castagne Cucurucho_de_castanhas_Galicia

Le castagne in cucina, nell’arte e nella cultura

Chestnuts for the Catalan festival of Castanyada

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La forma dei frutti dipende, oltre che dalla varietà delle castagne, anche dal numero e dalla posizione che essi occupano all’interno del riccio: emisferica per i frutti laterali e schiacciata per quello centrale; i frutti vuoti, abortiti, di forma appiattita sono detti guscioni.La castagna è il frutto del castagno a differenza della castagna dell’ippocastano che invece è un seme. Le castagne derivano infatti dai fiori femminili (solitamente 2 o 3) racchiusi da una cupola che poi si trasforma in riccio. La castagna è un achenio, ha pericarpo liscio e coriaceo bruno scuro, all’apice è presente la cosiddetta torcia cioè i resti degli stili mentre alla base è presente una cicatrice più chiara denominata ilo.
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Castagna e Marrone
I termini castagna e Marrone vengono spesso confusi, ma rimandano a due specie ben differenti di achenii. La differenza base è che nella castagna la percentuale di frutti settati è maggiore del 12%, mentre nei Marroni è minore del 12%. Spesso questa definizione non accontenta i castanicoltori e i commercianti che differenziano le due specie tramite differenze varietali. In Italia con Marroni si intendono particolari cultivar di ottima qualità, con frutti adatti alla canditura, che presentano una superficie ilare di forma quasi rettangolare, una buccia chiara, brillante, con striature avvicinate spesso al rilievo e con una polpa senza cavità e facilmente separabile dall’episperma, che non si introduce all’interno del cotiledone (frutti non settati); inoltre, le piante di questi frutti sono più esigenti e meno produttive rispetto ai castagni ordinari, ed i ricci presentano solitamente 1 o 2 semi, mai settati e dal sapore dolce.

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Ricette

Busecchina lombarda con castagne secche

Crespelle con castagne e radicchio rosso trevigiano su fonduta di MontasioCuciarul romagnoli con castagne secchePasta corta al sugo di porcini e castagne

 

 

 

 

Secondi

Stufato al vino bianco in salsa di prugne ed albicoccheSella di capriolo alla cremaTacchino ripieno di castagne e prugneTacchino ripieno arrosto Petronilla

 
 
 
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Bodino di castagne alla maniera di PetronillaCastagne al rumCastagne ricoperte di cioccolatoDolcetti di castagne -Truffles_with_nuts_and_chocolate_dusting_on_plate

 

 

 

 

 Il castagno nell’arte e nella cultura
Letteratura italiana
Come dettaglio ricorrente nel paesaggio rurale e strettamente correlato alla civiltà contadina, il castagno è frequentemente citato nella letteratura, in genere come elemento di sfondo del contesto specifico o, talvolta, come oggetto specifico dell’opera. Quelli che seguono sono solo alcuni esempi tratti dalla letteratura italiana.
Il Boccaccio (1313-1375) cita il castagno nel Decameron come elemento del paesaggio rurale affiancandolo all’olivo e al nocciolo.
« Ivi forse una balestra rimosso dall’altre abitazioni della terra, tra ulivi e nocciuoli e castagni, de’ quali la contrada è abondevole, comperò una possessione »
(Giovanni Boccaccio, Decameron.)
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In Proserpina, quinto idillio dell’opera La sampogna, Giovan Battista Marino (1569-1625) descrive Vertunno, dio dei giardini e della frutta nella mitologia romana, con due ricci di castagno al posto delle tempie:
« Ne l’una e l’altra tempia
tien duo non anco aperti
di pungente castagno ispidi ricci »
(Giovan Battista Marino, La sampogna. Proserpina Idillio 5)
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Nel 1771, Giuseppe Parini (1729-1799), su incarico della Casa d’Asburgo, descrisse i festeggiamenti in onore delle nozze fra Ferdinando d’Asburgo-Este e Maria Beatrice d’Este in Descrizione delle feste celebrate in Milano per le nozze delle LL. AA. RR l’Arciduca Ferdinando d’Austria e l’Arciduchessa Maria Beatrice d’Este fatta per ordine della Real Corte l’anno delle medesime nozze. In un passo di quest’opera descrive uno dei carri allegorici del corteo, che rappresentava un castagno, sotto la cui chioma pascolava un gregge di pecore.
«Il primo di questi, che nella sua perfetta semplicità venne giudicato bellissimo, era un carro rappresentante un piccolo spazio di terreno, sopra di cui elevavasi un alto castagno. All’ombra di questo forse dodici pecore stavano pascendo l’erbe; e un biondo e rubicondo pastore, appoggiandosi al tronco … »
(Giuseppe Parini, Descrizione delle feste …)
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Ippolito Nievo (1831-1861), nel secondo capitolo del romanzo Le confessioni d’un italiano, ricorre alla metafora del pollone emesso dalla vecchia ceppaia di castagno, per descrivere il rapporto che legava la giovane Clara, fin dalla sua infanzia, alla nonna inferma.
« Sembrava fin d’allora il rampollo giovinetto di castagno che sorge dal vecchio ceppo rigoglioso di vita. »
(Ippolito Nievo, Le confessioni d’un italiano)
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Nell’ode Piemonte, Giosuè Carducci (1835-1907) cita il castagno nel riferimento storico all’esilio portoghese di Carlo Alberto di Savoia, a seguito della sconfitta di Novara e l’abdicazione in favore di Vittorio Emanuele II. Carlo Alberto si ritirò ad Oporto, in una villa presso la foce del Douro, in vicinanza della quale sorgeva un bosco di castagni.
« E lo aspettava la brumal Novara
e a’ tristi errori mèta ultima Oporto.
Oh sola e cheta in mezzo de’ castagni
villa del Douro,
che in faccia il grande Atlantico sonante
a i lati ha il fiume fresco di camelie,
e albergò ne la indifferente calma
tanto dolore! »
(Giosuè Carducci, Rime e Ritmi: Piemonte)
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Il castagno diventa addirittura un protagonista nelle opere di Giovanni Pascoli (1855-1912), che dedicò all’albero interi componimenti. Il castagno, nella sezione Alberi e fiori della raccolta Myricae enfatizza il ruolo della pianta nella civiltà contadina di un tempo: esso accompagna, con la sua costante presenza, la scansione delle stagioni, e nelle freddi sere dell’autunno e dell’inverno diventa un protagonista nella vita della famiglia contadina, con lo scoppiettìo della sua corteccia che brucia nel focolare e le castagne che cuociono nella pentola.
« Per te i tuguri sentono il tumulto
or del paiolo che inquïeto oscilla;
per te la fiamma sotto quel singulto
crepita e brilla:
tu, pio castagno, solo tu, l’assai
doni al villano che non ha che il sole;
tu solo il chicco, il buon di più, tu dai
alla sua prole; »
(Giovanni Pascoli, Il castagno)
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Non meno suggestiva è Il vecchio castagno, nei Primi poemetti, dove il Pascoli raffigura un vecchio albero come essere animato che parla alla pastorella Viola esortandola a prendere l’accetta.
« …Viola!… Violetta!…
Non la vedi costì? C’è da stamani.
Ce l’ha lasciata il caro zio. L’accétta!
La piglia su, domani, oggi, a due mani,
e picchia giù. Dove ella picchia, guai
a quei frassini! tristi quelli ontani!
e quei castagni! Non credevi mai,
Violetta? Lo credo! Ero il più grande!
Sono il più vecchio. Ella è per me: vedrai. »
(Giovanni Pascoli, Primi poemetti: Il vecchio castagno)
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Oltre alle due citate liriche, non mancano comunque altri riferimenti più o meno espliciti nella poesia del Pascoli (per esempio nel componimento in latino Castanea) e in alcuni suoi saggi, al castagno come pianta e alla cultura contadina del castagno.
Il castagno e i suoi frutti appaiono anche nel ritratto che Grazia Deledda (1871-1936) fa della famiglia di zia Grathia, nel romanzo Cenere. La Deledda presenta la castagna sia come bene economico sia come componente integrante della quotidianità nella famiglia rurale della montagna barbaricina.
« Le castagne del piccolo Zuanne scoppiavano fra la cenere che si spargeva sul focolare.

Eravamo sposi da pochi mesi; eravamo benestanti, sorella cara: avevamo frumento, patate, castagne, uva secca, terre, case, cavallo e cane.

Si alzò, accese una primitiva candela di ferro nero, e preparò la cena: patate e sempre patate: da due giorni Olì non mangiava altro che patate e qualche castagna. »
(Grazia Deledda, Cenere)
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Il poeta ottocentesco sardo Peppino Mereu (1872-1901) cita il pane di castagne, come alimento rifugio dei poveri in tempi di carestia, nella sua più celebre poesia, Nanneddu meu. La poesia, che ha subito diversi arrangiamenti musicali nei canti popolari della Sardegna e in una più nota versione interpretata dal gruppo dei Tazenda, è un canto di protesta che, in forma di lettera ad un amico, descrive lo stato di miseria e oppressione in cui versavano gli strati sociali più bassi nella metà dell’Ottocento.
« Famidos nois semos pappande
pane e castanza, terra cun lande
terra ch’a fangu, torrat su poveru
senz’alimentu, senza ricoveru. » 
« Affamati noi stiamo mangiando
pane di castagne e terra con ghiande
terra come il fango, ridiventa il povero
senza cibo, senza ricovero. »
(Peppino Mereu, Nanneddu meu)
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Il Castagno dei Cento Cavalli. è citato in alcune poesie in siciliano o in italiano. Il poeta ottocentesco siciliano Giuseppe Borrello (1820-1894) citò in una sua poesia la leggenda da cui deriverebbe il nome dell’albero. La leggenda narra di una “regina Giovanna”, la cui identità non è storicamente accertata, che in occasione di un suo viaggio in Sicilia si riparò con il suo seguito sotto il castagno durante un temporale.
« Un pedi di castagna tantu grossu
ca ccu li rami so’ forma un paracqua
sutta di cui si riparò di l’acqua, di fùrmini, e saitti
la riggina Giuvanna ccu centu cavaleri,
quannu ppi visitari Mungibeddu vinni surprisa di lu timpurali.
D’allura si chiamò st’àrvulu situatu ‘ntra ‘na valli
lu gran castagnu d’i centu cavalli. » 
« Un piede di castagna tanto grosso
che con i rami forma un ombrello
sotto il quale si riparò dalla pioggia, dai fulmini e dalle saette
la regina Giovanna con cento cavalieri
quando per visitare Mongibello venne sorpresa dal temporale.
Da allora si chiamò quest’albero situato entro una valle
il gran Castagno dei Cento Cavalli.. »
(Giuseppe Borrello)
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Un’altra citazione dello stesso albero si ritrova in un sonetto del poeta siciliano Giuseppe Villaroel (1889-1965), in italiano, nel quale è descritta la maestosità dell’albero con suggestive metafore.
« Dal tronco, enorme torre millenaria,
i verdi rami in folli ondeggiamenti,
sotto l’amplesso querulo dei venti,
svettano ne l’ampiezza alta de l’aria. »
(Giuseppe Villaroel)
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Ancora come elemento figurativo rappresentativo del paesaggio boschivo, il castagno è riproposto da Italo Calvino (1923-1985) in un racconto di Ultimo viene il corvo. Un castagno dal tronco cavo si presenta agli occhi del partigiano Binda, mentre attraversa i boschi per portare gli ordini alle postazioni.
« Un castagno dal tronco cavo, un lichene celeste su una pietra, lo spiazzo nudo d’una carbonaia, quinte di uno scenario spaesato e uniforme, s’animavano in lui radicate ai ricordi più remoti … »
(Italo Calvino, Ultimo viene il corvo: Paura sul sentiero)
Letteratura straniera
Herman Hesse (1877-1962) dedicò al castagno l’apertura del suo Narciso e Boccadoro descrivendo il maestoso albero ubicato presso l’ingresso del seminario di Maulbronn, nella Germania meridionale, dove studiò da giovane. Nella descrizione, Hesse cita alcuni aspetti che evidenziano la natura esotica del castagno (solitario figlio del Sud) e la sua posizione al limite settentrionale dell’areale: l’entrata tardiva in vegetazione e la difficoltà di maturazione a causa della brevità della stagione vegetativa sono infatti condizioni sfavorevoli alla diffusione di questa specie nell’Europa centrale, determinandone la sporadicità. Ancora una volta viene l’arte mette sottolinea l’immagine suggestiva dei frutti rilasciati in autunno e arrostiti nel fuoco del camino.
« Davanti all’arco d’ingresso, retto da colonnette gemelle, del convento di Mariabronn, sul margine della strada c’era un castagno, un solitario figlio del Sud, che un pellegrino aveva riportato da Roma in tempi lontani, un nobile castagno dal tronco vigoroso; la cerchia de’ suoi rami si chinava dolcemente sopra la strada, respirava libera ed ampia nel vento; in primavera, quando intorno tutto era già verde ed anche i noci del monastero mettevano già le loro foglioline rossicce, esso faceva attendere ancora a lungo le sue fronde, poi quando le notti eran più brevi, irradiava di tra il fogliame la sua fioritura esotica, d’un verde bianchiccio e languido, dal profumo aspro e intenso, pieno di richiami, quasi opprimente; e in ottobre, quando l’altra frutta era già raccolta ed il vino nei tini, lasciava cadere al vento d’autunno i frutti spinosi dalla corona ingiallita: non tutti gli anni maturavano; per essi s’azzuffavano i ragazzi del convento, e il sottopriore Gregorio, oriundo del mezzodí, li arrostiva in camera sua sul fuoco del camino. »
(Herman Hesse, Narciso e Boccadoro)
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Il castagno figura, sia pure come elemento secondario di sfondo, anche nello scenario che accompagna le riflessioni esistenziali di Antoine Roquentin ne La nausea di Jean-Paul Sartre (1905-1980):
« Invano cercavo di contare i castagni, di situarli in rapporto alla Velleda, di confrontare la loro altezza con quella dei platani: ciascuno di essi sfuggiva dalle relazioni nelle quali io cercavo di rinchiuderli, s’isolava, traboccava. »
(Jean-Paul Sartre, La nausea)
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In “1984” di George Orwell sono presenti alcuni riferimenti al castagno: il bar frequentato dal protagonista Winston Smith si chiama “Bar del Castagno”, e lungo l’intero romanzo viene citata la “Canzone del Castagno”
« Sotto il castagno, chissà perché.
Io ti ho venduto, e tu hai venduto me:
sotto i suoi rami alti e fortiessi sono defunti e noi siam morti. »
(George Orwell, 1984)
Pittura
Il carattere di rappresentatività del castagno come elemento paesaggistico o della civiltà rurale lo ha portato anche ad essere raffigurato come soggetto nella pittura.
   
Fonte Wikipedia
Di zentolos – Flickr, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5409449
Castagne in cucina, nell’arte e nella cultura
Acqua di fiori d'arancio (liquore)

Acqua di fiori d’arancio (liquore)

La zagara è il fiore dell’arancio, del limone e del bergamotto. Fiorisce in primavera tra aprile e maggio ed i frutti vengono raccolti da ottobre a dicembre.

La zagara viene utilizzata per la preparazione di profumi  e di alcuni prodotti dolciari come il miele di zagara e di agrumi. L’essenza di zagara o neroli è ottenuta dai fiori dell’arancio amaro.

I fiori d’arancio sono i fiori delle nozze, hanno profumo intenso e rappresentano la purezza.

Liquore di fiori d’arancio

 

Non è affatto acqua, intendiamoci, ma si tratta di un delicato liquore non facile da prepararsi nel Nord, ma semplicissimo per chi vive nelle zone in cui prospera l’arancio.

Preparazione

Staccate i petali dei fiori d’arancio (zagare) fino ad averne 100 grammi, lasciandoli poi in infusione per 4 giorni con mezzo litro di alcool da liquori (90°) in un fiasco che scuoterete due o tre volte al giorno.

Preparate uno sciroppo, facendo bollire ½ chilo di zucchero con pari peso di acqua per 2 o 3 minuti. Quando lo sciroppo sarà freddo, unitelo all’infuso di fiori e lasciate macerare ancora per 4 giorni.

Filtrate ed imbottigliate.

Enciclopedia della donna 1965
OrangeBloss wb.jpg    Mandarin flowers.jpg    Zagare di limone
 Commons-logo.svg
Di Tahere Rokhbakhsh – https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=52394498

 

 Acqua di fiori d’arancio (liquore)
Ravioli con i rosolacci

Ravioli con i rosolacci e formaggio di fossa

Rosolaccio (Rosola, Rosolina, Papavero selvatico)
“Fiore che conserva da millenni la magia dell’oblio, pur senza gli eccessi del suo fratello orientale, il papavero veniva utilizzato sin dagli albori della civiltà. Pianta dedicata alla Grande Dea: patrona della Vita così come della Morte, la dea garantiva attraverso il suo fiore, la rinascita, il risveglio dal sonno”.
Il papavero cresce generalmente come infestante di campi fra le messi e le macerie, negli incolti e nei margini delle strade. Le foglie vanno raccolte prima della fioritura, quando sono piccole e tenere e si presentano a rosetta.
I rosolacci vengono consumati cotti come gli spinaci per minestre, ripieno per tortelli, frittate, polpette.
  Venetoedintorni.it
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Ingredienti e dosi
  • Per la sfoglia:
    1 uovo per ogni 100 gr. di farina
  • Per il ripieno:
    200 gr di ricotta, 200 gr di formaggio di fossa, 30 gr. di parmigiano grattugiato, 1 uovo, noce moscata, sale e pepe..
  • Per condire:
    Burro fuso e rosolacci raccolti prima della fioritura, quando sono piccoli e teneri e si presentano a rosetta, guanciale o pancetta a dadini.

rosolaccitortelli cipolle (2)tortelli cipolle (3)

 

 

 

 

Preparazione
  • Preparare il ripieno unendo la ricotta, il formaggio di fossa sbriciolato, il parmigiano grattugiato, l’uovo e la noce moscata grattugiata. Salate e pepate, quindi amalgamate il tutto.
  • Preparare la sfoglia:
    Fate una fontana con la farina e rompete all’interno le uova. Amalgamate lentamente con una forchetta avendo cura di prendere la farina dai bordi e facendo attenzione a non rompere la fontana per non fare fuoriuscire le uova. Impastate il composto con le mani per almeno 20 minuti, fino ad ottenere una palla liscia e lasciatela riposare per mezz’ora. Tirate la pasta col matterello per ottenere una sfoglia di spessore piuttosto spesso e non sottile come per le tagliatelle. Tagliate la sfoglia a quadrati di circa 5 cm. e riempiteli col ripieno. Richiudete facendo combaciare i due lembi opposti dei quadrati, formando un triangolo, chiudete bene i lati.
  • Preparate il condimento facendo saltare in padella, nel burro, il guanciale (o la pancetta), unite i rosolacci e regolate il sale.

Lessate i ravioli  in abbondante acqua salata e, quando verranno a galla, aspettate qualche minuto che siano ben gonfi poi scolateli. Metteteli nella padella con i rosolacci e mescolate delicatamente. Spolverizzate con parmigiano grattugiato o formaggio di fossa a scagliette.

Varianti
  • Ripieno: pulite e lavate bene le erbe per eliminare la terra; togliete le foglie rovinate e la radichetta. Fate appassire uno scalogno tritato con 2-3 cucchiai di olio, unite i rosolacci e mescolate. Salate, pepate, mettete il coperchio e lasciate stufare a fuoco dolce per circa 10 minuti. Togliete dal fuoco, unite la ricotta sminuzzata con una forchetta, 40 gr. di parmigiano grattugiato e il tuorlo dell’uovo. Aggiustate il sale e il pepe ed amalgamate bene.
  • Condite i ravioli con burro fuso, salvia e aggiungete una spolverata di parmigiano grattugiato.
Leggi anchePiadina romagnola frittata rosolacci

Piadina romagnola “imbottita” con frittata di rosolacci. Preparate la frittata: Ingedienti per 2 persone: 3 uova, 300 gr. di rosolacci raccolti prima della fioritura, quando sono piccolei e teneri e si presentano a rosetta. […]

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/d/d8/Papaver_May_2009-1.jpg

Di Alvesgaspar – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=6937673

Ravioli con i rosolacci
Pasta al radicchio rosso e gorgonzola con speck

Pasta al radicchio rosso e gorgonzola con speck

Il Radicchio Rosso è una varietà di cicoria, caratterizzatoa da un colore rosso scuro intenso e striature bianche. Ha una consistenza croccante ed un inconfondibile gusto delicatamente amarognolo.. Viene coltivato in campo aperto e dopo l’estate, i cespi vengono legati per proseguire la maturazione e l’imbianchimento forzato.

Radicchio Rosso di Treviso tardivo.jpg      Verona.GIF

Il Radicchio Rosso di Treviso IGP è un ortaggio invernale assai duttile in cucina: può essere utilizzato per insalate crude ma anche per la preparazione di piatti cotti (primi, secondi, dolci); esistono anche la birra aromatizzata al Radicchio e tisane salutari. […]

Pasta al radicchio rosso e gorgonzola con speck

La pasta al Radicchio rosso trevigiano e gorgonzola con speck è un primo piatto molto gustoso e veloce da preparare, infatti il sugo si prepara mentre si cuoce la pasta.

Questo ottimo condimento, dal leggero gusto di affumicato dovuto allo speck ,si “sposa” benissimo con il radicchio.

 Ingredienti e dosi per 4 persone

400 gr. di pasta corta (penne, maccheroni, io ho usato le caserecce), 500 gr. di radicchio rosso trevigianoi, 150 gr. di gorgonzola dolce, 150 gr. di speck in un’unica fetta tagliata spessa, 1 scalogno, olio evo, parmigiano grattugiato q.b. (facoltativo).

 Preparazione

Pulite e lavate il radicchio, affettatelo a striscie larghe circa 2 cm. (non di più) e mettetelo a scolare nel colapasta.

Pulite lo scalogno, affettatelo finemente e fatelo appassire con olio extravergine, in una padella antiaderente e capiente, a fuoco basso.

Prendete la fetta di speck e affettatela a striscie sottili. Unite lo speck allo scalogno e, dopo 2 o 3 minuti, versate nella padella anche il radicchio affettato.

Fate cuocere a fiamma media per circa ¼ d’ora, e comunque fino a quando il radicchio sarà completamente appassito; se il sugo si asciugasse troppo aggiungete qualche cucchiaio di acqua calda (della pasta). Unite il gorgonzola a riccioli.

Intanto avrete provveduto a portare a bollore l’acqua salata e a cuocere la pasta al dente. Scolate la pasta e versatela nella padella, alzate un po’ la fiamma, aggiungete un filo d’olio e fatela saltare rimescolando bene per incorporare il sugo.

Se volete potete polverare con parmigiano grattugiato e, quindi,  portate in tavola.

Altre ricette con il radicchio rosso

pasta-radicchio-gorgonzola-speck-3

Pasta al radicchio rosso e gorgonzola con speck

 

Certosino di Bologna o Pan speziale

Il Certosino di Bologna, l’antico Pan speziale, ricco dolce natalizio

“Il Certosino di Paolo Atti ” a Bologna dal 1880

Il pan speziale, o certosino, è un antico dolce bolognese preparato per il periodo natalizio. In dialetto è detto zrtuséin o panspzièl. La ricetta del panspeziale risale al Medioevo quando erano gli speziali (i farmacisti) a prepararlo. In seguito furono i frati della Certosa di Bologna (i certosini) a produrlo e, da allora, il dolce cambiò nome prendendo quello della confraternita.

Si mantiene inalterato per mesi, sempre che venga avvolto con molta cura nella carta argentata in modo che nessuna parte del dolce rimanga  esposta all’aria. L’impasto, anche appena cotto, è duro e compatto e va tagliato a piccole fette.

Certosino di Bologna o Pan speziale

Ingredienti e dosi per 6 persone 

200 gr. di farina, 1 litro e ½ di acqua bollente, 125 gr. di miele, 100 gr. di zucchero semolato, ½ cucchiaino abbondante di bicarbonato, 80 gr. di uva di Corinto¹ ammorbidita in acqua tiepida, 80 gr. di mandorle pelate, 80 gr. di pinoli, 50 gr, di cedro candito a pezzettini, 50 gr. di scorza d’arancia candita a pezzi piuttosto grossi, 80 gr. di cioccolato a scagliette, un pizzico di sale, burro per la tortiera.

Spezie: 1 cucchiaino di semi di anice, 1 pizzico di cannella in polvere, coriandolo. chiodi di garofano. pimento macinato, noce moscata macinata

Altra frutta candita per decorare: scorzone di arancia, mostarda (mele e pere cotogne), pere bianche, pere rosse, macedonia candita (scorza di arancia, melone, ciliegie, cedro), fichi, albicocche.

Tempo di preparazione: 40 minuti – Tempo di cottura in forno a 190°C:  40 minuti

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Attrezzatura

Una tortiera rotonda di circa 20 cm. di diametro.

 Preparazione

Mettete in una terrina il miele, lo zucchero, il bicarbonato ed un cucchiaino di semi di anice. Versatevi sopra l’acqua bollente continuando a rigirare.

Unite la farina facendola scendere lentamente a pioggia. Lavorate energicamente il composto con un cucchiaio di legno.

Strizzate l’uva di Corinto¹. Aggiungetela al composto con le mandorle, i pinoli, il cedro, il cioccolato, una presa di cannella in polvere ed un pizzico di sale.

Imburrate la tortiera e versatevi il composto, livellandone la superficie sulla quale distribuirete l’arancia candita e le altre frutta candite (che preferite).

Passate in forno già caldo a 190 gradi e lasciate cuocere il dolce per circa 40 minuti o fino a quando diventerà asciutto e di un bel colore dorato scuro.

Estraetelo dalla tortiera e lasciatelo rafffreddare prima di servirlo in tavola.

 Vino

Moscato dell’Oltrepò Pavese Spumante (Lombardia) servito a 7 ºC, Torchiato di Vittorio Veneto  a 10º, Vinsanto di Vigoleno (Emilia) a 11ºC, Albana di Romagna a 10ºC.

  • ¹uva di Corinto, a chicchi piccoli e molto scuri (si dice tendano al blu scuro), senza semi, importata di solito dalla Grecia ma ora anche da altre parti del medio oriente
  • uva sultanina: è una varietà di uva molto adatta all’essicazione, con chicchi piccoli e dolci, colore biondo-dorato, senza semi; è quella che si trova più comunemente in vendita. Sembra che il suo nome derivi dalla parola Sultano, che era il capo dell’impero turco. In Turchia cresce infatti l’uva più rinomata per questo uso
  • uva di Malaga, chicchi grossi e allungati, chiari, con pochi semi. Le varietà “sultanina” e “Malaga” sono coltivate ed essiccate anche in Italia.
  • uva di Smirne, chicchi grossi e scuri, senza semi
  • uva Cilena, particolarmente grande, senza semi e dal colore ambrato.
panperfocaccia

certosino-o-pan-speziale-4“Il Certosino di Paolo Atti ” di Bologna dal 1880

Certosino di Bologna, l’antico Pan speziale
Come fare i sali da bagno naturali

Come fare i sali da bagno naturali con il sale marino per un’idea regalo semplice e naturale

Sali da bagno fatti in casa con sale marino e lavanda, in vasetto di vetro decorato con pizzi all’uncinetto e cordoncino di cuoio By Durova

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libri enciclopedia_donna«Delizioso complemento di un bagno sono i sali profumati che si sciolgono nell’acqua: ne basta una manciata e la pelle  rimarrà fresca e delicatamenrte profumata. Allegramente colorati e in vendita in eleganti confezioni, esistono in una variantissima gamma di colori e profumi: alla lavanda, alla rosa, alla verbena, al mughetto, ecc. Se volete essere raffinate usate sali che abbiano un profumo uguale a quello che usate normalmente, oppure mescolate all’acqua qualche goccia di colonia di buona marca.»

Così citava l’Enciclopedia della donna nel 1967

Per un bagno piacevolmente profumato e rilassante  i sali da bagno li possiamo anche preparare in casa. Una volta confezionati  in un grazioso vasetto di vetro con chiusura ermetica e abbellito con nastri e pizzi, potranno essere un’idea regalo naturale e di poca spesa.

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Sali da bagno in casa in 6 passaggi

di wikihow

Occorrente

  • Sale marino o sale di Epsom (sale inglese che si compra in farmacia);
  • una tazza misurino;
  • 2 scodelle;
  • un vasetto di vetro a chiusura ermetica;
  • bicarbonato di sodio o glicerina;
  • oli profumati;
  • olio vettore (germe di grano, olio di jojoba, olio di mandorle dolci, olio di rosa mosqueta) che aiuta a veicolare gli oli essenziali.

Passaggi

  1. Scegli la quantità da produrre e la tipologia di sale da bagno. Questo determina la quantità finale, che non aumenterà significativamente con l’aggiunta degli eventuali additivi.
    Fanne un lotto piccolo con 1 tazza circa di sale (300 grammi), o un lotto più grande con 4 tazze di sale (1200 grammi) o più.
    Il sale marino grosso o il sale di Epsom costituiscono una base eccellente per i sali da bagno; evita invece il sale fino, che è più probabile che secchi la pelle.
    Se hai già scelto il contenitore dove conservare i tuoi sali (l’ideale è un vasetto di vetro a chiusura ermetica), misura la giusta quantità di sale riempiendo il contenitore fino a 3/4, e poi versa nuovamente il sale in una scodella, per mescolarlo con gli altri ingredienti.
  2. [continua con foto della preparazione]
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Idea regalo
Nella foto: Sali da bagno (sale marino e lavanda) in vasetto di vetro decorato con pizzi all’uncinetto e cordoncino di cuoio. 2 sacchetti di pizzo all’uncinetto e cordoncino di cuoio contenenti lavanda e melissa, 2 candeline in vasetti di vetro con pizzi all’uncinetto sul bordo inferiore. 9 saponette, fatte a mano, alle erbe e glicerina, melissa, sale marino e menta, legati con cordoncino di cotone intrecciato. I pizzi sono in  cotone ecrù mercerizzato lavorato con uncinetto 3,5 mm. By Durova che ringrazio.
Strenne natalizie creative con materiale di riciclo

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Come fare i sali da bagno naturali
 1^Foto saponette e uncinetto By Durova – Own work, CC BY-SA 3.0,
2^ Foto saponette e uncinetto By Durova – Own work, CC BY-SA 3.0,
Come fare le saponette senza soda caustica

Come fare le saponette senza soda caustica per un’idea regalo semplice e naturale

Saponette fatte a mano e sacchetti all’uncinetto contenenti erbe profumate. Il sapone è composto da glicerina, menta fresca e melissa (pestate nel mortaio) con sale marino. I sacchetti sono in cotone ecrù lavorato con uncinetto 3,5 e legati con cordoncino in cuoio. By Durova che ringrazio.

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Nell’antichità il problema dell’igiene personale non era considerato prioritario, non tanto per la scarsità di acqua calda quanto per l’accentuata causticità della soda impiegata con eccessiva generosità e il lezzo derivante dall’uso di grasso animale, per lo più di ovini,  infatti le prime tecniche di pulizia furono sviluppate per pulire tessuti e indumenti, generalmente con l’utilizzo di argille (terra da follone), cenere e piante saponarie; da queste ultime si ricavano le saponine che formano soluzioni saponose che solubilizzano lo sporco e ne facilitano l’eliminazione.
Fu solo dopo essere entrati in contatto col mondo vicino-orientale islamico, nell’età delle Crociate, che ci s’impadronì delle tecniche di fabbricazione di un sapone assai meno aggressivo, con l’uso di grassi vegetali, aromi e sostanze lenitive quali il balsamo. Non a caso il sapone entrò infatti in Europa grazie ai mercanti veneziani e genovesi e, per procacciarselo, dame e gentiluomini cristiani erano disposti a pagare cifre anche molto alte.(continua)
I metodi classici per fare il sapone in casa sono due:
  • a freddo, si lascia che il semplice calore, sprigionato dalla reazione chimica della soda con il grasso, produca la saponificazione. Questo metodo richiede quattro settimane per avere il sapone.
  • a caldo, si utilizza, invece, una fonte di calore esterna (bagnomaria, forno) in modo da accelerare la reazione chimica. Il sapone con il metodo a caldo è pronto più in fretta ma ha una consistenza molto più “rustica” ed irregolare del sapone a freddo.
Nella ricetta classica viene utilizzata la soda caustica,  ma le saponette senza soda, sono  un’idea regalo semplice da fare in casa e utile per riciclare gli avanzi di sapone.
Sapone alla glicerina senza soda caustica
Occorrente
  • Glicerina vegetale pronta per saponi che si trova in tavolette nei negozi di hobbystica e fai-da-te;
  • oli essenziali profumati  che si trovano in erboristeria;
  • coloranti alimentari per dolci che si trovano al supermercato;
  • avanzi di saponette colorate;
  • a piacere, erbe e fiori essiccati oppure un oggettino (una conchiglia, un pupazzetto) ben deterso;
  • stampi per muffin oppure qualsiasi stampo da dolcetti oppure stampini da spiaggia;
  • pentolini per sciogliere i saponi a bagnomaria.

Preparazione

Ricoprite il piano di lavoro con carta da pacchi o di giornale.

  1. Tagliate la tavoletta di glicerina in piccoli pezzetti e metteteli in un pentolino per scioglierli a bagnomaria (mettete il pentolino con la glicerina in un pentolino poco più grande con due o tre dita d’acqua) su fiamma bassa, perchè l’acqua non raggiunga l’ebollizione.
  2. Quando la glicerina sarà completamente sciolta, versate qualche goccia di colorante per alimenti e qualche goccia dell’essenza preferita.
  3. Con un coltellino, o un pelapatate, fate delle scaglie (o dei cubetti o dei trucioli) dagli avanzi di sapone colorato  e metteteli dentro gli stampini da muffin.
  4. Aggiungete le erbe o i fiori essiccati che preferite, oppure un oggettino (una conchiglia, un pupazzetto) ben deterso.
  5. Versate, infine, la glicerina negli stampi e fate solidificare.

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Nella foto: Sali da bagno (sale marino e lavanda) in vasetto di vetro decorato con pizzi all’uncinetto e cordoncino di cuoio. 2 sacchetti di pizzo all’uncinetto e cordoncino di cuoio contenenti lavanda e melissa, 2 candeline in vasetti di vetro con pizzi all’uncinetto sul bordo inferiore. 9 saponette, fatte a mano, alle erbe e glicerina, melissa, sale marino e menta, legati con cordoncino di cotone intrecciato. I pizzi sono in  cotone ecrù mercerizzato lavorato con uncinetto 3,5 mm. By Durova che ringrazio.
Strenne natalizie creative con materiale di riciclo

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.Come fare le saponette senza soda caustica
 1^Foto saponette e uncinetto By Durova – Own work, CC BY-SA 3.0,
2^ Foto saponette e uncinetto By Durova – Own work, CC BY-SA 3.0,
Di Silikomart di Wikipedia in italiano [Public domain], attraverso Wikimedia Commons
Come lavare e pulire le ortiche per preparare la Frittata

Come lavare e pulire le ortiche per preparare la Frittata

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L’ortica (Urtica dioica) è una pianta erbacea perenne, nativa dell’Europa, dell’Asia, del Nord Africa e del Nord America, ed è la più conosciuta e diffusa del genere Urtica. Possiede peli che, quando toccati, espellono un fluido che causa bruciore e prurito a uomini e animali. La pianta è nota per le sue proprietà medicinali, per la preparazione di pietanze e, una volta, per il suo esteso uso nel campo tessile.
Le piante del genere Urtica sono utilizzate e coltivate dall’uomo sin dall’età del bronzo (3000-2000 a.C.), dal gambo legnoso dell’ Urtica dioica adulta si produceva carta e tessuti e le foglie verdi erano usate per la colorazione delle fibre. Già dai tempi gli antichi Greci e gli antichi Romani l’ortica veniva usata in cucina

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Con l’ortica si preparano ottimi gnocchi, frittate e gustose farciture per piade e paste ripiene (tortelli, cappellacci verdi, ravioli, urciòn, allo “straccio”)

La frittata con le ortiche, dal profumo di primavera, è perfetta per un pic nic: tagliatela a grossi spicchi e disponetela fra due fette di pane rustico di gusto paesano, in forme grosse, confezionato con farina piuttosto scura.. Avvolgete il panino nella carta paglia o in un canovaccio pulito e fate riposare due-tre minuti. Prima di consumarlo si può riaprire e spruzzare con qualche goccia di aceto balsamico.

Un consiglio di webalex.it per gustare al meglio questo panino:
“Sedersi su un muretto e addentare grossi morsi, accompagnando con un bicchierone di fresca birra aromatica. Si gusta preferibilmente meditando che al mondo esistono tante cose semplici, ma meglio del vitel tonné e del salame di cioccolata…”

 Ingredienti per 2 persone

Un paio di guanti da chirurgo monouso.
Un bel mazzo di ortiche turgide selezionate fra le foglie fresche di germoglio (200 gr. circa), olio evo, 1/2 bicchiere di latte, una cucchiaiata di formaggio cremoso, 4 uova, mezza cipolla, una salsiccia, sale, pepe e noce moscata.

 Preparazione

Le ortiche vanno colte a mezza mattinata, il meglio sarebbe col sole dopo una notte di pioggerellina.

Indossando i guanti, pulite le ortiche delicatamente senza lavarle. Riunitele a mazzetto e, tenendole in mano, tritatele con un coltello direttamente nella padella e fatele saltare aggiungendo un paio di cucchiai d’olio.
In un’altra padella rosolate in olio la salsiccia tagliata a fettine, quindi unite la cipolla tagliata grossolanamente e fate  dorare bene. Quando le ortiche saranno cotte, ma ancora croccanti, riunite le ortiche, la cipolla e la salsiccia.

Rompete le uova in una ciotola e conditele con un po’ di sale e di pepe. Sbattetele quanto basta per amalgamare albumi e tuorli. Versate questo composto nella padella con le ortiche e date una mescolata per distribuire bene gli ingredienti.
Cuocete a fuoco moderato per 10 minuti circa o finchè, osservando i bordi della frittata e sollevandola da un lato, vedrete che comincia a rapprendersi. Fate scivolare la frittata su un piatto e rovesciatela rimettendola nella padella e cuocete ancora per qualche minuto, sempre su fuoco moderato.

  • Le frittate si possono servire come antipasto o come secondo piatto, ma non in un’occasione importante. Quasi tutte sono buone sia calde che tiepide o fredde. Servitele intere o affettate o fredde e tagliate a grossi dadi come antipasto
Urtica dioica

Urtica dioica

CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=369351

Come lavare e pulire le ortiche per preparare la Frittata

Guarnizioni per minestre e zuppe

Guarnizioni per minestre e zuppe

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Enciclopedia della donna 1965

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Mentre il “primo” tradizionale della colazione degli italiani è da tempo immemorabile il piatto di pastasciutta o di risotto, preparati secondo una delle innumerevoli ricette della nostra cucina nazionale, il pasto della sera si inizia, normalmente, in quasi tutte le famiglie, almeno in autunno e in inverno, con una minestra di tipo brodoso o di tipo cremoso.

La guarnizione più semplice

i crostini di pane sono una guarnizione molto semplice, ma necessaria, per tutte le minestre cremose. Questo tipo di minestre dalla consistenza vellutata richiede per contrasto qualche cosa di solido, rappresentato appunto dai crostini.

 Minestra e Passato di castagne in grasso ed in magro      Crema di patate americane con i broccoli     Zuppa norvegese di birra e pane raffermo norsk suppe

Guarnizioni per il brodo

La varietà di queste guarnizioni è davvero straordinaria e soprattutto la cucina regiionale ne è assai ricca. Molte di queste minestre sono composte semplicemente da brodo, a cui si aggiunge alla fine una guarnizione già preparata. Altre guarnizioni si cuociono insieme con lo stesso brodo. Poche altre, infine, non solo si mettono in cottura separatamente, ma si servono a parte: ciascun commensale se ne serve nella misura desiderata, ponendole poi egli stesso nella fondina o nella tazza contenente il brodo. In genere, comunque, queste guarnizioni sono rappresentate da composti contenenti gli ingredienti più vari, dalla carne al formaggio, al fegato, alle uova, alle diverse verdure.

Pensiamo di fare cosa utile dandovi una serie di queste ricette, che non rappresentano alcuna difficoltà di preparazione e danno allla minestra un carattere spesso molto raffinato ed elegante.

 Frittatine in brodo (Frittatensuppe)Zuppa_reale_ pasta-reale

 

 

 

 

Tante altre idee

Una volta messe sulla strada delle guarnizioni per le minestre in brodo (e zuppe), certo potrete anche voi stesse, con la vostra fantasia, arricchire la serie di queste guarnizioni, ma forse non è inutile un piccolo pro-memoria che vi permetterà di realizzarne molte altre, tutte perfette:

  • con l’impasto degli gnocchetti di patate, potrete formare delle palline piccolissime che getterete nel brodo, servendo la minestra appena gli gnocchetti verranno a galla;
  • farete lo stesso con l’impasto di spinaci, ricotta, uova e parmigiano che si usa per gli gnocchi verdi da condirsi con formaggio e burro;
  • potrete unire al brodo, di pollo o di carne, della lingua tagliata a striscette, dei filetti di pollo e delle coste di sedano molto bianche, tagliate a bastoncini sottili;
  • oppure gettate nel brodo patate tagliate a dadetti piccolissimi e prezzemolo tritato o anche dei mazzolini di cavolfiore molto piccoli, lessati precedentemente in acqua salata;
  • andrà bene anche poca tapioca unita a filettini di carne di pollo, o dei filettini di pomodoro crudo e qualche pezzettino di peperone giallo o rosso, arrostito e spellato;
  • va bene anche midollo di bue, prima sbianchito e poi tagliato a fettine molto sottili, che si gettano nel brodo bollente.
  • Ricette per gli gnocchi.
Guarnizioni per minestre e zuppe

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Par jeffreyw — unforced error making the corn bread, still came out…OKUploaded by Fæ, CC BY 2.0,
Crostoni, crostini e crostoncini per tutte le occasioni

Crostoni, crostini e crostoncini per tutte le occasioni

 Bruschetta su crostone con pomodori, Grana Padano, basilico e aceto balsamico

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Ricicliamo gli avanzi

crostini (o crostoncini) di pane sono una guarnizione molto semplice, ma necessaria si può dire, per tutte le minestre cremose e le zuppe. Questo tipo di pietanze, dalla consistenza cremosa, richiede per contrasto qualche cosa di solido e croccante, rappresentato appunto dai crostini.

minestra castagne passato    patate americane broccoli vellutata    zuppa-di-birra-norsk suppe

Alcune zuppe, però,  richiedono non crostini veri e propri, ma fette di pane che saranno anch’esse fritte nell’olio o nel burro, o abbrustolite in forno: i crostoni e i crostini grandi.

Per un pranzo in famiglia si può benissimo usare del normale pane casalingo tagliato a fette (quindi è un ottimo modo per riciclare il pane avanzato), ma se volete una presentazione più elegante, date la preferenza al pane a cassetta (pancarré) che consente di ottenere fette molto più regolari.

I crostoni e i crostini possono anche essere farciti e serviti come stuzzichino, piatto unico, antipasto ecc.

Crostoni

 Sono grandi abbastanza da poter servire di base a una intera porzione: per esempio una fetta di pane, una fetta di carne, un uovo, una quaglia. Si friggono o si tostano.

La Bruschetta
è un piatto povero contadino della cucina napoletana e diffuso in tutta Italia. Nata dalla necessità che gli agricoltori avevano di conservare il pane, è costituita da una fetta di pane abbrustolito (“bruscato“) condito con olio, sale, e strofinato con aglio. La bruschetta può essere arricchita con un’infinita di altri ingredienti, il più tipico è il pomodoro.

1024px-Baguette_03frittata-asparagi-3800px-Roast_beef_sandwich_(hozinja)sandwich panino salsiccia

 

 

 

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.La presentazione di medaglioni di carne e tournedos  è sempre particolarmente curata, molte volte il medaglione viene deposto sul crostone di pane che ha la sua stessa forma e misura, fritto nel burro e poi imbevuto della salsa o del sugo di cottura, che si versa sul medaglione quando è già sul piatto di servizio.

Cucina francese: Crostone con medaglione di filet mignon, foie gras e tartufo nero in salsa al Madeira

Tournedos Rossini Dish.jpg

Crostini grandi

Sono di misura variabile, all’incirca, da un quarto a metà di una fetta di pancarré; spesso, ma non sempre, si friggono o si tostano. Si servono spalmati con un composto o per contorno ad un piatto.

Crostone con insalata di uova e pancetta (2)crostini-tartufoantipasto italiana

 

 

 

 

By Takeaway – Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=37225764
By Madalina Chicu – Own work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=18276879
Crostoni, crostini e crostoncini per tutte le occasioni
Crostoncini o crostini, guarnizione per minestre e zuppe

Crostoncini o crostini, sono la guarnizione più semplice per minestre e zuppe

Ricicliamo gli avanzi

I crostini (o crostoncini) di pane sono una guarnizione molto semplice, ma necessaria si può dire, per tutte le minestre cremose e le zuppe. Questo tipo di pietanze, dalla consistenza cremosa, richiede per contrasto qualche cosa di solido e croccante, rappresentato appunto dai crostini che si servono a parte; ogni commensale ne prende la quantità voluta che poi distribuisce sulla propria porzione di minestra.

minestra castagne passato    minestrone romagna    patate americane broccoli vellutata    zuppa-di-birra-norsk suppe

Preparazione

Per preparare i crostoncini si usa pane che deve essere almeno del giorno precedente (quindi è un ottimo modo per riciclare il pane avanzato).
Il pane deve essere tagliato a dadetti preferibilmente piccoli: quadrati o rettangolari con il lato lungo da ½ cm. a 1 cm.

I dadetti possono essere tostati o fritti:

Crostini tostati in forno
È possibile ottenere ottimi crostini facendo semplicemente abbrustolire i dadetti di pane: dopo averli tagliati, stendeteli sulla placca del forno e passateli nel forno già ben caldo, togliendoli quando avranno preso un colore uniforme e dorato (5-10 minuti ca).

Crostini tostati in tegame antiaderente
Se non avete il forno, fate abbrustolire i crostini, stendendoli in una teglia (o una padella) che porterete direttamente sulla fiamma, senza alcun condimento, mescolando continuamente, fino a che i crostini siano ben tostati.
Un altro sistema pratico e semplice è quello di usare, per abbrustolire i crostini, la doppia padella bucata che serve per arrostire le castagne.

Crostini fritti
I dadetti di pane vengono fritti nell’olio o nel burro, secondo il carattere della minestra cui sono destinati. I più delicati sono quelli dorati nel burro.
Tagliate il pane a dadetti e mettetelo nella padella antiaderente; scaldate per qualche minuto, aggiungete un filo d’olio extravergine e, se volete, spezie e aromi a piacere (origano, prezzemolo, basilico, timo ecc.). Salate e pepate. L’ olio va aggiunto quasi a fine cottura, perchè il pane rimanga croccante. Cuocere per circa 5 minuti, fino a che i crostini risultino dorati.

crostini

Crostoncini o crostini, guarnizione per minestre e zuppe

 

 

 

Antipasti caldi anzi caldissimi Rustico che si crede una Torta delle rose

Antipasti caldi anzi caldissimi

Un rustico che si crede una Torta delle rose

Gli Antipasti caldi rappresentano una elegante apertura di colazione. Questi antipasti, modificando le dimensioni, possono essere serviti come entrata, cioè come secondo piatto in un pranzo di riguardo, o presentati con i cocktails e gli aperitivi.

Gli antipasti caldi sono generalmente formati da una base di pane o di pasta, guarnita nei modi più diversi:

  • il pane è il pan carré, le cui fette, non troppo sottili, vengono abbrustolite o, più elegantemente, fritte in burro prima di essere completate con la guarnizione scelta.
  • Le paste-base sono la pasta sfoglia salata e la pasta frolla (anche surgelate), con cui si preparano barchette, tartellette  e piccoli vol-au-vent, che vengono preparati con un certo anticipo e si riempiono solo all’ultimo momento, dopo essere stati scaldati. La pasta sfoglia e la pasta frolla fatte in casa, potete prepararle in anticipo, raccogliendole in una palla che terrete in frigorifero fino al momento di stenderla per formare barchette, tartellette e piccoli vol-au-vent:
    • le barchette si preparano in stampini ovali, più o meno allungati, mentre le tartellette richiedono il tipico stampino rotondo.

    Dovrete calcolarne in media 2 o 3 a persona, secondo la dimensione. Se invece intendete servire tartellette o barchette come piatto di mezzo in un pranzo, saranno (come i vol-au-vent) di dimensione maggiore e ne conterete quindi solo due a testa.

  1. Tartellette con prosciutto cotto tritato, formaggio ed erba cipollina
  2. Toast Hawaii con formaggio, prosciutto cotto, una fetta d’ ananas e un po’ di mostarda al centro dell’ananas
  3. Sandwich tostato con pane di farro farcito con melanzane, zucchine e peperoni grigliati in salsa di pesto, servito con senape e mirtilli
  4. Tramezzini farciti fantasia.

 

 

 

 

 

CALDI O CALDISSIMI

Gli antipasti di questo tipo devono in ogni caso essere serviti caldi, anzi caldissimi. perciò, dopo avere riempito barchette, tartellette e piccoli vol-au-vent, si passano un momento in forno caldo. oppure si possono scaldare nel forno, per qualche minuto, solo gli involucri, riempendoli quando già sono sul piatto di servizio con la guarnizioone caldissima. In certi casi come per le tartelllette al formaggio, gli involucri vanno cotti solo a metà, si sfornano, si riempiono con la crema di formaggio e si passano di nuovo al forno, tanto da far colorire completamente la pasta e far dorare leggermente anche la crema.

barchette frolla pistacchipasta frolla salataCrostata  carne  piselli vol au vent

 

 

 

 

Crostini

crostini-tartufoCastel_del_Piano-Crostini_toscani_modifiedantipasto italianapiselli prosciutto rostini

 

 

 

 

 Focacce
da servire calde tagliate a cubetti regolari ed accompagnate con salse

crostata con stracchinofarinata ceci zucca (2)Focaccia al pomodoro e erbe aromaticheciccioli (3)_tn

 

 

 

 

 

  1. Crostata rustica con prosciutto e stracchino
  2. Farinata di farina di ceci con la zucca
  3. Focaccia al pomodoro e alle erbe aromatiche
  4. Focaccia con farina integrale e ciccioli
  5. Focaccia con salsiccia e friarielli
  6. Fugassa, la focaccia alla genovese
  7. Girasole di patate con prosciutto e formaggio
  8. Rosa di brioche salata integrale

focaccia-con-salsicciafocaccia genovesegirasole patate 	Rosa di brioche

 

 

 

 

 

Un rustico che si crede una Torta delle rose

rustico torta rose

Questa torta salata si presta ad essere servita calda, in monoporzione, staccando delicatamente ogni singola rosellina e guarnendola poi con una o due foglioline fresche. Potete passare la torta intera, per qualche momento, in forno e, quindi suddiverla in roselline. Oppure passare in forno per pochissimi istanti, ogni rosellina.

rustico-rose (2)

 Antipasti caldi anzi caldissimi