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Imqaret, dolcetti tradizionali maltesi ripieni di datteri

Nella cucina maltese si sente l’influenza delle culture vicine; i piatti tipici sono spesso rivisitazioni di piatti siciliani, arabi e africani, in una mescolanza di profumi e sapori. Un esempio sono gli  Imqaret, dolcetti di pasta tipo brisèe dolce aromatizzata con acqua di fiori d’arancio e anice e ripieni di pasta di datteri e spezie, che vengono fritti e da mangiare caldi. Derivano dai Makroud o Makrout, una specialità del Maghreb (l’area geografica e culturale dell’Africa nordoccidentale o più precisamente dell’Africa settentrionale ad ovest dell’Egitto che si affaccia sul mar Mediterraneo e sull’oceano Atlantico. In senso più ampio, oltre ad estendersi appunto tra Marocco, Algeria e Tunisia, comprende anche Libia e Mauritania, mentre in senso più ristretto il solo Marocco).

La parola imqaret in maltese è il plurale di maqrut (a forma di diamante) e ricorda la forma a diamante dei dolci, anche se in molti casi vengono venduti in forma rettangolare.  Sono molto popolari a Malta e si possono trovare in tutta l’isola per tutto l’anno, ma in particolare  durante le celebrazioni natalizie, i matrimoni e nelle feste tradizionali. Gli imqaret fritti sono consumati da soli o con il gelato. e vengono venduti sulle bancarelle nei mercatini, nelle feste di paese. Possono essere definiti “cibo da strada”.

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Imqaret fatti in casa

Traditional Maltese Imqaret

Ricetta Il blog di Malta

Ingredienti e dosi

Per la pasta:

  • 200 gr. di farina
  • 25 gr. di burro
  • 25 gr. di margarina
  • 25 gr. di zucchero
  • 1 cucchiaio di liquore all’anice
  • 1 cucchiaio di acqua di fiori d’arancio
  • Acqua

Per il ripieno:

  • 200 gr. di datteri al naturale senza nocciolo
  • 1 cucchiaio di liquore all’anice
  • ½ cucchiaio di spezie miste in polvere (coriandolo, chiodi di garofano, cannella, noce moscata)
  • 2 cucchiai di succo d’arancia
  • 1 scorza di limone grattugiata
  • 1 scorza di mandarino grattugiata
  • Acqua
Preparazione

Preparate la pasta tipo brisée unendo tutti gli ingredienti ed impastare bene. Quando il composto sarà diventato omogeneo lasciatelo riposare per mezz’ora.

Tagliate i datteri a pezzetti e metteteli in un tegame con poca acqua, fate scaldare e poi aggiungete le scorze grattugiate del limone, dell’arancia e del mandarino. Unite il succo di d’arancia, le spezie, il liquore all’anice e mischiate tutto. Avete cosi ottenuto il ripieno che risulteràmorbido e molto profumato.

Riprendete l’impasto ottenuto e stendetelo sottilmente formando delle lunghe strisce larghe circa 10 cm. e spennellate i bordi con acqua. Mettete il ripieno al centro di ogni striscia e ripiegatela sul ripieno e sigillate bene i bordi inumiditi facendo pressione in modo che la farcitura non fuoriesca durante la cottura. Tagliate ogni striscia in rombi di circa 4 cm di lunghezza.

Friggete i dolcetti in abbondante olio per 2 minuti, finchè saranno dorati. Scolateli bene per espellere l’olio eccedente e posateli su carta assorbente.. Servire caldi da soli o con il gelato.

 

La Cucina maltese

Acqua di fiori d'arancio (liquore)

Acqua di fiori d’arancio, zagare (liquore)

 
Di Meriem Mach – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=129798073 Di Houssembo – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=104485191 di Simon Cutajar – Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=115326949
fruitcake dec 27

Fruitcake, dolce natalizio con frutta secca, canditi, datteri e maraschino

Negli Stati Uniti, il 27 dicembre si celebra il National Fruitcake Day. Per festeggiare si prepara un dolce ricco di canditi e frutta secca sia semplice che DeLuxe con l’aggiunta di liquori: rum o brandy oppure whisky.

La prima ricetta di un dolce simile è dell’antica Roma ed elenca semi di melograno, pinoli e uvetta mescolati all’ orzo.

Nel Medioevo, vennero aggiunti miele, spezie e frutti conservati.

In seguito le ricette variarono notevolmente nei diversi paesi, nel corso dei secoli, a seconda degli ingredienti disponibili e (in alcuni casi) delle norme ecclesiastiche che vietavano l’uso del burro, per quanto riguarda l’osservanza del digiuno. Papa Innocenzo VIII (1432-1492) concesse infine l’uso del burro, in un permesso scritto noto come “Lettera di burro” nel 1490, dando il permesso alla Sassonia di usare latte e burro nelle torte di frutta Stollen.

A partire dal XVI secolo, lo zucchero delle colonie americane (e la scoperta che alte concentrazioni di zucchero erano nei frutti) portò alla produzione di frutta candita, rendendo così le torte di frutta più accessibili e popolari.

fruitcake 27 december

Dolce di mandorle, ricetta di Grazia 1956 – 2° Menù di Natale
trote datteri riso

Trote aromatizzate ai datteri

Dalla ricetta di gustissimo.it
 Ingredienti e dosi per 4 persone
  • 4 trote di medie dimensioni,
  • 500 gr. di datteri tritati,
  • 120 gr. di riso bollito,
  • 2 porri,
  • 60 gr. dii burro,
  • 120 gr. di mandorle e pinoli,
  • 2 cucchiaini di zucchero,
  • 4 cucchiai di coriandolo fresco,
  • 1 cucchiaino di cannella,
  • 1 pizzico di zenzero macinato,
  • 1 pizzico di pepe,
  • sale qb.
 Preparazione

Pulite le trote, lavatele sotto l’acqua e asciugatele. Cuocete il riso e mescolatelo assieme ai datteri tritati, i porri, le mandorle tritate, i pinoli, la cannella, il coriandolo e il sale. Riempite le trote con questa farcitura di riso e chiudetele con spago o con degli stecchini di metallo, quindi disponeteli su una teglia. Spennellate le trote col burro fuso, condite con pepe, sale, zenzero e zucchero.

Infornate a 160 gradi per circa 20 minuti, fino a che il pesce diventa dorato. Spolverate di cannella e servite.

 Idee e varianti
  • Potete preparare questa ricetta anche con gamberi, funghi, peperone giallo.
  • Insieme a pepe, chiodi di garofano e zenzero si può conservare in un vasetto a chiusura ermetica, la cannella diventa un’ottima marinata per le carni.
trote datteri riso

Ricette con i datteri

Devils on horseback, “Diavoli a cavallo“, spiedini di datteri o prugne avvolte nel bacon

Datteri farciti con pasta di mandorle

Stuffed trout – Stuffed with rice, prawns, mushroom, leek, yellow pepper and pine nuts.jpg [[File:Stuffed trout – Stuffed with rice, prawns, mushroom, leek, yellow pepper and pine nuts.jpg|Stuffed_trout_-_Stuffed_with_rice,_prawns,_mushroom,_leek,_yellow_pepper_and_pine_nuts]]
apicio Dulcia domestica (Dolci fatti in casa con datteri ripieni)

Dulcia domestica, dolci fatti in casa: Datteri ripieni – Apicius, De Re Coquinaria

Dulcia domestica (Dolci fatti in casa con datteri ripieni) by  C. Raddato from FRANKFURT, Germany

Marcus Gavius Apiciius – De re Coquinaria 230 p.Chr.n.

Liber VII – Polyteles Uolatilia

11. XI. DVLCIA DOMESTICA ET MELCAE

Ingredienti:

  • 200 g di datteri freschi (si possono usare quelli secchi)
  • 50 g di pinoli macinati grossolanamente
  • 1 cucchiaio di liquamen
  • pepe nero macinato fresco
  • 100 ml di Mulsum (vino speziato al miele)
  • 2 cucchiai di miele

Preparazione

Snocciolate con cura i datteri e riempiteli con i pinoli [se volete aggiungete pepe nero alle nocciole prima di usarle come ripieno]. Disporli con cura in una casseruola e aggiungere il Liquamen, il vino rosso e il miele.

Portare delicatamente a ebollizione e poi ridurre la fiamma a fuoco lento.

Cuocere delicatamente fino a quando la buccia superficiale dei datteri inizia a staccarsi (dovrebbero volerci circa 5-10 minuti).

Disporre i datteri in un piatto e irrorarli con un po’ di salsa al vino.

File:Dulcia domestica (stuffed dates) (14784461867).jpg

Garum o Liquamen, salsa milleusi dell’antica Roma, anche in versione moderna

Apicio: Ricetta del MULSUM con volgarizzamento e note del 1852.

Dulcia domestica (stuffed dates) (14784461867).jpg [[File:Dulcia domestica (stuffed dates) (14784461867).jpg|Dulcia_domestica_(stuffed_dates)_(14784461867)]] Mulsum and Conditum Paradoxum (23823106286).jpg [[File:Mulsum and Conditum Paradoxum (23823106286).jpg|Mulsum_and_Conditum_Paradoxum_(23823106286)]]
salse condimenti apicio

Salse e condimenti dell’antica Roma. Volgarizzamento del 1852 con note

Zucca, grani di pepe, cumino, semi di coriandolo, menta, aglio, datteri, mandorle pelate, miele, Liquamen, Defritum (Vino o Succo d’uva ridotto di due terzi). Foto by Carole Raddato from FRANKFURT, Germany
Dalla prefazione del volgarizzatore
« (…) L’opera alimurgica che passa sotto nome di Apicio é una compilazione fatta da più libri di Cucina, cioè da quelle note che d’ordinario scarabocchiano i cuochi, per tenere memoria o di manicaretti da se inventati, od apparali da altri: e debbe averla fatta tale, che nemmeno doveva essere cuoco di professione, imperciocché qua e colà si trovano lacune che un Cuoco non avrebbe lasciate. Mancano quasi che sempre le proporzioni fra gl’ ingredienti delle composizioni, locchè dimostra, che ai cuochi scarabocchiatori delle note bastava la denominazione degl’ingredienti medesimi per operare di pratica, accomodandosi nel resto al gusto de’ loro signori. Per la qual cosa, colui che trascrisse, raffazzonando in questo luogo e in quello il linguaggio delie cucine, né sapendo proporzionare le sostanze, ammucchiò cose sopra cose, ed ignorando affatto le manipolazioni, ha non di rado interpolato col suo, talché ne uscì di tratto in tratto una mirabile confusione. Il nome di Apicio apposto al libro, evidentemente é una gherminella del compilatore. inventata per dar fama all*opera. Infatti quale altro nome più celebre fra i ghiottoni di quell’Apicio che visse regnando Tiberio? Supponendola dunque sua fattura, meritava il rispetto di tutti i golosi, e diveniva il codice irrefragabile di tutti i cuochi. Nè s’ingannò colui, imperciocché la menzogna passò felice per più secoli, finché fra gli studiosi si trovarono critici acuti i quali dalla inegualità dello stile, dalla volgarità dei modi e dalle voci straniere introdotte, conobbero il vero, e ritenendo l’opera siccome monumento prezioso di antichità, non vollero perdere ulteriormente il tempo cercando fra le tenebre il nome del compilatore. (…) »

.

Marcus Gavius Apiciius
De re coquinaria
Liber VI – Tropetes

V.  Ius in diversis avibus 5.1.2..3.4.5.6.7

In diversis avibus, turdis, ficedulis, pavo, fasiano, anser.
Per altri uccelli, cioè tordi, beccafichi, pavoni, fagiani ed oche¹.

Nota del 1852:
  • ¹‹ Dell’oca poi la parte prediletta era il fegato. Plinio, dopo aver parlato dei vari pregi dell’ oca, soggiunge: « Ma i nostri furono assai più savii, i quali seppero conoscere il merito del fegato d’oca. Ingrossa assai nelle stie, e più ancora cresce, dopo tratto dal corpo, mettendolo in latte e vino melato (con miele). Non senza ragione si disputa chi sia stato l’ autore di sì bel trovato, se Scipione Metello che fu già console, o il cavaliere M. Saio contemporaneo di lui. Certo è che Messalino Cotta figlio dell’oratore Messala fu il primo ad arrostirne le pelle de’ piedi, e condirle in manicaretti con le creste de’polli ».

Piper, cuminum frictum, ligusticum, mentam, uvam passam enucleatam aut damascena, mel modice, vino myrteo temperabis, aceto, liquamen et oleo, calefacies et agitabis apio et satureia.
 .
1. Salsa per altri uccelli
Pepe, cornino fritto, ligustico, menta, uva passa purgata da vinacciuoli, o prugne damaschine, e mele in discreta dose; tempera con vin mirtino¹, aceto, savore² ed olio. Metti a scaldare, e rimena con sedano e peverella.
.
¹Savore: il dolcificante all’epoca dell’antica Roma, composto da frutta bollita che veniva messo su gli alimenti.
Nota del 1852:
²Come tacciasi il vino mirteo, cioè condito con mirto, ce lo insegnano Catone, Colurnello XII, 38, Palladio II, 18.

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2. Aliter ius in avibus:
piper, petroselinum, ligusticum, mentam siccam, cneci flos, vino suffundis, adicies ponticam vel amygdala tosta, mel modicum, vino et aceto, liquamen temperabis. oleum in pultarium super ius mittis, calefacies, ius agitabis apio viridi et nepeta. incaraxas et perfundis.
 .
2. Altra salsa per uccelli:
Trita pepe, ligustico, prezzemolo, menta secca, fiori d’ anici; bagna con vino; aggiungi nocciuole o mandorle abbrostite, mele non troppo; tempera con vino, aceto e savore¹; l’olio, ve’l metterai in pignatto sopra la salsa. Scalda, ed agita la salsa con sedano verde e nepitella². Apparecchia l’ uccello tagliato, e versagli sopra la salsa².
.
¹Savore: il dolcificante all’epoca dell’antica Roma, composto da frutta bollita che veniva messo su gli alimenti.
Note del 1852:
  • ²Nepitella: Melissa Nepeta Lina.
  • ³L ’ Humelbergio spiega incharaxas, o incaraxas (come trovasi spesso erroneamente scritto — vedi Du Cange in Caraxare), nel senso di punzecchiare e scalfire l’ uccello, perchè succi la salsa e mandi fuori il suo succhio. Meglio il Lister lo intende dèi tagliare in parti, secondo l’uso che s’è già notato al capo I di questo libro, dove prescrivesi et sic partes struthionis in lance perfundis. Questo verbo charaxare è il greco … che vale scalpere, incidere, sulcare, scribere: nella bassa latinità è frequente nel senso di scrivere.

3. Ius candidum in avem elixam: piper, ligusticum, cuminum, apii semen, ponticam vel amygdala tosta vel nuces depilatas, mel modicum, liquamen, acetum et oleum.

3. Salsa bianca per uccelli allesso
Pepe, ligustico, comino, semi di sedano, nocciuole o mandorle abbrostite, o noci rimonde, un po’ di mele, savore¹, aceto ed olio.

¹Savore: il dolcificante all’epoca dell’antica Roma, composto da frutta bollita che veniva messo su gli alimenti.

4. Ius viride in avibus: piper, careum, spicam Indicam, cuminum, folium, condimenta viridia omne genus, dactilum, mel, acetum, vinum modice, liquamen et oleum.

4. Salsa verde per uccelli
Pepe, carvi, spigo nardo, comino, malabatro, condimenti verdi di qualunque sorta¹, datteri, mele, aceto, vino discretamente, savore² ed olio.

Nota del 1852:
¹È questa la vera lezione de’ codici. Non so per quale disattenzione l’ Humelbergio, credendo emendare il testo, lo guastò col sostituire condimenta viridia, omne genus dactylorum.
²Savore: il dolcificante all’epoca dell’antica Roma, composto da frutta bollita che veniva messo su gli alimenti.

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5. Ius candidum in ansere elixo:
piper, careum, cuminum, apii semen, thymum, cepam, laseris radicem, nucleos tostos, mel, acetum, liquamen et oleum.

5. Salsa bianca per oche allesso
Pepe, carvi, comino, semi di sedano, timo, cipolla, radice di laser, pinocchi abbrosliti, mele, aceto, savore ed olio.

In aves hircosas
Per uccelli che sanno di lezzo¹.

6. Ad aves hircosas omni genere:
piper, ligusticum, thymum, mentam aridam, calvam, caryotam, mel, acetum, vinum, liquamen, oleum, defritum, sinape. avem sapidiorem et altiliorem facies et ei pinguedinem servabis, si eam farina oleo subacta contextam in furnum miseris.

6. Per uccelli che san di lezzo, d’ ogni maniera²
Pepe, ligustico, timo, menta secca, salvia, cariote, mele, aceto, vino, savore, olio, sapa e senapa. Farai che l’ uccello riesca più saporito e pingue, e gli conserverai il suo grasso, se il metterai in forno, coperto di farina impastata con olio.

Nota del 1852:
¹Crede il Lister che con l’ aggiunto di hircosae, cioè che puton di becco, si vogliano indicare gli uccelli di riva e dì acqua, come l’Ardea Grus e Botaurus, la Fulica atra, il Rallus aquaticus ec.
²Ne’ codici omnigere; l’ Humelbergio sostituì omnis generis.

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7. Aliter avem:
In ventrem eius fractas olivas novas mittis et consutam sic elixabis. deinde coctas olivas eximes.

7. In altro modo
Introduci nel ventre dell’ uccello olive fresche infrante: cuci il taglio, e lessa: colto che sia, levane le olive.

antica roma abemus apicio 1

Altri condimenti e salse

GARUM o LIQUAMEN
(Apicio dà per scontata la ricetta e nel suo libro non ce l’ha tramandata)
salsa mille usi, piccante, dal forte profumo, che i Romani aggiungevano a tutto: alle minestre, verdure, secondi piatti, dolci.

MORETUM
Crema di formaggio alle erbe con noci o pinoli

Moretum, crema di formaggio alle erbe (con noci o pinoli) dell’antica Roma

Garum o Liquamen, salsa milleusi dell’antica Roma, anche in versione moderna

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Devils on horseback, “Diavoli a cavallo“, spiedini di datteri o prugne avvolte nel bacon

Diavoli a cavallo con datteri

 Devils on horseback, “Diavoli a cavallo sono un antipasto caldo composto da datteri o prugne secche macerate nel Cognac (o Armagnac) e Chutney (condimento Sud Asiatico) di mango, il tutto avvolto da fette sottili di bacon. Possono essere presentati come spiedini o su fette di pane come canapè o tartine. In Inghilterra vengono serviti dopo il dessert (savories): British Victorian after-dinner nibble.
I “Diavoli a cavallo“ non devono essere confusi con gli “Angeli a cavallo” (dai quali derivano) che anzichè i datteri e le prugne secche utilizzano le ostriche.
Una delle numerose varianti alla ricetta, prevede di inserire una mandorla nella prugna secca.
Gli involtini vanno messi in forno e, poi, serviti su pane tostato con crescione o prezzemolo. Altre varianti  prevedono  formaggio, ostriche affumicate, chutney di altra frutta (p. es albicocche) e per farcire l’interno le prugne. fegato o spicchi d’arancia avvolti in un altro frutto.
Diavoli a cavallo sono comunemente serviti per le feste di Natale.

File:Devils on Horseback.jpg

Devils on horseback, “Diavoli a cavallo

SAVORY 

  Ingredienti e dosi per 4 persone
  • 16 prugne secche denocciolate, oppure datteri, 3-4 a persona,
  • 16 sottili fettine di bacon,
  • 1 cucchiaino di Chutney¹ di mango (o di albicocche),
  • Champignon sott’olio,
  • olive piccanti,
  • 20 triangolini di pane tostato,
  • pepe di Cayenna.
 Preparazione

Fate ammorbidire le prugne secche, o i datteri, nel Cognac (o Armagnac) e scolate e asciugatele. Farcitele con il Chutney, i funghi e le olive. Avviluppate ogni prugna secca. o dattero, in una fettina sottile di bacon, arrotolando in modo da formare un involtino.

Infilzate gli involtini, cinque per volta, in uno spiedino e fateli rosolare sulla graticola rovente, rivoltandoli con cura.

Sfilate poi gli involtini dagli spiedi e adagiateli, uno per uno, su triangoli di pane tostato caldo e cospargeteli con un po’ di pepe di Cayenna.

Serviteli.

Varianti
  • Inserite una mandorla nella prugna. oppure straccetti di fegato.
  • Anzichè il bacon, in Italia vengono utilizzate fette sottili di prosciutto crudo o pancetta affumicata.
  • Utilizzate Chutney di altra frutta (p. es albicocche)
Vini

Cirò bianco (Calabria) servito a 8 °C, Champagne brut (Francia) servito a 6 °C:

Chutney (condimento)

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Il chutney o chatni  è una famiglia di condimenti principalmente associata alla cucina Sud Asiatica che di solito contiene un misto di spezie, verdure e/o frutta. I chutney servono come condimento per i piatti principali, che siano a base di carne o di riso, e per le verdure: in alcuni casi durante la preparazione si tostano per alcuni minuti le spezie in modo da far loro aromatizzare gli altri ingredienti; l’aggiunta di zucchero e aceto conferisce in genere ai chutney un sapore agrodolce, ma la prevalenza degli uni o degli altri elementi fa sì che esistano chutney salati e chutney dolci. I chutney possono essere sia umidi che secchi, e possono avere una consistenza sia grossolana che fine. La parola indiana si riferisce indistintamente ai preparati freschi e marinati, con conserve spesso zuccherate. Diverse lingue indiane usano la parola solo per i preparati freschi.[continua]

Ricette con i datteri

Trote aromatizzate ai datteri

Datteri farciti con pasta di mandorle

Helen T https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Devils_on_horseback_on_a_dish.jpL.A. Foodie ,https://www.flickr.com/photos/lafoodie/20747007311 Di Charles Haynes – https://www.flickr.com/photos/haynes/2201693314/, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=6931047
Menù da "Il pranzo di Babette"

Menù da “Il pranzo di Babette” di K. Blixen

È il film preferito di Papa Francesco

Quando uscì nel 1987, il film “Il pranzo di Babette (Babette’s Feast)”, ottenne un successo così clamoroso da assicurarsi l’Oscar. Non tanto clamoroso, però, quanto fu quello ottenuto nel 1958 dal racconto di Karen Blixen, l’autrice de “La mia Africa” e una delle massime scrittrici del Novecento, verso cui personaggi come Ernest Hemingway e Orson Welles nutrivano un’autentica devozione. Babette, la misteriosa donna che le due sorelle accettano in casa come domestica, è in realtà una chef e lo dimostrerà con un pranzo delle meraviglie che allestisce a proprie spese, e grazie al quale una comunità lacerata, luterana e chiusa, riscoprirà la gioia di vivere. Una sorta di rovesciamento miracoloso dell’Ultima Cena, il pranzo cabalistico di Babette ha un posto riservato per tutti i gourmet della grande letteratura.
www.lafeltrinelli.it/products
File:Kongsfjord in Berlvåg2.jpg
Il villaggio di  Kongsfjord in Berlevåg, Finnmark, Norvegia. Nel centro della foto è il negozio locale (a sn), e Kongsfjord Cappella (a ds).
Nel piccolo paese norvegese di Berlevåg, alla fine del XIX secolo, un Reverendo fonda una propria comunità di seguaci e alleva con purezza e riserbo due figlie ricche di qualità e doti. Le due giovani donne non rimangono inosservate, due visitatori del villaggio infatti si innamorano di loro, per dover però rinunciare al loro sogno di fronte alla impossibilità di entrare e di essere accettati fino in fondo nel loro mondo. Il riserbo e l’educazione rigorosa che le due hanno ricevuto dal reverendo hanno ridotto e frenato la realizzazione dei loro desideri e delle loro aspirazioni. Passano così 35 anni di vita quando una lettera di uno dei due uomini introduce in scena il personaggio di Babette, che costretta ad andarsene da Parigi (ricercata dalla polizia dopo i giorni della Comune di Parigi) vorrebbe trovare rifugio nel piccolo villaggio.
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L’arrivo di Babette sarà la forza scatenante che andrà a muovere la stagnante energia del villaggio. Assunta come governante dalle due donne, Babette scopre di aver vinto alla lotteria. Decide allora di organizzare un grande pranzo in onore della ricorrenza del compleanno del defunto Reverendo, ormai diventato una guida spirituale per tutto il paese. La sola idea del pranzo scatena stupore ed inquietudine ma nessuna osa chiedere nulla a proposito.
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Babette introduce la gioia di una vincita, ma non solo. Lascia che emozioni e meraviglia irrompano nelle restrizioni e nella quotidianità anestetizzata dalle grandi emozioni. Non solo. Il pranzo che Babette organizzerà sarà al di fuori di ogni abitudine sensoriale ed emozionale per gli abitanti del villaggio. Babette per l’occasione ha infatti ordinato il cibo più raffinato, le salse, le spezie, le tovaglie di lino, i piatti di ceramica direttamente da Parigi. Un’invasione di colori, di bellezza, di armonia, di piacere e di gusti raffinati squarciano il velo dell’ umile e modesto stile di vita del paese che aveva impedito alle due donne di cogliere il gusto della vita, di coltivare la loro arte o i loro amori.
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In un mondo di moralismi e di regole controllate, dove i desideri e gli istinti venivano controllati e compressi nel minimo necessario, Babette introduce la passione, le emozioni e il gusto per il bello attraverso un pranzo che cambierà il destino del villaggio e dei suoi abitanti. I personaggi sembrano infatti liberarsi da una sorta di qualche catena che li lega da 35 anni: cominciano a rivelarsi cose mai dette prima e una nuova linfa vitale sembra pervadere nuovamente i rapporti tra le persone.
culturaspettacolovenezia.it
ll delizioso racconto è stato successivamente trasformato in un film delicato ed emozionante (diretto da Gabriel Axel), vincitore del premio Oscar come miglior film straniero nel 1988.
.«Avevano diffidato dell’asserzione di Monsieur Papin secondo la quale Babette era capace di cucinarzuppa-di-birra-norsk suppee. In Francia, lo sapevano, la gente mangiava solo i ranocchi. Mostrarono a Babette come si prepara lo stoccafisso e una zuppa di birra e pane; durante quelle dimostrazioni il viso della francese perse ogni espressione. Ma dopo una settimana Babette cucinava lo stoccafisso e la zuppa di birra e pane come una cuoca nata e cresciuta a Berlevåg»
«La biancheria da tavola e l’argenteria erano state magistralmente stirate e lucìdate, e caraffe e bicchieri erano arrivati solo Babette sapeva da dove…»
Menù
Brodo di tartaruga con crostini
Blinis Dermidoff (grano saraceno con caviale e panna acida)
Quaglie in crosta con salsa Périgourdine (foie gras e salsa al tartufo)
Insalata mista
Formaggi francesi
Savarin al rum
Frutta mista
Caffè con tartufi al rum
Friandises (piccola pasticceria): pinolate, frollini, amaretti
Vini
Amontillado
Clos de Vougeot 1845
Champagne Veuve Clicquot 1860
Vieux Marc de Champagne (acquavite)

Cailles en sarcophage, Quaglie in crostaCailles en sarcophage, Quaglie in crosta

Blinis con Salsa Smetana Menu de Noël 1899 Savoy-Hôtel à Londres - Escoffierbabette Savarin, la ricetta

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Soupe à la tortue, Brodo di tartaruga con crostini di pane

«Il generale Loewenhielm, che sospettava un poco di quel vino, ne bevve un sorsetto, sussultò, sollevò il bicchiere prima all’altezza del naso e poi degli occhi, e lo posò poi, sbalordito. “Che strano!” Pensò. “Amontillado! e del miglior Amontillado che mai abbia assaggiato. “Dopo un attimo, per mettere alla prova le reazioni del suo gusto, prese una mezza cucchiaiata di minestra, poi una cucchiaiata piena, e posò il cucchiaio. “E’ veramente strano!” disse a se stesso, “perchè sto certamente bevendo brodo di tartaruga… e che brodo di tartaruga!” Fu preso da uno strano panico e si vuotò il bicchiere.»
«Il generale Loewenhielm, che doveva dominare la conversazione alla mensa, riferì che la raccolta dei sermoni del decano era il libro prediletto della regina. Ma quando fu servita una nuova pietanza rimase in silenzio. “Inaudito!” disse a se stesso, “questo è Blinis Demidoff!”. Si guardò attorno, osservò i suoi compagni di tavola. Mangiavano tutti calmi calmi il loro Blinis Demidoff, senza dar mai segno di stupore o di approvazione, come se lo avessero mangiato ogni giorno per trent’anni di fila.»
«Il generale Loewenhielm smise di mangiare e si fece immobile, Era nuovamente riportato indietro nel tempo, al pranzo di Parigi che gli era ritornato alla memoria sulla slitta. un piatto incredibilmente ricercato e gustoso era stato servito quella sera, egi ne aveva chiesto il nome al suo vicino, il colonnello Galliffet, e il colonnello gli aveva detto, sorridendo, che si chiamava Cailles en sarcophage. Gli aveva, poi, spiegato che quel piatto era stato inventato dal cuoco dello stesso café in cui stavano pranzando, persona nota in tutta Parigi come il più grande genio culinario dell’epoca, e – tanto più sorprendente – quel cuoco era una donna! “Infatti,” diceva il colonnello Galliffet, ” questa donna sta ora trasformando un pranzo al Café Anglais in una specie di avventura amorosa – una di quelle avventure amorose nobili e romantiche in cui si distingue più tra la fame, o la sazietà, del corpo e quella dello spirito!»

Salade
Insalata mista con Radicchio belga e noci in vinaigrette.

Savarin au rhum avec des fruits glacé, Savarin al rum con frutta glassata

Nel XIX secolo il maestro Brillat-Savarin inventò un liquore che ben si accompagnava alle macedonie di frutta. La pasticceria francese dei “Fratelli Julien” ebbe l’idea di chiudere la macedonia in un babà opportunamente spennellato di confettura di albicocche, nacque così il babà “Savarin”. Le prime fonti partenopee sul dolce risalgono al 1836 quando il cuoco Angeletti scrisse un manuale culinario in cui è descritta la ricetta con uvetta e zafferano, questi ultimi ingredienti persi negli anni a causa della “volgarizzazione” delle pasticcerie commerciali che ne hanno sfornati nuovi tipi con crema e amarene o magari servito mignon con gelato semifreddo.

Formaggi francesi, tra i quali il Roquefort

Frutta mista: uva, pesche, papaia, fichi neri, ananas, datteri e melograne

«Il generale Loewenhielm non si stupì più di nulla. Quando pochi minuti dopo, si vide davanti uva, pesche e fichi freschi, rise guardando il commensale che gli stava di fronte e osservò: “Che splendida uva !” Il vicino rispose: “E scesero fino al ruscello di Escol e spaccarono un ramo con un grappolo d’uva. E lo portarono in due infilato su un palo”. Allora il generale sentì che era giunto il momento di pronunciare un discorso.»

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Vini

Amontillado bianco ambra: Semi-dry Sherry: Vino liquoroso spagnolo. Abbinato a Soupe à la tortue, Brodo di tartaruga
«Il generale Loewenhielm, che sospettava un poco di quel vino, ne bevve un sorsetto, sussultò, sollevò il bicchiere prima all’altezza del naso e poi degli occhi, e lo posò poi, sbalordito. “Che strano!” Pensò. “Amontillado e del miglior Amontillado che mai abbia assaggiato.»

Champagne Veuve Clicquot del 1860 abbinato a Blinis Dermidoff con Salsa Smetana
«Il ragazzo colmò di nuovo i bicchieri. Questa volta i Fratelli e le Sorelle capirono che quanto era loro dato da bere non era vino, perchè spumeggiava. Doveva essere una specie di limonata. La limonata conveniva al loro stato d’animo esaltato e sembrava sollevarli da terra fino a una sfera più alta e più pura. Il generale Loewenhielm posò di nuovo il bicchiere, si rivolse al suo vicino di destra e gli disse: ”Ma questo è certamente Veuve Clicquot 1860!”. Il vicino lo guardò cortesemente, gli sorrise e fece un’osservazione sul tempo».

Gran Cru Clos de Vougeot del 1847, prestigioso Pinot Nero di Borgogna abbinato a  Cailles en sarcophage, Quaglie in crosta.

Vieux Marc de Champagne (acquavite) servito a fine pranzo, in salotto, dopo i Friandises ed il caffè.

Video dal film

Capricci del destino è una raccolta di 5 racconti di Karen Blixen, pubblicata nel 1958, l’ultima raccolta prima della scomparsa dell’autrice (altri scritti sono stati pubblicati postumi). Contiene The Diver (1954), Babette’s Feast (1950), Tempests (1957), The Immortal Story (1953) e The Ring (1950). Di questi, Tempests appariva qui per la prima volta, The Diver era apparso in danese sulla rivista Vindrosen e gli altri tre erano usciti su Ladies’ Home Journal.
pranzo di babette incipit

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Incipit del libro Capricci del destino (Anecdotes of destiny) – Il Pranzo di Babette (Feltrinelli, 1984)
“In Norvegia c’è un fiordo – un braccio di mare lungo e stretto chiuso tra alte montagne – che si chiama Berlevåg Fjord. AI piedi di quelle montagne il paese di Berlevåg sembra un paese in miniatura, composto da casine di legno tinte di grigio, di giallo, di rosa e di tanti altri colori.
Sessantacinque anni fa, in una delle casine gialle, vivevano due anziane signore. A quell’epoca altre signore portavano il busto, e le due sorelle avrebbero potuto portarlo con altrettanta grazia, perché erano alte e flessuose. Ma non avevano mai posseduto un oggetto di moda, e per tutta la vita si erano vestite dimessamente, di grigio o di nero. Erano state battezzate col nome di Martina e di Filippa, in onore di Lutero e del suo amico Filippo Melantone. Il loro padre era stato decano e profeta, fondatore di una setta o di un pio partito ecclesiastico noto e riverito in tutta la nazione norvegese. I suoi accoliti rinunciavano ai piaceri del mondo, perché la terra e tutto quanto essa offriva era per loro soltanto una specie di illusione, e la vera realtà era la Nuova Gerusalemme verso la quale essi aspiravano. Non facevano voti, ma comunicavano tra loro con un sì sì o un no no, e si chiamavano Fratello e Sorella.”
Brano tratto da Capricci del destino – Il Pranzo di Babette (Feltrinelli, 1984)
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Dopo un pezzo le guardò fissamente e disse: “Una volta ero cuoca al Café Anglais.”Martina ripetè: “L’hanno pensato tutti che era un ottimo pranzo.” E siccome Babette non rispondeva una parola, soggiunse: “Ricorderemo tutti questa serata quando voi sarete tornata a Parigi, Babette.” Babette disse: “Non torno a Parigi.” “Non tornate a Parigi?” Sono andati tutti, li ho persi tutti, mesdames.”(..)
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(..) Alla fine di un altro lungo silenzio Babette fece all’improvviso un sorrisetto, e disse: ” E come potrei tornare a Parigi, mesdames? Io non ho danaro.” ” Non avete danaro?” gridarono le sorelle, come con una bocca sola. “No,” disse Babette. ” Ma i diecimila franchi?” chiesero le sorelle, ansimando inorridite. ” I diecimila franchi sono stati spesi, mesdames, ” disse Babette. Le sorelle si misero a sedere. Per un intero minuto non riuscirono a parlare. ” Ma diecimila franchi?” sussurrò lentamente Martina. ” Che volete, mesdames,” disse Babette, con grande dignità. « Un pranzo» per dodici al Café Anglais costerebbe diecimila franchi….. “Cara Babette,” disse con dolcezza, ” non dovevate dar via tutto quanto avevate per noi”. Babette avvolse le sue padrone in uno sguardo profondo, uno strano sguardo: non v’era, in fondo ad esso, pietà e forse scherno? “Per voi?” replicò. “No. Per me.” Si alzò dal ceppo e si fermò davanti alle sorelle, ritta. “Io sono una grande artista,” disse. Aspettò un momento, poi ripetè: “Sono una grande artista, mesdames.” Poi, per un pezzo, vi fu in cucina un profondo silenzio. Allora Martina disse: “E adesso sarete povera per tutta la vita, Babette?” “Povera?” disse Babette. Sorrise come a se stessa. “No. Non sarò mai povera. Ho detto che sono una grande artista. Un grande artista, mesdames, non è mai povero. Abbiamo qualcosa, mesdames, di cui gli altri non sanno nulla.”
Karen Blixen, al secolo Karen Christence Dinesen, nasce nel 1885 a Rungstedlund, in Danimarca. Figlia di un proprietario terriero anche dedito alla politica, divise la prima parte della sua esistenza tra la serena routine della residenza di campagna del padre e gli agi e le mollezze mondane della vicina della vicina capitale Copenaghen. Dimostra fin da subito un carattere originale e indipendente, sposando il cugino svedese, il barone Bros von Blixen-Finecke, nel 1913 e decidendo di trasferirsi con lui in Kenya per acquistare una fattoria. Annoiata dalle banalità dei salotti europei, da ampio sfogo alla personalità romantica e ribelle costruendosi una nuova vita: successivamente al matrimonio a Mombasa nel 1914, si trasferisce nei pressi di Nairobi all’interno di una grande piantagione di caffè. Anche se l’idillio con Bros termina nel giro di pochi anni (lui tornerà in Europa dopo il divorzio nel 1921), Karen resta nella sua piantagione, dirigendola con passione e oculatezza per ben diciassette anni.
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Capricci del destino - Karen Blixen - Libro Feltrinelli 2013, Universale economica | Libraccio.it
Menù da “Il pranzo di Babette”
 Di Manxruler (Opera propria) [GFDL (http://www.gnu.org/copyleft/fdl.html) o CC BY-SA 4.0-3.0-2.5-2.0-1.0