Colletto polsini pizzo Macramé inizio '900

Colletto e polsini in pizzo Macramé di inizio ‘900

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Questi splendidi merletti risalenti agli inizi del 1900 sono appartenuti a una mia bisnonna. Erano i polsini ed il colletto di un vestito. Son in finissimo cotone bianco e realizzato a mano con la tecnica “Ad ago”.

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Ho riutilizzato il colletto come bordura di un asciugamano, in lino, per la cucina.

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I polsini li ho utilizzati come bordura delle due tendine in lino per la credenza in cucina. Incredibilmente, e fortunatamente, le misure erano perfette per entrambi gli usi, così non ho dovuto tagliare per adattarli.

Tendine per gli armadi a vetri
Credenze, armadi e scaffali con ante a vetro sono una soluzione ideale per esporre libri e collezioni. Preservano ciò che contengono dalla polvere e aggiungono una nota originale all’arredo.
Non sempre però questi mobili vengono adibiti a compiti così “nobili” e spesso vengono impiegati in cucina, in bagno o in corridoio per riporvi utensili od oggetti d’uso comune. In questi casi un modo per celarne il contenuto consiste nell’ingentilire le ante con belle tendine di stoffa leggere. È una soluzione semplice ed economica che ricorda lo stile di certe vecchie dimore di campagna.
Le tende per un armadio o una vetrina vanno fissate anche alla base, per assicurare loro una maggiore stabilità ed impedire che si spostino quando l’anta viene aperta

I diversi modelli.
Esistono 3 principali modelli di tende per ante:

  1. Tende increspate. Il tessuto ricade in morbide pieghe, con un effetto aggraziato. Si eseguono utilizzando stoffa leggera e arricciandole in alto e in basso su bacchette o su un filo plastificato per tendaggi.
  2. Tende lisce. Sono la soluzione ideale per mettere in evidenza un bel pizzo o un tessuto ornato di ricami. Possono essere realizzate con stoffe dai motivi grandi e vistosi. Anche queste tende vanno appese con bacchette ad entrambe le estremità.
  3. Tende a clessidra. Questo modello impreziosisce tessuti semplici ed economici (mussola, voile, nylon). La tenda andrà prima increspata in alto e in basso e poi raccolta a metà con un nastro, in modo da formare la forma a clessidra.

Le tende per vetrine e armadietti possono essere realizzate in qualsiasi tessuto leggero, trasparente o di pizzo. La stoffa può essere raccolta in una increspatura o appesa liscia. Scegliete un materiale il cui disegno sia visibile anche sul rovescio.
I tessuti più indicati sono il voile, il pizzo, la mussola di cotone, il madras, il raso peer fodere ed anche la seta leggera.
È preferibile ricorrere a una ricca increspatura se si utilizza tessuto leggero, mentre quelle con motivi decorativi vistosi o le tende in pizzo spesso risaltano meglio se appena lisce.

da Idee creative

Colletto polsini pizzo Macramé inizio ‘900

Colletto Merletto inizio '900 6 Mani di Fata” del 1939

Riviste femminili d’epoca: ricamo e uncinetto da “Mani di Fata” del 1939

Rivista di ricamo, uncinetto e maglia, rubriche di cucina, bambini, casa.
La Casa Editrice MANI DI FATA. Nota a chiunque ami “fare” il ricamo, la maglia, l’uncinetto e altre tecniche di merletto, Mani di Fata viene fondata nel 1925 dalla famiglia Canetta e diventa, nel tempo, una delle più famose case editrici del settore. Oltre a offrire gli spunti più originali nel campo dei lavori femminili, propone anche la vendita di prodotti di ottima qualità, come tessuti, cotoni, disegni, tele disegnate, articoli di merceria e anche capi realizzati a mano.

Clicca sulle immagini per ingrandirle

Mani di Fata” del 19391 Mani di Fata” del 19395 Mani di Fata” del 1939

 

 

 

  • Due divertenti Cuscini eseguiti a riporto su fondo bianco, per ornare la camera del bambino.
  • Centro e sottocoppe su lino bianco
  • Guanti estivi in trina d’ Irlanda
  • Camicetta e sopra camicetta in magllia per le vostre partite di Tennis

2 Mani di Fata” del 19393 Mani di Fata” del 19394 Mani di Fata” del 1939

 

 

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UNIVERSO DONNA

Alle origini delle riviste femminili

(Silvia Cutuli) – Nel corso della seconda metà dell’800, una folla di donne autentiche pioniere del giornalismo, ha condotto una vera battaglia privata e pubblica a colpi di penna. Lo scenario è quello dell’Italia che cambia, diventando un Paese democratico ed industriale. Il Risorgimento culturale e artistico coincide con il cammino dell’universo femminile verso l’emancipazione ed affermazione personale e di tutte. La rivista “La Donna” è uno degli esempi più importanti dell’orientamento femminista nascente, già per il fatto di essere redatto da sole donne. Dalle sue pagine, Gualberta Beccari, parla dei doveri e dei diritti della “nuova donna italiana”. [segue…controluce

Riviste femminili d’epoca: Ricette di cucina da “Mani di Fata” 1939

6 Mani di Fata” del 1939

Riviste femminili d’epoca: Ricette di cucina da “Mani di Fata” 1939

Rivista di ricamo, uncinetto e maglia, rubriche di cucina, bambini, casa.
La Casa Editrice MANI DI FATA. Nota a chiunque ami “fare” il ricamo, la maglia, l’uncinetto e altre tecniche di merletto, Mani di Fata viene fondata nel 1925 dalla famiglia Canetta e diventa, nel tempo, una delle più famose case editrici del settore. Oltre a offrire gli spunti più originali nel campo dei lavori femminili, propone anche la vendita di prodotti di ottima qualità, come tessuti, cotoni, disegni, tele disegnate, articoli di merceria e anche capi realizzati a mano.

Riviste femminili d'epoca Mani di Fata del 1939...Riviste femminili d'epoca Mani di Fata del 1939....Riviste femminili d'epoca Mani di Fata del 1939...

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1 luglio 1939

  • La buona tavola
  • Uova sode intere fritte nel burro
  • Uova sode al forno
  • Uova all’ italiana
  • Uova ricoperte
  • Pomodori ripieni di uova sode
  • Il dolce della Domenica: Bignette
Riviste femminili d'epoca Mani di Fata del 1939 .Riviste femminili d'epoca Mani di Fata del 1939Riviste femminili d'epoca Mani di Fata del 1939,.
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 UNIVERSO DONNA

Alle origini delle riviste femminili

(Silvia Cutuli) – Nel corso della seconda metà dell’800, una folla di donne autentiche pioniere del giornalismo, ha condotto una vera battaglia privata e pubblica a colpi di penna. Lo scenario è quello dell’Italia che cambia, diventando un Paese democratico ed industriale. Il Risorgimento culturale e artistico coincide con il cammino dell’universo femminile verso l’emancipazione ed affermazione personale e di tutte. La rivista “La Donna” è uno degli esempi più importanti dell’orientamento femminista nascente, già per il fatto di essere redatto da sole donne. Dalle sue pagine, Gualberta Beccari, parla dei doveri e dei diritti della “nuova donna italiana”. [segue…controluce.it]

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Riviste femminili d’epoca: ricamo e uncinetto da “Mani di Fata” del 1939

bordo uncinetto stelle di natale 2

Uncinetto: Bordura facile per asciugamano (ma anche per tovaglia o lenzuolo)

Occorrente

Cotone bianco del n. 12, uncinetto del n. 1.00.

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Punti impiegati
Catenella di base, maglia alta, punto catenella.

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La bordura si lavora nel senso dell’altezza e per tutta la lunghezza occorrente.

(Clicca sulle immagini per vederle ingrandite)

Quella idea in più
Una bordura, anche molto semplice, può essere utilizzata per abbellire, impreziosire o rinnovare un cestino anonimo: sarà anche un’ idea regalo personalizzata che ci farà ricordare.

Misure
Sono approssimative dato che una differenza fondamentale è fatta dalla mano di chi lavora: quanto viene teso il filo, come è tenuto l’uncinetto (o i ferri da maglia), come si muovono le mani. Ogni persona “ha una mano più o meno stretta (o larga)”, con il risultato che un uncinetto della stessa misura può essere giusto o piccolo oppure grande, con il risultato che si otterrà un lavoro morbido e regolare, o un lavoro troppo fitto e duro, oppure un lavoro troppo rado e irregolare.

Il campione
Per la buona riuscita d’ogni lavoro, oltre ad usare il filato e l’uncinetto consigliati, eseguire sempre un campione di circa 10 cm. di lato del capo prescelto, confrontandolo con le dimensioni previste nella spiegazione: se risultassero simili, procedete alla confezione.

Simboli
E’ molto importante conoscere l’esatto significato dell’uso dell’asterisco (*). Questo simbolo (*) avverte che bisogna ripetere il lavoro eseguito tra asterisco e asterisco. se gli asterischi sono due, il lavoro si deve ripetere sue volte. E così di seguito.
da Speciale uncinetto, Donna più extra

Uncinetto: Bordino per tovaglia con stampa romagnola

Bomboniera all’uncinetto a forma di Cuore

Copriletto all’uncinetto di cotone bianco a piastrelle quadrate

Copriletto all’ uncinetto, color ecrù a cornici

taberna Ostia_antica-13

La Taberna dell’Antica Roma e la Taverna del Medioevo

Una taberna a Ostia Antica, Roma; l’affresco sopra il bancone mostra ciò che veniva offerto nell’osteria: cibo, bevande e musica.
TABERNA

Nell’antica Roma la taberna (al plurale tabernae) era una sorta di ristorante o trattoria, tipicamente dotata di una sola stanza con volta a botte. La taberna nacque inizialmente come deposito ed era, in genere, la bottega degli artigiani, aperta verso la strada; si passò poi alle tabernae vinarie e a quelle che si specializzarono nella consumazione del vino e del pasto.

Le tabernae avevano un bancone di pietra, con cinque o sei contenitori murati, rivolti verso la strada; accanto al banco vi era un fornello con una casseruola piena di acqua calda; nel retro c’erano la cucina e le sale per la consumazione. Avevano una finestra in alto che dava luce al soffitto in legno del deposito ed un grande vano di apertura sulla strada.

Un famoso esempio si trova nei mercati di Traiano, costruiti da Apollodoro di Damasco. Secondo la “Cambridge Ancient History”, la taberna era un’unità per la vendita al dettaglio all’interno dell’ Impero Romano, in più era il luogo dove venivano offerte numerose attività commerciali e terziarie, comprese la vendita di cibi cotti, vino e pane.

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Mercati di Traiano – Roma

Tito Livio descrive l’aspetto delle tabernae (botteghe) nelle strade di Tusculum, in riferimento ad una visita di Marco Furio Camillo:
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«Camillus castris ante portas positis, eademne forma pacis quae in agris ostentaretur etiam intra moenia esset scire cupiens, ingressus urbem ubi patentes ianuas et tabernis apertis proposita omnia in medio uidit intentosque opifices suo quemque operi et ludos litterarum strepere discentium uocibus ac repletas semitas inter uolgus aliud puerorum et mulierum huc atque illuc euntium qua quemque suorum usuum causae ferrent, nihil usquam non pauidis modo sed ne mirantibus quidem simile, circumspiciebat omnia, inquirens oculis ubinam bellum fuisset; adeo nec amotae rei usquam nec oblatae ad tempus uestigium ullum erat sed ita omnia constanti tranquilla pace ut eo uix fama belli perlata uideri posset.»
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« Posto il campo di fronte alle porte, Camillo, desiderando sapere se anche all’interno delle mura appariva la stessa aria di pace che si ostentava nelle campagne, entr? in citt?. L? vide le porte delle case spalancate, le botteghe aperte, con tutta la mercanzia bene in vista, gli artigiani impegnati ciascuno nel proprio lavoro, le scuole che risuonavano per le voci degli scolari, le strade piene di gente con donne e bambini mescolati tra la folla e diretti l? dove i rispettivi impegni li chiamavano, il tutto senza avvertire da nessuna parte non solo alcun segno di paura ma nemmeno di stupore. Camillo si guardava intorno con attenzione, cercando di scoprire le tracce tangibili di una guerra imminente. Ma non c’era alcun segno di cose spostate o preparate per l’occasione. Anzi tutto era cos? immerso in una quiete pacifica e costante, che sembrava impossibile vi fosse anche solo arrivata una qualche notizia della guerra.
.….»
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(Tito Livio, Ab Urbe condita libri, VI, 25)

 

Jan Steen - Revelry at an Inn - WGA21761.jpg

Revelry at an Inn (Baldoria in una locanda) di Jan Steen (1625–1679) museo del Louvre, Parigi

TAVERNA
Il nome “taverna” deriva dal latino tabernae, negozi alimentari che nell’antica Roma offrivano la possibilità di consumare cibi e bevande in loco e, in alcuni casi, perfino di alloggiare.

La taverna nel Medioevo era un luogo di ritrovo per bere, mangiare, incontrarsi, giocare.
La documentazione principale sulla presenza della Taverna nella vita sociale del Tardo Medioevo ci è fornita dagli Statuti delle città.

Le Taverne erano ubicate sia nei centri urbani che nei piccoli borghi nelle campagne, ma soprattutto nei luoghi di mercato, lungo i fiumi in prossimità di ponti e traghetti e le strade, nei porti; tutti posti nei quali vi era molta gente di passaggio o stanziale. Erano sorvegliate dalle autorità.

La Taverna medievale era caratterizzata da un’insegna e da dei lunghi sporgenti pali per la birra che però spesso recavano fastidio alla circolazione, e a Londra nel 1375 vi fu un provvedimento che ne limitava a 7 piedi la misura massima di sporgenza dalla facciata. Lo statuto della città di Verona del 1327 ci trasmette la possibile esistenza di un cortivum o di un porticus: ne è facile dedurre che durante la buona stagione i Vini, la Birra, i Distillati, l’Ippocrasso e l’Idromele venivano consumati all’esterno in quello che è altrove definito “circuito della taverna”.

Fonte: lamescaligere.it
Ricette

Scapece da taberna taverna Zucchine scapece

 

 

 

 

I

I

II

II

III

III

 

 

 

 

 

Bevande

Apicio Ricetta del MULSUMapicio vino antica roma Roemerwein_in_Speyer

vino medioevo Idromele_e_ippocrasso

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Carmina Burana In taberna quando sumus  
sono testi poetici contenuti in un importante manoscritto del XIII secolo, il Codex Latinus Monacensis o Codex Buranus, proveniente dal convento di Benediktbeuern (l’antica Bura Sancti Benedicti fondata attorno al 740 da San Bonifacio nei pressi di Bad Tölz in Baviera) e attualmente custodito nella Biblioteca Nazionale di Monaco di Baviera.
Se vuoi ascoltare:
Carmina Burana: “In taberna quando sumus” 196
Testo ©2001 Saltatio Mortis
Traduzione ©2008 Daniele Benedetti
In taberna     
In taberna quando sumus
Non curamus quid sit humus
Sed ad ludum properamus
Cui semper insudamus
Quid agatur in taberna
Ubi nummus est pincerna
Hoc est opus ut queratur
Si quid loquar, audiatur
Quidam ludunt, quidam bibunt
Quidam indiscrete vivunt
Sed in ludo qui morantur
Ex his quidam denudantur
Quidam ibi vestiuntur
Quidam saccis induuntur
Ibi nullus timet mortem
Sed pro Baccho mittunt sortem:
Hier ein Spiel, ein Trunk daneben
Dort ein wahres Heidenleben
Wo des Spieles wird gepflogen
Sieht sich mancher ausgezogen
Klopft ein anderer stolz die Tasche
Liegt der Dritt in Sack und Asche
Wer wird um den Tod sich scheren?
Losung ist: Zu Bacchus Ehren!
    All’osteria
Quando siamo all’osteria
Non ci curiamo più del mondo
Ma ci affrettiamo al gioco
Al quale sempre ci accaniamo
Che si faccia all’osteria
Dove il soldo fa da coppiere
Questa è cosa da chiedere
Si dia ascolto a ciò che dico
C’è chi gioca, c’è chi beve
C’è chi vive senza decenza
Ma tra coloro che attendono al gioco
C’è chi viene denudato
Chi al contrario si riveste
Chi di sacchi si ricopre
Qui nessuno teme la morte
Ma per Bacco tentano la sorte:
Qui un gioco, insieme a una bevuta
Là una vera vita da miscredente
Dove c’è l’abitudine del gioco
Si vedono alcuni che si spogliano
Un altro batte orgogliosamente la tasca
Il terzo giace tra sacchi e cenere
Chi si curerà della morte?
La parola d’ordine è: onore a Bacco!
 Fonte: metalgermania.it/
Codex Buranus – miniatura nel foglio 89v – Bevitori

Ostia antica-13.jpg [[File:Ostia antica-13.jpg|Ostia_antica-13]]Di NikonZ7II – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=117028491 https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Codex_Buranus-89v-dettaglio.jpg
Scapece da taberna taverna

Scapece da taberna (taverna). «Bon escabeix» di Ruperto de Nola, Libre del coch, anno 1520

Scapece gallipolina 
Scapece: etimologicamente deriva dal latino Escha Apicii, e cioè salsa di APICIO, autore del De coquinaria, il più antico manuale di gastronomia, per fare in modo che pisces fricti diu durent (per conservare pesci fritti) consiglia: eodem momento, quo friguntur et levantur, ab aceto calido, perfunduntur (nello stesso momento in cui escono dall’olio cospargili di aceto caldo).
La scapece e’ una preparazione gastronomica dell’Italia meridionale; in Puglia, ad esempio, sono famose le scapece di Lesina e di Gallipoli. La procedura varia da zona a zona, e, sostanzialmente prevede nella ricetta l’utilizzo di verdure o ortaggi tassativamente fritti (melanzane, pomodori, carote, fagiolini ecc.) e pesce azzurro o anche le une e l’altro, ma fritti separatamente.
Si avvicina grosso modo, anche alla tipica preparazione del nord Italia “carpione” che prende nome da un pesce d’acqua dolce (Salmo tutta carpio) il quale, previa frittura, viene cosparso con cipolle fatte appassire in olio d’oliva con una marinata d’aceto, aglio e altre spezie, e, al veneto “saòr” che deriva dal medievale italiano “savore” dal latino “sapor”, mentre con il termine Scabeccio si fa riferimento ad una identica preparazione in uso in Liguria e in Piemonte.
  • Questa ricetta si trovava quasi sempre nei “menù” delle taverne che erano luoghi in cui si dovevano proporre piatti da realizzarsi velocemente o addirittura già pronti. Ciò vale anche per lo scapece che è, nello stesso momento, un modo per cucinare ma anche un metodo di conservazione del pesce. Questo procedimento constava, in genere, di pesce azzurro, verdure o anche carni fritte cui venivano applicate alcune spezie (in particolare lo zafferano), le cipolle e una salsa o gelatina dal sapore acido. Tale salsa è probabilmente originaria della cucina araba e il suo nome deriva dal termine sikbaj; troviamo attestazioni di questa preparazione già nel “De re coquinaria” di APICIO o in alcuni ricettari della corte di Federico II di Svevia che ne era particolarmente ghiotto. Nell’Italia meridionale e in Spagna si servono ancora oggi gli scapece. Fonte: Il libro della cucina del secolo XIV
Jan_Steen_-_Revelry_at_an_Inn_-_WGA21761
Revelry at an Inn (Baldoria in una locanda)  di Jan Steen (1625/26–1679)

Ruperto de Nola,

conosciuto anche con lo pseudonimo Mestre Robert (Catalogna, XV secolo-Catalogna, XVI secolo), è stato un cuoco spagnolo, autore del primo libro di cucina stampato in lingua catalana, Llibre del Coch. Lavorò per il Re di Napoli Ferdinando I

«Libre de doctrina pera ben seruir, de tallar y del art de coch, ço es de qualseuol manera de potages y salses» anno 1520.

Bon escabeix

«Prendi un pezzo di pane senza crosta bagnato nell’aceto bianco, e prendi delle mandorle pelate, e tostate le nocciole e i pinoli e tritate il tutto finché sarà ben macinato; e quando sarà macinato, uniscilo col brodo di pesce, e poi filtralo con un panno di lana; e poi metti qualche uva passa tolti i semi, e macinala bene con l’altre cose e metterlo a cucinare. E getta nella pentola tutte le spezie fini e lo zafferano, perché la salsa dovrebbe essere di colore molto intenso, di sapore dolce; comunque, la dolcezza dovrebbe provenire dal miele. E quando sarà denso, toglilo dal fuoco; poi prendete il pesce freddo, e mettetelo in un piatto, e mettetevi sopra la scabeche. Questa salsa però va mangiata con il pesce pandora (pagellus erythrinus) o il dentice prima di qualunque altro pesce; e quando sarà freddo, metti sopra un po’ di cannella; e poi metteteci dei pinoli, rivolti verso l’alto, tutto intorno al piatto, e prezzemolo tritato. Questa salsa comunemente si serve fredda, ma [servita] calda non è cattiva.»

File:Llibre del Coch (1520).djvu

Robert de Nola,Llibre del Coch, Barcellona 1520

La ricetta della Scapece gallipolina

Ingredienti: Pesce di varie qualità e ridotte dimensioni (boghe dette “ope”, zerri detti “pupiddhri” o altro), olio per friggere, farina, aceto, zafferano, mollica di pane (pagnotta)

Preparazione: Nella scapece gallipolina il pesce non viene pulito prima di essere fritto a causa della quantità e della dimensione ridotta delle specie di pesci utilizzati. Mantenere la lisca del pesce potrebbe sembrare strano ma questa viene ammorbidita e resa commestibile con la marinatura in aceto. Va precisato che ci sono più tipi di scapece gallipolina, differenti tra loro per il tipo di pesce utilizzato, per questo, prima della frittura, i vari tipi di pesci vengono “scucchiati”, cioè separati, secondo la specie. I pesci fritti vengono disposti, a partire dal fondo della tinozza, a strati alternati con la mollica di pane imbevuta con l’aceto in cui è stato sciolto lo zafferano. La mollica che si utilizza è quella della pagnotta. La forma di pane viene privata della crosta e tagliata a metà, le varie metà vengono poi strofinate su uno strumento detto “crattacasa”, una grande grattugia formata da un semicilindro di acciaio largo mezzo metro sulla cui superficie sono stati praticati dei fori, simili a quelli di una grattugia da formaggio, larghi circa un centimetro. Una volta che la tinozza è stata riempita fino all’orlo viene sigillata con un foglio di plastica e messa a riposare in una cella frigorifera.

 

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Il carpione per marinare carne, pesce e verdure: Filetti di trota in carpione

Alici, acciughe, sardine in Scapece

 “Scapece” di Scapece.bianco – Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons
Zucchine scapece

Zucchine a scapece (Cucuzzielle a la scapece)

 Ingredienti per 4 persone
  • 1 kg. di zucchini teneri e freschi,
  • olio extravergine d’oliva (evo),
  • sale,
  • 2 spicchi d’aglio,
  • origano o menta,
  • aceto
Preparazione

Tagliare a rondelle gli zucchini e farli asciugare un po’ al sole oppure asciugarle premendole con un canovaccio. Friggere gli zucchini nell’olio e salarli, scolarli solo quando saranno diventati scuri. Metterli in una terrina, a strati, cospargendo ogni strato di aglio tritato e origano, oppure foglie di menta tritate. Versare, nella terrina, sopra gli zucchini dell’ottimo aceto di vino. Marinare per qualche ora o, meglio, 1 giorno prima di servire.

 Scapece,

etimologicamente deriva dal latino Escha Apicii, e cioè salsa di APICIO, autore del De coquinaria, il piu antico manuale di gastronomia, per fare in modo che pisces fricti diu durent (per conservare pesci fritti) consiglia: eodem momento, quo friguntur et levantur, ab aceto calido, perfunduntur (nello stesso momento in cui escono dall’olio cospargili di aceto caldo).
Dell’Imperatore Federico II di Svevia si racconta che ne era talmente ghiotto che difatti se la faceva venir dal Lago Lesina (Resina ut ab eis faciat ascaperiam). Nel marzo del 1240 in vista del Colloquium generale previsto a Foggia, chiese al cuoco Berardo di preparare askipeciam et gelatinam usando appunto il pesce che proveniva da quel lago.
Alcuni studiosi affermano invece il termine deriva dall’arabo As-sikbāj che designava una preparazione molto apprezzata di quella cucina che seguiva una procedura abbastanza simile alla scapece, ma solitamente utilizzata per le carni bollite e che sarebbe pervenuta a noi attraverso lo spagnolo escabeche. nella gastronomia iberica, infatti, figurano molte preparazioni di escabeche: Patatas en escabeche con tenca (tinca) a la cacerena (alla maniera di Caceres), Escabeche de berenjenas (melanzane) con hinojo (finocchio), Perdices (pernici) escabechadas.
Può considerarsi una sorta di scapece il siviero di Ippolito Cavalcanti (Capetone in siviero, Puorco sarvateco (cinghiale) ‘nseviero). […]

“Scapece da taberna (taverna)”

 Zucchine scapece
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Encyclopédie, ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers di Diderot e Le Rond d’Alembert

Denis Diderot (1713–1784) è stato un filosofo, enciclopedista, scrittore e critico d’arte francese. Fu uno dei massimi rappresentanti dell’Illuminismo

Fu promotore, direttore editoriale ed editore dell’Encyclopédie, avvalendosi inizialmente dell’importante collaborazione di d’Alembert, che però alle prime difficoltà con la censura (dopo la condanna de L’esprit di Helvétius, anch’egli collaboratore) si ritirerà. […]

Dove si trova l’ Encyclopédie?

Biblioteca nazionale di Francia ( FR )

L’Encyclopédie ou dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers in formato pdf e tif, dal sito della Biblioteca nazionale di Francia, non tutti i volumi sono disponibili in formato digitale (…)

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[Liste des volumes]
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 Denis Diderot
Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiersEnciclopedia o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri è una vasta enciclopedia pubblicata nel XVIII secolo, in lingua francese, da un consistente gruppo di intellettuali sotto la direzione di DIDEROT e D’ALEMBERT. Essa rappresenta un importante punto di arrivo di un lungo percorso teso a creare un compendio universale del sapere, nonché il primo prototipo di larga diffusione e successo delle moderne enciclopedie, al quale guarderanno e si ispireranno nella struttura quelle successive. La sua introduzione, il Discorso Preliminare, è considerata un’importante esposizione degli ideali dell’Illuminismo, nel quale viene altresì esplicitato l’intento dell’opera di incidere profondamente sul modo di pensare e sulla cultura del tempo.

Antiporta (frontespizio) dell’Encyclopédie:
spiegazione
Sotto un tempio ionico, santuario della Verità, si vede la Verità avvolta in un velo, che irradia una luce che allontana e disperde le nuvole. A destra della Verità, la Ragione e la Filosofia sono intente una a togliere, l’altra a strappare il velo della Verità. Ai suoi piedi, la Teologia inginocchiata ne riceve la luce dall’alto. Seguendo la cartina delle figure, si trovano dallo stesso lato la memoria, la Storia Antica, e Moderna. la Storia descrive i fasti e il tempo le serve d’appoggio. Al di sotto sono raggruppate la Geometria, l’Astronomia e la Fisica. le figure più in basso rappresentano l’ottica, la botanica, la chimica e l’Agricoltura. nella parte inferiore si trovano parecchie Arti e professioni che derivano dalle Scienze. A destra della Verità si vede l’immaginazione che si dispone ad abbellire e a incoronare la Verità. Sotto l’immaginazione, il disegnatore ha posto i diversi generi di Poesia, Epica, Drammatica, Satirica e Pastorale. Successivamente vengono le altre arti d’Imitazione, la Musica, la Pittura, la Scultura e l’Architettura.
(dipinto di Charles Nicolas Cochin inciso da Bonaventure-Louis Prévost nel 1772)

L’Encyclopédie de Diderot et d’Alembert, c’était surtout un moyen de faire passer des idées libérales, plus qu’un état de l’art sur les marchines et autres savoirs de l’époque. Elle fait partie de notre Histoire.
L’Enciclopedia di Diderot e d’Alembert era soprattutto un mezzo per trasmettere le idee liberali, più che uno stato dell’arte sui marchines e sulle altre conoscenze dell’epoca. Fa parte della nostra Storia.

COUTURIER (sarta, sarto, modista) Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers

 

COIFFEUR (Parrucchiere, Barbiere, Parrucche) – Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers

Encyclopédie,  Diderot e Le Rond d’Alembert Di Long List of Contributors to the Encyclopédie – File:ENC 1-NA5 600px.jpeghttp://ets.lib.uchicago.edu/ARTFL/OLDENCYC/images, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=28864546Di AlfvanBeem – Opera propria, CC0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=18132559Di Sailko – Opera propria, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=79117241Di User:Mattes – Fotografia autoprodotta, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=20851175
diderot-Atelier_de_plumassier_XVIIIe_siècle

COUTURIER (sarta, sarto, modista) Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers

Atelier de plumassier XVIIIe siècle, Laboratorio di piumaggio nel XVIII secolo

Denis Diderot (1713–1784) è stato un filosofo, enciclopedista, scrittore e critico d’arte francese. Fu uno dei massimi rappresentanti dell’Illuminismo

Fu promotore, direttore editoriale ed editore dell’Encyclopédie, avvalendosi inizialmente dell’importante collaborazione di d’Alembert, che però alle prime difficoltà con la censura (dopo la condanna de L’esprit di Helvétius, anch’egli collaboratore) si ritirerà. […]

 Vol. 8

diderot sarto

Sarta
Donna autorizzata a confezionare diversi indumenti in qualità di membro di una comunità costituita nel 1675. Ogni sarta non può avere più di un’apprendista. L’apprendistato dura tre anni: questo apprendistato deve essere seguito da due anni di lavoro presso altre sarte. quelle donne che vogliono accedere alla maestranza sono tenute a fare un capo d’opera: solo le figlie delle sarte ne sono esenti. la comunità è retta da sei consoli, tre dei quali cambiano ogni anno. La loro corporazione è divisa in quattro categorie: vi sono le sarte in abiti, che hanno diritto di confezionare abiti e altri indumenti da donna; le sarte in bustini da bambini; le sarte in biancheria; le sarte in guarnizioni.
 
Sarto
E’ colui che taglia, cuce, confeziona e vende abiti. i maestri-mercanti-sarti e i mercanti di giubbe formavano in passato due comunità separate che furono riunite nel 1655; furono redatti nuovi statuti che, dopo essere stati approvati dal luogo-tenente civile e procuratore del re allo Châtelet, il 22 maggio 1660, furono confermati con lettere regie e registrati al Parlamento nello stesso mese e nello stesso anno. Questi statuti prevedono che siano eletti tutti gli anni due consoli, maestri e ispettori di tale comunità per amministrarla, con due decani che restano in carica. Vietano inoltre a tutti i mercanti rigattieri, pannaiuoli ecc. che non siano stati ammessi alla maestranza come sarti di fare o vendere qualunque abito di stoffa nuova o di nuova fattura. Fissano infine il periodo di apprendistato a tre anni.

Termini di sartoria

  • BAVERO. Sarto
    In un abito, quale un mantello, una redingote, un soprabito, una camicia ecc. è la parte più alta, quella che cinge il collo: questa parte è più o meno larga a seconda del tipo di abito.
  • BIGHERINO
    I falpalà, le frange e le guarnizioni che si mettono alle sottane delle donne e alle loro vesti.
  • CASACCA. Storia moderna
    Specie di soprabito o di abito lungo che si porta sopra gli altri indumenti e che è in uso soprattutto in Inghilterra tra gli ecclesiastici; in passato lo portavano anche i laici.
  • CRAVATTA. Moda
    Antico capo di vestiario di tela fine ripiegata; la si avvolgeva più volte intorno al collo e se ne annodavano i due capi sotto il mento facendoli poi ricadere sul petto. I collarini sono succeduti alle cravatte.
  • SOTTOVESTE. Grammatica
    Indumento che si porta sotto il giustacuore o l’abito; ha maniche, falde e tasche, e si abbottona; scende fino appena sopra il ginocchio

Encyclopédie Diderot: couturier sarta, sarto, modista diderot-cutting-your-coat-to-fit-your-cloth-onsite-review1

L’illustrazione da Onsite Review mostra come il modello per un vestito si articola sulla tela.
Onsite Review’s article, Diderot: CuttingYour Coat to Fit the Cloth, is fascinating to read.

Tailleur d’habits & Tailleur de corps.

vol. 8- p.156-157-158-159- 160-161-162-163- 175-176-177-178 (clicca sulle immagini per ingrandire)
       

        

         

 Marchande de Modes (Modista)

  • A sn: Fig. 1, taglio del cappuccio di una mantellina.
  • Fig. 2, mantellina tagliata. In questo taglio le linee punteggiate indicano la mantiglia di corte.
  • fig, 3, taglio di mantellina da bordare o foderare di pelliccia.

diderot modista

Encyclopédie, ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers di Diderot e Le Rond d’Alembert

GASTRONOMIA – Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers

COIFFEUR (Parrucchiere, Barbiere, Parrucche) – Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers

 Di Diderot et d’Alembert – Encyclopédie Diderot d’Alembert, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=18361257
Encyclopédie Diderot  COIFFEUR Parrucchiere, Barbiere, Parrucche

COIFFEUR (Parrucchiere, Barbiere, Parrucche) – Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers

Vol. 7- 121

Denis Diderot (1713–1784) è stato un filosofo, enciclopedista, scrittore e critico d’arte francese. Fu uno dei massimi rappresentanti dell’Illuminismo

Fu promotore, direttore editoriale ed editore dell’Encyclopédie, avvalendosi inizialmente dell’importante collaborazione di d’Alembert, che però alle prime difficoltà con la censura (dopo la condanna de L’esprit di Helvétius, anch’egli collaboratore) si ritirerà. […]

Vol. 7 pp. 115-116-117-118 (clicca sulle immagini per ingrandire)

       

Vol. 7-122

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Encyclopédie Diderot  COIFFEUR Parrucchiere, Barbiere, Parrucche vol. 7 –

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Parrucchiere – Barbiere, Parrucche, tavola VIIFigg. 1.2, interno ed esterno di una parrucca di berrettino. Figg. 3.4, interno ed esterno di una parrucca con borsa da capelli. A, la borsa. BB, le giarrettiere a fibbia. 5.6, interno ed esterno di una parrucca a buccole annodate. AA, le buccole annodate. B, il rocchio. 7, buccola annodata della stessa parrucca. 8, bocchio della stessa parrucca. 9, borsa da capelli. A, la rosetta. B, i cordoni. 10.11, esterno e interno della parrucca capinascente. 12.13, esterno e interno ddella parrucca da abate. AA, la chierica. 14.15, interno e esterno della parrucca alla brigadiera. AA, i rocchi. B, la rosetta. 16,rocchi della stessa parrucca. 17, rosetta della stessa parrucca. AA, i cordoni
BARBIERE
Artigiano che fa la barba. Ci sono a Parigi due comunità che, secondo i loro statuti, hanno il diritto di tener bottega per fare la barba e di esporre dei bacili come insegna. La prima comunità è quella dei maestri chirurghi, i cui bacili in insegna devono essere gialli; la seconda è quella dei parrucchieri i cui bacili sono bianchi. (..)
 
BASE DEI CAPELLI . Termine di parrucchiere
E’ la parte dei capelli presso la quale sono stati tagliati e tolti dalla testa; l’altra estremità si chiama punta. E’ a partire dalla base che si intrecciano i capelli sul telaio per farne una parrucca. (..)
 
POLVERE DA CAPELLI. Termine da guantaio profumiere
E’ un amido ben polverizzato e setacciato che serve ad asciugare i capelli naturali e le parrucche. Sono i guantai profumieri che la fabbricano e ne fanno commercio.
PUNTA DEI CAPELLI. Parrucchiere
E’ l’estremità dei capelli dalla quale i parrucchieri cominciano a inanellare la ciocca da arricciare; l’altra estremità di chiama base; è a partire dalla base che si intrecciano i capelli.
 
SCALARE I CAPELLI. Termine di parrucchiere
Consiste nel tagliare i capelli in modo tale che i più alti siano i più corti e i più bassi siano i più lunghi per far sì che, una volta arricciati, i boccoli possano essere sistemati senza darsi noia gli uni con gli altri.
 
SCOMPIGLIARE I CAPELLI. Termine di parrucchiere
Significa pettinare i capelli all’incontrario, cominciando dalla punta, allo scopo di far gonfiare la ricciaia per sistemare in segjuito i boccoli. (..)
SPURGARE I CAPELLI
Consiste nello sfregare a secco con le mani le ciocche di capelli, una dopo l’altra, nella farina: lo scopo di questa preparazione è di mondarli dal grasso per distenderli più facilmente.
TUPPE’. Termine di parrucchiere
E’ un ciuffo di capelli che si estende lungo la fronte, da una tempia all’altra, sia nei capelli naturali che nelle parrucche.

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uncinetto  Bordino per tovaglia

Uncinetto: Bordino per tovaglia con stampa romagnola

Nell’opera “la Romagna” di Emilio Rosetti¹ della fine dell’ Ottocento, si trova il primo riferimento alle stamperie romagnole:
“… vi sono 21 tintorie nella provincia di Forlì; 15 in quella di Ravenna, 9 nel Montefeltro romagnolo e qualcun’altra nel resto della Romagna, che impiegano in tutto circa 250 operai. In alcune di esse si opera anche la stampa a mano dei tessuti, ma questa industria va diminuendo rapidamente per la concorrenza del di fuori”.²
Anche Aldo Spallicci¹, poeta e cultore di cose romagnole, si curò di queste tele stampate perchè entrassero a far parte degli argomenti di etnografia romagnola. Descrisse minuziosamente la preparazione dell’impasto in una ricetta, compilata come una ricetta di cucina.
All’ epoca la destinazione era il ceto modesto, e i motivi impressi sulla canapa ricordavano le decorazioni “dei ricchi”: trine, pizzi, ricami, filet o stampe ben più preziose. [continua…]

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 Uncinetto: Bordino per tovaglia

Ho realizzato un bordino semplice per questa tovaglia di canapa ed i relativi 12 tovaglioli.

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Ho usato cotone color ruggine e un uncinetto 2 e ho lavorato direttamente sul tessuto. Puntando su gli incroci di trama e ordito ho effettuato il 1° giro in maglia bassa. Per il 2° giro ho creato degli archetti con il punto catenella. Per il 3° e ultimo giro, ho rifinito gli archetti con maglia bassa.

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La tela stampata romagnola

L’usanza di questo tipo di decoro risale al XVIII sec., quando venivano usati drappi come ornamento ai buoi durante le fiere paesane. Le prime raffigurazioni di cui si ha notizia ritraevano S. Antonio Abate, protettore degli animali. La fantasia infinita degli stampatori, permise di produrre poi tantissimi motivi, che divennero dei classici, per abbellire tele di lino e canapa destinate all’uso di tovaglie, copri letti, tende e molto altro. [continua…]

Nel XVIII secolo i contadini ricoprivano gli animali con drappi recanti un medaglione stampato con l'immagine di sant'Antonio abate, protettore del mondo agricolo e del bestiame.

Nel XVIII secolo i contadini ricoprivano gli animali con drappi recanti un medaglione stampato con l’immagine di sant’Antonio abate, protettore del mondo agricolo e del bestiame.

Le stampe romagnole a ruggine

Uncinetto: Bordura facile per asciugamano (ma anche per tovaglia o lenzuolo)

Copriletto all’ uncinetto, color ecrù a cornici

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Gli Antichi Romani a tavola: Dove Come Quando

Museo Romano a Butchery Lane, Canterbury, Kent. Ricostruzione di una cucina romana, con ceramiche romane originali. Foto by Linda Spashett (Storye book)

La giornata degli antichi romani iniziava presto la mattina e le ore erano regolate dall’orologio solare. La prima colazione era a base di pane, carne e formaggio. A mezzogiorno erano preferiti pasti leggeri. Alle 16 circa, dopo una eventuale sosta alle terme pubbliche, veniva consumata la cena, che era il pasto principale. Era composta da piatti sostanziosi: olive, nocciole, noci, datteri e altra frutta, lenticchie, piselli, orzo e grano, zuppe, piatti di pesce o carne cotti alla griglia o al forno. Il vino era molto apprezzato: veniva diluito in acqua fredda o calda, o bevuto puro (merum), oppure arricchito con miele o altro.

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RICETTE con foto

Le_Satyricon Trimalchione

Satyricon di Petronio

apicio Scène_de_banquet_-_Herculanum

Cibi afrodisiaci

 

 

 

 

 

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bibliolab.it, Romani a tavola, ricette di Apicio

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Il pasto dei Romani
I pasti dei Romani erano lo jentaculum il prandium e la cenaLo “jentaculum”, lo spuntino della mattina e il “prandium”, quello del mezzogiorno, erano i pasti frugali consumati in piedi sine mensa.Il pasto principale, tuttavia, era la cena (…)

Dove
Usualmente i Romani mangiavano seduti su uno sgabello, di rado , a tavola, nella maggior parte dei casi in cucina accanto al fuoco se faceva freddo (…)

Come
Il “triclinium” era il luogo adibito ai pasti dai Romani (…)

Quando
I Romani si alzavano presto, alle prime luci dell’alba (…)

Le cene famose

Il cibo, perno sul quale era incentrata l’oziosa vita dell’aristocrazia romana..(…)

Il pasto dei legionari
Il pasto dei legionari durante le marce non doveva essere molto abbondante (…)

Il pasto degli schiavi
Gli schiavi che vivevano nelle aziende agricole  venivano  sottoposti a severa disciplina..(…)

Gli oggetti
La ceramica veniva utilizzata per la fabbricazione di vasellame da cucina (…)

Le ricette

Apicio e le sue ricette

Gli ingredienti

I vini
Il vino aveva un’importanza particolare per i Romani in quanto era la bevanda più amata (…)

  • Curiosità: Un vino chiamato “Pino Lieto”, sarebbe stato descritto da Plinio il Vecchio (I secolo d.C.) nella sua Naturalis Historia, come “non dolce abbastanza per essere buono” e quindi non particolarmente apprezzato dagli antichi romani che amavano il vino molto dolce. Questo vino potrebbe essere il progenitore dell’odierno Pignoletto dei Colli Bolognesi (Emilia), ma non sembra esserci alcun riscontro di tale dizione nell’opera del poeta latino. Potrebbe, invece, derivare dalla tipica forma dell’acino, simile ad una piccola pigna. Vincenzo Tanara, nel suo trattato “Economia del Cittadino in Villa” del 1674, fa cenno ad “Uve Pignole”, coltivate nelle colline della provincia bolognese, ritenendole poco adatte alla produzione di vino.

Il pane
Il farro, assieme ai  legumi e le verdure fu alla base della alimentazione dei Romani (…)

Il menù di oggi

bibliolab.it, Romani a tavola, ricette di Apicio
Roman Museum 049.jpg [[File:Roman Museum 049.jpg|Roman_Museum_049]]
APICIO antica roma libri

APICIO – De re coquinaria: raccolta di ricette dell’antica Roma

Frontespice d’une édition de 1709

(…) Chi era Apicio e il De RE Coquinaria?

Il nome in ambiente romano, era comune a tre ghiottoni; per alcuni quattro, vissuti in diverse età.

  • Il primo si scagliò contro la legge Fannia del 161 a.C., una sorta di legge che cercava di porre un limite allo sperpero durante i banchetti.
  • Il secondo visse sotto Augusto e Tiberio e sembra l’autore della prima stesura del De Re Coquinaria e si chiamò Marco Gavio Apicio.
  • Il terzo visse sotto Traiano e inventò il procedimento per mantenere fresche le ostriche. Si chiamò Claudio (nome romano) o Celio (nome etrusco) Apicio e ampliò il testo del precedente. E’ possibile pensare che siano due persone diverse e abbiano ampliato il trattato secondo le proprie esperienze.

Paulys Wissow nella sua opera Enciclopedia reale dell’antichità classica, vol. I, ne cita altri due: un Apicio Giuliano probabilmente governatore di Siria e un certo Api(ciu)s proconsole dì Asia. L’unica cosa certa è che un cuoco di nome Apicio, vissuto tra il I secolo a.C.e il IV secolo d.C. dette ai suoi ricettari il nome «Libri di Apicio». Poiché per gli storici della tarda romanità, il nome di «Apicio» indicava l’esperto di arte culinaria, il titolo del trattato di cucina, potrebbe intendersi come «Libri dell’esperto cuoco» alla cui stesura collaborarono vari cuochi della media e tarda romanità.

Apicio si rivolge ad un cuoco esperto, lo provano le espressioni «Gustas: si quid deest, addes…» (asssagia, se manca qualcosa aggiungila) e «Si quid opus fuerit, cittis…» (se c’è bisogno di qualcosa, aggiungilo) e «Si quid defuerit, mittis…» (se manca qualcosa, aggiungilo…). (…)

da La cucina dell’antichità, Clotilde Vesco – Newton Compton Editori

MARCO GAVIUS APICIUS
(Marco Gavio Apicio)

Nacque intorno al 25 A.C. e morì suicida verso la fine del regno di Tiberio. Fu considerato il più grande gastronomo della Roma del basso Impero. Era in grado di preparare sontuosi banchetti e, quando rimase con gli ultimi 10 milioni di sesterzi, si uccise per il timore di non poterne allestire più. Passò alla storia per li suoi piatti fantasiosi: manicaretti a base di talloni di cammello, intingoli di creste tagliate a volatili vivi, triglie fatte morire nel garum della migliore qualità, oche ingrassate nei fichi secchi e ingozzate con mulsum, lingue di usignoli, di pavoni e di fenicotteri.
Intorno al 230 D.C. un cuoco di nome Celio compilò una raccolta di ricette in dieci libri, il De re coquinaria (L’ arte culinaria), attribuendola ad Apicio.

Si tratta di appunti frettolosi e disordinati, tuttavia è il più importante libro di cucina scritto in latino. I piatti, qui descritti, furono creati per i nobili ed i ricchi dell’epoca, ma, le ricette e gli accorgimenti per le preparazioni, risultano attuali.

abemus-in-cena-menu apicio

RICETTE con foto

Le_Satyricon Trimalchione

Satyricon di Petronio

apicio Scène_de_banquet_-_Herculanum

Cibi afrodisiaci

 

 

 

 

 

I

I

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II

III

III

INDEX
La giornata degli antichi romani iniziava presto la mattina e le ore erano regolate dall’orologio solare. La prima colazione era a base di pane, carne e formaggio. A mezzogiorno erano preferiti pasti leggeri. Alle 16 circa, dopo una eventuale sosta alle terme pubbliche, veniva consumata la cena, che era il pasto principale. Era composta da piatti sostanziosi: olive, nocciole, noci, datteri e altra frutta, lenticchie, piselli, orzo e grano, zuppe, piatti di pesce o carne cotti alla griglia o al forno. Il vino era molto apprezzato: veniva diluito in acqua fredda o calda, o bevuto puro (merum), oppure arricchito con miele o altro.
antica roma abemus apicio 1

Gli Antichi Romani a tavola: Dove Come Quando

Dulcia domestica, ricette per dolci fatti in casa – Apicius, De Re Coquinaria

Frictilia, le frittelle di Apicio

Di Apicius, Coelius – Disponibile nella biblioteca digitale BEIC e caricato in collaborazione con Fondazione BEIC., Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=50356952
violette liquore

Liquore, sciroppo e rosolio di violette

Foto e ricetta del liquore è di “Tocco e tacchi”

I liquori casalinghi

L’uso di offrire un liquorino preparato dalle mani della padrona di casa era un tempo una consuetudine normale. Allora le signore qualche volta si passavano l’un l’altra, generosamente, le preziose ricette, mentre, più spesso, ne tenevano nascosta qualcuna che, nella loro famiglia, veniva tramandata di madre in figlia. Un tempo questi liquori si chiamavano rosoli amabili, e si servivano il giorno delle visite, quando gli ospiti venivano ricevuti con tutti gli onori nel “salotto buono”, quello così colmo di “buone cose di pessimo gusto” (cose semplici e povere d’altri tempi) come direbbe Gozzano L’amica di nonna Speranza” . Naturalmente i rosoli casalinghi sono molto diversi dai liquori preparati industrialmente, ma sono ugualmente gradevoli, anche per i gusti un po’ sofisticati e difficili noi uomini e donne del 1964. Stiamo attente però a prepararli seguendo alcune semplici ma importanti regole tanto nella lavorazione quanto nella scelta degli ingredienti.

Enciclopedia della donna 1964

Le violette vengono utilizzate come piante ornamentali nei giardini per aiuole, bordure, o per la coltura in vaso su terrazzi. Ma le viole odorose vengono utilizzate nella produzione di pecorini dolci, nell’industria confettiera per produrre fiori freschi cristallizzati nello zucchero, in profumeria per estrarne l’essenza.

«Gli antichi greci indossavano ghirlande di viole, i romani invece ricavavano da questi fiori profumatissimi un’ottima bevanda. I giardinieri medievali eccellevano nel creare aiuole, punteggiate di viole bianche o lilla, nei giardini delle dimore più nobili. Napoleone fece perfino adornare la tomba di Giuseppina con un tappeto coloratissimo dei suoi fiori preferiti.

Le viole sono state impiegate in passato non solo per le sue qualità decorative. In medicina infatti, si utilizzavano per i loro effetti terapeutici e curativi contro l’insonnia e gli attacchi d’ira; anche in cucina si impiegano praticamente da sempre. Il profumo delle viole, così intenso e gradevolissimo, e il fiore in sé così piccolo e grazioso, sono da secoli impiegati in cucina per decorare cibi, dolci in particolare, e per realizzare liquori, sciroppi, ed estratti dolci da conservare sino all’inverno.»

“Prunella e cera d’api” J. Newdick ed. De Agostini
Ricette con le violette

kir violette

Liquore di violette
  • 150 gr violette, 350 gr zucchero, 500 gr acqua, 250 gr alcool a 90°. Fare uno sciroppo con l’acqua e lo zucchero. Versarlo sulle violette e lasciare in infusione per 24 ore. Unire l’alcool, travasare in bottigliette e lasciare riposare per 1 mese prima di consumarlo.
Tocco e tacchi
Sciroppo alla Violetta
  • Per preparare questo Kir, ho prima preparato un sciroppo di violette raccogliendo quelle del mio giardino. Per fare lo sciroppo di violetta, naturalmente occorrono le violette pulite e senza stelo, si mettono in un barattolo, si coprono di acqua bollente e si lasciano in infusione per 24 ore coperte. Poi si filtra il tutto in un misurino per vedere la quantità. Mettere l’infuso in un pentolino con lo stesso volume di zucchero e far sciogliere senza far bollire. Se lo si vuole conservare, si può mettere in una bottiglietta tipo quelle del succo di frutta con tappo a vite sigillandolo come la marmellata (travasare al primo bollore) Questo sistema è valido anche per fare lo sciroppo con altri fiori profumati.
 Rosolio di violette
  • Acqua: 1 l, Petali di violette: 500 g, Zucchero: 400 g, Acqua: 350 g, Alcol: 300 g, Vaniglia in polvere: 1 cucchiaio
    Mondare delicatamente i petali di violette Versarli in un vaso di vetro con un litro di acqua ed un bicchiere di alcol Mettere a bagnomaria e far bollire per almeno 20 minuti Lasciare raffreddare
    Filtrare, strizzando i petali di violette per recuperarne il colore Portare a leggera ebollizione 350 g di acqua. Versarvi lo zucchero Mescolare fino ad ottenere uno sciroppo trasparente. Lasciarlo raffreddare. Unire l’infuso di viole, l’alcol rimasto e la vaniglia. Mescolare accuratamente. Filtrare ed imbottigliare
 Il calderone di Marinella
violette candite 2

Come fare le violette candite

violette L’Évanescent - Ricetta cocktail

L’Évanescent cocktail alle violette

 

 

 

 

Come fare i fiori canditi per decorare torte, cupcakes, biscotti e dessert.

«Siroppi rinfrescativi di viole» due ricette di La Varenne del 1651

Del modo di formar Giulebbe, ricette del 1778 di Vincenzo Corrado “Il credenziere di buon gusto”

Fiori in cucina. Ricette con i fiori eduli

Violettes de Toulouse.jpg [[File:Violettes de Toulouse.jpg|Violettes_de_Toulouse]]
II

II. ABEMUS IN CENA, menù dell’antica Roma

Vetri romani esposti nella culina (cucina), Pompejanum, replica idealizzata di una villa romana, Aschaffenburg, Germania by Carole Raddato from FRANKFURT, Germany

 I tre pasti principali degli antichi romani

LENTACULUM,
prima colazione
PRANDIUM,
pranzo
VESPERNA,
cena

ABEMUS IN CENA

(menù)

GUSTUM

GUSTATICIUM
LIBUM
EPITYRIUM
PETASONEM EX MUSTEIS
MORETUM

PRIMAE MENSAE
TISANA
PATINAM APICIANAM
PULLUS FARSILIS

SECUNDAE MENSAE
PATINA VERSATILIS
GLOBULOS

 Invocazione iniziale

Con un urlo chiamai di Maia il figlio,
re di Cillene: ”Mercurio strozzacani,
polpetta! Come nome hai fra i Lidii,
compagno dei ladri, dammi una mano.
Mercurio mio, figlio di Maia,
re di Cillene, ti scongiuro! Ho addosso
un freddo maledetto, e batto i denti.
Regala ad Ipponatte un mantelluccio,
ed un corsetto, e un paio di stivali,
e due ciabatte, ed una sessantina
di pezzi d’oro. Rubale al vicino!”

Ipponatte, VI sec. a. C.(trad. Ettore Romagnoli, Zanichelli, 1965)

 GUSTUM (antipasti)
La cena tradizionale, spesso preceduta da un aperitivo di vino addolcito, iniziava con gli antipasti a base di uova, ceci bolliti o salati, foglie di lattuga, tonno e, nelle cene più ricche, frutti di mare, salsicce ed altri cibi saporiti.
GUSTATICIUM
Mettere nel piatto uova, datteri, olive, datteri, noci, nocciole, allec (si può sostituire con delle acciughe) , albicocche, pistacchi. Come “tartine” libum, moretum (un pasticcio di cacio con aglio) ed epityrum (un gramolato di olive)
(Catone)
LIBUM DI CATONE
(focaccia sacra preparata con ricotta e farina per 6 persone: 400 gr. di ricotta, 100 gr. di farina, 1 uovo, sale, qualche foglia di alloro.)
“Farai così il libum. Sciogli bene in un mortaio due libbre di formaggio, quando lo avrai reso del tutto liscio impasta bene con il formaggio una libbra di farina o, se lo vuoi più leggero, mezza libbra. Aggiungi un uovo e di nuovo impasta tutto attentamente, forma la pagnotta, ponila sopra un letto di foglie e falla cuocere lentamente in un forno caldo”
(Catone)
libum apicio antica roma

LIBUM DI CATONE

EPITYRIUM
(patè di olive, per 12 persone: 300 gr. di olive nere, 1 pizzico di semi di coriandolo, 1 pizzico di finocchiella, pochissima ruta, 1 pizzico di cumino.)
“Fa in questo modo l’epityrium d’olive bianche o nere, leva i noccioli dalle olive e accomodale nella seguente maniera: tritale ed aggiungi olio, aceto, coriandolo, cumino, finocchio, ruta e menta. Riponile in un oriolo e coprile bene con olio e usale così condite” (Apicio)

PETASONEM EX MUSTEIS
(Prosciutto cotto con mostaccioli)
è dolce impastato con farina, miele, fichi e mandorle tostate): fai il prosciutto lesso con 600 gr. circa di orzo e 25 fichi secchi. Quando sarà lessato scotennalo e con un mazzuolo rovente brucia il grasso e ungilo di miele. O meglio, mettilo in forno cosparso di miele. Quando avrà ripreso il colore metti nel tegame del passito, del pepe, un mazzetto di ruta, tempera di vino puro. Quando sarà temperato versa la metà della salsa sul prosciutto e con l’altra metà bagna i mostaccioli fatti a bocconcini. Quando saranno ben imbevuti spargi sul prosciutto ciò che avanza.

MORETUM
formaggio preparato con pecorino, aglio, coriandolo e sedano (Virgilio)

VINUM MULSUM
vino, miele e pepe

Moretum

Moretum

Apicio Ricetta del MULSUM

MULSUM

 PRIMAE MENSAE (piatti principali)

La cena proseguiva con piatti forti a base di carne o pesce, sempre accompagnati da vari tipi di verdure.
Orazio, Giovenale e Marziale ci descrivono sfilate di cinghiali, maialetti, capretti, pesci e arrosti vari.

TISANA
Zuppa
per 6 persone: 1 litro e mezzo di acqua, 100 gr. di ceci, 100 gr. di lenticchie, 100 gr. di piselli, 100 gr. di orzo perlato, 6 cucchiai di nuoc-nam, 1 manciatina di prezzemolo, 1 pizzico di aceto, 200 gr. di cime di broccoli, 1 bella pizzicata di origano, 2 spicchi d’aglio, 1 manciata di levistico, 2 cucchiai d’olio.
“Metti a bagno ceci, lenticchie e piselli secchi. Frega l’orzo per togliergli la buccia e fallo lessare con gli altri legumi. Quando saranno cotti, mettici olio e tagliuzza porro, coriandolo verde, aneto, finocchiella e gettali nella pentola. Lessa cime di cavolo e trita assieme parecchio seme di finocchiella, origano silfio e finocchio. Dopo averli tritati, insaporisci con il liquamen ed aggiungili ai legumi. Infine tagliuzzaci sopra cime di cavolo molto tenere”(Apicio)

PATINAM APICIANAM
pasticcio apiciano
Prendi pezzi di poppa cotta di scrofa, polpe di pesci, polpe di pollo, beccafichi o petti di tordi o qualsiasi altro pezzo ottimo che tu abbia; pesta bene tutto eccetto i beccafichi. Sciogli nell’olio le uova crude. Trita del pepe, del ligustico, bagna con la salsa, con il vino, con passito; metti tutto nella pentola a bollire e lega con amido (maizena).Tuttavia, prima vi metterai tutte quelle carni spezzettate in modo che cuociano. Quando saranno cotte, le leverai col loro sugo e le getterai poco alla volta in padella con grani interi di pepe e pinoli così che per ogni strato avrai una doppia crosta e una sfoglia. Quante sfoglie avrai, tante saranno le cucchiaiate di condimento che vi getterai sopra. Spiana col mattarello una sfoglia e copri il pasticcio. Copri di pepe. Prima avrai – nella pentola – legato le carni con le uova sbattute e col condimento. La padella di rame può avere una forma qualsiasi.
(antenata della lasagna n.d.r.) (Apicio)

 PULLUS FARSILIS
Pollo farcito
Vuota il pollo dalla parte del collo. Trita del pepe, del ligustico, dello zenzero, della polpa tagliuzzata e spelta lessata, cervello scottato nella salsa, rompi delle uova e mescolale. fai l’impasto. Stempera con Salsa e mettici poco olio, pepe a chicchi e abbondanti pinoli. Riempi il pollo o il latteronzolo in modo che rimanga dello spazio dentro. Farai lo stesso col cappone che disosserai prima di cuocerlo. (Apicio)

SECUNDAE MENSAE (Dolci)
PATINA VERSATILIS VICE DULCIS
piatto da usare come dolce
Prendi pinoli e noci, puliscili e abbrustoliscili, mescolali con miele, pepe e Salsa (liquanem¹), latte, uova e poco vino puro e olio. (Apicio)

GLOBULOS
(dolce di formaggio)
Farina di farro, formaggio di capra, miele, semi di papavero, olio. (Catone)

SALES CONDITOS AD MULTA
Sali preparati per molti usi
I sali conditi facilitano la digestione, aiutano a sciogliere il ventre e vietano che si formino malattie, pestilenze e ogni altro tipo di febbre. Sono necessari più di quanto tu creda. Prendi 300 gr. di sale comune molto asciutto, 300 gr. di sale ammoniaco assai asciutto, 90 gr. di pepe bianco, 60 gr. di zenzero, 45 gr. di amomo, 45 gr. di timo, 45 gr. di semi di sedano (se non vuoi mettere i semi di sedano mettici 90 gr. di prezzemolo), 90 gr. di origano, 45 gr. di semi di ruchetta, 90 gr. di pepe nero, 30 gr. di zafferano, 60 gr. di issopo di Creta, 60 gr. di foglie di nardo, 60 gr. di prezzemolo e 60 gr. di aneto. (Apicio)

La cena si concludeva con grandi vassoi di frutta, soprattutto secca. Ma prima non poteva mancare un’ampia scelta di formaggi, a cominciare dal tipico formaggio della rustica Sassina, di forma conica, tanto amato da Marziale e ricordato anche da Plinio.

  • ¹GARUM o LIQUAMEN: salsa mille usi, piccante, dal forte profumo, che i Romani aggiungevano a tutto: alle minestre, verdure, secondi piatti, dolci.

Garum o Liquamen

Garum o Liquamen

Garum o Liquamen

Salsa Garum o Liquamen

 

 

 

 

 

 

 

BEVANDE

AQUA (Acqua: che veniva bollita e bevuta calda o raffreddata con la neve)
AQUA MULSA  (Acqua con miele)
IDROMELE (Acqua piovana e miele)
CERVISIA (Birra)
POSCA (Bevanda a base di acqua e vino scadente o aceto)
VINUM MERUM (vino puro, senza aggiunta di acqua)
LATTE (di capra, di vacca, di asina, di cavalla. Bevuto fresco o aromatizzato)

II,1.. APSINTHIUM ROMANUM (Vino d’assenzio romano)
..fallo così: se non hai assenzio di Camerino usa pure quello del Ponto ben pulito, prendine 30 gr. e 3 gr. di terebinto o malabatro e 3 gr. di datteri tebani, 5 gr. di costo (costus arabicus), 4 gr. di zafferano e un litro circa di vino invecchiato. Non occorre scalcare perchè è abbastanza amaro.

III,1. ROSATO ET VIOLATUM (Vino rosato e violato)
Si usa la Rosa Gallica e la Viola Odorata.
Per questo rosato fai così: cuci in un sacchettino di lino dei petali di rose ben asciutte dalla rugiada e senza l’unghia bianca. Copri tutto di vino per sette giorni. Togli le rose dal vino e sostituiscile con altre rose fresche sempre nel sacchettino. Falle riposare per altri sette giorni. Togli le rose. Ripeti l’operazione una terza volta e togli le rose. Cola il vino e quando lo vorrai bere aggiungici del miele rosato.
Puoi fare la stessa cosa con le violette.

V,1. VINUM EX ATRO CANDIDUM FACIES (Come rendere chiaro il vino nero)
Versa in un orciuolo di vino nero delle fave ridotte in farina o l’albume di tre uova. Agita a lungo.
Il giorno dopo il vino sarà scolorito. Lo stesso effetto produrranno le ceneri della vitalba.

antica roma abemus apicio 1

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Ricette

 

 

 

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INDEX

Apicio: Ricetta del MULSUM con volgarizzamento e note del 1852.

Apicio: Ricetta del CONDITUM PARADOXUM con volgarizzamento del 1852.

[[File:Roman glass displayed in the culina (kitchen), Pompejanum, idealized replica of a Roman villa, Aschaffenburg, Germany (14371163044).jpg|Roman_glass_displayed_in_the_culina_(kitchen),_Pompejanum,_idealized_replica_of_a_Roman_villa,_Aschaffenburg,_Germany_(14371163044)]]
Roman glass displayed in the culina (kitchen), Pompejanum, idealized replica of a Roman villa, Aschaffenburg, Germany (14371163044).jpg
III

III. ABEMUS IN CENA, menù dell’antica Roma

Replica di Posate degli antichi Romani: coltello da cucina, cucchiaio di legno e cucchiaio d’argento by Carole Raddato from FRANKFURT, Germany

I tre pasti principali degli antichi romani

LENTACULUM,
prima colazione
PRANDIUM,
pranzo
VESPERNA,
cena

ABEMUS IN CENA
(menù)

GUSTATIO

Libum

PRIMA MENSAE
Pullus elibus ex iure suo
Nucleorum ius in ovis apalis
Ova sfongia ex lacte
Porcellus oenococtus
Agnus parthicus
Ius in pisce elixo
Esiciola tretina

SECUNDAE MENSAE
Patina de piris
Dulcia domestica
Patina versatilis
Dulcia piperita
Tiropatina

 Invocazione iniziale
Con un urlo chiamai di Maia il figlio,
re di Cillene: ”Mercurio strozzacani,
polpetta! Come nome hai fra i Lidii,
compagno dei ladri, dammi una mano.
Mercurio mio, figlio di Maia,
re di Cillene, ti scongiuro! Ho addosso
un freddo maledetto, e batto i denti.
Regala ad Ipponatte un mantelluccio,
ed un corsetto, e un paio di stivali,
e due ciabatte, ed una sessantina
di pezzi d’oro. Rubale al vicino!”

Ipponatte, VI sec. a. C.(trad. Ettore Romagnoli, Zanichelli, 1965)

 DEGUSTATIO
La cena tradizionale, spesso preceduta da un aperitivo di vino addolcito, iniziava con gli antipasti a base di uova, ceci bolliti o salati, foglie di lattuga, tonno e, nelle cene più ricche, frutti di mare, salsicce ed altri cibi saporiti.
GUSTATICIUM
Mettere nel piatto uova, datteri, olive, datteri, noci, nocciole, allec (si può sostituire con delle acciughe) , albicocche, pistacchi. Come “tartine” libum, moretum (un pasticcio di cacio con aglio) ed epityrum (un gramolato di olive)
(Catone)

LIBUM DI CATONE
(focaccia sacra preparata con ricotta e farina) per 6 persone: 400 gr. di ricotta, 100 gr. di farina, 1 uovo, sale, qualche foglia di alloro.)
“Farai così il libum. Sciogli bene in un mortaio due libbre di formaggio, quando lo avrai reso del tutto liscio impasta bene con il formaggio una libbra di farina o, se lo vuoi più leggero, mezza libbra. Aggiungi un uovo e di nuovo impasta tutto attentamente, forma la pagnotta, ponila sopra un letto di foglie e falla cuocere lentamente in un forno caldo”

VINUM MULSUM
vino, miele e pepe

Apicio Ricetta del MULSUM

MULSUM

libum apicio antica roma

LIBUM

 PRIMAE MENSAE (piatti principali)

La cena proseguiva con piatti forti a base di carne o pesce, sempre accompagnati da vari tipi di verdure. Orazio, Giovenale e Marziale ci descrivono sfilate di cinghiali, maialetti, capretti, pesci e arrosti vari.

PORCELLUM OENOCOCTUM
Maialino al vino
porcellum praeduras, ornas. adicies in caccabum oleum, liquamen, vinum, aquam, obligas fasciculum porri, coriandri, media coctura colorabis defrito. adicies in mortarium piper, ligusticum, careum, origanum, apii semen, laseris radicem, fricabis, suffundes liquamen, ius de suo sibi, vino et passo temperabis, exinanies in caccabum, facies ut ferveat. cum ferbuerit, amulo obligas. porcellum compositum in patina perfundes, piper asparges et inferes.

Maiale cotto nel vino
Fallo frollare e preparalo; metti nel tegame dell’olio, della Salsa, del vino e dell’acqua. Aggiungi un mazzetto di porri, di coriandolo; a mezza cottura colorerai col mosto cotto. Metti nel mortaio del pepe, del ligustico, del carvi, dell’origano, del seme di sedano, della radice di laser; mescolerai e bagnerai di Salsa e del suo stesso sugo; stempererai col vino e col passito; verserai nel tegame e farai in modo che bolla; quando avrà bollito, lega con amido. Versa il tuttp sul maiale preparato sul vassoio; cospargilo di pepe e servi.

IUS IN PISCE ELIXO:
piper, ligusticum, cuminum, cepulam, origanum, nucleos, caryotam, mel, acetum, liquamen, sinapi, oleum modice. ius calidum. si velis, uvam passam.

Salsa per pesce lesso: pepe, ligustico, cumino, cipolla, origano, pinoli, carota, miele, aceto,Salsa, senape, poco olio; aggiungi salsa calda. Se vorrai aggiungi uva passa.

SECUNDAE MENSAE (Dolci)

PATINA DE PIRIS
Soufflé di pere
Pira elixa et purgata e medio teres cum pipere, cumino, melle, passo, liquamine, oleo modico. Ovis missis patinam facies, piper super aspargis et inferes.

pere soufflé patina apicio (3)

PATINA DE PIRIS

BEVANDE

AQUA (Acqua: che veniva bollita e bevuta calda o raffreddata con la neve)
AQUA MULSA  (Acqua con miele)
IDROMELE (Acqua piovana e miele)
CERVISIA (Birra)
POSCA (Bevanda a base di acqua e vino scadente o aceto)
VINUM MERUM (vino puro, senza aggiunta di acqua)
LATTE (di capra, di vacca, di asina, di cavalla. Bevuto fresco o aromatizzato)

II,1.. APSINTHIUM ROMANUM (Vino d’assenzio romano)
..fallo così: se non hai assenzio di Camerino usa pure quello del Ponto ben pulito, prendine 30 gr. e 3 gr. di terebinto o malabatro e 3 gr. di datteri tebani, 5 gr. di costo (costus arabicus), 4 gr. di zafferano e un litro circa di vino invecchiato. Non occorre scalcare perchè è abbastanza amaro.

III,1. ROSATO ET VIOLATUM (Vino rosato e violato)
Si usa la Rosa Gallica e la Viola Odorata.
Per questo rosato fai così: cuci in un sacchettino di lino dei petali di rose ben asciutte dalla rugiada e senza l’unghia bianca. Copri tutto di vino per sette giorni. Togli le rose dal vino e sostituiscile con altre rose fresche sempre nel sacchettino. Falle riposare per altri sette giorni. Togli le rose. Ripeti l’operazione una terza volta e togli le rose. Cola il vino e quando lo vorrai bere aggiungici del miele rosato.
Puoi fare la stessa cosa con le violette.

V,1. VINUM EX ATRO CANDIDUM FACIES (Come rendere chiaro il vino nero)
Versa in un orciuolo di vino nero delle fave ridotte in farina o l’albume di tre uova. Agita a lungo.
Il giorno dopo il vino sarà scolorito. Lo stesso effetto produrranno le ceneri della vitalba.

La cena si concludeva con grandi vassoi di frutta, soprattutto secca. Ma prima non poteva mancare un’ampia scelta di formaggi, a cominciare dal tipico formaggio della rustica Sassina, di forma conica, tanto amato da Marziale e ricordato anche da Plinio.

antica roma abemus apicio 1

1  Ingredienti Patina de piris (pear soufflé) – Ingredients (15006539841).jpg
[[File:Patina de piris (pear soufflé) – Ingredients (15006539841).jpg|Patina_de_piris_(pear_soufflé)_-_Ingredients_(15006539841)]]
 2 crudomPatina de piris (pear soufflé) (14823682999).jpg
[[File:Patina de piris (pear soufflé) (14823682999).jpg|Patina_de_piris_(pear_soufflé)_(14823682999)]]
3 cottoPatina de piris (pear soufflé) (14824241837).jpg
[[File:Patina de piris (pear soufflé) (14824241837).jpg|Patina_de_piris_(pear_soufflé)_(14824241837)]]
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Skiwasser cocktail analcolico e alcolico

Skiwasser (acqua degli sciatori) nasce negli anni sessanta come bibita analcolica, nella versione più semplice e originale, a base di sciroppo di lampone, succo di limone e acqua. Ha le origini nelle località di sport invernali del Tirolo, come una delle bevande offerte nei rifugi e particolarmente apprezzato dai ristoratori locali.

Esistono diverse varianti con lo stesso nome a base di frutta fresca e  anche  con alcool. 

E’ stato citato da Giorgio Bassani ne “Il giardino dei Finzi-Contini

 Skiwasser analcolico

Ingredienti

  • 1 bicchiere di succo di limone
  • 1 bicchiere di sciroppo di lampone
  • 12 cubetti di ghiaccio
  • Acqua tonica qb

Preparazione

Mettete i cubetti di ghiaccio nello shaker, lo sciroppo di amoni,e il succo di limone. Dopo aver agitato lo shaker versate il cocktail in 4 bicchieri (tumbler) e aggiungere l’acqua tonica fino a riempire il bbicchiere. Servite decorando con lamponi freschi e una fettina di limone.

Skiwasser alcolico
Ricetta di Anni 80.net
Ingredienti
  • 4 cl di succo di limone
  • 4 cl di sciroppo di lampone
  • 1 goccio di acqua vite
  • 1 goccio di Kirsch (sidro di ciliegia)
  • Acqua calda a riempimento

Preparazione

Se togliamo l’acqua vite, lo skiwasser diventa un infuso davvero goloso, adatto anche ai più piccini. Se invece, al posto dell’acqua calda allunghiamo con 12 cl di soda e un po’ di ghiaccio, ecco che abbiamo il drink ideale per le serate davanti al caminetto dopo una giornata di evoluzioni tra le piste.

File:Skiwasser mit Zitrone (2).JPG

Skiwasser mit Zitrone in Cortina d’Ampezzo. Skiwasser con limone a Cortina d’Ampezzo.

Skiwasser mit Zitrone (2).JPG [[File:Skiwasser mit Zitrone (2).JPG|Skiwasser_mit_Zitrone_(2)]
Skiwasser mit Zitrone (3).JPG [[File:Skiwasser mit Zitrone (3).JPG|Skiwasser_mit_Zitrone_(3)]]

Gin_Fizz_in_Schmitz_Katze_in_Tübingen

Cocktail anni ’80: Gin Fizz e Alexander

Ricette di Anni 80.net

Gin Fizz
 Long drink per qualsiasi ora del giorno. Ideale per quando fa caldo. Dopo cena aiuta anche la digestione.

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Ingredienti

  • 3/10 di Gin di ottima qualità  .
  • 2/10 di limone spremuto
  • 1/10 di sciroppo di zucchero
  • 4/10 di Soda Water
  • ghiaccio in cubetti

Preparazione

Mettere alcuni cubetti di ghiaccio nello shaker e aggiungere il Gin, il succo di limone e lo sciroppo di zucchero. Agitare bene per qualche secondo e versare nel bicchiere (Tumbler grande). A questo punto aggiungere la Soda Water. Servire decorato con due rondelle di limone ed una ciliegina rossa.

Storia e curiosità

Gin Fizz è senza dubbio il cocktail più famoso facente parte della tipologia dei “fizz”, che letteralmente significa “frizzante”, oppure “effervescente”.Sembra che la definizione di Fizz venne per la prima volta pubblicata nella celeberrima “Jerry Thomas’s Bartender’s Guide”, redatta nel 1887, la quale conteneva sei ricette di cocktail della tipologia “Fizz”.Il Gin Fizz è un cocktail storico che nasce nel 1750 sulle navi inglesi, dove l’esercito della Marina Inglese sbarcato in America a terraferma usava miscelare il Gin con succo di limone per assumere un quantitativo sufficiente di vitamina C.Il drink raggiunse l’apice della propria popolarità agli inizi del ventesimo secolo e sino al 1940, diventando una vera e propria specialità della casa nella città di New Orleans.

Cocktail  Alexander

E’ uno dei cocktail che negli anni 80 ha avuto una riscoperta e un vero a proprio boom (le origini infatti risalgono ai primi del ‘900).
Sofisticato e avvolgente, non per tutti i gusti, è un cocktail a base di Cognac, in quegli anni era spesso proposto nel dopo cena di eventi e ricevimenti.

  • 3 cl di Cognac
  • 3 cl di Crème de cacao (bruna)
  • 3 cl di panna fresca
  • Noce moscata

Preparazione

Dopo aver versato tutti gli ingredienti, shakerare il mix con ghiaccio e infine decorare con noce moscata. Il cocktail va servito in una coppa ghiacciata.

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Gin Fizz in Schmitz Katze in Tübingen.jpg [[File:Gin Fizz in Schmitz Katze in Tübingen.jpg|Gin_Fizz_in_Schmitz_Katze_in_Tübingen]] Di Jason Lam – originally posted to Flickr as 21 brandy alexander, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=7208332
comunione cresima

Pranzo in casa per Comunione e Cresima 1965

 Enciclopedia della fanciulla 1963

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Al pranzo che segue la Cresima e al quale saranno invitati anche il padrino, la madrina e i parenti più stretti, il menù sarà per tradizione, tutto bianco. Per esempio:

UN MENU’ TUTTO BIANCO

Antipasto di “bianchetti” al limone
Raviolini alla panna
Petti di pollo alla besciamella oppure Filetti di sogliola in bianco
Insalata belga
Formaggi bianchi assortiti (stracchino, mozzarella, petit Suisse)
Mascarpone
Meringhe alla panna oppure Gelato al limone oppure “Bianco mangiare

Abbigliamento anni Sessanta: Comunione Cresima

Anno 1963

 COME SI ORNA LA TAVOLA

Per la colazione-pranzo

Basta un centro tavola fiorito, per esempio:
  • Due tralci di lillà bianco o due rose bianche a gambo lungo, disposti per il lungo e legati in centro da un fiocco bianco (decorazione adatta a un tavolo rettangolare).
  • Una coroncina di foglie di camelia immersa in un bagno di tempera bianca e lasciate asciugare appese con le punte in giù (decorazione adatta a un tavolo ovale).
  • Una coppa di garofani bianchi tagliati col gambo cortissimo e molto fitti, tipo “bouquets” romantico: intorno, una coroncina di tulle (decorazione adatta a un tavolo rotondo).

Per la merenda o il rinfresco

  • su una tovaglia bianca, liscia o di pizzo, appunteremo (a distanze uguali) grossi fiori legati con un nastro bianco, o mazzolini di piccoli fiori.
  • su una tovaglia ricamata a fiori, si potranno annodare un nastro vero, candido, su ogni fiore o mazzolino di fiori, fissandolo con un punto invisibile. Oppure, sempre su una tovaglia fiori, potremo mettere qua e là, sovrapposto al fiore ricamato, un fiore vero senza stelo.

Pranzo casa Comunione Cresimacomunione cresima (4)

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I FIORI PIU’ ADATTI

Quali fiori scegliere per questo giorno?

  • Per la tavola: fiori bianchi a gambo corto o tagliato corto. Se sono a gambo lungo a tralci, non si mettono in vaso, ma si appoggiano semplicemente sulla tovaglia. Attenzione al profumo: non tutti i profumi dei fiori si adattano a quelli delle pietanze. Quindi: sì ai garofani, alle rose, alle cameglie, e a tutti i fiori non profumati come tulipani, crochi, margherite; no ai giacinti, ai narcisi, alle tuberose, alle gardenie. Ammessi anche se colorati i miosotis: sono fiori “innocenti”, adatti a una festa di bambini.
  • Per la casa: una pianta di prunus candido è la più adatta per la circostanza, o anche solo qualche ramo in un vaso. Molto adatti anche i fiori di pesco, i lillà, le roselline muschiate. I gigli sono più adatti a decorare una chiesa che la casa; ma li possiamo sostituire con le calle.
FOTOGRAFIE

Nelle consuete fotografie evitiamo di far assumere al cresimando delle pose artificiose (mani giunte, occhi al cielo, espressione estatica); le semplici istantanee all’uscita della chiesa o sul terrazzo di casa sono assai più belle simpatiche. (..)

 Enciclopedia della fanciulla 1963
File:2 d prima comunione, gruppo 26-6-62, durello gervasio.jpg

Anno 1962

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