alimenti,_umido,Taccuino_Sanitatis,_Casanatense_4182.

Ricette per Quadragesima (Quaresima), Maestro Martino da Como 1450-60

Cucinare, Tacuinum sanitatis casanatensis (XIV secolo)

.Libro de Arte Coquinaria, 1450-60

Capitolo II

Per far ogni manera de vivande Verzuso in Quadragesima
Bianco mangiare in Quadragesima
Piselli in Quadragesima
Frictelle de fior de sambuco

Verzuso* in Quadragesima.
Per farne dece menestre: piglia una libra
et meza d’amandole mondate in acqua te-
pida, et pistale molto bene como è dicto
di sopra, mittendogli un pocha dacqua frescha
perché non facciano olio. Et piglia una mol-
licha di pane biancho et mittila a moglio
in bono agresto. Et poi piglia le sopra ditte
amandole, et la mollicha, et del sucho¹ da-
ranci, et dellacqua rosa, et distempera
in seme tutte queste cose, agiungendovi
una oncia de cinamomo², et una libra
di zuccharo fino. Et passa ogni cosa inseme
pe la stamegnia³ facendo questa compositione
gialla con un pocho di safrano. Poi la mit-
tirai a bollire in una pignatta discosta
dal focho. Et guarda non piglie fume voltando-
la spesso col cocchiaro. Et vole bollire una
octava dora vel circha.

  • *Verzuso: specie di agresto alla francese
  • ¹Sucho: succo
  • ²cinamomo: cannella
  • ³stamegnia: setaccio

Maestro Martino: Biancomangiare e Piselli di quadrigesima

Bianco mangiare in Quadragesima.
Per farne dece¹ menestre: pigliarai una libra
et meza d’amandole mondate et pista molto
bene como è ditto di sopra, et habi una mol-
licha di pane biancho mollata in brodo bian-
cho di peselli. Et non havendo piselli poi sop-
plire con altro brodo, facendo bollire in l’acqua
un pane bianchissimo per spatio di meza
hora, mettendo a moglio la ditta mollicha
in questo brodo. Poi habi qualche bon pesce
di mare, o bon luccio d’acqua dolce cotto al-
lesso. Et de la polpa loro più soda et più bian-
cha ne prenderai meza libra, et pistala molto
bene con le amandole et mollicha, et con
un pocho di brodo, et del sucho d’aranci, et
non havendoni sopplirai con un pocho d’agresto
agiungendovi dell’acqua rosata, et meza
libra di zenzevero mondo, con octo oncie
di zuccharo. Et queste cose tutte stemperate
inseme, passate per la stamegnia, le mettirai
accocere in una pignatta per una octava
d’ora discosta dal focho che non piglie fume
et di continuo le menerai col cocchiaro.

  • ¹Dece: dieci

Piselli in Quadragesima.
Poterai simelemente fare li peselli con lacte de
amandole in tempo quatragesimale como se dicto
di sopra in questo capitolo del bian-
cho magnare.

Capitolo V

Per fare frictelle quadragesimale.

Per fare frictelle de fior de sambuco.
Piglia dell’amandole et pistale bene, overo di pignoli se più ti piacene,
et passa le ditte amandole o pignoli per la stamegna con un poca
de acqua rosata o con brodo di piselli; et poi habi un poco di bon
lievito ben biancho et di fiori di sambuco como ti pare, et con
un poco di fiore di farina mescolarai tutte queste cose inseme.
Et nota che tal compositione vole essere apparecchiata la sera
per la matina perché vengano le frittelle più spognose;
et la matina gli agiognerai¹ un poco di zuccaro,
facendole in qualunqua forma ti piace, o tonde o altramente;
et frigile in bono olio

  • ¹agiognerai = aggiungerai
Festa a tema in stile Medievale con menù

Festa della Stagion Bona, Panzano in Chianti FI

Palio delle Contrade, Fucecchio (Fi)

Palio delle Contrade, Fucecchio FI

 

 

 

 

 

 

Aspetti di vita quotidiana,Taccuino Sanitatis
  43-aspetti di vita quotidiana, illuminazione,Taccuino Sanita.jpg  44-aspetti di vita quotidiana, stagione calda,Taccuino Sanit.jpg  45-aspetti di vita quotidiana, stagione fredda,Taccuino Sani.jpg  46-aspetti di vita quotidiana discrezione Taccuino Sanitatis detail..jpg  46-aspetti di vita quotidiana discrezione Taccuino Sanitatis detail2..jpg
42- medicine
43- illuminazione,
44- stagione calda
45- stagione fredda
46- discrezione
46- discrezione
46- discrezione
47- ira
48- ubriachezza
48- ubriachezza,
5-impiego prodotti vegetali
50- veglia
51- sonno
53- insonnia
54- canto in chiesa
55- gioia
56-abbigliamento in seta
57- abbigliamento lana
58- abbigliamento lino
alimenti, pasta
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Fave, Herbe e Fonghi alla maniera di Maestro Martino OSPREON Dei Legumi, Baccelli verdi di fave comuni e baiane, Apicio

Fave, Herbe e Fonghi alla maniera di Maestro Martino da Como

.
.
Fave piene
Fave fresche con brodo di carne
Herbe con lacte d’amandole
Herbe senza lacte
Fonghi
Altro modo di acconciare gli detti fonghi
.
.
 Le fave e la festa del 2 novembre:

Il 2 novembre, in tutto il mondo cristiano, è il giorno della commemorazzione dei morti. oggi, da noi, è consuetudine visitare i cimiteri, ripulire le tombe, illuminarle con ceri, deporre crisantemi e pregare. Tipica di un tempo era invece l’usanza delle fave. Infatti, sia i Greci che i Romani vedevano nel bianco e nero dei suoi fiori una sigla mortuaria, e perciò le consideravano emblema della morte. Esse, pertanto, venivano sparse sulle tombe per implorare pace e placare gli spiriti maligni.

Fave piene

Poni le fave a moglio. Et quando sonno bene a moglio fendile un
pocho da quello canto¹ che non sono negre; et caccia fore pian piano le
fave dentro che non se rompa la scorza. Et dapoi togli de le amandole
bianche et nette, et pistale molto bene con un pocha d’acqua rosata
accioché non facciano olio. Et ponivi assai zuccharo. Et di questa
materia impie le ditte scorze di fave, et poi restringile inseme che
parano fave meze cotte, et ponile a scaldare in una pignatta, o padella,
o altro vaso dove non sia né acqua né altra cosa, guardandole che non
ardesseno. Et mitti le ditte fave in scudelle agiongendovi di sopra
un pocho di brodo di carne caldo, con un pocho di petrosillo tagliato
menuto con un poche de cipolle fritte et tagliate menute, et dapoi
un poche di spetie dulci. Et a chi non piaceno le cipolle non le
porre.¹canto: lato
.
Fave fresche con brodo di carne
Piglia le fave et mondale con l’acqua calda como se fanno le amandole,
et poi le mitti a bollire in bon brodo. Et quando ti pareno cotte
mette con esse un pocho di petrosillo¹ et menta battuta facendogli
bollire etiamdio² de bona carne salata. Et questa menestra vole essere
un pocho verde che pare più bella. Et simelmente poi fare i peselli,
et ogni altro leghume frescho, ma nota che non voleno essere mondati
coll’acqua calda como le fave, ma lasciali pur così con quella
sua scorza sottile.
  • ¹petrosillo: prezzemolo,
  • ²etiamdio: anche.
 Herbe

Herbe con lacte d’amandole
Habi le herbe et falle bollire in prima un pocho in l’acqua, la qual
deve bollire quando glille¹ mitti. Et poi la cava fore, et ponile sopra
una tavola, o un taglieri², et battile menute con un coltello, et nel
mortale le macinarai³ molto bene; et poi le farai bollire ne lo lacte
d’amandole mettendovi del zuccharo a sufficientia.

  • ¹glille mitti: le metti.
  • ²taglieri: tagliere o ripiano di legno per battere,
  • ³macinari: macinerai

Herbe senza lacte

Habi le herbe; et prima le fa’ bollire como è ditto di sopra.
Et diquelle farai menestre¹ grasse, o magre secundo il tempo²,
compartendole como ti pare et piace.
Piglia la sementa di canipa³, e lassala stare a moglio per un dì
e una nocte buttando via quelli granelli¹ che stanno sopra
lacqua perchè sono tristi². Et poi habi dellamandole ben mondate,
e pistale inseme con la ditta sementa.
Et pista che seranno bene le distemperarai con lacqua fresca
e con bono brodo di peselli³, mettendovi etiamdio¹
del zuccharo fino, e una pocha dacqua rosa.
Et poi farai cocere tutte queste cose per spatio duna octava²
dora vel circha³ menandola de continuo col cocchiaro.
  • ¹menestre: piatti, razioni,
  • ²tempo: tempo di magro o di grasso,
  • ³canipa: canapa,
  • ¹granelli: semi,
  • ²tristi: avariati,
  • ³peselli: piselli,
  • ¹etiamdio:anche,
  • ²octava: ottavo,
  • ³vel circha: circa.
Fonghi

Netta li fonghi¹ molto bene, et falli bollire in acqua con doi o tre
capi daglio, et con mollicha di pane. Et questo si fa perché da natura²
sonno venenosi. Dapoi cavagli fora et lassa ben colare quella acqua
in modo che restino sciutti*, et dapoi frigili in bono olio, o in lardo.
Et quando son cotti mettevi sopra de le spetie.

  • ¹fonghi:funghi, da natura: per loro natura,
  • ²sciutti: asciutti.

Altro modo di acconciare gli detti fonghi
In altro modo poterai acconciare¹ gli ditti fonghi, cioè nettandoli prima
molto bene, et poi nettargli sopra la bragia, et ponvi sopra del
lardo et de laglio battuti inseme et del pepe. Et similemente gli
poterai aconciare con olio. Et etiamdio² gli poterai cocere così acconci
in una padella como se fosse una torta.

  • ¹acconciare: preparare, cucinare,
  • ²etiamdio: anche.

Leggiadre Madonne et baldi Messeri! Medioevo con menù

Palio delle Contrade, Fucecchio (Fi)

Palio delle Contrade, Fucecchio (Fi)

Festa a tema in stile Medievale con menù

Festa della Stagion Bona – Panzano in Chianti

 

 

 

 

Festa a tema in stile Medievale con menù

Leggiadre Madonne et baldi Messeri, udite! Festa a tema in stile Medievale con menù

 Festa della Stagion Bona – Panzano in Chianti FI
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Se per Carnevale, o in altre occasioni, volete organizzare una festa a tema, ecco alcuni suggerimenti che spero possano esservi utili:

Abbigliamento e accessori.

Abbigliamento 1100-1200
Abbigliamento 1300-1400
Palio delle Contrade, Fucecchio (Fi)

Palio delle Contrade, Fucecchio (Fi)

Trucco e parrucco

Ambientazione

Musica

  • Carmina Burana – Carl Orff – (video): Zubin Mehta dirige per il Maggio Musicale Fiorentino l’opera di Carl Orff mentre nella evocativa abbazia rinascimentale di San Galgano illuminata da falò e torce vengono messe in scena azioni di teatro profano da artisti di strada: una evocazione immaginifica delle atmosfere medievali che accompagna la magistrale esecuzione musicale di Piazza della Signoria. (dramatic rendition)
  • Medievale
  • Rinascimentale

IL BANCHETTO

Alimentazione medievale

RICETTE
Medioevo, Rinascimento

PRIMI

Polpette di broccolo romanescoZuppa di cavolfiore e patatefrittelle cavolfioreriso cavolfiore

 

 

 

 

SECONDI

VERDURE

DOLCI

VARIE

Il banchetto rinascimentale e barocco era una complessa macchina conviviale e teatrale, oltre che gastronomica. Dietro le quinte, per così dire, si svolgeva il lavoro di preparazione e presentazione delle numerose portate, che implicava il concorso di specifiche professionalità. Per descrivere la “squadra”, anzi il piccolo esercito necessario per la messa in opera di cotanto evento ci serviremo di un celebre dipinto, le Nozze di Cana, dipinto da Paolo Veronese tra il 1562 e il 1563, esposto a Parigi nel museo del Louvre. In esso sono raffigurati infatti tutti personaggi che concorrevano alla realizzazione di un banchetto principesco come quello in cui il Veronese ambienta l’episodio evangelico.
Le Nozze di Cana, dipinto da Paolo Veronese tra il 1562 e il 1563, esposto a Parigi nel museo del Louvre.Veronese_ le nozze di cana _1563
Festa a tema in stile Medievale con menù
Di Larry Ferrante – Flickr, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1666133
Cristoforo da Messisbugo: Banchetti, compositioni di vivande et apparecchio generale

Cristoforo da Messisbugo: “Banchetti, compositioni di vivande et apparecchio generale”

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Cristoforo da Messisbugo (..-1548)
Maestro di casa

Ricette tratte dal volume di Cristoforo da Messisbugo:

“Banchetti, compositioni di vivande et apparecchio generale”.

Questo libro, comparso per la prima volta a Ferrara nel 1549 postumo, è il più fantasioso e completo tra i manuali gastronomici del Cinquecento. Le ricette in questo testo, rivelano un uso indiscriminato dello zucchero della cannella, di pinoli e dell’uva passa sparsi praticamente in ogni vivanda: dalla pasta, agli arrosti, ai pasticci e perfino nelle torte di anguilla. secondo il gusto per l’agrodolce del Rinascimento, quando lo zucchero era privilegio dei ricchi;veniva proposta la cucina romana d’Apico con la tendenza esasperata alle mescolanze e all’abbondanza delle spezie. La cucina Rinascimentale rivedeva la gastronomia classica e liberamente la reinterpretava.
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Il Messisburgo non va confuso con un capocuoco e nemmeno con gli artisti di gastronomia dell’epoca: era un gentiluomo, un dotto, un umanista che nella prima metà del 500 entrò nel favore della Corte degli Estensi. Intorno al cibo, la Corte ferrarese organizzava per gli ospiti spettacoli di livello eccelso e il tutto era orchestrato proprio dal Messisburgo. Viene ricordato il banchetto del 24 gennaio del 1529, in occasione delle nozze del principe Ercole con la figlia del re di Francia alla presenza di Isabella d’Este Gonzaga.

La lista delle vivande del famoso convittore e di pesce, fritti e carpioni, cotture in graticola e stufatti; uso disinvolto della pastasciutta, specialmente di tortelli diversamente ripieni.

Il tutto accompagnato da vini eccellenti.

Torta di bieta
“Prendi una buona manciata di bieta e ben lavata la triterai minuta e la porrai in un tegame con due libbre di buon formaggio duro ben grattato, una libbra e mezza di burro fresco, sei uova, pepe pestato, un pizzico di zenzero e cannella, se qualcuno vuole anche mezza libbra di zucchero, ma solitamente non si mette. Poi farai le due sfoglie di pasta, ben impastato il tuo battuto e unta la teglia con due once di burro fresco vi metterai una strato di pasta ed il battuto sopra. Poi gli porrai sopra l’altro strato di pasta, facendo il suo rotello intorno, sopra porrai quattro once di burro fuso. Poi cuocerai nel forno o sotto il testo. Quando sarà quasi cotta porrai sopra da tre a quattro once di zucchero”.

Per fare pollame con savore francese
Pulite un pollo e tagliatelo a pezzi piuttosto grossi. In una ciotola mescolate della farina con sale e pepe. Con questo composto infarinate bene il pollo. In una padella, scaldate abbondante olio e rosolatevi il pollo da ambo le parti per venti minuti e poi ancora per dieci minuti a recipiente scoperto. Togliete il pollo e lasciatelo riposare in un foglio di carta da macellaio. Dalla padella di cottura eliminate una parte dell’olio, aggiungete un po’ di farina, una buona presa di sale, pepate abbondantemente, fate vellutare ed infine unite del succo d’arancia e portate a bollore. Servite il pollo in tavola cosparso della salsa così ottenuta.

Mariconda alla ragonese
Pane raffermo,latte, burro, uova, grana,noce moscata, brodo di carne,sale,pepe
Preparazione
In un recipiente sbriciolate della mollica di pane raffermo e ricopritela di latte, lasciandola riposare. Sciogliete del burro in un tegame, aggiungete il pane ben strizzato dal latte, ponete sul fuoco, e fate asciugare avendo cura di mescolare il tutto. In una terrina mettete il pane, delle uova, grana grattugiato, noce moscata, sale e pepe, amalgamate bene il composto e lasciate riposare coprendo con un canovaccio. Scaldate del brodo di carne, quando alzerà il bollore prendete il composto a mezzo cucchiaio alla volta, e gettatelo nel liquido fino ad esaurimento. Cuocete per pochi minuti, travasate la minestra in una zuppiera, e servitela immediatamente con a parte del formaggio grattugiato. (In origine questo era un piatto dolce, nell’impasto del quale entravano zucchero, uvetta e cannella.)

fonte: taccuini storici.it

Interno di una cucina italiana, dal libro di cucina di Cristoforo da Messisbugo: Banchetti composizioni di vivande e apparecchio generale, 1549

Cristoforo da Messisbugo: Banchetti, compositioni di vivande et apparecchio generale
Sua maestà... la ZUCCA! Per fare zucche - Maestro Martino

Per fare zucche – Maestro Martino “Il Libro de Arte Coquinaria” sec. XV: Cap. II

 Maestro Martino: Capretto arrosto sapore XV sec. Ricette per Quadragesima (Quaresima) - Maestro Martino da Como 1450-60

 

Maestro Martino “Il Libro de Arte Coquinaria”

CAPITOLO II – PER FAR OGNI MANERA DE VIVANDE

Per fare zucche fritte.

Togli de le zucche et nettale bene. Et dapoi tagliale per traverso in fette sottili como la costa d’un coltello. Et dapoi gli fa’ trare solamente un boglio in acqua, et cacciale fore; et dapoi le poni a sciuttare. Et poneli de sopra un pocho pocho di sale et involtale in farina bella, et frigile in olio. Dapoi cacciale fore et togli un pocho di fiore de finocchio, un pocho d’aglio et di mollicha di pane; et pistali bene et distempera con agresto in modo che resti ben raro, et passa per la stamegnia, et getta questo tal sapore sopra le ditte zucche. Le quali etiamdio son bone ponendogli solamente di sopra agresto, et fior di finocchio. Et se voi che ‘l ditto sapore sia giallo mettevi un pocho di zafrano.

Per fare menestra de pome cotogne.

Sburlòn, liquore di mele cotogne

Mele e pere cotogne

Coci le poma cotogne in brodo di carne magra. Dapoi pistale e stemperale con latte de amandole facto con brodo di carne o di bon pollo grosso, se ‘l tempo il richiede; et passale per la stamegnia, et ponila in una pignatta con zuccharo, zenzevero, et cannella, et un pocho di zafrano; et ponila a bollire longi dal focho sopra la bragia che non pigile fume, et voltela spesso col cocchiaro. Et ponendogli un pocho de butiro o strutto frescho sarebbe migliore. Dapoi quando ti pare cotta fa’ le menestre, et punvi di sopra de le spetie dulci e del zuccharo


Per cocer zucche.

Mondale como vogliono essere, et poi cecile con brodo di carne, overo con acqua et mettevi un pocha de cipolla secundo la quantità che tu vorrai fare. Et quando parerà cotta cacciala fore, et passa ogni cosa per la cocchiara straforata, overo pistale molto bene, et metteli accocere in una pignatta con brodo grasso, et con un pocho d’agresto.

Et siano un pocho gialle di zafrano; et quando sono cotte toglile dal focho et lasciale un pocho refredare. Dapoi togli di rossi d’ova secundo la quantità et sbattili con un pocho di caso vecchio et gittagli in le ditte zucche menando continuamente col cocchiaro acciò che non si prendano : et fa’ le menestre et mectevi sopra spetie dolci.

Per fare zucche con lacte d’amandole.

Fa’ cocere le zucche con acqua et poi caccia fore l’acqua quanto più poterai, et passale per la stamegnia, o per la cocchiara forata et mittile a bollire con lo ditto lacte et con zuccharo, et con un pocho d’agresto secundo il gusto del patrone.

Per fare carabaze a la catalana.

Piglia le carabazze cioè le zucche, et nettale molto bene, et mittivi dentro in una pignatta che sia asciutta con bon lardo battuto, et mitti la ditta pignatta sopra la brascia remota dal focho et falla bollire menando continuamente col cocchiaro. Et vogliono bollire in questa forma per spatio de quattro hore. Et poi habi de bon brodo grasso facto giallo con un pocho di zafrano, et mittilo dentro giongendovi del zuccharo et de le spetie dolci con un pocho d’agresto secundo il gusto del tuo Signore, o d’altri. Et como dicemo di sopra nel primo capitolo de le zucche, gli poi mettere qualche rosso d’ovo battuto con un pocho di bon caso vecchio.

zucca

Per fare zucche – Maestro Martino 

libro cuoco anonimo veneziano

“Libro per cuoco” Anonimo VENEZIANO, sec.XIV – XV

Testo a cura di Giuliana Lomazzi – Giornalista specializzata in alimentazione e gastronomia.

“Cosa si cucinava nel ‘300? Ce lo racconta questo libro, che con l’Anonimo Toscano vanta il primato di essere tra i primi testi gastronomici in volgare. Con il tono dolce e altalenante del dialetto veneto, l’autore offre al nostro sguardo grandi tavolate dove le portate si susseguono profumatissime: pollastri stufati in latte di mandorle, agresto, datteri e zafferano; brodo di pollo aromatizzato con acqua di rose, mandorle, “zenzevro, garofali (chiodi di garofano), canella”, da zuccherare e servire in ciotole; triglie e lamprede, salse rigurgitanti di spezie o “herbe bone”, “rafioli, capreto, porcho”.
Ci sono anche torte salate “de late, de zuche secche, da faxolli freschi, d’agli, de gambari, de fongi, de herbe, de pesse”. Il nostro anonimo prepara pure frittelle di mele, di fiori di sambuco, di latte di mandorle e, soprattutto, le Fritelle da Imperadore magnifici, forse dedicate all’imperatore Federico II, detto Stupor mundi: contengono “chiara de l’ova e fete de formazo frescho, un pocho de farina e pignoli mondi”. Per realizzare la sua opera, l’Anonimo Veneziano sembrerebbe si sia ispirato a fonti prestigiose. Tra i suoi modelli il Liber de Coquina, o Libro di cucina (XIII-XIV secolo), considerato il più antico ricettario del Medioevo italiano e forse redatto alla corte angioina di Napoli. Altre ricette sono probabilmente ispirate alla cucina di corte di Federico II, che regnò a Palermo tra il 1220 e il 1250.”
RICETTE
cavolfiore fritto salsa-AGLIATA

SALSA AGLIATA da “Libro per cuoco” Anonimo VENEZIANO, sec. XIV-XV

Stampato per la prima volta nel 1899 con il titolo Libro della cucina del XIV secolo, comprende 135 ricette. A Firenze si trova un frammento di un manoscritto risalente presumibilmente al XIV sec. dal titolo Modo di cucinare et fare buone vivande e contenente 57 ricette. Pare che alcune di queste preparazioni siano del cuoco senese Niccolò de’ Salimbeni, al quale spettava la preparazione dei piatti per i banchetti dei “12 ghiotti”, anche noti come “la brigata godereccia” (o spendereccia).
  • E’ questo il primo testo gastronomico in volgare insieme all’Anonimo Toscano o Libro della cocina (XIV – XV sec.) che mostra punti di contatto con il Liber de coquina del XIII – XIV sec., presumibilmente compilato alla corte degli Angiò, a Napoli.
  • Il testo conobbe un’ampia difffusione ed ispirò grandi cuochi come il Plàtina e Maestro Martino.
  • L’ignoto autore non scrisse un libro di corte, destinato ai grandi cuochi, ma per la casa, per il cuoco domestico.
 slowfood.it aprile 2009

Cookaround.com.

III, AGLIATA. 1

Agliata a ogni carne, toy l’aglio e coxilo
sotto la braxa, poi pestalo bene e mitili aglio
crudo, e una molena de pan, e specie dolçe,
e brodo; e maxena ogni cossa insema e fala
unocho bolire e dala chalda.

In epoca moderna dovrebbe invece essere trascritta così:

SALSA AGLIATA

Prendi 2 teste di aglio e cuocile sotto le braci. Prendi 5 spicchi di aglio crudo, frullalo e mischialo con della mollica di pane, 2 pizzichi di spezie dolci (mix di cannella, noce moscata e zenzero) e un mestolino di brodo di verdura tiepido. Mescola tutto nel bicchiere del mixer . Spella l’aglio abbrustolito e metti tutto nel mixer e trita finemente. Scalda il composto e servilo caldo aggiustando all’ultimo il sale.

Per ottenere questa ricetta trascritta è stato necessario riprodurre la ricetta in cucina e tentare con diverse proporzioni di ricreare un sapore che si adattasse anche alle nostre papille. Di conseguenza riportare alla luce le ricette dal 1200 in avanti è un lavoro non solo di pazienza per la traduzione, ma anche consiste in una serie infinita di prove e di assaggi, che non ricreano esattamente quali erano i sapori a cui erano avvezzi nei 1300, ma sono dei tentativi di adattamento all’epoca moderna. Cookaround.com.

 La brigata godereccia
Siena, metà del Duecento. Dodici giovani di famiglia ricca danno vita alla “brigata”, ripromettendosi di sperperare tutto il proprio danaro in gozzoviglie. Ci riuscirono, dilapidando 216.000 fiorini in due anni, l’equivalente di 12-15 milioni di €uro. Scrissero di loro Cavalcanti, Boccaccio e Dante. Si legge nella Divina Commedia, Inferno XXIX,128: “Niccolò de’ Salimbeni che la costuma ricca del garofano prima discoperse”. Ciò in quanto, al tempo era noto per la passione smodata per il costosissimo chiodo di garofano. Si diceva cuocesse le carni sopra braci prodotte con questa spezia. Ai 12 ghiotti sono dedicate nel libro per cuoco alcune ricette.
“Se tu voy fare mandolata cocta per XII persone, toy tre libre de mandole, e toy meza libra de zucharo”. Slowfood.it
 
Leggi anche

libro cuoco anonimo veneziano

marmella fare sapor celeste de estate...

Maestro Martino da Como, Per fare sapor celeste de estate…

Libro de Arte Coquinaria, 1450-60 Capitolo III

Per far ogni sapore: le MORE

Maestro Martino da Como, Per fare sapor celeste de estate

Per fare sapor celeste de estate.
Piglia de li moroni salvatiche che nascono in le fratte,
et un poche de amandole
ben piste, con un pocho di zenzevero.
Et queste cose distemperarai con
agresto¹ et passarale per la stamegnia.

Mescola more di rovo con qualche mandorla ben schiacciata e un pizzico di zenzero. Unisci il tutto a dell’agresto e passa al colino.

  • ¹AGRESTO: conserva acidula a base di mosto (leggi)
  • ²Stamegnia: colino o setaccio fine

more maestro martino (2)
Per fare sapor de moroni.
Habi dell’amandole monde et piste bene con un pocha di mollicha di pane biancho.
Et piglia li ditti moroni, et macina con diligentia ogni cosa inseme.
Et non gli dare colpo né pistare, per non rompere quelli granelli piccini
che hanno dentro; poi gli mecti de la cannella, del zenzevero
et un pocho di noce moscata. Et ogni cosa passa per la stamegnia.

Schiaccia bene delle mandorle con un po’ di mollica di pane bianco. Aggiungi le more e mescola tutto senza schiacciare per non disfarle. Unisci cannella, zenzero e un po’ di noce moscata. Passa tutto al colino.

more maestro martino
maestro martino libri

Maestro Martino da Como, Per fare sapor celeste de estate
Ricette medievali magiche e afrodisiache

Ricette medievali magiche e afrodisiache

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Il gusto dell’epoca medievale prediligeva la sovrapposizione dei sapori, tipico il caso dell’agrodolce, e il largo uso dello zucchero e delle spezie. Durante i banchetti poi, venivano messe in tavola diverse portate ognuna composta da numerosi piatti senza distinzione di primi, secondi, ecc. ci poteva essere della carne e poi della frutta candita, poi delle lasagne e così via. L’acqua non si beveva, soprattutto perchè era difficile trovarla “pura”, non c’era l’inquinamento chimico ma c’era invece quello organico, in assenza di fogne tutti scaricavano tutto nei corsi d’acqua.Quindi per salvaguardare la salute si preferiva bere del vino annacquato, che almeno conteneva qualche elemento “disinfettante”. Non si sa poi se ci fossero i tovaglioli , ma dato che i manuali di galateo raccomandavano di non pulirsi le mani sulla tovaglia o sui vestiti, si desume che ci fossero o comunque qualcosa che assolvesse alla funzione di pulirsi le mani. In ogni caso spesso c’erano dei bacili contenenti acqua per lavarsi le mani. Durante i pasti medievali, ogni invitato aveva davanti a se del pane a forma di piatto che aveva proprio la funzione di contenere il cibo e raccogliere eventuali sughi. Per quel che riguarda l’altro apparecchio da tavola ciascuno aveva il suo coltello, ma doveva condividere tutto il resto, ad esempio il bicchiere, con il suo vicino.
da Ricette medievali

Primo Servizio
Frictelle di foglie di salvia
Strappatelli

Secondo Servizio
Maccaroni romaneschi
Maccaroni in altro modo
Polenta di miglio
 
Terzo Servizio
Figatelli de porcho
Brasciole de carne de vitello
Limonia
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Quarto Servizio
Frictelle piene di vento
Per fare sapor celeste de estate.
.
Bevande
Vino speziato
Acquarosa

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Frictelle di foglie di salvia
Piglia un poco di fiore di farina, e distemperala con ova et zuccaro,
et un poca di canella et zafrano
perchè sia gialla; et habi de le foglie de salvia integre,
et ad una ad una l’integnirai o involterai in questa tale
compositione, frigendole nel strutto o in bono olio.
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Maccaroni romaneschi
Piglia de la farina che sia bella, et distemperala et fa’ la pasta
un pocho più grossa che quella de le lasangne,
et avoltola intorno ad un bastone. Et dapoi caccia fore il bastone,
et tagliala la pasta larga un dito piccolo,
et resterà in modo de bindelle, overo stringhe. Et mitteli accocere
in brodo grasso, overo in acqua secundo il tempo.
Et vole bollire quando gli metti accocere.
Et se tu gli coci in acqua mettevi del butiro frescho, et pocho sale.
Et como sonno cotti mittili in piattelli
con bono caso, et butiro, et spetie dolci.

Per fare maccaroni in altro modo
Fa’ la pasta nel modo sopraditto.
Et similemente li farrai cocere mettendogli li fornimenti sopra scripti
facendo la pasta un pocho più grossa et tagliata molto menuta et sottile;
et si chiamano triti o formentine.

Per fare figatelli de vitello, o di pollastri, o di porcho, o d’altro animale
Se sonno de vitello, tagliali in pezzi como una noce,
et imbratali di sale, di finocchio, et di spetie dolci;
et infasciali in rete di porcho, o di vitello, et meglio di capretto,
et poneli accocere nel speto,
et non vogliono essere troppo cotti.

Brasciole de carne de vitello
Togli la carne magra di la cossa et tagliala in fette sottili
ma non troppo et battile bene con la costa del coltello.
Dapoi togli sale et finocchio et ponili sopra ad ogni
canto de le ditte fette, poi mittele in sopprescia
per spatio de meza hora se tu hai el tempo.
Et da poi ponile arrostire sopra la graticola,
voltandole secundo lo bisogno, et tenendogli
continuamente una fetta di lardo di sopra per tenerle humide.
Et queste tal brasole deveno esser non troppo cotte,
et magnate subito così calde calde, et darate
bono gusto et bono appetito de bevere.

Frictelle piene di vento
Togli del fiore di farina et d’acqua di sale e del zuccaro;
distempererai questa farina facendone una pasta
che non sia troppo dura, et falla sottile a modo di far lasagne;
et distesa la dita pasta sopra ad una tavola, con una forma di legno tonda
ovvero con un bicchiero la tagliarai frigendola in bono olio.
Et guarda non ti vinisse bucata in niun loco, et a questo modo
si gonfiaranno le frittelle, che pareranno piene, et saranno vote.
Per fare sapor celeste de estate.
Piglia de li moroni salvatiche che nascono in le fratte,
et un poche de amandole
ben piste, con un pocho di zenzevero.
Et queste cose distemperarai con
agresto et passarale per la stamegni

Maestro Martino da Como

Ricette magiche e afrodisiache
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Savor Foco de Drago
Prendi garofano, cinnamono, zenzero, nocciole pellate;
susa cenere calda e un pocho de molena
de pan e zucharo: pesta queste cosse insieme un pocho e maxena con aceto.
Miscuglio di Venere
Toy de pevere onza una e una de cinamo e una de zenzevro
e mezo quarto de garofali e un quarto de zafferano.
Torta de gambari vantaggiata
Toy gambari, alessi e trane la polpa e toy alquante
herbe bone e bati bene e miti brodo de amandole
e specie fine e uva; passa e fay torta sutile entro
do croste e de sovra vuole essere potente de specie dolce e
de uva passa e dentro vole essere ben zalla.
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Malìe e incantesimi per conquistare l’amore di una donna

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… compie molte e diverse malie onde possedere le donne […]
col metodo del pepe e del sale,
cio «ponendo dictum piper et sale in ignem (nel fuoco) et dicendo:
Cos arda il cuore di Monna
cotale come fa questo pepe e questo sale nel mio amore,
e facendo inoltre altre malie e fatture
per procacciarsi l’amore delle femmine scrivendo
il nome di alcuni diavoli su foglie di pervinca
o di lauro, come Belzeb, Babul e Baldasar,
e facendo con esse foglie frittelle da dar da mangiare
alle donne da concupire»

Bibliografia:
[1] Tacuinum medioevale, Alieno Editrice di Augusto Tocci e Alex Revelli
[2] @ L’Unicorno, Accademia Jaufr Rudel di studi medievali, 1993
Ricette medievali magiche e afrodisiache
Grandi banchetti al castello

Grandi banchetti al castello

Il banchetto nella pineta. Nastagio degli Onesti III ep.
E’ un dipinto a tempera su tavola (82×142 cm) di Sandro Botticelli, databile al 1483 e conservato nel Museo del Prado di Madrid. La tavola fa parte di una serie di quattro pannelli, forse commissionati da Lorenzo il Magnifico per farne dono a Giannozzo Pucci in occasione del suo matrimonio con Lucrezia Bini. Raffigura il banchetto nella pineta a cui Nastalgio ha invitato la figlia di messer Paolo Traversari, da lui amata senza essere corrisposto. Alla fanciulla e agli invitati, colmi di terrore, appare il cavaliere che insegue con i cani la fanciulla ignuda che gli si era rifiutata. Nastagio, in piedi, rivolto verso l’amata allargale braccia con gesto dimostrativo.

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XII sec. Ricevimento al castello feudale

  • La grande sala era abbellita con tovaglie e cuscini ricamati e al riverbero delle fiamme del cammino, gli ospiti incoronati di fiori sedevano intorno a lunghi tavoli.
    Dalle cucine, poste in edifici separati dall’aula comitis per evitare gli incendi, arrivavano sulla mensa signorile cinghiali, cervi, pollame, montoni misti a verdure, cotti allo spiedo dopo una rapida bollitura e trionfanti su enormi piatti d’argento che testimoniavano la ricchezza del casato; la vivanda più apprezzata era i piccioni il cui allevamento era appannaggio dei signori. A fine pasto si sgranocchiavano pasticcini al miele e frutta secca importata da paesi lontani che incideva pesantemente sul bilancio. L’altra spesa considerevole della tavola feudale erano le spezie mutuate dalla tradizione romana: zenzero, cannella, zafferano e grandi quantità di pepe che davano ai sapori altrimenti piuttosto monotoni.
    La panetteria del castello cuoceva pane di frumento solo per la tavola del Signore.

Nel giugno del 1469, in occasione del suo matrimonio con Clarice Orsini,

  • Lorenzo il Magnifico fece distribuire ai fiorentini dal palazzo di via Larga i doni alimentari che aveva ricevuto; il giorno della cerimonia non furono elargiti al popolo degli avanzi, ma 1500 taglieri di gelatina e polli, pesci, confetti e altre ghiottonerie appositamente confezionate.
    Ai conviti di famiglia erano di rigore le buone maniere e la più assoluta pulizia; i vasi, i candelieri, l’argenteria erano scelti per il loro valore artistico; in controtendenza rispetto alle altre corti, i cuochi dei Medici diretti dalle padrone di casa non si sbizzarrivano in artifici sgradevoli al palato, ma utilizzavano, rigorosamente, prodotti genuini della regione per piatti della tradizione toscana, spesso di derivazione popolare.

Nel 1505 il cardinale Grimani offerse a Roma, a palazzo Venezia un convito in musica agli ambasciatori di Venezia

  • che furono accolti con pifferi e tamburi. Le trombe introdussero conserve confetture, mentre piatti d’oro e d’argento colmi di biscotti e pinoli apparvero al suono delle arpe. Dopo una zuppa di latte e vassoi di teste di capriolo, le tube annunciarono 64 portate di polli in salsa catalana e i piatti degli arrosti e dei fagiani volteggiarono in sala sulle armonie delle viole. Col dessert di panna montata e marzapane si accompagnarono le danze di una giovane araba e una più ingenua recita di bambini.

Il 13 settembre del 1513 la Roma di Papa Leone X Medici, noto buongustaio, festeggiò la nomina a patrizio del nipote Giuliano

  • con un banchetto solenne in Campidoglio. La tavola che accoglieva 20 sceltissimi convitati, troneggiava su un soppalco al centro della piazza, mentre intorno era stata eretta una gradinata a semicerchio per la folla che assisteva allo spettacolo. Quando, al passaggio dei bacili di acqua odorosa, gli ospiti dispiegarono i tovaglioli bianchissimi per asciugare le mani, si liberò un volo di uccelletti che rimasero a saltellare sulla tavola. L’abbondanza era tale, narrano i cronisti, che convitati presero a gettarsi l’un l’altro le portate e infine si videro capretti, fagiani, porcellini e pernici volare verso le tribune e insozzare la piazza.

Nel 1574 Venezia accolse Enrico III di Francia, figlio di Caterina dei Medici con grandi festeggiamenti

  • che culminarono la domenica in un banchetto offerto nella sala del Maggior Consiglio.
    Enrico III fu accolto dalle 200 più belle patrizie di Venezia vestite di bianco e coperte di gioielli. La tavola si presentava ornata di sculture di zucchero progettate dal Sansavino: c’erano due leoni, una regina a cavallo tra due tigri e Davide e San Marco tra immagini di re e papi, e animali, piante, frutti. Erano di zucchero la tovaglia, i tovaglioli¹, il pane, i piatti e le posate. Quando Enrico III fece per spiegare il tovagliolo¹,
    se lo sentì sbriciolare tra le dita. Dopo questa visita Enrico III impose in Francia l’uso della forchetta individuale.

Nel marzo del 1593, accogliendo i figli del duca Guglielmo di Baviera, Roma rinnovò i fasti trascorsi

  • anzi li superò, perché alle 1.000 persone ammesse in Castel Sant’Angelo la tavola d’onore apparve, tra gli stemmi del pontefice e dei principi tedeschi, letteralmente coperta d’oro. Quattro pavoni bianchi con la coda a ruota e un collare d’oro e perle si alternavano a quattro fagiani dalle penne tempestate di gocce d’oro tremolanti e a tre leoni di pasta reale dorata; dorati erano anche i pasticci freddi a forma di aquile, leoni e tigri. Al termine del pranzo fu portato in sala un modello di pasta di Castel Sant’Angelo, da cui uscirono pernici e uccelletti vivi che reggevano sul capino coroncine d’oro e dietro loro apparve un toro meccanico, ovviamente dorato, che camminava da solo.

 A tavola con la storia di M. L. Minarelli

 ¹Il tovagliolo, che inizialmente si chiamava “truccabocca”, inizia ad essere utilizzato a tavola nel Rinascimento. Questo accessorio nasce come mezzo di purificazione delle dita sporche di cibo e per pulirsi la bocca prima di bere dal bicchiere comune. I galatei dell’epoca raccomandano di non usare il tovagliolo per pulirsi il viso, i denti o per soffiarsi il naso. Quando le posate sono in cumune tra i commensali, viene anche utilizzato per pulirle prima di porgerle agli altri commensali. Il tovagliolo viene portato sulla spalla o sul braccio sinistro perchè si usa mettere nei piatti comuni la mano destra.

 Leggi anche

 Il matrimonio di Caterina ed Enrico. Affresco del Vasari realizzato diciassette anni dopo la cerimonia
 Grandi banchetti al castello

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Di Sandro Botticelli – http://www.museodelprado.es, Pubblico dominio,
Banchetto per le nozze di Ercole d'Este

A.D. 1529 – Banchetto per le nozze di Ercole d’Este

Sandro Botticelli, Il banchetto di Nozze di Nastagio degli Onesti, 1483 – Firenze, Palazzo Pucci

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Ferrara 24 gennaio del 1529, Nozze del principe Ercole d’Este con la figlia del re di Francia alla presenza di Isabella d’Este Gonzaga.

Maestro di casa: Cristoforo da Messisburgo.

Descrizione delle tavole e dei luoghi.

C’erano due tavole:
una per il padrone, sua moglie e la marchesa di Mantova; l’altra per gli altri 104 ospiti. Su queste due tavole furono disposte: 25 saline d’ argento,
104 salviette, altrettanti coltelli, pani al latte, piccole caraffe con latte zuccherato e bacinelle con acqua profumata! Nel soffitto vennero appesi 48 doppieri di cera bianca. Per le operazioni di servizio furono apparecchiate 3 tavole per i credenzieri e 2 per i buttiglieri, con ogni vino pregiato, per il piacere dei sommelier. Vennero poste sulla mensa 25 figure di zucchero, rappresentanti le forze d’Ercole che vinsero il Leone. Erano grandi più di due palmi e mezzo, dorate e dipinte, con le carnagioni che parevano vive, rimasero sulla tavola fino a quando non fu tolta la prima tovaglia. Su di essa furono poste, in 104 piattini e in 25 piatti più grandi: insalata di capperi, tartufi e uva passa; insalata d’indivia, radicchio e cedri; insalata d’acciughe; ravanelli grossi lavorati d’intaglio e ravanelli piccoli interi; sfogliatelle con panna; fette di prosciutto e di lingua di manzo fritte con sopra zucchero e cannella; orate in carpione con foglie di lauro.
Al suono delle trombe gli invitati entrarono nella sala del banchetto e, dopo i lavacri con acqua profumata, presero posto alla mensa. Ebbe inizio la cena vera e propria, composta da 8 vivande multiple (per vivanda si intendeva ciò che ai giorni nostri sarebbe considerato un pranzo pantagruelico, cioè ricco). Per ogni vivanda cambiava il genere d’intrattenimento: musiche con vari strumenti, canti solisti, dialoghi a più voci accompagnati dal flauto, dalla viola e dal trombone.

Lista delle vivande

I vivanda
Involtini di polpa di cappone fritti e ricoperti di zucchero; quaglie, polpette e fegati di cappone arrostiti; fagiani arrostiti con arance spaccate; zuppa di cipolle con sfogliatelle di pinoli; code di trote in carpione con limoni tagliati, barbi fritti; anguille in pasta reale; dentici in brodetto.

II vivanda
Polpettoni ripieni accompagnati da salsicce bianche in padella; animelle di vitell fritte e spolverate di zucchero e cannella; capponi alla tedesca in vino dolce con macis; pasticci casalinghi di piccioni; carpioni fritti; rombi in pezzi; code e zampe di gamberoni fritte con aceto sopra; pasticci d’uova di trota; pastine di mandorle alla napoletana.

III vivanda
Pernici arrosto con salsa reale; conigli, tortore e capponi ripieni alla lombarda; piccioni casalinghi ripieni con cedri tagliati; le parti migliori di alcuni pesci arrostite, con zucchero e cannella; pesciolini fritti coperti di salsa dolce con pinoli canditi; trota in brodetto alla comacchiese; lamprede arrosto con salsa; tortine di castagne.

IV vivanda
Capretti ripieni arrostiti; capponi in pasta; piccioni ripieni alla lombarda; arrosto con salsa francese; lucci al sale ricoperti di salsa gialla, trote al vino alla ungherese con fette di pane; rombi fritti, coperti di salsa e mostarda; sarde fritte con arance e zucchero; pasticci di pasta reale ripieni di riso alla turca, fritti e ricoperti di zucchero.

V vivanda
Piccioni casalinghi a pezzi; pernici in brodo grasso; lombata di manzo arrosto con salsa alla tedesca; porchette di latte arrosto; barbi alla griglia con salsa; passerotti fritti caldi con arance sopra; aguglie fritte; tortine di frumento all’anice e canditi; pasticcio di vitello giovane.

VI vivanda
Lombate di vitello arrosto con salsa alle amarene; pavoni cucinati in brodo bollente; caprioli con salsa, zuppa nera con mandorle candite; pasticcini di pasta reale ripieni di uova, formaggio e zucchero; salsa di pavone; carponi all’aceto; orate alla griglia con prezzemolo e cipolline, speziate e soffritte nel burro.

VII vivanda
Pasticci di pere; gelatina torbida di polpe di fagiani, pernici e capponi; gelatina bianca di luccio; finocchi in aceto;
olive di Spagna; uova fresche, pere e mele; formaggio parmigiano; cardi con pere e sale.

VIII vivanda
Ostriche, arance e pere; lattemiele; cialdoni; albume d’uovo sbattuto in coppe.

fonte: “A tavola con la storia di M.L.Minarelli e “A tavola con gli amici”
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Di Sandro Botticelli – Web Gallery of Art:   Image  Info about artwork, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1133780
Torta con i fiori sambuco

Menestra de fior de sambuco – Maestro Martino da Como

 Libro de Arte Coquinaria, 1450-60

Capitolo II

Per fare menestra¹ de fior de sambuco

Per farne dudici menestre in tempo quadragesimale prendiraiSciroppo di fiori di sambuco
una libra et meza di amandole monde et pistale bene como è ditto di sopra.
Et prenderai tre once di fiori di sambucho quando è secco.
Et prima tenerailo a moglio in acqua frescha per spatio de una hora
strengendo et premendo fore l’acqua. Et de li dicti fiori pistarane
la mità con le mandole agiongendovi la mollicha d’un pane biancho,
et meza libra di zuccharo, con un pocho de zenzevero.
Et se voi che sia giallo vi mitterai un pocho di zafrano, et tutto
il passarai per la stamegna²; et mettiralo accocere como è ditto in l’altro
capitolo precedente. Et posto al focho ve mettirai di sopra quell’altra
mità di fiori sopra scripti così integri. Et quando sia cotta a sufficientia
farai le menestre mectendogli di sopra de bone spetie dolci.
Et se a tempo di carne vorrai fare la dicta menestra gli metterai tre
rossi d’ova, et distemperarala con brodo di pollo grosso, o altro bon brodo,
passandola per la stamegna, et mettendogli il zuccharo con le altre spetie
con i fiori integri como è ditto di sopra. Ma nota quando che sia meza cotta
da giongervi doi once de bono strutto, o di butiro frescho.

  • ¹Menestra = pietanza
  • ²La stamigna o stamina è tessuto ad armatura tela con fili radi, di mano molle e medio peso. Trova utilizzo in cucina come filtro o colino, con la sua trama rada riesce a chiarificare un liquido, filtrare i grumi e le impurità, si usa per passare le salse.
Menestra de fior de sambuco – Maestro Martino da Como
 
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