
Scapece gallipolina
La scapece e’ una preparazione gastronomica dell’Italia meridionale; in Puglia, ad esempio, sono famose le scapece di Lesina e di Gallipoli. La procedura varia da zona a zona, e, sostanzialmente prevede nella ricetta l’utilizzo di verdure o ortaggi tassativamente fritti (melanzane, pomodori, carote, fagiolini ecc.) e pesce azzurro o anche le une e l’altro, ma fritti separatamente.
Si avvicina grosso modo, anche alla tipica preparazione del nord Italia “carpione” che prende nome da un pesce d’acqua dolce (Salmo tutta carpio) il quale, previa frittura, viene cosparso con cipolle fatte appassire in olio d’oliva con una marinata d’aceto, aglio e altre spezie, e, al veneto “saòr” che deriva dal medievale italiano “savore” dal latino “sapor”, mentre con il termine Scabeccio si fa riferimento ad una identica preparazione in uso in Liguria e in Piemonte.
Ingredienti per 6 persone |
800 g – 1 kg di pesce (naselli, merluzzetti, sgombri ecc.), 3 cipolle da agricoltura biologica, 1 litro di vino (rosso o bianco, a seconda del colore che si vuole ottenere), ¼ di litro di aceto di vino, 6-7 stigmi di zafferano, ½ cucchiaino di grani di cumino, ½ cucchiaino di pepe nero in polvere, sale.
Preparazione |
Mescoliamo il vino all’aceto, aggiungiamo il sale e portiamo ad ebollizione. Mettiamo il pesce in questa miscela acetosa e cuociamo solo per 6-7 minuti, mantenendo il liquido al limite dell’ebollizione. Togliamo il pesce dall’acqua con la schiumarola e mettiamolo in un recipiente fondo, preferibilmente di terracotta. Rimettiamo sul fuoco il liquido, aggiungiamo le cipolle tagliate a rondelle e facciamo restringere a fuoco lento per circa mezz’ora. Togliamo dal fuoco e aggiungiamo le spezie (cumino, pepe e zafferano) al liquido. Versiamo sul pesce e facciamo raffreddare: si rapprenderà in gelatina. Serviamo freddo.
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Questa ricetta si trovava quasi sempre nei “menù” delle taverne che erano luoghi in cui si dovevano proporre piatti da realizzarsi velocemente o addirittura già pronti. Ciò vale anche per lo scapece che è, nello stesso momento, un modo per cucinare ma anche un metodo di conservazione del pesce. Questo procedimento constava, in genere, di pesce azzurro, verdure o anche carni fritte cui venivano applicate alcune spezie (in particolare lo zafferano), le cipolle e una salsa o gelatina dal sapore acido. Tale salsa è probabilmente originaria della cucina araba e il suo nome deriva dal termine sikbaj; troviamo attestazioni di questa preparazione già nel “De re coquinaria” di APICIO o in alcuni ricettari della corte di Federico II di Svevia che ne era particolarmente ghiotto. Nell’Italia meridionale e in Spagna si servono ancora oggi gli scapece. Fonte: Il libro della cucina del secolo XIV
Revelry at an Inn (Baldoria in una locanda) di Jan Steen (1625/26–1679)
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Altre ricette
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- Alici in scapece
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- #2. *ABEMUS IN CENA*
Grande Taberna, Herculaneum – Scavi di Ercolano
Scapece da taberna taverna
Scapece,
etimologicamente deriva dal latino Escha Apicii, e cioe salsa di APICIO, autore del De coquinaria, il piu antico manuale di gastronomia, per fare in modo che pisces fricti diu durent (per conservare pesci fritti) consiglia: eodem momento, quo friguntur et levantur, ab aceto calido, perfunduntur (nello stesso momento in cui escono dall’olio cospargili di aceto caldo).
Dell’Imperatore Federico II di Svevia si racconta che ne era talmente ghiotto che difatti se la faceva venir dal Lago Lesina (Resina ut ab eis faciat ascaperiam). Nel marzo del 1240 in vista del Colloquium generale previsto a Foggia, chiese al cuoco Berardo di preparare askipeciam et gelatinam usando appunto il pesce che proveniva da quel lago.
Alcuni studiosi affermano invece il termine deriva dall’arabo As-sikbāj che designava una preparazione molto apprezzata di quella cucina che seguiva una procedura abbastanza simile alla scapece, ma solitamente utilizzata per le carni bollite e che sarebbe pervenuta a noi attraverso lo spagnolo escabeche. nella gastronomia iberica, infatti, figurano molte preparazioni di escabeche: Patatas en escabeche con tenca (tinca) a la cacerena (alla maniera di Caceres), Escabeche de berenjenas (melanzane) con hinojo (finocchio), Perdices (pernici) escabechadas.
Può considerarsi una sorta di scapece il siviero di Ippolito Cavalcanti (Capetone in siviero, Puorco sarvateco (cinghiale) ‘nseviero).
Altri percorsi etimologici ci indirizzano invece al francese “aspic” una pietanza in gelatina ormai celebre portata della cucina internazionale. In questo caso va fatta un’osservazione chimica che ci puo’ aiutare a comprendere l’analogia filologica, e cioe’ che in assenza di grassi aggiunti, la cartilagine del pesce una volta disciolta nell’acqua per effetto dell’aceto si solidifica trasformandosi così in gelatina che del resto era all’epoca considerata un “trattamento” per la conservazione degli alimenti, ed esiste una preparazione simile nella cucina ebraica di tradizione askenazita che si chiama “gefillte fisch” .
Fonte:guide.supereva.it
“Scapece” di Scapece.bianco – Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons