Apparecchiare decorare la tavola CARNEVALE

« Al Lovarìe », le Ghiottonerie di Carnevale nella Romagna di inizio ‘900

Nel mattino del giovedì, del sabato, della domenica, del lunedì e del martedì di Carnevale, con Licenza dei Superiori, si vendevano in molte città e paesi murati della Romagna su panchette (piccole panche) messe in lunga fila, le «lovarie dei giorni grassi» che alcune di queste molte famiglie per risparmio o per sentir questa festa grande, facevano però anche entro le loro cucine.

Le panchette, «con addobbi giulivi» di nastri e cordelle di seta, festoni e fiori di carta, ponevano in bella mostra per i clienti queste vivande:

Il popolo girava, guardava, comprava, mangiava; le pance si tiravano, le tasche dei corsetti (panciotti) si vuotavano e tutti davano fondo ai risparmi perchè dovunque domani era Quaresima e in ogni casa il paiolo veniva attaccato alla chiodella di una trave nella camera del fuoco e avrebbe bollito ancora nel camino solamente all’alba del mattino del giorno di Pasqua.

In ogni dove si mangiava, si beveva, si cantava, si ballava, si rideva perchè non vi fossero carestie, morbi, flagelli, morìe, ladri e divise straniere, perchè il Carnevale, re di tutte le feste, allora sarebbe diventato lutto.

Il primo giorno di Quaresima, chiamato anche delle Ceneri, è detto in Romagna, scherzosamente «San Grugnone», perchè essendo finito il Carnevale, la maggior parte delle persone è triste ed imbronciata.

“Cucinario di una vecchia famiglia nobiliare”: Menù per festività e ricorrenze con oltre 350 ricette raccolti in un cucinario di una vecchia famiglia nobiliare romagnola che il rampollo Giovanni Manzoni ha svelato in questo libro ricco di suggerimenti e leccornie. Tra le ricette più selezionate ben otto modi di fare i cappelletti romagnoli ed altrettanti per i tortellini bolognesi con tanto di brodo doc per palati fini. Da citare la polenta alla Manzoni che riporta gli antichi sapori nostrani, poi per sbizzarrirsi si può provare a cucinare altre ricette che si adattano a qualsiasi piatto ed accostamento di cibi. Lugo di Romagna 1985

Costumi femminili da maschera per il Carnevale di inizio ‘900

Leggiadre Madonne et baldi Messeri, udite! Festa a tema in stile Medievale con ricette

Ave populus! Festa a tema in stile Antica Roma con menù

Ricette anni ’80 per una festa a tema.

Mangiari di SAN GRUGNONE delle famiglie nobiliari ravennati di inizio ‘900

 

Lampredotto (o trippa) in umido

Lampredotto (o trippa) in umido, ricetta di Artusi

Avete mai mangiato un panino con il “LAMPREDOTTO” ?.
Solo se siete stati a Firenze l’avete potuto mangiare. A Firenze è una cosa tipica con radici antiche, quando Trippa, Testina, Poppa e Zampa di vitello mettevano a disposizione della povera gente un po’ di proteine a buon mercato. I fiorentini hanno sempre fatto di necessità virtù ed hanno saputo utilizzare questi prodotti per preparare delle gustosissime pietanze. In tutte le piazze di Firenze c’è il banchino del Trippaio, dove i fiorentini, ma ora anche i turisti, possono gustare un bel panino con il Lampredotto, condito con salsa verdi e o salsa piccante. Il lampredotto è una delle parti dello stomaco dei bovino (ruminanti), la parte più compatta e più magra, cotta in un brodo al quale si aggiungono tutti gli odori e del pomodoro. Il Trippaio ne tira fuori un pezzo dal pentolone sempre in caldo lo tagliuzza sopra il tagliere e lo mette nel panino metà del quale viene inzuppato nel brodo, sale, pepe, salsa verde o piccante, un bicchiere di Chianti e buon appetito.

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₃₃₁ TRIPPA COL SUGO

«La trippa, comunque cucinata e condita, è sempre un piatto ordinario. La giudico poco confacente agli stomachi deboli e delicati, meno forse quella cucinata dai Milanesi, i quali hanno trovato modo di renderla tenera e leggiera, non che quella alla côrsa che vi descriverò più sotto.

In alcune città si vende lessata e questo fa comodo; non trovandola tale, lessatela in casa e preferite quella grossa cordonata. Lessata che sia, tagliatela a strisce larghe mezzo dito ed asciugatela fra le pieghe di un canovaccio. Mettetela poi in una casseruola a soffriggere nel burro e quando lo avrà tirato, aggiungete sugo di carne o, non avendo questo, sugo di pomodoro; conditela con sale e pepe, tiratela a cottura più che potete e quando siete per levarla, gettateci un pizzico di parmigiano.»

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Lampredotto (o trippa) in umido
 Lampredòtto sm.
Piatto a base di un particolare tipo di trippa venduto specialmente presso le bancarelle dei trippai; viene servito, anche come imbottitura di panino, lessato e condito con sale e pepe (e l’eventuale aggiunta di salse). GB Quella parte delle budella degli animali da macello che si dà specialmente a mangiare ai gatti I’ lampredotto l’era… coso, bono i’ lampredotto! L’è bono ancora! L’è la parte dell’intestino, la pancia, ’nsomma. I’ lampredotto l’è un coso, l’è un…una parte della trippa. Capito? Dell’intestino. (R: Si dà ai gatti?) No, no, si mangia noi. E bono, anche. Lampredotto, centopelle, trippa… Uh! I’ lampredotto, la un l’ha ma’ mangiato’? Da Nerbone [noto rivenditore di panini con lampredotto situato all’interno del Mercato Centrale di Firenze] È una bellezza! Ora è un po’ caldo magari… (R: qui c’è scritto che si dà ai gatti): quello, quello ognuno può dì icché vole! Ora, i’ lampredotto ora non lo consiglierei, uno non l’apprezza perché ora è caldo – no? – perché questi son mangiari, questi lampre, da mangialli d’inverno, quand’è freddo – no? – così: Mi dà un panino coi’ lampredotto? (Il venditore) Tira su dalla pentola che bolle, bruum, arriva questo qui, co una mano gli leva la midolla ai’ panino: Sale e pepe? / Sì. Da leccass’ i baffi. È l’ultima parte dell’intestino tenue.
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Le cronache parlano delle “trippe” già nel Quattrocento, raccontando di botteghe fumose, a pochi passi dall’Arno, dove si bollivano e si vendevano le interiora per pochi centesimi. A quei tempi la parola “fame” aveva un significato; trippa e lampredotto rappresentavano una concreta risposta ai brontolii dello stomaco. Proteine a buon mercato che il popolino nel corso dei secoli rese più appetibili e gustose elaborando ricette fantasiose.
Ma anche in Lombardia, a Roma al Testaccio la trippa è regina delle tavole popolari. Poi i nostri vanno in giro per il mondo e influenzano anche le cucine locali. El mondongo diventa la sintesi della trippa in SudAmerica. A Firenze, un discorso a parte meritano trippa e lampredotto.
«Quelle trippe che a nominarle io vengo meno», scriveva Francesco Becucci, detto il Coppetta, nel suo libro In lode dell’Hosteria. Vecchie osterie fiorentine dai nomi pittoreschi come «Beppe Sudicio», «Gigi Porco» che esponevano menu ante litteram, cartelli alla semplice, scritti a zampa di gallina su carta gialla: «Venerdì-baccalà e Sabato-trippa». Un piatto di trippa e zampa te lo serviranno sempre, così gustoso che a suo tempo scriveva Pietro Aretino: «Io credo che l’autore di tal cose sia un fiorentino […] loro han capito tutti i punti con che la cocina invoglia lo svogliato».
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 Di Lucarelli (Opera propria) [CC BY-SA 3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0) o GFDLDi Lucarelli (Opera propria) [CC BY-SA 3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0) o GFDL (http://www.gnu.org/copyleft/fdl.html)], attraverso Wikimedia Commons Di This illustration was made by louis-garden Please credit this : louis-garden An email to  Louis-garden or a message here would be appreciated too.