subito, accompagnando con altro formaggio se gradito.
In Abruzzo vengono usate anche altre verdure come la scarola e le biete o addirittura i cardi. Nelle versioni più ricche è presente anche la carne del brodo sfilacciata o delle piccolissime polpettine lessate nel brodo stesso.»

Questo mondo è una zuppa
Straciatèla marchigiana 
La ricetta in dialetto marchigiano. Marche in cucina 1998

La ricetta in dialetto marchigiano. Marche in cucina 1998

«È una minestrina, comune alla cucina romana ed a quella piemontese. Preparate un brodo leggero di carne, circa un litro. Diluitevi 5 cucchiai di semolino, che lascerete cuocere per mezz’ora. Battete a lungo 5 uova intere, incorporandovi, poco alla volta, 100 gr. di parmigiano, sale e pepe. Nel semolino bollente versate il composto di uova e formaggio. Lasciate cuocere per 2 minuti e servite subito.»

 Stracciatella alla romana

«Ingredienti: Ottimo brodo di carne ben schiumato, uova intere, parmigiano grattugiato, prezzemolo tritato, sale e pepe qb. Per “dovere” di cronaca gastronomica, va detto che in alcune famiglie si aggiunge alla stracciatella anche della buccia di limone tritata o una spolverata di noce moscata. Va da sé che sono delle “libere” variazioni seppur interessanti.

Preparazione Si porta l brodo già pronto in ebollizione. Nel frattempo sgusciare le uova, quindi preparare abbondante prezzemolo tritato e del parmigiano grattugiato. Con l’aiuto di un frustino, in una coppa d vetro o altro recipiente idoneo, sbattere ben bene le uova; quindi incorporare il prezzemolo e il parmigiano. Il passo successivo è accomodare di sale e di pepe. Poi si abbassa leggermente la fiamma del brodo e si “tuffa” tutto all’interno. Con il frustino utilizzato per “montare” le uova, mescolare con vigore per un paio di minuti (circa). Servire la stracciatella caldissima con fette di pane grigliato a parte.

Piatto sobrio della cucina laziale (in verità consumato anche in altre zone del centro Italia, un tempo preparato quando avanzava del brodo e c’era così l’esigenza di recuperarlo realizzando una portata buona e nutriente! Ecco, questa ricetta che brilla per semplicità di esecuzione, potrebbe essere un modo veloce di utilizzare il brodo fruito per la cottura del bollito di Natale. Va altresì annoverato che l’usanza di unire l’uovo (intero o sbattuto) al brodo caldo è un vezzo remoto, per certi versi antico. Si pensi alla prelibata zuppa pavese o alla minestra di uova e verdure. È appellata “stracciatella” perché l’uovo sbattuto, una volta rappreso, assume la forma di piccoli straccetti, e da qui la nomea. In effetti vale sempre la pena di chiedersi “il perché” una vivanda abbia in sé una denominazione in apparenza  stravagante, o quantomeno atipica.»

taccuinigastrosofici.it
Tardura, stracciatella romagnola. 
stracciatella

La ricetta in dialetto romagnolo. Romagna in cucina 1998

«Quest’antica minestra romagnola, caratterizza ancor oggi il pranzo di Pasqua. Per 6 persone mescolate a 6 uova sbattute 100 gr. di pangrattato, 150 gr. di parmigiano grattugiato, un pizzico di sale e, se ve ne piace l’aroma, un pizzico di noce moscata. Amalgamate con cura i vari ingredienti. Mettete sul fuoco 2 litri circa di buon brodo di carne, e quando bollirà versatevi tutto l’impasto mescolando continuamente per qualche minuto. La minestra sarà pronta appena comincerà a raggrumarsi. Servitela ben calda con abbondante parmigiano grattugiato. Volendo un piatto più delicato si può eliminare il pangrattato in parte o completamente e sostituirlo con parmigiano grattugiato.»

La cucina Rinascimentale: Mariconda alla Ragonese, ricetta del 1549

Egg drop soup “zuppa di gocce d’uovo”, tipica della cucina cinese

 

spallicci la pie santa caterina

La Fiera di Santa Caterina in Romagna, 25 novembre. Art. di Aldo Spallicci del 1922

giornalistoricicesena.it

LA PIÊ
Rassegna mensile di illustrazione romagnola 1922 – Anno III

Aldo Spallicci

LA FIERA DI SANTA CATERINA

Clicca sulle immagine per ingrandire

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«Nella parte più antica e più remota di Forlì, sul largo prospiciente alla chiesa di San Biagio, al 25 d’ogni novembre, si festeggia Santa Caterina. È la fiera delle spose che precede di diciotto giorni Santa Lucia: la fiera delle ragazze. (…)

Par Santa Catarena                                    (Per Santa Caterina,
o che piöve o che neva o che brena         o piove o nevica o c’è brina
o che tira la curena,                                     o tira la corina (vento sciroccale)
o ch’u jè la paciarena.                                 o c’è fanghiglia)

(…) Le lampade a petrolio, le candele, e gli sfacciati beccucci dell’acetilene danno il tono della gaiezza alle banchette.

C’è  il torrone, la ghiotta fiera da portare in dono alle maritate; c’è il vischioso dolciume, racchiuso nel pacchetto dorato di figurine, così docile a sgrigliolare sotto i denti dei ragazzi! E c’è uno stormo di galletti e di pagliacci e di somarelli che dondolano dal festone assicurato ai pali della tenda.

Il richiamo del donnone accanto alla banchetta non dà tregua: völ  e’ turon? (vuole il torrone?) völ e’ galadin? (vuole il gallettino?)

All’invito galeotto si sgranano gli occhi infantili ed i galletti col fischio sulla coda fanno un chichiriare da fare impallidire tutte le aurore passate e venture.

Non è veduto più quest’anno, accanto alle bambole-signorine, la proletaria Caterina, la bambola di straccio costruita sul manichino di un pezzo di canna (…) La bambola da due soldi che aveva raggiunto il costo vertiginoso di una Lira coi sopraprezzi di guerra.

(…) Era tutto il corredo della banchetta d’un tempo: le catarene, le campane, i cucchi, i torroni di mandorla tra un’abbondante cornice di bracciatelli (ciambelle di biscotto a tortiglione, colorate a macchie rosse e pruriginose di zucchero). Ora c’è gran dovizia di ninnoli di latta, di pupattole di carta pesta, di caramelle a fagottino tricolore (…) Corre sulle bocche delle mamme l’allegra canzoncina:

Par Santa Caterena                                    (Per Santa Caterina
E gal e la galena                                          il gallo e la gallina,
La bela bambuzzena                                  la bella bamboccina,
Turon d’amandola                                       il torrone di mandorle.
Pianzì burdell                                               Piangete bimbi,
S’a vlì di brazzadell!                                    se volete dei bracciatelli!)

Spaldo »

Aldo Spallicci (1886-1973) è stato un medico, poeta e politico, nonché cultore e promotore dell’identità e delle tradizioni popolari della Romagna. La sua opera d’esordio è una raccolta di sonetti in forlivese (Rumâgna, 1908). I suoi temi sono la campagna, gli animali e la vita dei contadini. La sua seconda silloge poetica è I campiùn d’Furlè (1910). Il suo interesse deriva dal desiderio di «rimettere in onore le tradizioni spente o vicine a spegnersi»

Nel 1920, diede vita a una nuova rivista d’illustrazione romagnola. Il primo numero uscì nel gennaio 1920. Il nome fu preso dalla piada romagnola (la piê), fatta d’acqua, sale e farina e cotta sul testo. «Niente dice più “Romagna” di questo pane nostro» affermò lo stesso Aldo Spallicci.

I dolci romagnoli per Santa Caterina

«Caterine e galletti» per la Festa di Santa Caterina a Ravenna

Brazadèl (bracciatelli) romagnoli, la ricetta da “Cucinario di una vecchia famiglia nobiliare” dei primi del 900

Torrone alle mandorle e miele fatto in casa

Menù per l’EPIFANIA delle famiglie nobiliari ravennati di inizio ‘900 (Romagna)

brazadel bracciatelli romagnoli

Brazadèl (bracciatelli) romagnoli, la ricetta da “Cucinario di una vecchia famiglia nobiliare” dei primi del 900

Aldo Spallicci – LA PIÊ, rassegna mensile di illustrazione romagnola 1922 – Anno III (pdf)
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Per Santa Catarena                                     Per Santa Caterina,
o che piöve o che neva o che brena         o piove o nevica o c’è brina
o che tira la curena,                                     o tira la corina (vento sciroccale)
o ch’u jè la paciarena.                                 o c’è fanghiglia
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«(…) Il 25 d’ogni novembre, si festeggia Santa Caterina. È la fiera delle spose che precede di diciotto giorni Santa Lucia: la fiera delle ragazze.
 (…) Era tutto il corredo della banchetta d’un tempo: le catarene, le campane, i cucchi, i torroni di mandorla tra un’abbondante cornice di bracciatelli (ciambelle di biscotto a tortiglione, colorate a macchie rosse e pruriginose di zucchero). Ora c’è gran dovizia di ninnoli di latta, di pupattole di carta pesta, di caramelle a fagottino tricolore (…)
Corre sulle bocche delle mamme l’allegra canzoncina:
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Par Santa Caterena                                     Per Santa Caterina
E gal e la galena                                          il gallo e la gallina,
La bela bambuzzena                                  la bella bamboccina,
Turon d’amandola                                       il torrone di mandorle.
Pianzì burdell                                               Piangete bimbi,
S’a vlì di brazzadell!                                    se volete dei bracciatelli!
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Spaldo
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spallicci piè santa caterinaaldo spallicci s. caterinaspallicci la pie santa caterina (2)

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Ricetta da “Cucinario di una vecchia famiglia nobiliare” dei primi del 900:

Ricette per festività e ricorrenze  raccolte in un cucinario di una vecchia famiglia nobiliare romagnola che il rampollo Giovanni Manzoni ha svelato in questo libro ricco di suggerimenti e leccornie. Tra le ricette più selezionate ben otto modi di fare i cappelletti romagnoli ed altrettanti per i tortellini bolognesi con tanto di brodo doc per palati fini. Da citare la polenta alla Manzoni che riporta gli antichi sapori nostrani, poi per sbizzarrirsi si può provare a cucinare altre ricette che si adattano a qualsiasi piatto ed accostamento di cibi. Lugo di Romagna 1985.

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Bracciatelli dolci
Impastare farina, acqua, olio, zucchero e un pizzico di lievito e lavorare ben bene la pasta che dovrà risultare né dura né molle. Con questa fare colle mani come tante salsicce lunghe cinquanta centimetri  e dare ad ognuna la forma di ruota. Ungere la superficie di ogni ruota con olio; poi passare sopra questa chiaro d’uovo battuto e cuocere in forno caldo.

Bracciatelli salati
Senza zucchero nell’impasto e aggiungendo sale si fanno bracciatelli salati.

bracciatelli

La seguente è la ricetta tradizionale con le dosi degli ingredienti e un diverso modo di preparazione. Nella precedente i bracciatelli vengono ottenuti formando “tante salsicce lunghe cinquanta centimetri  e dare ad ognuna la forma di ruota”. Nella prossima, invece: “ritagliate dei dischi ai quali toglierete la parte centrale per formare degli anelli”. Scegliete voi come fare i bracciatelli, verranno comunque ottimi.

 Ingredienti e dosi per 6 persone
  • 500 gr. di farina 00,
  • 200 gr. di zucchero,
  • 200 gr. di burro,
  • 1 bustina di lievito per dolci,
  • 4 uova,
  • 2 limone.
 Preparazione

Grattugiate la scorza del limone. Ammorbidite il burro a bagnomaria. In una ciotola mettete la farina, il lievito e lo zucchero; unite le uova, il burro ammorbidito ed impastate bene.  Avvolgete l’impasto in un panno morbido e lasciate riposare per circa un’ora.

Stendete, poi, l’impasto con il matterello fino ad uno spessore di circa 5 mm. Ritagliate dei dischi ai quali toglierete la parte centrale per formare degli anelli. Ricoprite una teglia con carta da forno e posizionatevi gli anelli ottenuti (i bracciatelli). Potete cospargere i bracciatelli con lo zucchero semolato. Infornate a 160 gradi e cuocete per circa 25 minuti.

«Caterine e galletti» per la Festa di Santa Caterina a Ravenna

La Fiera di Santa Caterina in Romagna, articolo di Aldo Spallicci del 1922

Romagna a tavola Buslanein.jpg [[File:Buslanein.jpg|Buslanein]] Preparing to glaze East Coast-style bagels.png [[File:Preparing to glaze East Coast-style bagels.png|Preparing_to_glaze_East_Coast-style_bagels]]
biscotti caterine galletti

«Caterine e galletti» per la Festa di Santa Caterina, 25 novembre, a Ravenna

La tradizione dei “Galletti” e delle “Caterine” rivive ogni anno a Ravenna il 25 novembre: si tratta dei tradizionali biscotti di pasta frolla, ricoperta di cioccolato fondente e confettini colorati, a forma di bambola (bambuzzena) o anche di gallo o gallina (coch o gal e galena). Vengono preparati per le bambine e i bambini, in occasione della festa di Santa Caterina.

Anche a Forlì, Il 25 d’ogni novembre, si celebra Santa Caterina d’Alessandria con la tradizionale Fiera: per tutta la giornata, nel piazzale davanti alla Chiesa di San Biagio, su colorate bancarelle si possono trovare torroni (che i mariti regalano alle loro spose), dolciumi e caramelle,  È la fiera delle spose che precede di diciotto giorni Santa Lucia: la fiera delle ragazze.

Aldo Spallicci – LA PIÊ, rassegna mensile di illustrazione romagnola 1922 – Anno III (pdf)
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Per Santa Catarena                                      Per Santa Caterina,
o che piöve o che neva o che brena          o piove o nevica o c’è brina
o che tira la curena,                                      o tira la corina (vento sciroccale)
o ch’u jè la paciarena.                                  o c’è fanghiglia
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«(…) Il 25 d’ogni novembre, si festeggia Santa Caterina. È la fiera delle spose che precede di diciotto giorni Santa Lucia: la fiera delle ragazze.
 (…) Era tutto il corredo della banchetta d’un tempo: le catarene, le campane, i cucchi, i torroni di mandorla tra un’abbondante cornice di bracciatelli (ciambelle di biscotto a tortiglione, colorate a macchie rosse e pruriginose di zucchero). Ora c’è gran dovizia di ninnoli di latta, di pupattole di carta pesta, di caramelle a fagottino tricolore (…)
Corre sulle bocche delle mamme l’allegra canzoncina:
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Par Santa Caterena                                      Per Santa Caterina
E gal e la galena                                           il gallo e la gallina,
La bela bambuzzena                                   la bella bamboccina,
Turon d’amandola                                        il torrone di mandorle.
Pianzì burdell                                                Piangete bimbi,
S’a vlì di brazzadell!                                     se volete dei bracciatelli!
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Spaldo
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spallicci piè santa caterinaaldo spallicci s. caterinaspallicci la pie santa caterina (2)

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La romantica leggenda sulla nascita dei biscotti ravennati, la trovi qui

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caterine biscotti ravenna

La ricetta dei tradizionali biscotti per Santa Caterina: Caterine e Galletti
di Valentina Orlandi per Ravenna24ore.it

Ingredienti

  • 500 gr. di farina bianca,
  • 100 gr.. di burro fuso,
  • 200 gr. di zucchero,
  • 2 uova intere,
  • 1 bustina di lievito per dolci,
  • scorza di limone grattugiata,
  • perline colorate.

Procedimento

Lavorare bene lo zucchero con le uova, aggiungere il burro fuso e la scorza di limone grattugiata e mescolare. In seguito unire la farina e il lievito setacciati e amalgamare il tutto fino ad ottenere un impasto liscio e omogeneo. Far riposare coperto in frigorifero per circa 20 minuti. Scaldare il forno a 180°C e intanto stendere l’impasto col matterello ad uno spessore di circa 1 cm.

Ricavare con le formine (o con un coltello a mano libera) le figure desiderate, porle in una teglia coperta con carta da forno e far cuocere fino a doratura (circa 12 minuti). Far raffreddare su una gratella.

Per la decorazione preparare la glassa al cioccolato e versare gli zuccherini colorati sui biscotti.

caterine spallicci Christmas-cookies

Come preparare il cioccolato per glassare torte e biscotti

Glassa reale per decorare torte e biscotti

La Fiera di Santa Caterina in Romagna, articolo di Aldo Spallicci del 1922

Polish Easter candy decorations 01.JPG [[File:Polish Easter candy decorations 01.JPG|Polish_Easter_candy_decorations_01]] Christmas-cookies-553457 (24326015945).jpg [[File:Christmas-cookies-553457 (24326015945).jpg|Christmas-cookies-553457_(24326015945)]]
anguille marinate

Ricetta classica delle Anguille marinate

Per la Vigilia di Natale, il precetto impone “pranzo di magro”, ma la festosa attesa che è nell’aria, la serenità  che regna nelle case mal si conciliano con l’astinenza. Pranzo di magro, quindi, secondo tradizione, ma un “magro” del tutto particolare, tanto particolare da presentare come piatto forte il CAPITONE, il pesce più grasso che esista. Capitone, abbiamo detto, e non semplicemente anguilla, perchè si tratta dell’anguilla femmina giunta all’età adulta: può raggiungere la lunghezza di 1 metro e 80 cm. e il peso di 5 kg. (i maschio arriva al massimo alla lunghezza di 55 cm. e al peso di 400 gr.).

Risi Bisi e Bisato (riso, piselli e anguilla) di magro Petronilla

Anguille e pesci Gò, pescati in capanno da pesca a Porto Corsini (Ra)

L’anguilla marinata è un piatto tradizionale della cucina romagnola, molto tipico delle Valli di Comacchio, e diffuso anche in Veneto e in Toscana, in particolare a Viareggio.
L’anguilla marinata è la meno indigesta. I sistemi di cottura influiscono sensibilmente sulla digeribilità di questo pesce; il sistema migliore è quello praticato dai pescatori di Comacchio. Essi lo fanno cuocere sulla gratella, senza aggiunta d’alcun condimento. In tal modo, parte del grasso trasuda e l’anguilla diventa più digeribile. Chi non vuole rinunciare a questo piatto, scelga femmine giovani o maschi; la loro carne è più digeribile di quella delle femmine adulte perchè contiene meno grasso. Oppure, scelga anguille marinate, cioè cotte sulla gratella o allo spiedo, e poi trattate con la “marinata”.
Gli ingredienti della marinata (concia), penetrando lentamente ed intimamente nei tessuti, rendono le carni più digeribili e dà loro un sapore appetitoso e piccante.

Buonissimo.it: Anguille marinate, ricetta classica dei Lidi di Comacchio e Ferraresi 

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/4/4e/KOCIS_Jangeo-gui_%28Broiled_eel%29_%284810861409%29.jpg

Ingredienti per 4 persone
  • Anguilla di 1 kg.
  • 1,5 l. di aceto,
  • 2 spicchi d’aglio,
  • alloro secco qb,
  • un ciuffo di salvia,
  • una scorza di arancia,
  • 2 cucchiai di uvetta,
  • sale qb,
  • qualche grano di pepe.
Preparazione

Pulite e lavate l’anguilla senza spellarla. Tagliatele a tocchetti lunghi 5-6 cm. che infilerete su spiedini di legno, intervallati a foglie di alloro. Dosate sale e pepe e cuocete gli spiedini alla griglia o al grill del forno, girandoli a metà cottura (4 minuti per lato).

Versate l’aceto in una casseruola: unite qualche grano di pepe, una ciocca di salvia, l’aglio, la scorza dell’arancia e un pugnetto di uvetta. Fate spiccare il bollore, coprite il recipiente e lasciate bollire mezz’ora.

Filtrate la marinata attraverso un colino fine, travasandola in una casseruola (meglio se di terracotta) ove deporrete i tocchetti d’anguilla sfilati dagli spiedini. Ponete la casseruola al fuoco, fate riprendere il bollore e mantenetelo per qualche minuto.

La prelibata anguilla, tradizionale a Comacchio e dintorni, si gusta fredda; la si può conservare (naturalmente immersa nella marinata) in vasi di vetro a tenuta ermetica.

Vino

Vino bianco secco anche frizzante:  Pignoletto Colli d’Imola, Trebbiano, (…)

Buonissimo.it

arrosto Cooked_Anguilla_anguilla_with_teriyaki_sauce_2

Anguilla con verdure alla maniera di Petronillaanguilla verdure-

 

 

 

 

Risotto con l'anguilla

matelote zuppa pesce anguilla (3)

 

 

 

 

anguilla capitoneanguilla capitone spiedo spiedinianguilla padella

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Anguilla arrosto per Nota di Pranzo di Quaresima di Pellegrino Artusi

 KOCIS Jangeo-gui (Broiled eel) (4810861409).jpgKOCIS Jangeo-gui (Broiled eel) (4810861191).jpg
rotolo di pasta funghi prosciutto

La ricetta in dialetto romagnolo del Rotolo di pasta o “Nidi di rondine”

La ricetta in dialetto romagnolo su carta paglia – “Romagna in cucina” ed. Gulliver 1998
rotolo di pasta funghi prosciutto 3
Traduzione

Rotolo di pasta

Per 6 persone lavate con cura e lessate 2 kg. di spinaci. Scottateli bene, tritateli e ripassateli in tegame con 50 gr. di burro, abbondante parmigiano grattugiato e il sale necessario. Lavate e tagliate a fettine 400 gr. di funghi e cuoceteli in 2 o 3 cucchiai d’olio. A parte lessate intanto le rigaglie di un pollo e tagliatele a dadini. Tritate anche 70 gr. di prosciutto. Mescolate insieme tutti questi ingredienti e uniteli agli spinaci. Impastate quindi 200 gr. di farina e 2 uova e ricavatene una sfoglia piuttosto sottile di forma rettangolare.

straccio1pasta ripiena stracciostraccio3

Stendetevi uniformemente l’impasto e arrotolate la pasta su se stessa, formando come un grosso salsicciotto. Avvolgete il rotolo in una salvietta, legatene le due estremità, e fatelo cuocere in acqua bollente per circa 20 minuti. Estraete il rotolo dall’acqua con delicatezza per evitare di romperlo, e tagliatelo a fette dello stesso spessore di un dito. Sistemate le fette in un piatto da forno, conditele con abbondante burro fuso e parmigiano grattugiato e infornate fino al momento di servire. Se preferite potete condire il rotolo con del ragù o anche con salsa di pomodoro.

rotolo di pasta funghi prosciutto 2

Pasta ripiena e arrotolata nello “straccio” alla romagnola

La spója lorda (pasta lorda) o mnëstra imbutida (minestra ripiena)

Pulénta incasêda, Polenta pasticciata alla romagnola

Nidi di rondine 1.jpg [[File:Nidi di rondine 1.jpg|Nidi_di_rondine_1]] Nidi 2.jpg [[File:Nidi 2.jpg|Nidi_2]]
3   riso risotto imbragato

“Risotto” imbragato (Ris imbraghê)

“Cucinario di una vecchia famiglia nobiliare” Menù per festività e ricorrenze con oltre 350 ricette raccolti in un cucinario di una vecchia famiglia nobiliare romagnola che il rampollo Giovanni Manzoni ha svelato in questo libro ricco di suggerimenti e leccornie. Tra le ricette più selezionate ben otto modi di fare i cappelletti romagnoli ed altrettanti per i tortellini bolognesi con tanto di brodo doc per palati fini. Da citare la polenta alla Manzoni che riporta gli antichi sapori nostrani, poi per sbizzarrirsi si può provare a cucinare altre ricette che si adattano a qualsiasi piatto ed accostamento di cibi. Lugo di Romagna 1985

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Detto anche minestra imbragata (mnestra imbragheda), questo  è un primo piatto tipico della Romagna a base di brodo di carne, riso, uova e formaggio grattugiato. È un piatto povero, tipico della tradizione contadina, consumato principalmente in inverno.

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Ingredienti:
  • 2 litri di brodo fatto con ossa di maiale e cotechino,
  • grammi 500 di riso,
  • grammi 50 di burro,
  • grammi 100 di formaggio Parmigiano grattato,
  • 3 uova di giornata,
  • un pizzico di noce moscata.
Preparazione

Versare il riso in una pentola in cui il brodo fatto colle ossa di maiale o col cotechino è a bollore. Battere tre uova. Quando il riso è cotto, denso ma non prosciugato, levarlo dal fuoco.

1 riso risotto imbracato2 riso risotto imbracato3 riso risotto imbracato

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Versare le uova battute, il burro, il formaggio grattugiato e il pizzico di noce moscata sopra il riso quando questo è ancora caldissimo. Rimescolare con delicatezza ripetutamente il tutto e servirete in tavola.

“Cucinario di una vecchia famiglia nobiliare

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NdR la denominazione “risotto” non è corretta, poiché in questo caso i chicchi di riso durante la cottura vengono lessati e non mantecati.

2 riso risotto imbragato

17 gennaio. PRANZO di S. Antonio Abate – “Cucinario di una vecchia famiglia nobiliare”

17 gennaio. CENA di S. Antonio Abate – “Cucinario di una vecchia famiglia nobiliare”

Piadòt, gialletti, biscottini pasquali romagnoli

Piadòt, gialletti, biscottini pasquali romagnoli.

La ricetta in dialetto romagnolo “Romagna in cucina” ed. Gulliver 1998

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  • Piadòt (gialletti), biscotti di farina di granoturco (furmintôn)
da non confondere con
  • Piadotto, antica piadina di farina di granoturco (furmintôn); nell’Ottocento veniva preparata dalle famiglie povere in quanto la farina di furmintôn era piu economica di quella di grano. Veniva accompagnata alla pancetta.
Traduzione

Gialletti

Per questa vecchissima specialità romagnola occorrono 450 gr. di farina di mais (furmintôn) e 200 gr. di farina bianca. Impastate le due farine con 2 uova, 150 gr. di burro (butì), 200 gr. di zucchero (zòcar), un pizzico di vaniglia, una presa di sale e la scorza grattugiata di mezzo limone. Dopo aver ottenuto un impasto omogeneo e compatto unite anche 100 gr. di uvetta sultanina e 100 gr. di pinoli. Dividete l’impasto in tante piccole pagnottine della grossezza di un mandarino e infornatele, dopo aver imburrato la placca, in forno molto caldo per circa mezz’ora.

File:Ginny's Toll House Cookies Alc1 (cropped 3 icon).png

Piadotto, antica piadina di farina di granoturco (furmintôn)

Ginny’s Toll House Cookies Alc1 (cropped 3 icon).png [[File:Ginny’s Toll House Cookies Alc1 (cropped 3 icon).png|Ginny’s_Toll_House_Cookies_Alc1_(cropped_3_icon)]]
mangiari Favata, Ceciata, Fagiolata, Poveretta

Mangiari di Quaresima dei ricchi e dei poveri di inizio ‘900: Favata, Ceciata, Fagiolata, Poveretta

 Mangiari di QUARESIMA dei RICCHI e dei POVERI 

cucinario dei nobili“Cucinario di una vecchia famiglia nobiliare”: Menù per festività e ricorrenze con oltre 350 ricette raccolti in un cucinario di una vecchia famiglia nobiliare romagnola che il rampollo Giovanni Manzoni ha svelato in questo libro ricco di suggerimenti e leccornie. Tra le ricette più selezionate ben otto modi di fare i cappelletti romagnoli ed altrettanti per i tortellini bolognesi con tanto di brodo doc per palati fini. Da citare la polenta alla Manzoni che riporta gli antichi sapori nostrani, poi per sbizzarrirsi si può provare a cucinare altre ricette che si adattano a qualsiasi piatto ed accostamento di cibi. Lugo di Romagna 1985.

zuppa farro fave (2)

Favata

Minestra di fave detta “Favata”
Cuocere le fave secche in acqua piovana bollente con cipolla, sedano e pancetta tritati, due cucchiaiate di grasso, un bicchiere o due di vino bianco secco, conserva di pomodori, formaggio grattugiato, sale e pepe.

Tempia e ceci

Ceciata

Minestra di ceci detta “Ceciata”
Simile in tutto alla minestra di fave.

Fagiolata

Fagiolata

Minestra di fagioli detta “Fagiolata
Simile in tutto alla minestra di fave o alla minestra di ceci. Per ottenere una fagiolata migliore alcuni aggiungevano prezzemolo tritato.

Poveretta

Poveretta

Minestra di lenticchie detta “Poveretta”
Simile in tutto alla minestra di fave o di ceci o di fagioli.

Guarnizioni per minestre e zuppe

Red lentil curry soup.jpg [[File:Red lentil curry soup.jpg|Red_lentil_curry_soup]]
Ravioli-con-i-rosolacci

Ravioli con i rosolacci e formaggio di fossa

Rosolaccio (Rosola, Rosolina, Papavero selvatico)
“Fiore che conserva da millenni la magia dell’oblio, pur senza gli eccessi del suo fratello orientale, il papavero veniva utilizzato sin dagli albori della civiltà. Pianta dedicata alla Grande Dea: patrona della Vita così come della Morte, la dea garantiva attraverso il suo fiore, la rinascita, il risveglio dal sonno”.
Il papavero cresce generalmente come infestante di campi fra le messi e le macerie, negli incolti e nei margini delle strade. Le foglie vanno raccolte prima della fioritura, quando sono piccole e tenere e si presentano a rosetta.
I rosolacci vengono consumati cotti come gli spinaci per minestre, ripieno per tortellifrittate , polpette.  Venetoedintorni.it

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Cucina

Le foglie giovani della pianta vengono utilizzate in varie zone del mondo crude oppure preventivamente sbollentate come gli spinaci, e contribuiscono alla composizione di zuppe o insalate.

  • In Friuli il cespo di foglie che si sviluppa attorno alla radice all’inizio della primavera, quando la pianta è ancora poco sviluppata ed è lontana dalla fioritura, viene consumato lessato ed eventualmente saltato in pentola come verdura nota sotto il nome di “confenòns”. Il sapore è delicato e leggermente amaro. La pianta giovane, che non abbia emesso il fusto fiorale, si può consumare cruda, soprattutto le foglie, tagliata sottile e frammista ad altre verdure, per fare delle ottime insalate, che se condite con sale, succo di limone e olio di oliva nell’ordine, sono gustosissime.
  • Nel Veneto tale pietanza è chiamata “rosoina”, “pevarel”, o “batis’ciosoe”; in realtà questo ultimo nome si riferisce alla Silene, chiamata anche s-ciopèt. Anche con questa verdura si possono fare insalate, se cruda, oppure ottimi risotti con le foglie giovani.
  • Anche nel Salento le piantine tenere sono consumate sotto il nome di “paparina fritta“, sbollentate e passate in padella in un soffritto di aglio con l’aggiunta di olive nere (celline) alcuni gherigli di noce ed aromatizzate con buccia d’arancia e barbe di finocchio.
  • In Romagna, è conosciuta con il nome di “Rosole”. Si utilizzano in cucina, da crude, dopo averle triturate finemente e lasciate macerare sotto sale per 24/36 ore. Dopo averle strizzate, si utilizzano per fare da ripieno al famoso “Crescione” o “Cassone” (o Cascione).

File:Formaggio di fossa.jpg

Il formaggio di fossa può essere di latte di pura pecora, vaccino, misto (latte vaccino e ovino) e caprino. La forma è irregolare a causa dell’ammassamento nel periodo di fermentazione. La pasta interna è di consistenza semi dura, facilmente friabile, di un colore che va dal bianco ambrato al giallo paglierino.
In cucina, il formaggio di fossa, oltre a essere consumato come alimento a sé, può essere usato nell’impasto dei passatelli e inserito nella pasta ripiena come ravioli, tortelli, tortellini e cappelletti. .

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Ravioli con i rosolacci e formaggio di fossa

Ingredienti e dosi

Per la sfoglia:

  • 1 uovo per ogni 100 gr. di farina

Per il ripieno:

  •  200 gr di ricotta,
  • 200 gr di formaggio di fossa,
  • 30 gr. di parmigiano grattugiato,
  • 1 uovo,
  • noce moscata,
  • sale e pepe.

Per condire:

  • Burro fuso
  • rosolacci raccolti prima della fioritura, quando sono piccoli e teneri e si presentano a rosetta,
  • guanciale o pancetta a dadini.

rosolaccitortelli cipolle (2)tortelli cipolle (3)

 

 

 

 

Preparazione
  • Preparare il ripieno unendo la ricotta, il formaggio di fossa sbriciolato, il parmigiano grattugiato, l’uovo e la noce moscata grattugiata. Salate e pepate, quindi amalgamate il tutto.
  • Preparare la sfoglia:
    Fate una fontana con la farina e rompete all’interno le uova. Amalgamate lentamente con una forchetta avendo cura di prendere la farina dai bordi e facendo attenzione a non rompere la fontana per non fare fuoriuscire le uova. Impastate il composto con le mani per almeno 20 minuti, fino ad ottenere una palla liscia e lasciatela riposare per mezz’ora. Tirate la pasta col matterello per ottenere una sfoglia di spessore piuttosto spesso e non sottile come per le tagliatelle. Tagliate la sfoglia a quadrati di circa 5 cm. e riempiteli col ripieno. Richiudete facendo combaciare i due lembi opposti dei quadrati, formando un triangolo, chiudete bene i lati.
  • Preparate il condimento facendo saltare in padella, nel burro, il guanciale (o la pancetta), unite i rosolacci e regolate il sale.

Lessate i ravioli  in abbondante acqua salata e, quando verranno a galla, aspettate qualche minuto che siano ben gonfi poi scolateli. Metteteli nella padella con i rosolacci e mescolate delicatamente. Spolverizzate con parmigiano grattugiato o formaggio di fossa a scagliette.

Varianti
  • Ripieno: pulite e lavate bene le erbe per eliminare la terra; togliete le foglie rovinate e la radichetta. Fate appassire uno scalogno tritato con 2-3 cucchiai di olio, unite i rosolacci e mescolate. Salate, pepate, mettete il coperchio e lasciate stufare a fuoco dolce per circa 10 minuti. Togliete dal fuoco, unite la ricotta sminuzzata con una forchetta, 40 gr. di parmigiano grattugiato e il tuorlo dell’uovo. Aggiustate il sale e il pepe ed amalgamate bene.

Condite i ravioli con burro fuso, salvia e aggiungete una spolverata di parmigiano grattugiato.

Paparine ‘nfucate, rosolacci stufati con olive nere e peperoncino, alla salentina

Pasta verde ripiena al formaggio di fossa con gherigli di noci per la Festa dei Becchi di Sant’Arcangelo di Romagna

Piadina romagnola “imbottita” con frittata di rosolacci (paparine,paparene)

Crostata salata di rosolacci

ravioli con i rosolacci  iAlvesgaspar – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=6937673

anguilla capitone spiedo spiedini

Gastronomia della Vigilia di Natale: Capitone e Anguilla allo spiedo

Neri.jp
Per la Vigilia di Natale, il precetto impone “pranzo di magro”, ma la festosa attesa che è nell’aria, la serenità  che regna nelle case mal si conciliano con l’astinenza. Pranzo di magro, quindi, secondo tradizione, ma un “magro” del tutto particolare, tanto particolare da presentare come piatto forte il CAPITONE, il pesce più grasso che esista.
Capitone, abbiamo detto, e non semplicemente anguilla, perchè si tratta dell’anguilla femmina giunta all’età adulta: può raggiungere la lunghezza di 1 metro e 80 cm. e il peso di 5 kg. (i maschio arriva al massimo alla lunghezza di 55 cm. e al peso di 400 gr.).

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COME VIENE PREPARATA L’ANGUILLA

Allo spiedo

In cucina il capitone si prepara come l’anguilla. La preparazione classica è quella “allo spiedo”, in cui eccellono i cuochi ed i pescatori di Comacchio.

L’anguilla, tratta dai mastelli ancora viva e guizzante viene stesa sopra un ceppo; le si tagliano testa e coda, la si segmenta a colpi di coltello, e i pezzi vengono infilati sullo spiedo con foglie di salvia o di lauro (alloro), sale e pepe. Gli spiedi vengono fatti girare su fuochi di legna e l’anguilla si rosola piovendo lacrime di grasso.

Risi Bisi e Bisato (riso, piselli e anguilla) di magro Petronilla

Anguille e pesci Gò, pescati in un capanno da pesca a Porto Corsini (Ra)

arrosto Cooked_Anguilla_anguilla_with_teriyaki_sauce_2

Anguilla con verdure alla maniera di Petronillaanguilla verdure-

 

 

 

Risotto con l'anguilla

matelote zuppa pesce anguilla (3)anguille marinate

 

 

 

 

 Capitone e Anguillaanguilla padella
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Sulle tavole napoletane del periodo natalizio è tradizione presentare il Capitone.
Nell’ Anguilla alla veneta, al sapore naturale del pesce cotto in umido si aggiunge quello di una salsa composta di carne di tonno, prezzemolo, sugo di limone, olio, pepe e sale.
Una regione che eccelle nella preparazione dell’anguilla, sia giovane che adulta, è la Toscana; ecco i piatti più squisiti:
Anguilla con piselli: cotta con aglio, olio, pepe e pomodoro, a cui si aggiungono i piselli cotti con olio e prezzemolo.
Anguilla all’aretina: i pezzi o spiedini di anguilla vengono cucinati allo spiedo, alternati con foglie di salvia e crostini.
Anguilla alla fiorentina. i pezzi di anguilla in sale, pepe e olio, passati nell’uovo sbattuto e nel pangrattato, cotti in teglia con olio, aglio e cotti in teglia con olio, aglio e foglie di salvia
Enciclopedia della donna 1965

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Menù per SANTO STEFANO (pranzo e cena) delle famiglie nobiliari ravennati di inizio ‘900

Anguilla arrosto per Nota di Pranzo di Quaresima di Pellegrino Artusi

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La ricetta in dialetto romagnolo della Sapa o Saba, sciroppo d’uva

La saba o sapa è un condimento tipico di Emilia, Romagna, Marche e Sardegna, dove è considerata tra i sapori tipici dell’alimentazione contadina.
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In Emilia Romagna
  • Aggiunta ad un bicchiere di neve fresca forniva tradizionalmente una gradevole granita per i bambini.
    In Romagna si usa per inzuppare i sabadoni, gustose raviole di mele e pere cotogne. Viene inoltre impiegata per mantenere morbido il tipico pane di Natale modenese.
Nelle Marche
  • A Staffolo, Apiro e Cingoli, nel maceratese, viene usata per creare uno dei dolci caratteristici del periodo invernale: i cavallucci, cornetti ripieni di sapa e frutta secca che si conservano per molto tempo. A Rosora, in provincia di Ancona, nella seconda metà di ottobre viene svolta una festa tutta dedicata alla sapa.
In Umbria
  • La sapa, qui chiamata anche mosto cotto, viene utilizzata per la creazione di prodotti tipici. Ad esempio, a Terni è un ingrediente importante del panpepato (dolce natalizio), mentre ad Assisi viene usata come condimento per molte pietanze, come gli arrosti.
In Sardegna
  • La saba, ricavata dal mosto, oppure dai frutti del fico d’India (Saba de figu morisca), o più raramente di corbezzolo, viene frequentemente utilizzata nella preparazione dei dolci tipici. In Barbagia, Logudoro e Anglona la saba (o sapa) è ricavata dal mosto, a Oristano invece maggiormente utilizzata la saba di fico d’India.
In Puglia
  • La saba, chiamata “vincotto”, può essere ricavata anche dai fichi che, raccolti appassiti direttamente dall’albero e mescolati a quelli maturi, sono fatti sbollentare fino a quando il liquido risulta ambrato. Il tutto viene messo in ampi canovacci a trama media e pressati per ricavare il liquido che viene ulteriormente addensato a fuoco lento. La saba trova ampio utilizzo anche nella pasticceria tradizionale pugliese, sia per intingervi cartellate e calzoncelli, sia come ingrediente per amalgamare sasanelli e mostacciuoli.
In Sicilia
  • Si usa nella preparazione di dolci natalizi come i mustazzali, le mugghiati tipiche del catanese, le cassatelle pasquali o come semplice condimento per assaporare la ricotta fresca. È possibile pure utilizzarlo per sostituire lo zucchero nella preparazione dell’agrodolce.
La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, di Pellegrino Artusi
SIROPPI

I siroppi di frutta acidule, sciolti nell’acqua fresca o gelata, sono bibite piacevoli e refrigeranti, molto opportune negli estivi ardori; ma è bene farne uso dopo compiuta la digestione perché, essendo alquanto pesanti allo stomaco pel molto zucchero che contengono, facilmente la disturbano.

n. 731 « La sapa, ch’altro non è se non un siroppo d’uva, può servire in cucina a diversi usi poiché ha un gusto speciale che si addice in alcuni piatti. È poi sempre gradita ai bambini che nell’inverno, con essa e colla neve di fresco caduta, possono improvvisar dei sorbetti. Ammostate dell’uva bianca, possibilmente di vigna, di buona qualità e ben matura, e quando sarà in fermentazione da circa ventiquattr’ore, estraetene il mosto e passatelo da un canovaccio. Mettete questo mosto al fuoco e fatelo bollire per molte ore fino a consistenza di siroppo, che conserverete in bottiglie. »

La ricetta in dialetto romagnolo su carta paglia – “Romagna in cucina” ed. Gulliver 1998

saba

La sapa o saba si usa in Romagna per la preparazione di tortelli dolci, come ingrediente per crostate  e svariati dolci o semplicemente come sciroppo. Mettete a bollire 3 litri di mosto fresco e ben filtrato. Mescolate spesso per evitare che il mosto si attacchi sul fondo della pentola. La sapa o saba deve bollire lentamente, fino a ridursi di circa un terzo rispetto alla quantità di mosto iniziale, cosa per cui occorreranno circa 2 ore. Lasciate raffreddare, quindi imbottigliate e chiudete ermeticamente. La sapa o saba così confezionata può essere conservata per molto tempo.

Sapa o saba, sciroppo d'uva, alla maniera dell'Artusi

Ricette

"Savòr" di Romagna ricetta inizio ’900Tortelli di Faenza, detti anche di San Lazzaro

Crostata con farina integrale e « Savòr » di Romagna

 

File: Salsa alla crema di pollame, 2006.jpg

DiSabasangiacomo.JPGhttp://it.wikipedia.org/wiki/File:Saba_san_giacomo.JPG, CC BY-SA 3.0Sapa o saba, sciroppo d’uva, alla maniera dell’Artusi
piadina stracchino rucola

Piadina romagnola farcita con stracchino e rucola

La piadina è la più romagnola della specialità romagnole.

Farcire la piadina con stracchino e rucola è uno dei modi più usati per mangiarla. Se lo fate bene, è un piatto sano che stuzzica l’appetito naturalmente.

File:Arugula1.jpg

Ruchetta (in usi regionali rughetta) o rucola, o anche ruca. Le foglie sono usate in cucina e apprezzate per il loro sapore deciso. È tipico l’uso dell’insalata di rucola come contorno, inoltre si può utilizzare anche per realizzare un pesto (condimento per la pasta). Anche i semi possono essere usati per esempio per sostituire i semi di senape in ambito domestico, o per ricavarne un olio dal gusto gradevole

Preparazione

Preparate delle piadine, come da ricetta classica, e cuocetele sul testo (o su una padella antiaderente) e, se si può, sulla fiamma. Intanto che sono ancora calde, dividetele in 2 o 4 parti, e sopra ad ogni pezzo stendetevi molto stracchino e foglie di rucola fresca. Se volete spolverate con un po’ di pepe e mettete un pezzo sopra l’altro.
E’ importante che le piadine siano appena fatte e ancora calde: “sentirete che roba”!

Le buone piadine fatte in casa devono sempre essere accompagnate da un bel po’ di vino rosso (Sangiovese o Cagnina).

 Varianti
  •  Scottate la piadina su ambo i lati ma non cuocetela completamente. Fate raffreddare. Preparate la farcitura di stracchino e rucola con salumi tagliati sottilmente (prosciutto cotto o crudo, mortadella, salsiccia ecc).
  • Riscaldate la piadina e formate dei rotolini stringendoli bene e fermandoli con stecchini. Passate in forno finchè la piadina prenderà colore ed il formaggio fonderà. Servite caldi e tagliati a metà.

romagnolo piadina crescione

Piadina romagnola formaggio Squäquaròn

Piadina romagnola con salsiccia cipolle

 

 

 

 

Piadina romagnola verza pancetta

Piadina romagnola frittata rosolacci

piadina stracchino rucola

 

 

 

 

Farciture x Piadina romagnola

 

 

Piadine farcite con:

 

Tortelli alla lastra farciti di patate

piadina romagnola...natalizia

carolina piadina marinella

 

 

 

 

La piadina romagnola: a sn. la riminese e a ds. la forlivese

Pesto di rucola con noci o mandorle

Busiate trapanesi integrali al Pesto di rucola

Rotolo di frittata con prosciutto e rucola

[File:Arugula1.jpg|Arugula1]]
Stampe romagnole ruggine stampi di pero x tele a ruggine romagnole

Le stampe romagnole a ruggine

La tecnica di lavorazione della stampa a ruggine, prodotto tipico della Romagna, è molto antica; si pensa che risalga al XVIII secolo, quando i contadini ricoprivano gli animali con drappi recanti un medaglione stampato con l’immagine di sant’Antonio abate (protettore del mondo agricolo e del bestiame). Altre raffigurazioni e disegni appartengono al patrimonio dell’arte popolare, a sua volta derivata dalla tradizione contadina: galletto, caveja, uva, spighe di grano, ecc
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Coppia di buoi addobbati a festa. Sopra le teste degli animali si nota la caveja romagnola (1930)

Nell’opera “La Romagna. Geografia e storia” per l’ing. Emilio Rosetti (Firenze, 1894), si trova il primo riferimento alle stamperie romagnole:
«… vi sono 21 tintorie nella provincia di Forlì; 15 in quella di Ravenna, 9 nel Montefeltro romagnolo e qualcun’altra nel resto della Romagna, che impiegano in tutto circa 250 operai. In alcune di esse si opera anche la stampa a mano dei tessuti, ma questa industria va diminuendo rapidamente per la concorrenza del di fuori».²

stampe romagnole rossetti 3

.stampe romagnole rossettistampe romagnole rossetti 2

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  • ¹Milano 1894. Il Rosetti era nativo di Forlimpopoli ed era ingegnere. per circa vent’anni lavorò in Argentina, poi nel 1885 si trasferì a Milano, dove morì nel 1908: la sua opera in Romagna fu ricca di notizie economiche e statistiche.
  • ²E. Rosetti, cit. p. 383/386

Anche Aldo Spallicci¹, poeta e cultore di cose romagnole, si curò di queste tele stampate perché entrassero a far parte degli argomenti di etnografia romagnola. Descrisse minuziosamente la preparazione dell’impasto in una ricetta, compilata come una ricetta di cucina.
All’ epoca la destinazione era il ceto modesto, e i motivi impressi sulla canapa ricordavano le decorazioni “dei ricchi”: trine, pizzi, ricami, filet o stampe ben più preziose.
«E, pittoresco ornamento, recano i buoi sulle groppe, dallo scorcio d’autunno al principio di primavera, le loro belle coperte istoriate. Paiono gualdrappe da giostra o da torneo e non sono in fondo che coltri a difesa del freddo. Ruvide lenzuola di tela spina su cui sono stati impressi disegni a color ruggine». (A. SPALLICCI, Le coperte dei buoi romagnoli in Rivista mensile del Touring Club Italiano, Milano, XXVI febbraio 1920, p. 85 )

  • ³A. Spallicci (1886-1973) riteneva che la contessa Rasponi tenesse tele stampate a decorare le sale della Rocca di Santarcangelo di Romagna. La contessa era imprenditrice e progettista nella fabbrica di mobili di sua proprietà che dal 1905 aveva la sede proprio nella Rocca.

tovaglia stampa ruggine romagnola

La tela stampata romagnola

L’usanza di questo tipo di decoro risale al XVIII sec., quando venivano usati drappi come ornamento ai buoi durante le fiere paesane. Le prime raffigurazioni di cui si ha notizia ritraevano S. Antonio Abate, protettore degli animali.

Nel XVIII secolo i contadini ricoprivano gli animali con drappi recanti un medaglione stampato con l’immagine di sant’Antonio abate, protettore del mondo agricolo e del bestiame.

Nel XVIII secolo i contadini ricoprivano gli animali con drappi recanti un medaglione stampato con l'immagine di sant'Antonio abate, protettore del mondo agricolo e del bestiame.

La fantasia infinita degli stampatori, permise di produrre poi tantissimi motivi, che divennero dei classici, per abbellire tele di lino e canapa destinate all’uso di tovaglie, copriletti, tende e molto altro.

I colori tipici usati sono il blu scuro, il verde scuro, il rosso antico, ma quello veramente unico ed  inconfondibile è il ruggine. Questo si ricava usando ruggine di  ferro impastata con aceto di vino e farina. Il procedimento segue, scrupolosamente, un’antica ricetta tramandata di padre in figlio e custodita gelosamente in ogni bottega artigiana.

L’impasto colorato viene applicato sui caratteristici stampi, in legno di pero, con un tampone e la tela da stampare è posta su un bancone imbottito. Lo stampo viene intinto nel tampone, quindi viene posto sulla tela nel punto designato e percosso con un mazzuolo del peso di 4 kg. Per stampare una striscia, viene ripetuta l’operazione più volte fino alla fine del lavoro.

Terminata la decorazione la tela viene appesa ad essiccare, poi si fissa  il colore con soda caustica che un tempo era ottenuta con cenere e acqua calda “il ranno“.

Gli stampi in legno di pero hanno, dalla parte decorata destinata alla stampa, motivi ornamentali. La parte decorata può essere intagliata oppure liscia con tanti chiodini di ferro a formare il disegno.

tovaglia stampa ruggine romagnola (3)tovaglia stampa ruggine romagnolatovaglia stampa ruggine romagnola (2)pizzo brdura tovaglia stampa ruggine romagnola.

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Le Stampe Romagnole:

vedi tutte le fasi della lavorazione – stamperiabraghittoni.it

17 gennaio. PRANZO di S. Antonio Abate – “Cucinario di una vecchia famiglia nobiliare”

17 gennaio. CENA di S. Antonio Abate – “Cucinario di una vecchia famiglia nobiliare”

₉ Tortellini in brodo alla bolognese dell’Artusi

Uncinetto: Bordino per tovaglia con stampa romagnola

Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=140004375
Con le Uova all’occhio di bue con piselli al sugo di pomodoro, è permessa “la scarpetta”!

Con le Uova all’occhio di bue con piselli al sugo, è permessa “la scarpetta”!

Pensavo che questa antica pietanza fosse tipica della Romagna, la mia regione, e ormai dimenticata, ma sul web ho visto che è preparata ed apprezzata in tutta Italia. Gli ingredienti e la preparazione sono semplici, ma il gusto è unico. Gli albumi in cottura inglobano i piselli in un tutt’uno e il tuorlo, rimanendo cremoso, permette di intingervi il pane e «fare la scarpetta». Il che è tutto dire!

Secondo il Galateo «la scarpetta» è vietata. Tuttalpiù è consentito, in rarissime occasioni, raccogliere con la forchetta un piccolo boccone di pane. Ma come si fa a resistere quando l’intingolo è così invitante!
A tal riguardo ho trovato un divertente sonetto del poeta romano G. Malizia (1929 – 2013) che recita:
 
LA SCARPETTA
Posso abbuffamme come un Epulone,
ma la scarpetta fatta in fonno ar piatto
me fa sentì er palato soddisfatto
coll’urtimo boccone.
Speramo che sta vita benedetta
er giorno che me blocca er calendario
me lasci armeno er tempo necessario
pe famme la scarpetta.
Giuliano Malizia

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Con le Uova all’occhio di bue con piselli al sugo di pomodoro, è permessa “la scarpetta”!

 Ingredienti e dosi per 4 persone
  • 4 uova,
  • 1 scalogno,
  • 400 gr., di piselli (io ho usato quelli surgelati),
  • pomodori maturi,
  • 50 gr. di grasso di prosciutto,
  • rosmarino,
  • olio evo,
  • sale e pepe.

 Preparazione

Tagliate il grasso di prosciutto a dadini, i pomodori a pezzetti e tritate lo scalogno.
In una padella fate sciogliere il grasso di prosciutto nell’olio, quindi aggiungete lo scalogno e fatelo rosolare, poi versate i pomodori e mescolate. Salate e pepate e fate cuocere il sugo per 15 minuti, aggiungendo brodo di verdura (si trova in comodi brik al supermercato) o un delicato fumetto di pollo, nel caso che il sugo si asciugasse troppo. Distribuite foglioline di rosmarino e unite i piselli; cuocete per 10 minuti, mescolando di tanto in tanto.

panceta,guanciale,prosciuttouova-in-umido-con-piselli-uova piselli .

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A questo punto, livellate l’intingolo e aprite le uova (albume e tuorlo) e fatele cadere delicatamente direttamente sopra i piselli, facendo attenzione a non rompere il tuorlo. Potete anche fare delle fossette, tante quante sono le uova, per evitare che gli albumi si uniscano. Incoperchiate e abbassate al minimo la fiamma; fate rapprendere le uova senza mai girarle. Suddividete in porzioni e, obbligatorio, una macinata di pepe sui tuorli.

Servite caldissimo..uova piselli (6)

Potete servire la pietanza in cocotte:
Suddividete i piselli al sugo nelle cocottes, quindi rompetevi sopra 1 uovo facendo attenzione a non rompere il tuorlo. Mettete le cocottes a bagnomaria fino a far rapprendere le uova.


Le Uovo all’occhio di bue

Per preparare la pietanza è necessario riscaldare dell’olio o del burro in una padella. Una volta raggiunta la giusta temperatura, prima del punto di fumo, si aprono le uova e le si fanno cadere delicatamente nella padella. Si aggiungono sale e pepe a piacere, e dopo pochi minuti di cottura la pietanza è pronta. Il nome deriva dal loro aspetto, simile ad un grande occhio (dove il tuorlo ricorda una pupilla).

uova piselli (2)

 

Uova all’occhio di bue con tartufo

I classici. Uova al tegame

[[File:Salsa al pomodoro con piselli.jpg|Salsa al pomodoro con piselli]]