Piadina della Madonna del Fuoco di Forlì

4 febbraio – Piadina della Madonna del Fuoco di Forlì, Romagna

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Il 4 febbraio si celebra a Forlì la festa del Patrono: la Beata Vergine del Fuoco (o Madonna del Fuoco).
Le origini di questo culto sono antiche. La storia narra che nella notte fra il 4 e il 5 febbraio 1428 si sviluppò un furioso incendio nella scuola pubblica gestita da Mastro Lombardino da Riopetroso. Le fiamme distrussero completamente l’edificio ad eccezione del muro su cui era appesa una piccola xilografia su carta raffigurante la Vergine col Bambino. Subito si gridò al miracolo e la domenica successiva, 8 febbraio, l’immagine fu portata con una solenne processione in Cattedrale.
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La devozione popolare aumentò tanto da eleggere la Madonna del Fuoco a patrona della città. Nel 1619 iniziarono i lavori della attuale cappella per dare una sistemazione più consona all’immagine della patrona, che dal 1428 era conservata nella cappella di S. Bartolomeo. La traslazione dell’immagine avvenne, con solenni festeggiamenti, il 20 ottobre 1636. Il progetto è dell’architetto faentino Domenico Paganelli (1545-1624). Particolare è la cupola sormontata da una lanterna, al cui impianto decorativo collaborò anche Guido Cagnacci (le cui tele ora sono in pinacoteca). Gli affreschi che si ammirano attualmente si devono a Carlo Cignani (1628-1719).
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La festa del 4 febbraio è sempre stata molto sentita dai forlivesi (una delle pochissime occasioni – o l’unica – in cui i festeggiamenti saltarono fu il 4 febbraio 1797, a causa dell’ingresso in città del generale Napoleone Bonaparte, vittorioso dalla battaglia del Senio). Numerosissime bancarelle rallegrano la piazza del Duomo e le zone limitrofe.
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Tipico è un dolce: la “piadina della Madonna del Fuoco“, una focaccia dolce insaporita con semi d’anice che ricorda la distribuzione di pane, durante un periodo di carestia, impastato con la farina acquistata con il ricavato della vendita del Tesoro della Madonna del Fuoco, formato dai doni votivi fatti dai fedeli per le grazie ricevute invocando Maria nella sua manifestazione di Beata Vergine del Fuoco.. Inoltre è tradizione apporre alle finestre delle case dei lumini.
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Focaccia dolce all’anice 
Ricetta di elenuccia75

 Ingredienti e dosi
  • 500 g farina (io uso la manitoba),
  • 1/2 cubetto di lievito di birra,
  • 2 uova,
  • 100 g zucchero,
  • 100 g burro,
  • 15 g semi di anice,
  • 200 ml circa di latte
Preparazione
  • Sciogliere il lievito in 100 ml di latte tiepido a cui si è aggiunto un cucchiaino di zucchero e mescolare il tutto in una terrina con 100 g di farina. Lasciare lievitare per un paio d’ore.
  • A questo punto fare la fontana con la restante farina, aggiungere lo zucchero, il burro, le uova, l’anice e l’impasto di farina e lievito precedentemente preparato.
  • Impastare e aggiungere latte quanto basta in modo da ottenere un impasto bello liscio ed elastico ma non troppo morbido.
  • Lasciare lievitare altre 3 ore in modo che l’impasto raddoppi il suo volume (io lo metto dentro il forno spento in modo che stia al calduccio).
  • Riprendere l’impasto, sgonfiarlo e dividetelo in una quindicina di palline.
  • Stendere ogni pallina ad uno spessore di circa mezzo centimetro, lasciare rilievitare le focaccine per un’altra ora.
  • Spennellare il centro delle focaccine con un po’ di acqua e spolverizzare con zucchero semolato.
  • Cuocere in forno statico a 180 per circa 25 minuti o comunque finchè non diventano rosate. Io ho riempito due teglie e ho fatto due infornate successive, altrimenti se si vogliono cuocere contemporaneamente credo che vada meglio usare il ventilato.

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Cronaca di Giovanni di Mastro Pedrino sulla Madonna del Fuoco.

Giovanni Merlini (detto Giovanni di Mastro Pedrino Depintore o più semplicemente Giovanni di Mastro Pedrino. Forlì1390-1465 ca) era uno dei principali cronisti della storia forlivese tra ‘400 e ‘500.

Pagina della Cronaca di Giovanni di Mastro Pedrino relativa alla descrizione del prodigioso evento

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Piadina della Madonna del Fuoco di Forlì
Pita

Pita o pane arabo

Avgolemono (salsa uovo-limone-brodo) con pita at Athenian Grill, Suisun City, California
La pita (in greco πίτα, in ebraico פִּתָּה o פיתה, in arabo كماج) è un tipo di pane piatto lievitato, rotondo, a base di farina di grano. La pita, insieme ad altri tipi di pane, è un cibo tradizionale delle cucine del Medio Oriente e del Mediterraneo, dal Nord Africa all’Afghanistan. Viene anche chiamata pane arabo, siriano o libanese, specialmente nel mondo arabo e nelle zone a consistente popolazione araba.
In Grecia, la pita si mangia da secoli con varie salse quale il Tzatziki, oppure con il gyros.

La ricetta

Ingredienti 
  • 400 g di farina (se ne può usare un terzo integrale),
  • sale,
  • 1 cucchiaino di zucchero,
  • 2 cucchiaini di lievito secco,
  • 1 cucchiaio di olio d’oliva,
  • circa 250 ml di acqua fatta bollire e intiepidita.
Preparazione

Preriscaldare il forno al massimo, senza usare la funzione ventilata. Sciogliere nell’acqua (eliminare prima il calcare che si sarà depositato!) il lievito e il cucchiaino di zucchero. Quando il composto sarà schiumoso, impastare o a mano o nel robot e mettere a lievitare in un luogo protetto e tiepido, finchè il volume non sarà raddoppiato. Fate uscire l’aria dall’impasto e poi ricavatene delle palle che stenderete spesse circa 5 mm. Mettetele sulla piastra del forno unta d’olio e spennellatele con acqua e olio. Fatele riposare ancora qualche minuto e poi infornatele per circa 5 minuti. In forno si gonfieranno molto per poi appiattirsi. Ho provato a farle in una padella di ferro ma il risultato, forse per mia imperizia, non l’ho reputato buono.

Ricetta di balestruccio-cookaround

Pita Avgolemono salsa (2)

Di Missvain – Opera propria, CC BY 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=131235310 Grecia: pita pane arabo
petronilla-minestra-mariconda

Minestra mariconda per un pranzetto di Pasqua alla maniera di Petronilla

I gustosi, svelti, economici desinaretti di Petronilla, 1944

«Se per la grande festa di primavera (quella festa che ogni anno, con i suoi tepori, e le sue miti pioggerelle, porta in tutti gli orti e in tutti i campi uno sbocciar di gemme, di fiori, di vigneti, di piantine novelle; in tutta la terra tutto uno sbucar, da uova, di vite nuove; e che dovrebbe anche portare, in ognuno dei nostri cuori, pace e sorrisi…). Se per la grande festa di Pasqua volete preparare una familiare festicciola mangereccia, ecco dunque come potrete fare.»

Pranzetto per la festa di Pasqua
Minestra mariconda
Carne e verdure in gelatina
Lingua salmistrata
Albicocche con panna

La mariconda è un’antica ricetta lombarda. Il nome viene da “mèlico“, che vuol dire mais, o “meliconde” (i chicchi del granoturco) perchè le palline hanno un colore che tende un po’ al giallo. Tre città ne contendono l’origine: Brescia, Bergamo e Mantova. Nella zona di Mantova, in particolare, c’è un’altra minestra simile che si chiama “canedoli“: la mariconda è una parente molto stretta dei Canederli altoatesini.

« Se nell’una o nell’altra, delle tante feste solenni, che ci dona il calendario, voleste sfoggiare (specie con il vecchio parentado) una di quelle vecchie minestre che mandavano in visibilio i nostri vecchi, ma che dalle nostre modernissime cucine sono ormai del tutto bandite…
Purché possiate disporre di una pignatta di eccellente brodo (fatto bollendo un bel pezzetto di carne) vi consiglio di preparare la minestra che porta il nome di Mariconda, e alla quale non difettano i tre famosi pregi, di essere squisita, abbastanza lesta a fare, e di spesa non affatto rilevante.
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Per preparare la mariconda… comperate pane da crostoni (o pane francese) della quantità di poco meno d’un etto per persona; toglietene la crosta; mettetelo in terrina; copritelo di latte; lasciatelo lì per circa un’ora. Tolto il pane dal latte, passatelo in una casseruola con burro nella proporzione di circa grammi 30 per persona; ponete la casseruola a fuoco; e fate bollire (rimestando di tanto in tanto) fino a che quasi tutto il liquido del latte se ne sarà andato. Versate allora il pane in un’insalatiera; aggiungete poco sale (il pane è di già salato); una bella presina di noce-moscata (se piacciono le droghe); e tanti cucchiai rasi di parmigiano grattugiato (che odori possibilmente di vecchiume) e tante uova, quanti saranno i commensali.

« Mescolate per bene; radunate l’impasto sul fondo dell’insalatiera; coprite con un tovagliolo; lasciate riposare fino all’ora del desinare. Allorché l’ultimo invitato sarà arrivato, svelte svelte, (facendovi magari aiutare dalla servetta per fare più presto) e con due cucchiaini – riempiendo cioè uno d’impasto, e staccandolo con l’altro – una cucchiaiatina dopo l’altra, fatelo tutto cadere nella pignatta, nella quale il brodo sarà già in pieno bollore ed al giusto salato. Quando, dopo pochi minuti vedrete i tanti e tanti gnocchetti, rivoltandosi, venire a galla… versate nella zuppiera e fate portare subito in tavola.
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E allorché, nei loro piatti fondi, il nonno ed i vecchi zii vedranno a galleggiare nel brodo bollente e profumato quei bei gnocchetti d’un bel giallo allettatore… oh quale meraviglia alla bella sorpresa! E quali dolci ricordi di Natali passati e ormai tanto lontani ridesterà, nei loro cuori, la vecchia minestra che porta il nome… di mariconda!Petronilla libri »

Ricette di Petronilla Ed.Olivini 1938

Minestra mariconda  Petronilla

Petronilla, chi era?
PETRONILLA: svolse un ruolo importante negli anni delle ristrettezze economiche dovute alla guerra. Di fronte alla drastica riduzione dei beni alimentari disponibili, proponeva i suoi suggerimenti «sul modo di sbarcare il lunario mangereccio, consumando poco grasso, poco riso, poca pasta, poca farina e poco zucchero; spendendo pochetto ma….nutrendo bastevolmente»

Ricette di Petronilla per tempi eccezionali
fette di pane fritte

Frittelle di pane e Tortelli fritti della Vigilia di Pasqua

Frittelle di pane
 “Cucinario di una vecchia famiglia nobiliare”: Menù per festività e ricorrenze con oltre 350 ricette raccolti in un cucinario di una vecchia famiglia nobiliare romagnola che il rampollo Giovanni Manzoni ha svelato in questo libro ricco di suggerimenti e leccornie. Tra le ricette più selezionate ben otto modi di fare i cappelletti romagnoli ed altrettanti per i tortellini bolognesi con tanto di brodo doc per palati fini. Da citare la polenta alla Manzoni che riporta gli antichi sapori nostrani, poi per sbizzarrirsi si può provare a cucinare altre ricette che si adattano a qualsiasi piatto ed accostamento di cibi. Lugo di Romagna 1985.
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Mangiari della VIGILIA delle famiglie nobiliari ravennati di inizio ‘900 (Romagna)

Frittelle di pane, tagliatelle soffritte, spaghetti soffritti, treccine di budelli d’agnello cotte in graticola, frittate di bottoni d’agnello, di verdure e di formaggio, anguille sulla graticola o in umido, aringhe, baccalà, sarda ed altri pesci lessati.

Frittelle di pane
Tagliate del pane vecchio a fette, passar queste più volte entro un battuto d’uovo, formaggio grattugiato, sale e pepe e friggerle in grasso ed olio bollente.

Tortelli di Vigilia
Fate un impasto con farina, uova e un pizzico di sale. Tirare la sfoglia grossa come uno Scudo¹ e tagliarla in tanti quadrati di centimetri dieci di lato. Riempite al centro i quadrati con formaggio fresco di vacca o di ricotta e conserva di pomidoro e piegarli a tortello chiudendoli ben bene negli orli e friggerli in grasso molto caldo.

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Tortellli fritti di vigilia

Frittelle di Tondone dell’Artusi

Gastronomia della Vigilia di Natale: Capitone e Anguilla allo spiedo

2020-11-19 15 52 53 A broken Wawa five cheese blend toasted ravioli in the Franklin Farm section of Oak Hill, Fairfax County, Virginia.jpg
[[File:2020-11-19 15 52 53 A broken Wawa five cheese blend toasted ravioli in the Franklin Farm section of Oak Hill, Fairfax County, Virginia.jpg|2020-11-19_15_52_53_A_broken_Wawa_five_cheese_blend_toasted_ravioli_in_the_Franklin_Farm_section_of_Oak_Hill,_Fairfax_County,_Virginia]]
Bread Pakoda 1.jpg [[File:Bread Pakoda 1.jpg|Bread_Pakoda_1]]