rosolacci olive nere

Paparine ‘nfucate, rosolacci stufati con olive nere e peperoncino, alla salentina

Rosolaccio (Rosola, Rosolina, Papavero selvatico)
“Fiore che conserva da millenni la magia dell’oblio, pur senza gli eccessi del suo fratello orientale, il papavero veniva utilizzato sin dagli albori della civiltà. Pianta dedicata alla Grande Dea: patrona della Vita così come della Morte, la dea garantiva attraverso il suo fiore, la rinascita, il risveglio dal sonno”.
Il papavero cresce generalmente come infestante di campi fra le messi e le macerie, negli incolti e nei margini delle strade. Le foglie vanno raccolte prima della fioritura, quando sono piccole e tenere e si presentano a rosetta.
I rosolacci vengono consumati cotti come gli spinaci per minestre, ripieno per tortellifrittate , polpette.  Venetoedintorni.it
Cucina
Le foglie giovani della pianta vengono utilizzate in varie zone del mondo crude oppure preventivamente sbollentate come gli spinaci, e contribuiscono alla composizione di zuppe o insalate.
  • In Friuli il cespo di foglie che si sviluppa attorno alla radice all’inizio della primavera, quando la pianta è ancora poco sviluppata ed è lontana dalla fioritura, viene consumato lessato ed eventualmente saltato in pentola come verdura nota sotto il nome di “confenòns”. Il sapore è delicato e leggermente amaro. La pianta giovane, che non abbia emesso il fusto fiorale, si può consumare cruda, soprattutto le foglie, tagliata sottile e frammista ad altre verdure, per fare delle ottime insalate, che se condite con sale, succo di limone e olio di oliva nell’ordine, sono gustosissime.
  • Nel Veneto tale pietanza è chiamata “rosoina”, “pevarel”, o “batis’ciosoe”; in realtà questo ultimo nome si riferisce alla Silene, chiamata anche s-ciopèt. Anche con questa verdura si possono fare insalate, se cruda, oppure ottimi risotti con le foglie giovani.
  • Anche nel Salento le piantine tenere sono consumate sotto il nome di “paparina fritta”, sbollentate e passate in padella in un soffritto di aglio con l’aggiunta di olive nere (celline) alcuni gherigli di noce ed aromatizzate con buccia d’arancia e barbe di finocchio.
  • In Romagna, è conosciuta con il nome di “Rosole”. Si utilizzano in cucina, da crude, dopo averle triturate finemente e lasciate macerare sotto sale per 24/36 ore. Dopo averle strizzate, si utilizzano per fare da ripieno al famoso “Crescione” o “Cassone” (o Cascione).
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Paparina ‘infucata 

I rosolacci stufati con olive e peperoncino, sono una ricetta molto antica tipica del Salento in Puglia, in particolare della provincia di Lecce. Nel Capo di Leuca questo piatto prende il nome di “fritta” e, in tempi antichi,  era una sorta di pasto rituale consumato attorno ai falò nel periodo Quaresimale.

Come per tutte le ricette della tradizione esistono varianti da famiglia a famiglia, da paese a paese. Alcune ricette prevedono l’aggiunta dell’acetosa (lapazzu) “paparina, paparina, senza lapazzu cc’è ‘ndi fazzu”; in altre ricette vengono aggiunte scorzette di arancia.

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/2/27/Papaver_rhoeas_foglie_uso_alimentare.jpg

Leggo dal sito de “A Locanda tù Marchese”, trattoria e braceria nel Salento, a Matino in provincia di Lecce.:

 La nostra preparazione:

Con il termine paparine di indica in Salento le piante di rosolaccio (..) queste vengono raccolte dall’autunno sino all’inizio della primavera quando si trovano ancora allo stadio di rosette di foglie basali, quindi ancora tenere e prive di boccioli fiorali.

  • «Vengono nettate eliminando le foglie vecchie o maltrattate o indurite e poi vengono sciacquate parecchie volte.
    Vengono quindi poste ancora grondanti di acqua, in una pentola con un filo di olio di frantoio, nel quale è stato fatto rosolare qualche spicchio di aglio e si lasciano stufare lentamente a pentola coperta. Quando i rosolacci sono quasi cotti, si aggiunge una manciata di olive nere in salamoia, della varietà cellina di Nardò, una spruzzatina di aceto e a piacere del peperoncino. Si aggiusta quindi di sale e si completa la cottura.»

(..) Nella nostra orto-locanda la paparina la troverete con antichi abbinamenti:

  • purea di fave nette
  • oppure con crostoni fritti
  • o con  pezzetti di carne di cavallo al sugo..
  • .e in tanti altri modi (..)

lalocandatumarchese.com

rosolacci olive nere 2

Ricette con le erbe di campo spontanee 

mezze-penne-con-asparagi-selvatici-di-bosco-L-Ing4b1ortiche come pulire.

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Olive in salamoia alla maniera di Petronilla sotto calce e cenere

Di Florixc – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=24996374
Panini alle olive nere

Panini alle olive nere

Per  il Pranzo per la Festa della Donna, Carolina¹ e Marinella hanno preparato questi deliziosi panini

Ingredienti per panini piccoli (per circa 8-10 persone)
  • 500 gr. di farina 0,
  • 300 ml. di acqua,
  • 180 gr. olive nere,
  • 1 cucchiaino raso e mezzo di zucchero,
  • 1 cucchiaino e mezzo di sale,
  • 3 cucchiai di olio evo,
  • 17 gr. di lievito di birra fresco.
Preparazione

Sciogliete in un bicchiere di acqua tiepida il lievito con lo zucchero, mescolate delicatamente.
Alla farina, disposta a fontana, aggiungete l’acqua con il lievito, 3 cucchiai di olio ed impastate energeticamente, sbattendo ogni tanto l’impasto sul piano di lavoro, fino ad ottenere un composto liscio ed omogeneo. Condite con il sale ed impastate ancora per 10 minuti. Formate una palla ed ungetela con poco olio evo; mettetela in una ciotola e coprite con pellicola da cucina e lasciate riposare per almeno un ora e mezzo.
Passato questo tempo aggiungete le olive snocciolate e spezzettate grossolanamente; impastate per distribuire uniformemente le olive. Foderate una teglia e mettetevi l’impasto suddiviso in piccoli panini disposti a distanza, perchè aumenteranno di volume cuocendo; lasciate riposare per 45 minuti.
Cuocete i panini in forno caldo a 200 gradi per 40 minuti circa, finchè la superficie sarà ben dorata.

CAROLINA PANINI OLIVEPanini alle olive nere

¹Pranzo per la Festa della Donna da Carolina e Marinella
In occasione dell’8 marzo Carolina e sua mamma Marinella, non si sono smentite ed hanno preparato un pranzo allegro e primaveril (continua  leggere)
In una nuvola giallo-mimosa, hanno servito in tavola tra l’altro:
Frittata con le erbe primaveriliInsalatona con erbe primaverili e carciofi crudit mimosa (2)_tn
Cuori di nasello con olive e pomodorini secchi

Cuori di nasello in umido con olive e pomodorini secchi

↑ Nella foto il nasello in umido è servito in una tajine marocchina mono porzione

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Ingredienti e dosi
  • 400 gr. di cuori di nasello surgelati (o di merluzzo),
  • 400 gr. di polpa di pomodoro,
  • olive nere denocciolate,
  • pomodorini secchi,
  • 1 cucchiaio di mix di erbe aromatiche in polvere per pietanze di pesce (rosmarino, salvia, ginepro, alloro, origano),
  • 1 spicchio d’aglio,
  • sale marino,
  • erba cipollina
  • prezzemolo,
  • olio evo.

Polenta e baccalàConserve di pomodoro

Livi nigri nella cucina calabrese Olive nere in salamoia

Livi nigri nella cucina calabrese Olive nere in salamoia

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Preparazione

Mettete a scongelare il pesce condito con un filo di olio evo e  l’ insaporitore in polvere. Spezzettate i pomodorini secchi.

In un tegame di terracotta versate poco olio e fate rosolare l’aglio che poi toglierete. Unite la polpa di pomodoro e fate cuocere per 30 minuti circa, con il coperchio; a l’occorrenza aggiungete un po’ d’acqua. Unite al sugo i cuori di nasello scongelati e fateli insaporire per qualche minuto. Regolate il sale e distribuite le olive nere denocciolate ed i pezzetti di pomodorini secchi.  Profumate i cuori di nasello in umido con erba cipollina o prezzemolo tritati. Servite subito.

Se avanzasse un po’ di sugo, potete utilizzarlo per condire pasta o riso.

tajine-merluzzo

Cuori di nasello con olive e pomodorini secchi

Finalmente ho la Tajine, … e ora?

 

Crescione_romagnolo piadina

E’ Carsôn, il crescione (o cassone) romagnolo alle erbe di campagna

E’ anche questa una ricetta di vecchia tradizione, specialità locale della zona di Forlì, dove un tempo veniva venduta per strada da caratteristici venditori ambulanti. Si tratta di grossi ravioli ripieni di verdura e cotti, come la piadina, sull’antico testo di terracotta. Si possono farcire anche con zucca e patate, cavoli, spinaci, strigoli, luppolo selvatico, ortica, pungitopo, rosolacci, salsiccia, mozzarella e pomodoro e cosi via.

romagnolo piadina crescione

Crescione alle erbe

ingredienti per 6 persone
  • 1 kg. dii farina
  • 150 gr. di strutto
  • 1 pizzico di sale
  • 1 pizzico di bicarbonato
  • 1 bicchiere abbondante di acqua o latte tiepidi
  • 1 kg di erbe di campagna (spinaci, cicoria, bietole, strigoli, rosolacci, ecc)
  • 150 gr. di lardo
  • 2-3 spicchi di aglio
  • sale e pepe
Preparazione

 Si lessano le erbe, si strizzano ben bene, si passano al tegame con lardo battuto, aglio, sale e pepe abbondante. Intanto, si ricavano dall’impasto dei dischi più piccoli delle normali piadine. Sulla metà di ogni disco si stendono le erbe insaporite, si ripiega sopra l’altra metà, si schiacciano bene i bordi premendo coi rebbi di una forchetta, senza punzrecchiare la superficie per non disperdeere gli umori. Si cuociono sulla teglia, ma si possono anche friggere in padella con abbondante strutto bollente.

L. Babbi cappelletti, Civiltà della tavola contadina in Romagna, Milano, Idealibri 1993

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romagnolo piadina crescione

Piadina romagnola formaggio Squäquaròn

Piadina romagnola con salsiccia cipolle

 

 

 

 

Pollo alla Garibaldi di Ne

Pollo alla Garibaldina di Ne

Ricette del Risorgimento
L’eroe dei due mondi, Giuseppe Garibaldi, a tavola aveva gusti semplici, amava il pesce appena pescato e cotto alla brace, i fichi col salame, i legumi, le bistecche in ricordo del Sud America. Era astemio, ma si vantava di essere grande intenditore di acque minerali, che sapeva riconoscere al primo assaggio.

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“La signora Clelia Gonella ha vissuto per lunghi anni con Clelia Garibaldi sia a Caprera, sia a Livorno nella Villa Francesca che detta signora possedeva ad Ardenza e che alla sua morte le ha lasciato in eredità. Durante la sua vita la signora Gonella ha avuto modo di sperimentare tutte le ricette di famiglia, sia quelle più antiche di Garibaldi, sia quelle che la figlia usava tutti i giorni. Ricette di Caprera, ricette della costa ligure da cui provenivano i genitori di Garibaldi, ricette nizzarde e ricette di amici che andavano a trovarli. Parlare proprio di ricette di cucina di Garibaldi sarebbe un po’ fuori luogo, come risulta dal libro “Mio Padre” di Clelia, perché a quei tempi usavano soltanto i prodotti dell’isola e del suo mare. Comunque i piatti preferiti da Garibaldi erano lo stoccafisso, la bouillabaisse, il minestrone alla genovese con il pesto e la pissaladiere, specialità nizzarda e quando raramente c’erano un po’ di soldi, un pezzo di carne magra arrostita sulla brace che Garibaldi chiamava “ciurasco” perché gli ricordava i tempi dell’America. Questa carne veniva messa sulla brace e quando era ben arrostita Garibaldi stesso la toglieva dal fuoco e con un coltellino molto tagliente levava la prima fetta arrostita, poi ributtava la carne sulla brace, tagliava la seconda e così via fino ad esaurimento del pezzo e forse della brace. La prima volta che sono andata a Villa Francesca per incarico dell’Accademia Italiana della Cucina, per intervistare la signora Gonella sono stata accolta con grande emozione dall’inno di Garibaldi cantato da Caruso. Incaricata ora di riunire le ricette e di ordinarle ho pensato che la cosa migliore fosse riunirle a gruppi. Mi è sembrato anche interessante riportare alcune pagine sparse prese dal libro “Mio Padre” di Clelia Garibaldi e così con l’autorizzazione di Clelia Gonella ho fatto.”
Franca Torsellini – Vice delegata della Delegazione di Livorno dell’Accademia Italiana della Cucina

Alcune delle ricette più amate dal generale, patriota, condottiero e scrittore italiano: Trenette al pestostoccafissobouillabaisse e pollo alla Garibaldi.

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Trenette al pesto

Trenette al pesto

stoccafisso alla garibaldina

Stoccafisso alla garibaldina

 

 

 

 

 

Pollo alla Garibaldi di Ne (Comune di Ne (Provincia di Genova, Regione Liguria)
Ricetta di Placida Signora
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 Ingredienti  
  •  1 pollo pulito e tagliato a pezzi piccoli,
  • 150 gr di olivette nere,
  • 2 litri di brodo di carne (anche di dado, basta non sia vegetale),
  • 2 foglie di alloro,
  • 1 rametto di salvia,
  • 1 rametto di rosmarino,
  • 1 pomodoro maturo,
  • 1 bicchiere di vino bianco secco,
  • olio,
  • burro,
  • sale.
Preparazione

In una casseruola mettere burro e olio; farvi soffriggere le olive e l’alloro, sino a quando saranno dorati. Aggiungere i pezzi di pollo, salare e rosolare. Unire il vino bianco, i sapori tritati insieme al pomodoro. Rosolare e mescolare velocemente. Appena il vino sarà evaporato, unire il brodo sino a coprire completamente il pollo: mettere un coperchio e cuocere lentissimamente per due ore circa.

TaccuiniGastrosofici.it

pollo garibaldi ne umido 1

Il pesto alla genovese per condire le Trenette

Stoccafisso alla garibaldina

Bouillabaisse di baccalà

Hunter’s chicken (2).jpg [[File:Hunter’s chicken (2).jpg|Hunter’s_chicken_(2)]]