sposa anni 60

Eleganza e Galateo per le nozze di Autunno-Inverno degli anni ’60: LA SPOSA

Le cerimonie: il MATRIMONIO

Enciclopedia della donna 1963

NOZZE DI AUTUNNO-INVERNO

I problemi più importanti della sposa di autunno e d’inverno sono legati proprio alla stagione in cui verrà celebrato il matrimonio: quali sono i tessuti più adatti per l’abito da sposa? Come ripararsi dal freddo di un rigido giorno di dicembre? Lo sposo può indossare il cappotto? Il cappello? Quali sono i particolari che la stagione suggerisce?

L’ABITO DELLA SPOSA

La sposa, grande protagonista, ha a disposizione per il suo abito formule diverse secondo il tono delle nozze, il suo gusto personale, le sue possibilità:

  • abito molto importante, bianco lungo, magari provvisto di strascico,
  • abito bianco, lungo, più semplice e meno sontuoso,
  • abito bianco e corto,
  • abito da passeggio colorato.

Se sceglie l’abito bianco in una delle tre formule suddette, ecco qualche suggerimento.

I tessuti:
I più adatti alla stagione autunnale o già decisamente invernale sono piuttosto consistenti pesanti. Meglio perciò scartare quelli aerei, vaporosi e trasparenti (come il tulle, l’organza, il voile, lo chiffon) e preferire invece il raso, il velluto, il pizzo, l’ottoman, il crespo, il faille, il broccato. Tra tutti questi il più morbido, cedevole, adatto ai drappeggi è il crespo (può essere di seta o di fibra artificiale ma anche di lana) o anche il cady; il più tradizionale è il raso, il più vistoso il pizzo. È estremamente importante per la perfetta riuscita dell’abito che il tessuto sia scelto in stretto rapporto al modello: per ottenere certi effetti e certi risultati ci vogliono morbidezze o pesantezze speciali. Con un tessuto inadatto al modello scelto si può rischiare di rovinare tutto.

Il modello:
I tessuti che abbiamo elencato sono indicati sia per confezionare abiti tradizionali, sia modernissimi o comunque meno classici, come per esempio (adattissimo, data la stagione) l’ insieme di abito più mantello uguale, lungo o corto. L’essenziale sarà scegliere un modello adatto alla propria figura e anche alle propria personalità.

La sposa “pratica” quella cioè che preferisce andare all’altare con un abito sfruttabile poii in molte occasioni, sceglie, invece del tradizionale abito bianco, un insieme elegante ma non troppo. Evita i colori decisamente scuri (fa eccezione il blu che però è più adatto alla primavera) e si orienta su colori delicati: per esempio il grigio chiarissimo, lievemente rosato oppure ghiaccio, il beige in tutte le sue gradazioni (cognac, biscotto, castoro), l’azzurro e il rosa in tutte le sfumature. Circa i tessuti sceglierà un tessuto di lana abbastanza caldo ma non necessariamente pesante (crespo, grap, ecce.), oppure la lana-seta. Per quanto riguarda il modello, sempre sicuri e godibili i completi formati da abito più giacca o abito più soprabito che potranno essere impreziositi da una guarnizione di pelliccia. (Ndr: sintetica). Anche il tailleur classico, completato da una blusa o camicetta, è molto adatto.
In testa un cappello o un’acconciatura, ma senza velo; consigliamo di scegliere un cappello, per esempio, di velluto o di pelliccia, oppure, molto chic, una cuffia-turbante nello stesso tessuto dell’abito. In mano la sposa avrà solo il bouquet, dono gentile e romantico dello sposo, e unica nota bianca. In guanti e le scarpe saranno intonate all’abito; da scartare le scarpe bianche che sono fuori stagione, ingrossano il piede e non dopo non donano affatto.

LA REALIZZAZIONE
Ed ecco qualche consiglio circa la realizzazione pratica dell’abito da sposa. A chi rivolgersi dunque? Sarta? Sartina? Sartoria? Oppure acquistarlo già pronto in un negozio specializzato? Le risposte a questi interrogativi sono diverse, naturalmente, secondo i casi. Tuttavia ci pare utile qui dare alle future spose qualche consiglio.

  • Chi ha sottomano la sartina brava, volonterosa e non vuole che l’abito da sposa venga a costare un piccolo patrimonio, le affidi pure l’incarico, ma abbia l’avvertenza di scegliere un modello estremamente semplice, da realizzare magari in un tessuto già di per sé importante e vistoso (per esempio il pizzo o in genere tutti tessuti ricamati) che non richiede alcuna estrosità.
  • Chi può disporre di una brava sarta le affidi senza preoccupazione la realizzazione dell’abito. Coi suoi consigli, la sua esperienza e la sua già provata capacità non si correranno rischi e i risultati saranno senza dubbio eccellenti.
  • Chi ha buone disponibilità finanziarie e decide, data l’eccezionalità dell’occasione, di rivolgersi a una sartoria di un certo nome, potrà essere certa di avere un abito non solo bello e ben fatto, ma anche di linea. Un consiglio, tuttavia: cercate di non farvi troppo influenzare e scegliete un abito che si addica al vostro gusto, indipendentemente dalla moda o da altre considerazioni strane.
  • Chi ha poco tempo a disposizione, chi non ha una sarta di fiducia e non ama rischiare, chi ama acquistare gli abiti dopo averli visti già belli e pronti, può rivolgersi alle case di confezioni, e negozi specializzati (ce ne sono parecchi nelle grandi città) persino ai grandi magazzini, dove troverà diversi modelli e potrà scegliere quello che più le piace e le sta bene.

“IDEE” DI STAGIONE
Qualunque sia l’abito scelto, ricordate che come guarnizione è particolarmente adatta la pelliccia (…). Ed ecco a proposito di pelliccia, un’idea insolita, romantica e molto di stagione: il manicotto-bouquet. Sul piccolo manicotto di pelliccia bianca si appuntano i fiori del bouquet: l’effetto è veramente delizioso, specie se un altro piccolo tocco della stessa pelliccia compare nell’abito da sposa.

  • Un’idea diversa per l’acconciatura: il velo alla Lawrence d’Arabia, consigliato alle spose più moderne, a quelle con l’ovale perfetto e possibilmente brune. È formato da una grandissima sciarpa di voile o di chiffon sistemata asppunto come i barracani degli arabi. La sciarpa, a fitte pieghe, è avvolta tutto attorno al capo, copre interamente le orecchie e il collo, come un grande cappuccio. L’effetto, veramente insolito, è bellissimo e la soluzione è pratica anche perché è “antifreddo”.
  • Un’idea che piacerà alle appassionate di maglia: è il vestito da sposa interamente lavorato a pizzo con l’uncinetto. Diritto, semplicissimo, l’abito potrà essere corto o lungo, e sarà completato da un giacchino bolero o da una cappa soprabito uguale.
 Confetti e Auguri – Il Galateo del matrimonio dall’A alla Z- 1986
1963

1963

Menù di un matrimonio degli anni 70

1978

Galateo x nozze Primavera-Estate. LO SPOSO invitati

2012

2014

2014

 

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Abiti da sposa 2024

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Quanto tempo prima si va a scegliere l’abito da sposa?
È meglio partire per tempo e fare la prima prova dell’abito almeno 8 o 9 mesi prima la data del matrimonio, poiché prima si parte, più scelta e assortimento si avrà.
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Quando si cambia il secondo abito da sposa?
Solitamente si procede al cambio abito sposa serale dopo il taglio torta, quindi proprio per la festa, così da potersi scatenare in pista senza più impedimenti e con qualcosa di più comodo.

Chi deve venire a vedere l’abito da sposa?
Oltre alla mamma, che riveste un ruolo sicuramente importante, potrebbero venire con te le sorelle o l’amica del cuore. Ricorda che saranno molte le persone che faranno a gara per accompagnarti nel fatidico momento della scelta dell’abito da sposa.

Cosa deve indossare la sposa sotto l’abito?
Reggiseno, mutandine e calze
: regole generali. Sotto gli abiti senza spalline o con spalline sottili meglio optare per reggiseni a fascia o coppe autoadesive, a meno che non abbiano già all’interno un sostegno (accade spesso con gli abiti bustier).
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Cosa si fa la mattina del matrimonio?

Le cose da fare la mattina del vostro giorno di matrimonio

  • Non saltare la prima colazione. …
  • Controlla il tuo abito da sposa e le scarpe. …
  • Designa una persona in carica. …
  • Organizza gli elementi essenziali. …
  • Ritaglia del tempo per i tuoi genitori. …
  • Ascolta la tua musica preferita. …
  • Respira.

I riti nuziali di ogni civiltà e tradizione hanno attribuito grande importanza alla veste indossata dalla sposa, come simbolo di passaggio dal suo stato di sdonna nubile a quello di dona sposata. Il rosso, in tutte le sue sfumature, è stato per secoli il colore tradizionale della tunica della sposa sia in occidente che in oriente. Il bianco, che per noi è il colore classico delle spose, si è affermato in tempi recenti, per la precisione nel secolo scorso nell’inghilterra vittoriana: solo le famiglie più ricche e benestanti potevano concedere alle proprie figlie che si sposavano un abito di un colore così delicato e così facile da sporcare, che come un fiore durava soltanto un giorno e come un fiore doveva essere bellissimo ed effimero. E poi il bianco era anche il colore della purezza e dell’innocenza.(..).

Ecco la gustosa descrizione di un modello per un abito da sposa tratta da La dernière Mode, una famora rivista francese del 1874: “Sottabito di raso bianco con gonna in tarlantana, ogni voltant termina con un fiocco di nastri frastagliati come foglie di di cicoria. Bene, ve n’erano almeno venti sullo strascico, mentre sul davanti ne ho contati solo quattro. Tunica pieghettata trasversalmente e fissata sulla gonna; sul bordo della tunica, in basso, frangia con perle bianche. Larga cintura in raso, che parte da un lato e avvolge, ricadendo lungo la tunica, per annodarsi sullo strascico… Il corpino è accollato e a barchetta, interamente foderato di raso, come le maniche, e tutta la guarnizione consiste in un nodo di nastri frastagliati simile a folta cicoria, e in un mazzolino di fiori d’arancio posto a lato, sulla spalla”. Cronista d’eccezione, sotto pseudonimo, il grande poeta francese Stéfhane Mallarmé.

Come si mangiano i cibi, Prima parte Galateo 1 of 6    1  2   3 … 6 

Eleganza e Galateo per le nozze di Primavera-Estate degli anni ’60: LA SPOSA

Eleganza e Galateo per le nozze di Autunno-Inverno degli anni ’60: LO SPOSO e gli invitati

Eleganza e Galateo per le nozze di Primavera-Estate degli anni ’60: LO SPOSO e gli invitati

 
Tartufo... secondo l'Artusi

Il Tartufo secondo l’Artusi

I tartufi nel fazzoletto del tartufaio
Come si chiamano i cercatori di tartufi?
 La parola “trifolau” viene dal dialetto piemontese e indica colui che gli addetti ai lavori chiamano il “cavatore”, cioè il cercatore di tartufi. (Google)
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Petti di pollo alla sauté
Crostini con tartufi
Tartufi alla bolognese, crudi, ecc..

₂₆₉. Petti di pollo alla sauté

Il miglior modo di cucinare i petti di pollo mi pare che sia il seguente, perché riescono delicati al gusto e fanno tale comparita che un petto di cappone può bastare in un pranzo per quattro o cinque persone. Tagliate i petti a fette sottili quasi come la carta, date loro la miglior forma che sarà possibile e dei minuzzoli che ricavate nel ripulir bene lo sterno, formatene un intero pezzo, unendoli insieme e schiacciandoli. Poi conditeli con sale e pepe e metteteli in infusione nelle uova frullate. Dopo qualche ora passateli nel pangrattato fine e cuoceteli col burro nella sauté o in teglia. Se li aggradite naturali basta l’agro di limone; se poi li volete coi tartufi potete trattarli come le cotolette del n. 312, oppure nella maniera che segue:

Prendete un tegamino di metallo, versate nel medesimo tant’olio che appena ne ricuopra il fondo, distendete un suolo di fettine di tartufi, spargendovi sopra pochissimo parmigiano grattato e una presa di pangrattato. Ripetete la stessa operazione per tre o quattro volte, secondo la quantità, e per ultimo condite con olio, sale, pepe e qualche pezzettino di burro, il tutto a piccole dosi perché non nausei. Mettete il tegame al fuoco e quando avrà alzato il bollore annaffiate con un ramaiolino di sugo di carne o di brodo e un po’ d’agro di limone. Ritirate presto dal fuoco questo intingolo e versatelo sopra i petti già rosolati nel modo anzidetto.

Non avendo i tartufi, servitevi di funghi secchi rammolliti tritati all’ingrosso, e se manca l’agro di limone ricorrete al sugo di pomodoro o alla conserva.

₁₀₉. Crostini con tartufi

Prendete a preferenza i bastoncini di pane e tagliateli a fette diagonali: in mancanza di essi preparate fettine di pane a forma elegante, arrostitele appena e così a bollore ungetele col burro. Sopra di esse distendete i tartufi preparati nel modo descritto al n. 269 (ricetta precedente: Petti di pollo alla sauté) e bagnateli coll’intinto che resta.

 ₄₀₈. Tartufi alla bolognese, crudi, ecc.

La gran questione dei Bianchi e dei Neri che fece seguito a quella dei Guelfi e dei Ghibellini e che desolò per tanto tempo l’Italia, minaccia di riaccendersi a proposito dei tartufi, ma consolatevi, lettori miei, che questa volta non ci sarà spargimento di sangue; i partigiani dei bianchi e dei neri, di cui ora si tratta, sono di natura molto più benevola di quei feroci d’allora. Io mi schiero dalla parte dei bianchi e dico e sostengo che il tartufo nero è il peggiore di tutti; gli altri non sono del mio avviso e sentenziano che il nero è più odoroso e il bianco è di sapore più delicato: ma non riflettono che i neri perdono presto l’odore.

I bianchi di Piemonte sono da tutti riconosciuti pregevoli, e i bianchi di Romagna, che nascono in terreno sabbioso, benché sappiano d’aglio, hanno molto profumo. Comunque sia, lasciamo in sospeso la gran questione per dirvi come si preferisce di cucinarli a Bologna, Bologna la grassa per chi vi sta, ma non per chi vi passa. Dopo averli bagnati e nettati, come si usa generalmente, con uno spazzolino tuffato nell’acqua fresca, li tagliano a fette sottilissime e, alternandoli con altrettante fette sottilissime di parmigiano, li dispongono a suoli in un vassoio di rame stagnato, cominciando dai tartufi. Li condiscono con sale, pepe e molto olio del migliore, e appena hanno alzato il bollore, spremono sui medesimi un limone togliendoli subito dal fuoco. Alcuni aggiungono qualche pezzetto di burro; se mai mettetene ben poco per non renderli troppo gravi.

Si usa pure mangiare i tartufi crudi tagliati a fette sottilissime e conditi con sale, pepe e agro di limone. Legano bene anche con le uova. Queste frullatele e conditele con sale e pepe. Mettete al fuoco burro in proporzione e quando sarà strutto versateci le uova e dopo poco i tartufi a fette sottili, mescolando. A tutti è nota la natura calida di questo cibo, quindi mi astengo dal parlarne perché potrei dirne delle graziose. Pare che i tartufi venissero per la prima volta conosciuti in Francia nel Périgord sotto Carlo V. Io li ho conservati a lungo nel seguente modo, ma non sempre mi è riuscito: tagliati a fette sottili, asciugati al fuoco, conditi con sale e pepe, coperti d’olio e messi al fuoco per far loro alzare il bollore. Da crudi si usa tenerli fra il riso per comunicare a questo il loro profumo.

  • Che esistano ben 3 ricette relative al tartufo conferma quanto segue: Che l’Artusi non riporti una ricetta per i tortelli di zucca può mettere qualcuno in allarme ed indurci a pensare che questo piatto non sia considerato italiano o meritevole. La spiegazione del perchè la ricetta non sia inclusa nella ‘bibbia’ della cucina italiana può essere fatta risalire al fatto che l’Artusi considerasse la zucca cibo per tavole ben più povere di quelle per le quali le ricette raccolte nel suo libro erano destinate, ovvero le mense della nuova emergente classe borghese.
Menù per SAN LORENZO

Menù per SAN LORENZO delle famiglie nobiliari ravennati di inizio ‘900 (Romagna)

La notte stellata di V. Van Gogh, 1889
10 Agosto, San Lorenzo
È considerato patrono di bibliotecari, cuochi, librai, pasticcieri, vermicellai, pompieri, rosticcieri e lavoratori del vetro. La notte di san Lorenzo è tradizionalmente associata al fenomeno delle stelle cadenti, considerate evocative dei carboni ardenti su cui il santo fu martirizzato. In effetti, in quei giorni, la Terra attraversa lo sciame meteorico delle Perseidi e l’atmosfera è attraversata da un numero di piccole meteore molto più alto del normale. Il fenomeno risulta particolarmente visibile alle nostre latitudini in quanto il cielo estivo è spesso sereno.
Menù

PRANZO
Minestre
Maccheroni asciutti, Minestrone alla romagnola
Pietanze
Ossobuco,
Palle di patate ripiene contornate da melanzane e fagiolini fritti
Formaggi
della marca (marchigiani)
Frutta
Cocomero, melone, pesche, susine e pere
Dolci
frutta al vino Santo ricoperta di panna montata spolverata di cioccolato
Biscotti.

minestronepalle ripiene patate ragù (2)

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Ragù per le palle ripiene
Manzo tritato grammi 200, fegatini di pollo tritati 2, prosciutto crudo tritato grammi 100, burro grammi 50, sale e pepe, 1 cucchiaio di pomidoro, 1 bicchiere di brodo.

Maccheroni asciutti
Maccheroni grammi 500, polpa di manzo grammi 150, pancetta tritata grammi 50, sedano 1 gambo, carote 1, burro grammi 50, salsa di pomidoro 2 cucchiai, 1 bicchiere di latte e 2 cucchiai di panna, formaggio parmigiano grattugiato fresco grammi 100.

Menù
CENA
Minestre
Spaghetti con le acciughe
Risotto coi piselli
Pietanze
Fegato bovino alla contadina, fegato bovino alla montanara, fegato bovino al prezzemolo, .
Cervello di manzo al burro contornati da pomidoro al pangrattato.
Pomidoro colle uova, pomidoro ripieni di riso, carne e salsiccia.
Asparagi con le uova
Formaggi
Dei Pastori.
Frutta
Cocomero, popone (melone), pesche, pere.
Dolci
Fragoline di bosco al maraschino.
Biscottini.

Fegato bovino alla montanara
Fegato grammi 500, Albana secca, olio, strutto, farina, pangrattato, formaggio pecorino, sale e pepe.

Fegato bovino al prezzemolo
Tagliare il fegato a fette, cuocerlo in un tegame di terracotta con burro, prezzemolo tritato, sugo di limone, sale e pepe.

Cervello di manzo al burro
Riporre in un tegame con burro e sugo di limone delle cervelle bovine lessate. Farle rosolare e servirle in tavola, spolverandole abbondantemente con formaggio parmigiano grattugiato. Sulle cervelle, durante la rosolatura, si possono versare uova sbattute.

 “Cucinario di una vecchia famiglia nobiliare“: Menù per festività e ricorrenze con oltre 350 ricette raccolti in un cucinario di una vecchia famiglia nobiliare romagnola che il rampollo Giovanni Manzoni ha svelato in questo libro ricco di suggerimenti e leccornie. Tra le ricette più selezionate ben otto modi di fare i cappelletti romagnoli ed altrettanti per i tortellini bolognesi con tanto di brodo doc per palati fini. Da citare la polenta alla Manzoni che riporta gli antichi sapori nostrani, poi per sbizzarrirsi si può provare a cucinare altre ricette che si adattano a qualsiasi piatto ed accostamento di cibi. Lugo di Romagna 1985.

Menù per SANTI PIETRO E PAOLO delle famiglie nobiliari ravennati di inizio ‘900 (Romagna)

Menù per SAN GIOVANNI delle famiglie nobiliari ravennati di inizio ‘900 (Romagna)

Menù per SAN GIUSEPPE delle famiglie nobiliari ravennati di inizio ‘900 (Romagna)

Menù per SAN LORENZO
battitura pranzo Ralph_Hedley_-_The_Threshing_Floor_-_1898

Menù per PRANZO della BATTITURA DEL GRANO delle famiglie nobiliari ravennati di inizio ‘900 (Romagna)

Ralph Hedley – The Threshing Floor, Battitura manuale del grano – 1898

Folklore Romagnolo: I momenti principali dell’anno erano scanditi da usanze molto sentite dal popolo

La trebbiatura è l’attività conclusiva del raccolto consistente nella separazione della granella del frumento e degli altri cereali dalla paglia e dalla pula.  Si chiamava battitura l’operazione che, prima dell’avvento delle trebbiatrici, consisteva nel concentrare sull’aia tutti i covoni di grano posseduti, spesso venivano ammucchiati tipo una casa che in gergo si chiamava “barca di grano” che poteva essere tanto grande da richiedere un’intera giornata per essere trebbiata. I contadini percuotevano i covoni e i battitori con il correggiato, terminavano il lavoro; Il correggiato consisteva in due aste di legno, una più lunga (manfanile) e una più corta (calocchia), collegate da corregge. L’attrezzo veniva impugnato per l’asta lunga, mentre la corta oscillava dal lato opposto all’impugnatura: battuta sulle spighe stese sull’aia distaccava il grano dalla pula.
La battitura terminava per S. Lorenzo (10 agosto). Spesso il lavoro era accompagnato da canti popolari, appresi e tramandati oralmente. Finito il lavoro, la sera si faceva grande festa.

Le fasi della trebbiatura possono essere riassunte in:
  1. Battitura della fascina di grano;
  2. Separazione della paglia dalla granella tramite la ventilazione e scuotitura della paglia;
  3. Concia del grano:
  4. Raccolta del grano nel contenitore in legno posizionato nella parte anteriore bassa. Wikipedia 
 “Cucinario di una vecchia famiglia nobiliare”

Menù

Minestre
Spaghetti asciutti o Tagliatelle asciutte o maccheroni asciutti o riso asciutto
Pietanza nel Ravennate
Pollo alla cacciatora con piselli freschi o patate in umido
Pietanza nel Forlivese
Cotolette in umido con piselli freschi o con patate in umido
Formaggi di Romagna Ricotta e di vacca
Frutta di stagione
Dolce
Ciambella

Tagliatelle verdi asciutte
Si lavorano come le altre tagliatelle ed hanno solamente in più l’impasto di spinaci, o erbette, lessati, ben strizzati e finemente tritati che danno alla pasta un colore verde da cui prendono il nome.

Pollo alla cacciatora alla romagnola
Per questa ricetta semplice e di famiglia, tagliate a pezzi piuttosto piccoli 1 pollo ben pulito e lavato. Fatelo soffriggere in mezzo bicchiere di olio e in 1 noce di burro, 100 gr. di prosciutto grasso e magro a pezzettini. Quando il soffritto […]

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Pollo alla cacciatora alla romagnola

 

 

 

 

Cotolette in umido
Le cotolette si possono fare con carne di bovino, di suino, di coniglio, di tacchino, di pollo e di anatra.

Patate stufate
il contorno classico del pollo alla cacciatora o dell’agnello.

Ciambella
E’ Zamblôn, la ciambella è, con la Sòpa inglesa (zuppa inglese), il dolce più comune gradito in Romagna.

cotolette in umido (3)

stufato patate-umido cacciatoraciambella romagnola forlì

 

 

 

  •  “Cucinario di una vecchia famiglia nobiliare”: Menù per festività e ricorrenze con oltre 350 ricette raccolti in un cucinario di una vecchia famiglia nobiliare romagnola che il rampollo Giovanni Manzoni ha svelato in questo libro ricco di suggerimenti e leccornie. Tra le ricette più selezionate ben otto modi di fare i cappelletti romagnoli ed altrettanti per i tortellini bolognesi con tanto di brodo doc per palati fini. Da citare la polenta alla Manzoni che riporta gli antichi sapori nostrani, poi per sbizzarrirsi si può provare a cucinare altre ricette che si adattano a qualsiasi piatto ed accostamento di cibi. Lugo di Romagna 1985.

Menù per il PRANZO della VENDEMMIA delle famiglie nobiliari ravennati di inizio ‘900 (Romagna)

Menù per il PRANZO della GRAMOLATURA DELLA CANAPA in autunno

Menù per il GIORNO DEI SANTI delle famiglie nobiliari ravennati di inizio ‘900 (Romagna)

Menù per PRANZO della BATTITURA DEL GRANO Di Ralph Hedley – https://twitter.com/VictorianWeb/status/906261779138973697, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=62403198

Golosità fatte in casa Come sterilizzare i recipienti

Come sterilizzare i recipienti per una perfetta conservazione di frutta e verdura

Il processo di sterilizzazione è indispensabile per garantire la perfetta conservazione della frutta e della verdura e per evitare che si formino muffe e fermenti all’interno dei barattoli. Esiste in commercio una pentola speciale per eseguire questa operazione, tuttavia si possono sterilizzare i vasi con un metodo ugualmente efficace anche se più casalingo. A questo scopo andrà bene qualunque recipiente di grandi dimensioni e molto profondo, sul cui fondo metterete un piatto rovesciato per isolare i barattoli dal calore troppo vivo della fiamma.
La sterilizzazione dei vasetti, infatti, è indispensabile per eliminare batteri e microrganismi presenti nel cibo e per scongiurare la formazione del Clostridium botulinum, ovvero il temutissimo botulino, che può creare tantissimi problemi alla nostra salute nonchè deteriorare le nostre preparazioni.

File: Pesche con vasetti di marmellata e canner.jpg a bagnomaria bollente

Usate vasi a perfetta chiusura, li troverete presso i grandi magazzini o nei negozi di casalinghi, e disponeteli nella pentola in posizione verticale, mettendo fra l’uno e l’altro stracci bianchi o anche del fieno o della paglia (come si fa in genere in campagna) affinchè i vasi non si urtino l’uno con  l’altro, durante la sterilizzazione.

I barattoli e i tappi prima di essere utilizzati devono essere lavati e sterilizzati: vanno fatti bollire in una pentola piena di acqua per almeno 30 minuti, poi fatti asciugare a testa in giù su un canovaccio di cotone pulito.

Per una corretta sterilizzazione vasetti pieni di marmellata bisogna adagiare un canovaccio pulito sul fondo di una pentola capiente e alta, disporre i vasetti distanziati l’uno dall’altro e ai lati, tra un vasetto e l’altro, mettere altri canovacci puliti per non farli toccare tra loro e tenerli fermi.

File:Lavorazione dei vasetti di marmellata a bagnomaria bollente canner.jpg

Riempite la pentola d’acqua, fino a che il livello superi di 5 cm. il coperchio dei vasi. Accendete la fiamma e calcolate il tempo di sterilizzazione dal momento in cui l’acqua comincerà a bollire.

Specialmente per certi legumi, la ricetta per conservarli richiede che la sterilizzazione sia ripetuta per due o tre giorni consecutivi, sempre con lo stesso procedimento.

I tempi di sterilizzazione

Normalmente i tempi di sterilizzazione variano a seconda delle frutta o delle verdure da conservare.

Per la frutta

  • Fragole e lamponi: 10 minuti
  • Ribes e uva spina: 20 minuti
  • Albicocche, susine, pesche: 40 minuti

Per la verdura:
la sterilizzazione si effettua in modo un po’ diverso e ha luogo in due tempi. In linea generale il primo giorno si fanno bollire i vasi per un’ora e si effettua una seconda ebollizione da uno a 4 giorni dopo, a seconda della qualità della verdura. Questo tempo viene indicato nelle varie ricette. Ecco i tempi per le verdure più comuni:

  • Carciofi: 1 ora il primo giorno, 1 ora dopo 4 giorni.
  • Melanzane: 1 ora il primo giorno, 1 ora e mezzo dopo 3 giorni
  • Fagiolini: 2 ore il primo giorno, 1 ora il giorno seguente
  • Piselli: 2 ore il primo giorno, ½ ora tre giorni dopo
  • Pomodori piccoli (comunemente chiamati perini) interi: 45 minuti un solo giorno.

Una volta terminata l’ebollizione, lasciate raffreddare i vasi nel recipiente stesso della sterilizzazione, e metteteli poi in luogo fresco possibilmente piuttosto buio.

 I possibili insuccessi

Il procedimento, come vedete, è piuttosto semplice e non presenta problemi, almeno apparentemente, tuttavia può avvenire che malgrado la sterilizzazione, frutta o verdura fermentino e ammuffiscono. Le ragioni più comuni di questi insuccessi sono le seguenti.

  • Il tempo di sterilizzazione non è stato rispettato ed è quindi risultato insufficiente.
  • A causa della chiusura non ermetica dei recipienti, aria oppure acqua sono entrate nei vasi.
  • La frutta non era perfettamente sana e pulita.
libri enciclopedia_donnaFonte Enciclopedia della Donna 1965 Come sterilizzare i recipienti

Personalizziamo i barattoli delle marmellate, delle salse e delle conserve fatte in casa

  1. Peaches with jam jars and boiling water bath canner.jpg
  2. Processing jam jars in boiling water bath canner.jpg
  3. Peaches with jam jars and boiling water bath canner.jpg
Aspic di verdura 2

Aspic di verdure miste, un antipasto anni ’80

L’aspic è una preparazione della cucina francese, che prevede l’utilizzo di gelatina (o colla di pesce), adatto per buffet. Ne esistono di dolci, di frutta e di salati: gli aspic salati possono essere antipasti, contorni e pietanze. Le verdure più utilizzate sono: agretti,  bietole, broccoli, carciofi, cavolfiori, cime di rapa,  cipolle, fagiolini, porro, radicchio, spinaci, verza e tapinambur.
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  • Aspic dolceÈ una ricetta affine alla crema bavarese, ma non prevede la base di crema inglese e la panna. Consiste nell’incorporazione della gelatina ad uno o più ingredienti come, ad esempio, la frutta fresca. Per ottenere un aspetto più spumoso e affine alla mousse si aggiungono al preparato alcuni albumi montati a neve.
  • Aspic salatoÈ un preparato culinario da consumarsi tipicamente in tarda primavera o estate. Gli ingredienti possono essere i più svariati (pezzetti di carne, frutta, verdura, giardiniera, salumi, pesce, latticini) ma il componente essenziale è il brodo (solitamente di carne bovina, leggero e sgrassato, o di dado, ma contenente un opportuno addensante). La preparazione avviene ponendo gli ingredienti desiderati in un recipiente idoneo  (la forma del recipiente più classica è a tronco di cono arrotondato). Si ricoprono quindi con il brodo amalgamato con colla di pesce (o altri addensanti) e si pone il tutto in frigorifero finché il brodo non si è rassodato e il piatto non ha assunto un aspetto gelatinoso. Si capovolge quindi il recipiente in un piatto di portata e si serve in tavola, eventualmente con una guarnizione a piacere. A Milano prende il nome di Marbré (marmorizzato) in francese.

La ricetta dell’aspic di verdure, 

un antipasto preparato con piselli e cavolo rosso, ma ognuno può scegliere le  verdure e gli ortaggi più idonei ai propri gusti. È anche un contorno per accompagnare carne o pesce.

 Ingredienti per 8 persone .
  • 150 ml. di birra a temperatura ambiente
  • 100 ml. di acqua
  • 20 gr. di colla di pesce
  • sale
  • 300 gr. di piselli
  • 2 carote
  • 50 gr. di cavolo rosso

Oppure altre verdure a piacere: agretti,  bietole, broccoli, carciofi, cavolfiori, cime di rapa,  cipolle, fagiolini, porro, radicchio, spinaci, verza e topinambur.

Preparazione  
  1. Cuocete i piselli freschi in abbondante acqua salata per 10-15 minuti, finchè risultano abbastanza ammorbiditi.
  2. Lavate accuratamente le carote sotto l’acqua corrente, sbucciatele e tagliatele a cubetti piccoli; lessatele in acqua salata per 10 minuti.
  3. Lavate il cavolo rosso ed eliminate le foglie esterne; dividetelo a metà e togliete la costa dura centrale. Tagliatelo a listarelle sottili e mettetene da parte 50 gr.
  4. Scolate le carote e i piselli, scolateli e metteteli a raffreddare in due ciotole separate.
  5. Preparate la gelatina: mettete i fogli di colla di pesce in una ciotola, copriteli con acqua fredda e lasciate in ammollo per 10 minuti. Quindi, scolate la colla di pesce e mettetela nella ciotola. Aggiungete un pochino di acqua bollente (prendendola dalla dose prevista nella ricetta). Appena i fogli di colla di pesce saranno completamente sciolti, aggiungete la restante acqua e versate la birra a temperatura ambiente.
  6. Preparate l’aspic di verdure in un unico stampo (oppure in tanti pirottini): coprite il fondo dello stampo con 1-2 cucchiai di gelatina alla birra e mettete in frigorifero per 10 minuti.
  7. Quindi, aggiungete uno strato di cavolo rosso tagliato a listerelle (o altra verdura che avete scelto), coprite con della gelatina e riponete in frigorifero per 10 minuti.
  8. Quindi, aggiungete i piselli lessati con qualche cucchiaio di gelatina e rimettete in frigorifero per 10 minuti.
  9. Ripetete lo stesso passaggio con le carote (o altra verdura che avete scelto). Completate fino all’ultimo strato dell’aspic.
  10. Una volta terminata la preparazione, rimettete lo stampo in frigorifero per almeno 3 ore, in quanto l’aspic di verdure deve solidificare completamente prima di poter essere capovolto e servito.
Ricetta.it

aspic verdure 1

 
 Antipasti anni ’80

Cestini e cialde di parmigiano

Cocktail di scampi in salsa rosa

antipasto Grissini_prosciutto sandaniele

 

 

 

 

insalata capricciosa

Insalata russa "casalinga" Petronilla

insalata russa carolina

 

 

 

 

prosciutto 1 Schinkenrolle_4807

pesce finto mousse tonno

 

 

 

 

tartine

Vol-au-vent con gamberi

 

 

 

 

La vera, l’autentica Gelatina fatta in casa… alla maniera di Petronilla (Aspic salato)

Ricette anni ’80 per una festa a tema.

Kök-Aladåb kött. Utställningen “Smak av svunnen tid” år 2007 Di Sebleouf – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=132182367 – Hallwylska museet – 86301.tif Aspic de verduras 6.JPG
trote in bianco salsa tonnata

Salsa tonnata per le trote in bianco, ricette per colazione di Capodanno da Almanacco della cucina anno 1935

Menù
Ravioli in brodo
Trote in bianco con salsa tonnata
Rotolo di tacchino con spinaci alla panna
Frutta invernale di stagione
Budino caldo di cioccolata con biscotti delicati

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Trote in bianco

Prendete sei belle trote piccole e fresche: raschiatele, vuotatele, lavatele e sciugatele con un pannolino pulito. Dopo averle infarinate ponetele in una padella dove avrete preparato un bel pezzo di burro spumeggiante e regolate il fuoco piuttosto basso perchè la cottura non sia troppo rapida. Quando le trote saranno ben cotte da entrambe le parti, cospargetele con sale fine e ponetele su di un piatto di portata, che guarnirete con dischi di limone. Accompagnatele con la seguente salsa.

trota carpione -Rainbow-trout-in-market

Salsa tonnata
Passate finemente sotto la mezzaluna 25 gr. di capperi sotto aceto, mezzo etto di tonno, 2 acciughe diliscate e ben pulite ed un uovo sodo. Mettete tutto nella salsiera e, sempre mescolando col cucchiaio, aggiungete tanto olio quanto basta per ammorbidire la salsa. Unite il sugo di mezzo limone, una presa di pepe e assaggiate per verificare il giusto punto di sale.
Vitello tonnato non all'economica Petronilla

File: Salsa alla crema di pollame, 2006.jpg

Almanacco della Cucina del 1935: Colazione di Capodanno

Il carpione per marinare carne, pesce e verdure: Filetti di trota in carpione

Truite meunière, Filetto di Trota alla Mugnaia

Filetti di trota salmonata al profumo di aceto bianco con verdure

Filetto di trota salmonata al burro con salsa di Ribes rosso

Forelle Sachsenbaude.jpg [[File:Forelle Sachsenbaude.jpg|Forelle_Sachsenbaude]]

 

Cucina maltese

La Cucina maltese

Golden Tulip Vivaldi Hotel – Saint Julian’s, Malta

La cucina maltese è il risultato di una fusione di etnie e di gusti diversi, derivata dal fabbisogno di materie prime carenti nell’isola, ma soprattutto dalle numerose invasioni straniere subìte nel corso dei secoli. Arrivarono ingredienti e sapori dall’ Europa (in particolare dalla Sicilia) e da tutto il bacino del Mediterraneo: Fenici, Cartaginesi, Romani, Arabi, Normanni, Svevi, Aragonesi, soprattutto i Cavalieri dell’Ordine di San Giovanni, i Francesi ed infine gli Inglesi che approfittarono dell’isola per rafforzare i legami con l’India e l’Estremo Oriente durante il XVIII e i primi anni del XIX secolo.

Il piatto tradizionale è il coniglio (Fenek)
  • Fenek moqli Malti bil-fries: coniglio fritto in aglio con patatine fritte per contorno.
  • Fenek fil-forn: coniglio al forno con patate insaporite con semi d’anice.
  • Stuffat tal-fenek: coniglio stufato in vino locale con pomodori e cipolle, il cui sugo viene usato come condimento per gli spaghetti).

La Fenkata maltese
è un pasto completo a base di coniglio durante il quale vengono serviti:

coniglio Stuffat tal-fenekspaghetti fenkataconiglio fritto malteseFried_Rabbit_Supernova_Heights_Kalkara

 

 

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Antipasti
  • Un tipico antipasto maltese è formaggio di Ghozo, aioli, bigilla (fave tritate), crostini e insalata.
  • Formaggini di latte pecorino, prodotti localmente, fatti fermentare con olio, pepe e aceto,
  • Ħobż biż-Żejt: pane inzuppato d’olio con pomodori e capperi,
  • Bigilla: fagioli o fave schiacciati in aceto, aglio e prezzemolo,
  • Żebbuġ Mimli, olive ripiene,

    Angels on horseback, “Angeli a cavallo“

    Angels on Horseback

  • Fażola Bajda bit-tewm u it-tursin: fagioli conditi con aglio, prezzemolo e olio,
  • Fritturi Tal-Qaqoċċ, carciofi fritti,
  • Angels on Horseback: (dalla cucina inglese) ostriche o capesante, avvolte nella pancetta e cucinate alla griglia), o la variante Devils on Horseback con le prugne avvolte nella pancetta e grigliate.
  • Salsa Aioli: La salsa aglioli (dal catalano allioli e dall’occitano alhòli, cioè all-i-oli, alh-òli, “aglio ed olio”), anche chiamata in spagnolo ajiaceite o ajoaceite, è una salsa tipica dell’area mediterranea composta prevalentemente da aglio, olio di oliva e sale e dal sapore molto forte. La versione classica prevede l’uso di aglio, macinato in un mortaio al quale viene aggiunto a filo dell’olio di oliva mescolando continuamente fino ad ottenere un composto cremoso. L’aggiunta troppo rapida di olio scompone l’emulsione e l’aglioli “impazzisce”. Come emulsionante viene aggiunto talvolta un pochino di latte, un pezzo di patata lessa oppure dell’albume d’uovo. L’aglioli viene servito come antipasto insieme al pane o alle olive, viene anche accompagnato ai piatti di pesce, di carne o alle verdure. Tradizionale in regioni e isole dell’arco mediterraneo tra la Spagna e l’Italia, andando dalla comunità Valenciana alla Calabria, passando per la Catalogna, la Provenza e la Liguria.
  • Il pastizz, cibo da strada: Nella cucina delle isole maltesi la concezione di base è: tutto può essere avvolto nella pasta sfoglia dalla carne al pesce, dal riso alla pasta, dal formaggio alle verdure.
    Il pastizz (pastizzi plurale) è una specialità culinaria “da strada” della cucina maltese. Cibo da strada, per eccellenza, è di solito venduto in pastizzerija (negozio di pastizzi) o in chiosco, ma anche nella maggior parte dei bar, pizzerie e panetterie. Essendo una pietanza a buon mercato (il prezzo tipico al 2013 è di 30 centesimi di Euro), i pastizzi si consumano in qualunque momento della giornata e per ogni occasione.
    Di forma semilunare allungata, è fatto di pasta sfoglia croccante riempita con formaggio di ricotta (Pastizzi ta ‘l-irkotta) o ancora con piselli (Pastizzi tal-Pizelli). Si consuma caldissimo.
Primi piatti
  • Zuppe:
    • Soppa tal-Armlane, Zuppa della Vedova: è preparata con il Gbejnet (formaggino di pecora o capra). Nella tradizione veniva servita alle vedove dal vicinato in segno di supporto e condivisione. Ne esistono diverse versioni, tra cui quella che vuole l’aggiunta di uova crude in un piatto fumante, o quella che predilige l’aggiunta di cipolle, lattuga, piselli e carote, uova e l’immancabile formaggio.
    • Zuppa Kawlata, a base di carne di maiale (stinco di maiale e salsiccia maltese, a volte anche pancetta) e cavolfiore.

spaghetti fenkataSpaghetti tal qarnit sugo polpo stufato

 

 

 

 

Piatti di pesce e carne
  • Aljotta, zuppa di pesce condita con aglio, peperoncino, pomodori, riso e spezie.
  • Lampuki Biz-zalza, nasello con pomodori, cipolle e capperi.
  • Lampuki pie, torta di pesce
  • Stuffat tal-qarnit, polpo al vino.

Piatti di carne

  • Laham fuq il-fwar, carne cucinata al vapore.
  • Falda Mimlija, carne ripiena.
  • Fenek moqli Malti
  • Laham taz-żiemel, carne di cavallo.
  • Stuffat tal-fenek, coniglio stufato
  • Zalzett tal-Malti, salsiccia maltese.

Altre specialità della tradizione: Bragioli (olive con carne), Kapunata (simile alla caponata), Bebbux (lumache). Ross fil-forn: specialità di riso reso croccante dalla cottura finale nel forno. Timpana: pasticcio di maccheroni con carne, cipolla, sugo, uova e formaggio. Tal Fenec: tortino con carne, piselli, pomodori e spezie 

stufato di polpo Stufatt tal-qarnitconiglio Stuffat tal-fenekconiglio fritto malteseFried_Rabbit_Supernova_Heights_Kalkara

 

 

 

 

Dolci
anche la tradizione dolciaria risente delle influenze siculo-moresche
  • Kannoli: pasta croccante ripiena di ricotta dolce, canditi e pezzi di cioccolato (simili ai cannoli siciliani.
  • Qaghaq Ta’L-Ghasel: ciambelle farcite con cacao, zucchero e ricoperte di miele.
  • Imqaret: dolcetti, dalla forma diagonale, fritti ed imbottiti di datteri, da mangiare ancora caldi.
  • Helwa tat Tork, composto di zucchero e mandorle da servire dopo il caffè.

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 Birra e Vino
Tutto annaffiato da birra (Cisk) e/o vini locali. Oltre ai vitigni internazionali (Cabernet Sauvignon, Merlot, Syrah, Grenache, Sauvignon Blanc, Chardonnay, Carignan, Chenin Blanc e Moscato) esistono vigneti locali come Gellewza e Ghirghentina a bacca rossa, vini di corposità e aromi diversi.
Bevande
  • Ġulepp tal-ħarrub (sciroppo di carruba)
  • Imbuljuta (bevanda alle castagne, scorza di mandarino e cacao)
  • Kafè (caffè bollito con anice , bastoncini di cannella e/o acqua di rose )
  • Ruġġata (bevanda a base di cannella, vaniglia, mandorle amare, zucchero, acqua e latte simile all’orzata italiana)
  • Te fit-tazza (una varietà locale di tè del costruttore, tradizionalmente servito con latte condensato e zuccherato in un bicchiere)
  • Kinnie (una bevanda analcolica agrodolce)
  • Bajtra (liquore a base di fico d’india )
Golden Tulip Vivaldi Hotel - Saint Julian's, Malta

Golden Tulip Vivaldi Hotel – Saint Julian’s, Malta

Stuffat tal-fenek, Stufato di coniglio alla maltese

Fenkata: cena maltese con ricette a base di coniglio

Fenek moqli Malti bil-fries, coniglio fritto alla maltese con patatine

Imqaret, dolcetti tradizionali maltesi ripieni di datteri

Cucina malteseBy larrylurex (Maltese Platters  Uploaded by Diádoco) [CC BY-SA 2.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0)], via Wikimedia Commons
3 Corriere delle Signore, febbraio 16 anno 1901

#1 – il Corriere delle Signore, febbraio 16 anno 1901

corriere,radici,stufatomostarda,1901,capelli
16 febbraio 1901

Economia domestica

¹Navóne s. m. [der. del lat. napus, che aveva lo stesso sign.]. – (Rutabaga, rapa svedese, brassica) Erba delle crocifere (Brassica napus, cv. napobrassica), con radice carnosa e allungata, di aspetto simile alle rape, di color bianco, rosso o giallo, coltivata per foraggio e anche per l’alimentazione dell’uomo.

 L’ arte di farsi belle

  • I capelli – E’ un errore diffusissimo quello di credere che sia giusto tagliare interamente, almeno una volta o due, i capelli alle ragazzine, durante la loro fanciullezza; un simile sacrificio non produsse mai vantaggio alcuno. Così pure è un pregiudizio antiquato quello che induce i parrucchieri a tagliare le punte dei capelli, credendo di produrre con ciò un vantaggio alla capigliatura.
    Per conservar bene i vostri capelli lavateli spesso con buone ricette indicatevi, fate che prendano aria scuotendoli ogni mattino ed ogni sera tenendoli alcun po’ sciolti, esponendoli al sole, non portando troppo il cappello o adottandone di leggerissimi.
#2- il Corriere delle Signore, ago. 1901 Tinca carpionata

#2- il Corriere delle Signore, ago. 1901

moda,signore,ricette,passato,ieri,1901,tinca,crema

17 agosto 1901

Economia domestica

L’ arte di farsi belle

  • Latte virginale. Questo latte conviene alle persone la cui pelle è grassa, unta, lucente.
    Serve ad aromatizzare, sera e mattina l’acqua delle abluzioni:
    Spirito di lavanda………60 grammi
    Aceto aromatico………..60 grammi
    Tintura d’opoponax¹….15 grammi
    Tintura di eucalipto……10 grammi
    Naturalmente l’acqua delle abluzioni deve essere usata calda.
    moda,signore,ricette,passato,ieri,1901,tinca,crema4077880484

¹Opopanax chironium, noto comunemente come mirra dolce o mirra bisabololo, è una pianta che in climi caldi come l’Iran, l’Italia, la Grecia, la Turchia e la Somalia, ma riesce a crescere anche in climi più freschi, benché gli opoponax coltivati in questi climi vengono visti come di qualità inferiore.Può essere estratta dall’opoponaco una resina di consumo, tagliando la base dello stelo ed essiccando al sole il liquido giallo-dorato che ne fuoriesce. Anche se spesso le persone trovano il suo sapore acre e amaro, la resina può essere bruciata come incenso per produrre un profumo simile al balsamo o alla lavanda. La resina è stata utilizzata nel trattamento degli spasmi, ed in precedenza anche come emmenagogo, nel trattamento di asma, infezioni croniche viscerali, isteria e ipocondria. L’opoponaco è utilizzato anche nella produzione di alcuni profumi.

Corriere delle Signore, Tinca carpionata
#1 il Corriere delle Signore, storione salsa sainte menehould

#3 – il Corriere delle Signore, ottobre 26 anno 1901

corriere,signore,anno,1901,storionee,saint ménèould,frittata,formaggio,nuovo,cold cream.

26 ottobre 1901

Economia domestica

  • Storione alla Saint-Ménèould
  • Salsa Saint- Ménéould
  • Frittata col formaggio, Sbattete le uova bene mettendovi del buon formaggio fritto, sale pepe ed un poco di crema, versatele nella padella quando il burro è caldo e liquefatto, levatene la cotenna. Taluno si accontenta di polverizzare con formaggio la frittata materiale

L’ arte di farsi belle

  • Nuovo Cold-Cream. Cera bianca……..150 grammi
    Olio di paraffina…..600 grammi
    Acqua………………..240 grammi
    Borace¹……………. ..10 grammi
    Essenza di geranio….1 grammo
    Essenza di rose……..4 grammi
    Si scioglie la cera nell’olio, ed a parte il borace nell’acqua, e portando le due soluzioni alla stessa temperatura, non superiore a 60° si versa la soluzione acquosa in quella oleosa agitando continuamente, aggiungendo le essenze per ultimo. Si ottiene così un cold-ceam bianco come la neve, soffice, che si conserva bene tanto in estate che in inverno, per la cui preparazione non si impiegano più di 15 minuti.

¹Il borace è un sale che fu portato in Europa da Marco Polo ed ebbe come conseguenza lo sviluppo di un’industria di raffinazione nella zona di Venezia dove veniva prodotto il cosiddetto borace veneziano. Si trova naturalmente nei depositi di evaporite prodotti dalla ripetuta evaporazione dei laghi stagionali.
Il borace viene usato ampiamente in detergenti, addolcitori d’acqua, saponi, disinfettanti, e pesticidi. Può essere anche facilmente convertito in acido borico o borato, che hanno molte altre applicazioni. In farmacopea l’acido borico si usa come leggero antisettico per l’aspersione e la pulizia degli occhi.

Storione alla Saint-Ménèould, Frittata col formaggio

storione sainte menehould (2)

Grilled sturgeon (20228948905).jpg [[File:Grilled sturgeon (20228948905).jpg|Grilled_sturgeon_(20228948905)Sturgeon raw steaks in Centrāltirgus, Riga, Latvia, May 2019.jpg [[File:Sturgeon raw steaks in Centrāltirgus, Riga, Latvia, May 2019.jpg|Sturgeon_raw_steaks_in_Centrāltirgus,_Riga,_Latvia,_May_2019]]
Cannoli (cannelloni) ripieni

Cannoli (cannelloni) ripieni alla maniera di Petronilla

«Sono certa che, fin da bambine, avrete sempre sentito dire (come sempre me lo sono sentita dire io): “Colei che sa molto variare i suoi piatti casalinghi e che sa trarre un buon profitto da ciò ch’è rimasto dal desinare del giorno innanzi, è una massaia che… vale un Perù!”
Ebbene; se, al par di me, ci tenete a valere tanto, voglio oggi rammentare a quelle che li hanno già fatti, e insegnare a quelle che non li hanno mai fatti, i cannoli ripieni.
* * *
Se, dunque, il primo giorno che vi troverete in credenza un po’ di lesso o, meglio ancora, di stufato, voleste ammannire il piatto… comperate dal fornaio, o dal pastaio, circa mezzo chilo di cannoli; cioè di quei maccheroni grossi; di quei maccheroni giganti; di quei maccheroni lunghi una spanna; tranciati dritti, e larghi da due a tre centimetri. Cucinateli in acqua salata per 20 minuti, in modo che la pasta sia cotta, come si suol dire, “al dente”; scolateli; tagliateli per il lungo; stendeteli, ben aperti, sul tagliere; e mettete, su ciascuno d’essi, un po’ del ripieno che avrete in precedenza preparato colla carne avanzata dal giorno innanzi. Alla carne avrete cioè aggiunto: o due fette di prosciutto o due o tre fegatini di pollo, od una cervella, od un pizzico di funghi già cucinati nel burro. Il tutto dovrà essere ben ben trito colla mezzaluna, e ” legato ” infine con un uovo intero.
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Se poi avrete fatto un miscuglio con un po’, di ciascuna di tutte queste ” ghiottonerie ” il piatto riuscirà, allora, ve l’assicuro, superlativo. Riempiti i cannoli, arrotolateli in modo che riprendano la loro primitiva forma perfettamente cilindrica; metteteli, ben disposti, in un capace tegame; versate sopra burro fuso nel quale avrete stemperato un po’ del ripieno che sarà stato, per ciò, messo da parte; cospargete di parmigiano trito e infornate per 15 minuti circa.
* * *
Il primo giorno che vi sarà avanzato un bel po’ di carne dal pranzo del giorno innanzi… fate anche voi questo piatto, e mi saprete poi dire se anch’esso valga o non valga… ” proprio un Perù “!»
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Ricette di Petronilla 1937.
cannelloni5 cannelloni rossini
 

Petronilla, chi era?Petronilla libri

  • PETRONILLA: svolse un ruolo importante negli anni delle ristrettezze economiche dovute alla guerra. Di fronte alla drastica riduzione dei beni alimentari disponibili, proponeva i suoi suggerimenti «sul modo di sbarcare il lunario mangereccio, consumando poco grasso, poco riso, poca pasta, poca farina e poco zucchero; spendendo pochetto ma….nutrendo bastevolmente»
Ricette di Petronilla per tempi eccezionali
Cannoli (cannelloni) ripieni alla maniera di Petronilla -[[File:Cannelloni mit Salat und Wein (4160352943).jpg|Cannelloni_mit_Salat_und_Wein_(4160352943)]]
Servire a tavola nel Rinascimento

Grandi banchetti: Servire a tavola nel Rinascimento

Il banchetto rinascimentale e barocco era una complessa macchina conviviale e teatrale, oltre che gastronomica. Dietro le quinte, per così dire, si svolgeva il lavoro di preparazione e presentazione delle numerose portate, che implicava il concorso di specifiche professionalità. Per descrivere la “squadra”, anzi il piccolo esercito necessario per la messa in opera di cotanto evento ci serviremo di un celebre dipinto, le Nozze di Cana, dipinto da Paolo Veronese tra il 1562 e il 1563, esposto a Parigi nel museo del Louvre. In esso sono raffigurati infatti tutti personaggi che concorrevano alla realizzazione di un banchetto principesco come quello in cui il Veronese ambienta l’episodio evangelico.

I cibi venivano serviti simultaneamente e spettava a ciascun convitato sceglierli e ordinarli secondo il proprio gusto. La cucina contemporanea tende a rispettare i sapori naturali e a riservare a ciascuno di essi uno spazio distinto, nei singoli piatti come nell’ordine del menù. La cucina medievale preferiva mescolare i sapori ed esaltava l’idea dell’artificio, che modifica la natura. Sia la preparazione delle singole vivande, sia la loro dislocazione all’interno del pasto .

In cucina: lo scalco, lo speditore, il dispensiere o credenziere. Il primo determina le derrate da acquistare e ne incarica lo speditore, che a sua volta si serve del dispensiere il quale rifornisce la dispensa e istruisce i cuochi.

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 lo scalco, lo speditore, il dispensiere o credenziere

Il credenziere, oltre a provvedere al rifornimento delle derrate, deve pensare all’allestimento della credenza, dove vengono predisposte le stoviglie, cambiate a ogni servizio, e accomodati i cibi da portare in tavola, talchè la credenza diviene spesso uno spettacolo nello spettacolo per la ricchezza e la raffinatezza dei suoi arredi.

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Il servizio: il trinciante da tinello – da non confondere con il trinciante, di rango superiore – provvede alla preparazione delle carni, tagliandole abilmente prima che vengano messe al fuoco. Il trinciante è un artista sui generis: non solo fa le porzioni e le offre ai commensali, ma fa in modo che ogni boccone, ogni vivanda, ogni piatto sia un piccolo capolavoro di grazia, di inventiva e di buon gusto, perché a godere non sia soltanto il palato.

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Il compito dello scalco o maestro di cucina, in particolare, è assai delicato: dovrà predisporre la lista delle vivande e la loro successione, tenendo conto dell’offerta stagionale, scegliere gli arredi della tavola e delle credenze, finissimi e preziosi, assecondando i gusti della committenza, predisporre le “sorprese” che dovranno allietare i banchettanti e gli intrattenimenti che consentiranno ai commensali di fare qualche salutare pausa nel succedersi delle vivande.
Lo scalco non va confuso né con il capocuoco, come molti credono, né con il trinciante, cioè con colui che disossava e affettava le carni cucinate. In età rinascimentale e barocca lo scalco era, più propriamente, il soprintendente alle cucine principesche e aristocratiche: spettava a lui selezionare e dirigere i cuochi e la servitù, provvedere alla mensa quotidiana del suo signore, con cui teneva personalmente i rapporti, rifornirne la dispensa, organizzare i banchetti nei minimi dettagli e organizzare per conto suo i famosi simposi.
Non era quindi un semplice servitore, anche se di rango elevato, ma un cortigiano: un gentiluomo per nascita o, più raramente, per meriti culinari. Perciò, a differenza dei cuochi, a cui era vietato, poteva vestire in modo ricercato, e portare barba, baffi e parrucca.

I più noti rappresentanti della categoria degli scalchi furono:
  • Bartolomeo Sacchi (1421 – 1481), detto “il Platina”, al servizio dei Gonzaga, del papa Sisto IV e autore del De honesta voluptate et valetudine;
  • Cristoforo di Messisbugo (? – 1548), alla corte Estense a Ferrara;
  • Giovan Battista Rossetti (?-?), alla corte Estense a Ferrara, autore del trattato “Lo scalco”, pubblicato nel 1584;
  • Antonio Latini di Castello di Collamato di Fabriano, alla corte del Re di Napoli;
  • Maestro Martino da Como, al servizio esclusivo del cardinale Trevisan (Diocesi di Vittorio Veneto);
  • Bartolomeo Scappi, alla corte papalina di Pio V, che introdusse l’impanatura prima della frittura;
  • François Vatel (1631-1671), maestro di cerimonia del Principe di Condé. Si suicidò per il ritardo della consegna del pesce che metteva in pericolo la cena nel Castello di Chantilly, alla quale assisteva Luigi XIV;
  • Marie-Antoine Carême (1784 – 1833), genio dei fornelli per il Direttorio e specialista in salse della cucina francese;
  • Carlo Antonio Corradi (1620 – 1676), da Cagli, maestro di cerimonia del cardinale Cesare Rasponi.
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A mescere il vino e l’acqua provvede il bottigliere subordinato al coppiere, predisponendo le coppe che saranno recate in tavola dei valletti. Ecco nelle Nozze del Veronese il bottiglierie che riempie una caraffa versando il vino da un’anfora.

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Il coppiere ha un’enorme responsabilità, cui deve far fronte con palato sensibilissimo, naso fino e occhio attento: scegliere i vini che allieteranno il banchetto, assaggiarli, abbinarli alle varie portate, ordinare ai valletti, giunto il momento, di servirli. Inoltre deve provvedere agli acquamanili in cui i banchettanti si rinfrescheranno le mani.

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Le coppe con acqua e vino sono recate ai commensali dai valletti: questi devono svolgere il loro compito con precisione, agli ordini del coppiere, e con grazia.

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Il banchetto è anche spettacolo: ad allietare i commensali, tra un servizio e l’altro, mentre gli inservienti cambiano tovaglie, arredi e stoviglie, i musici intonano pezzi appositamente creati. La tradizione vuole che il Veronese, nel gruppo dei musici delle Nozze di Cana, abbia raffigurato se stesso alla viola da gamba e i colleghi pittori Tiziano al violone, Tintoretto al violino e Jacopo Bassano al cornetto.

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Ad allietare i banchettanti non mancano lazzi e frizzi del buffone e del nano.

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In cucina, tra vampe e vapori, vi erano anche donne incaricate di svolgere i compiti più umili, come spennare e sventrare i volatili o a lardellare gli arrosti. A illustrarne la condizione abbiamo scelto un dipinto di Pieter Aertsen, La cuoca (1550), conservato in Palazzo Bianco a Genova.

Fonte: A tavola con la regina – C. Nobbio
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Servire a tavola nel Rinascimento
La Piadina, la più romagnola delle ricette romagnole

La Piadina, la più romagnola delle ricette romagnole

Traduzione della ricetta sottostante, in dialetto romagnolo
“E’ la più romagnola della specialità romagnole. E’ un pane senza lievito della più antica usanza, cotto nella lastra di sasso o nella teglia di terracotta messa sopra la fiamma viva (di fascine della potatura delle viti). Impastate 500 gr. di farina con 300 gr. di grasso (strutto), sale, un pizzico di bicarbonato, tanta acqua tiepida quanta ci vuole per fare un impasto piuttosto duro. Stendetela in cerchi grossi circa 1/2 cm. e di diametro di 15 cm. Cuocete la piadina sopra il testo o la lastra, girandola spesso e forandola sopra con le punte di una forchetta. Si mangia tagliata a metà e imbottita di formaggio morbido (squaquerone) o di fette rosolate di pancetta, o cavoli alla romagnola (c’è la ricetta). Le buone piadine fatte in casa devono sempre essere accompagnate da un bel po’ di vino rosso (Sangiovese o Cagnina).”

Piadina-romagnola

Ricetta classica in dialetto romagnolo da “Romagna in cucina” ed. Gulliver libri.
Clicca sull’immagine per vederla ingrandita.
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La ricetta passo a passo di chocomolly che ringrazio.
Ingredienti per 5-6 piadine
  • 500 gr. di farina,
  • 50 gr. di strutto,
  • 15 gr. di sale grosso,
  • una bustina di lievito per piadine,
  • latte.
Preparazione
Riscaldate la piastra (o testo¹) sul fornello più grande, al minimo. Rompete con il mattarello il sale grosso. Mescolate tutti gli ingredienti per ottenere un panetto sodo e morbido.
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piada_1_piada_2_piada_3_testo piadina.
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Senza far riposare dividete l’impasto in 5-6 palline (a me ne sono venute 6 da 140 gr l’una). Tiratele una alla volta e mettete a cuocere sulla piastra (o testo) o in una padella antiaderente: quando sta finendo di cuocere una, cominciate a tirare l’altra. Cuocete al minimo girando spesso. Se le volete congelare le piadine, cuocetele del tutto prima da un lato e giratele solo una volta.
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romagnolo piadina crescione

Piadina romagnola formaggio Squäquaròn

Piadina romagnola con salsiccia cipolle

 

 

 

 

Farciture x Piadina romagnola

 

 

Piadine farcite con:

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Tortelli alla lastra farciti di patate

piadina romagnola...natalizia

carolina piadina marinella

 

 

 

 

Caratteristica soprattutto dell’Appennino tra Forlì, Cesena e Rimini, la piadina è tuttavia diffusa anche nel ravennate e nel resto della Romagna, fino a sconfinare nel Montefeltro, nella provincia di Pesaro Urbino e nella Repubblica di San Marino. Non si presenta ovunque uniforme: la piadina forlivese, cesenate e ravennate è più spessa, mentre nel riminese (piada) tendono a stenderla molto sottile; quella pesarese, chiamata anche crescia o crostolo nell’entroterra, è sfogliata e saporita. La piadina, o piada, romagnola veniva cotta su una “teggia” di terracotta: testo¹…ma oggi viene cotta su piastre di metallo oppure su lastre di pietra refrattaria oppure su una semplice padella antiaderente.

La piadina, per dirla con Giovanni Pascoli, è «il pane, anzi il cibo nazionale dei Romagnoli». In realtà, lo era innanzitutto per i più poveri.
La piadina romagnola: a sn. la riminese e a ds. la forlivese
Può essere servita come:
  • sostituto del pane per grigliate di carne o pesce.
  • piatto unico se farcita con salumi o formaggi.
 Abbinamenti con i vini
Dato che si presta per vari utilizzi, i vini da abbinare possono essere sia bianchi che rossi.
  • Come antipasto, servita a spicchi e condita con formaggi freschi ed una foglia di rucola, si abbina bene con un vino bianco come l’ Albana o il Trebbiano di Romagna, oppure un vino spumante: Prosecco.
  • Come sostituto del pane, allora è la preparazione principale a dettare l’abbinamento. Nel caso di una grigliata di carne, un classico rosso fermo è l’ideale e, per non tradire le origini romagnole, si potrebbe optare per un Sangiovese di Romagna.
  • Come piatto unico, l’abbinamento con il vino dipende dalla farcitura. Data la secchezza della piadina e delle farciture classiche (salumi e formaggi freschi o mediamente stagionati), un vino bianco fermo è ottimo, sempre per restare in Romagna, il Pagadebit (chiamato così perchè il contadino, anche nelle annate peggiori, produceva comunque del vino utilizzabile per pagare i debiti contratti nell’annata precedente. Per questo motivo un altro nomignolo dato al vitigno è “Straccia Cambiale”.
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Personalizziamo i barattoli delle marmellate, delle salse e delle conserve fatte in casa

“Idee creative”

I barattoli della nonna

Personalizzare i barattoli delle marmellate, degli oli aromatici, delle salse fatte in casa, è senz’altro un’ottima idea regalo. Da non dimenticare l’etichetta preparata con un cartoncino ed un decoro.
Ma può essere un’idea carina ed allegra per arredare quell’angolo della nostra cucina un po’ vuoto e triste. E, poi, va bene anche per i vasetti acquistati al supermercato.
Con barattoli, anche non belli, qualche ritaglio di stoffa o centrini in pizzo, nastri colorati di varie lunghezze, cartoncino bianco e ritagli dalle riviste o motivi per découpage, ecco fatto onore alla nostra produzione.

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Per ravvivare i barattoli della marmellata bastano avanzi di stoffa colorata, del nastro, del cartoncino bianco e qualche accessorio di gusto.

  • Ricoprire il barattolo: centrate il cerchio di tessuto sopra il barattolo e applicatevi un elastico che lo tenga fermo. Coprite l’elastico con un nastro di colore che armonizzi con la tinta del tessuto e fate un fiocco. Tagliatene le estremità in diagonale.
  • Tagliare il cappuccio: stirate il tessuto e stendetelo in piano. Scegliete un piatto di dimensioni idonee, poggiatelo capovolto sul tessuto e tracciate su quest’ultimo la circonferenza, che ritaglierete con le forbici dentellate. Potete anche ritagliarlo in forma quadrata, seguendo la quadrettatura del tessuto.
  • Preparare i ritagli: scegliete una serie di motivi adatti e ritagliateli con cura con le forbici appuntite.
  • Applicare l’etichetta: scrivete sull’etichetta il contenuto del barattolo e applicatela ben centrata su quest’ultimo; quindi, con la colla, incollate il motivo ritagliato accanto all’etichetta.

“Idee creative”

Personalizziamo i barattoli delle marmellate

Confettura caramellata di castagne

Come sterilizzare i recipienti per una perfetta conservazione di frutta e verdura

   Personalizziamo i barattoli delle marmellate Di Liesbeth Lass, CC BY-SA 3.0 de, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=27610672
Bicchieri attrezzatura x bar

Nel bar in casa i bicchieri e l’attrezzatura giusta

Drinks e Cocktails
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Cosa occorre avere nel bar

Il bar in casa, il nostro angolo bar non è soltanto un insieme di bottiglie scelte un po’ a caso, ma è un momento della nostra vita. Il bar vuol dire amici, compagnia: le bottiglie possono stare anche in cucina, in frigo, in cantina, ma occorre una scelta oculata di quello che è meglio avere in casa. Un bar completo non si crea in un attimo, ma nasce a poco a poco arricchendosi di volta in volta di un vino, di un liquore, di uno spumante, di una bibita; si inventano nuovi cocktail e nuovi aperitivi.

Il bicchiere giusto

  • Ballon   Viene utilizzato per il servizio dei grandi distillati da meditazione(cognac, calvados, armagnac, brandy, rhum). Deve essere di forma contenuta per non disperdere i profumi
  • Bicchiere da grog E’ un bicchiere in vetro resistente dove vanno servite tutte quelle bevande scaldate o alle quali si aggiunge acqua bollente
  • Bicchiere fantasia Da molto tempo questo tipo di bicchiere gigante, a calice e a forma conica viene usato per long drink di 300 grammi e con dentro grossi cubi di ghiaccio.
  • Calice Irish Classico bicchiere che serve per preparazioni come l’Irish Coffee. Indicato anche per altri hot drink come punch e grog. Il gambo permette la presa senza scottarsi le dita.
  • Calice Il calice, oltre che per servire i grandi vini, può essere utilizzato per la sangria, e alcuni cocktail a base di succo di agrumi distillato.
  • Copita Bicchiere per vini liquorosi, come Porto, Sherry, Marsala, adatto anche per vermouth dolci. E’ utilizzata anche come bicchiere per i flip, cocktail che prevedono tra gli ingredienti anche il rosso d’uovo, oppure i sour, con succo di limone e shakerati.
  • Coppa Champagne Coppa larga, ideale per il servizio degli spumanti dolci come moscato e malvasia, oppure per il Cocktail Champagne.
  • Coppetta da cocktail Molto utilizzata per i cocktail short, cioè corti, serviti senza ghiaccio. E’ l’ideale per drink piuttosto alcolici come il Martini. Contiene circa 10 cl.
  • Doppia coppetta da cocktail Perfetta per cocktail rinfrescanti, serviti senza ghiaccio e preparati con ingredienti non eccessivamente alcolici (come vini, succhi, creme). Permette una dose quasi doppia rispetto al cocktail classico.
  • Flüte Indicato per spumanti o champagne secchi, oppure per la preparazione degli sparkling: una categoria di cocktail leggeri a base di spumante e frutta fresca, come Bellini, Puccini, Mimosa.
  • Globet Il Goblet o calice grande è indicato per drink con ghiaccio tritato o spezzettato come lo Sherry Cobbler e per i crusta, ovvero i cocktail in cui il bicchiere va bordato con lo zucchero.
  • Old Fashion L’americano Old Fashion viene utilizzato per i drink on the rocks (che significa: sul ghiaccio).
  • Per pousse cafè Nonostante, erroneamente, questo tipo di bicchiere venga usato per servire la vodka, è il più indicato per la realizzazione di pousse café (che si preparano con distillati, liquori colorati e sciroppi, i quali vengono versati tenendo conto del grado alcolico e peso specifico, in modo che non si mescolino tra loro e formino così digestivi a strati di vari colori).
  • Tumbler
  • Il tumbler basso si servono drink con abbondante ghiaccio a cubetti e senza aggiunta di acque gassate.
  • Il Tumbler medio è il classico bicchiere per il “Whisky and soda”; vi si possono servire, inoltre, spremute di agrumi, succo di pomodoro e di frutta.
  • Il Tumbler alto o Collins è l’ideale per il doppio whisky, i long drink e le acque minerali.
  • Zombie Viene usato principalmente nella preparazione degli omonimi drink, piuttosto alcolici e abbondanti. Tuttavia può essere utilizzato per i long drink di fantasia, dalle decorazioni di frutta esotica infilata nello spiedino.
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L’attrezzatura occorrenteimages

  • 1 shaker si utilizza per preparare cocktail che richiedono un’energica scossa. Ne esistono due versioni, una americana composto da due elementi conici in vetro e acciaio ed una continentale formata da tre copri: contenitore, tappo e filtro. Si utilizza per tutti i cocktail a base di frutta, panna, uova.
  • 1 mixer bicchiere in vetro, si utilizza per preparare cocktail con ingredienti da mescolare come vini liquorosi.
  • 1 cucchiaio per mixer viene utilizzato per varie funzioni, per la miscelazione dei cocktail non shakerati, per brinare il vetro dei bicchieri, e per pestare: zucchero, frutta e menta fresca, utilizzando la parte in basso che si chiama mugler. La vite senza fine che costituisce lo stelo, serve a far roteare il cucchiaio
  • 1 stir usato per mescolare i drink e i cocktail all’interno del mixing glass o direttamente nei bicchieri.
  • 1 coltello per agrumi
  • 1 grattugia
  • 1 dosatore
  • 1 strainer filtro a molla da utilizzarsi con il mixing glass, trattiene il ghiaccio quando si versa il cocktail nel bicchiere.
  • 1 paletta per il ghiaccio può assumere varie forme, serve per afferrare il ghiaccio da utilizzare nei cocktail.
  • 1 coltello per le scorzeattrezzatura per cocktail bar
  • 1 scavino
  • 1 rigalimoni
  • 1 pelapatate
  • 1 sifone del seltz con relative bomboline
  • 1 pinza per il ghiaccio
  • 1 tappo ermetico
  • 1 cavatappi
  • 1 secchiello per il ghiaccio
  • 1 secchiello per lo champagne
  • Una serie di spezie da bar: cannella, noce moscata, chiodi di garofano, pepe di Caienna macinato finissimo, ecc.  
  • Per guarnire: olive, foglie di menta, fette di limone, fette di arancia, ecc.

Come si beve? Il galateo dell’alcool

Come si beve Il galateo dell'alcool Outlier

Gli aperitivi

  • Le bevande più adatte ad essere servite come aperitivo sono il bitter, il vermouth, lo cherry o il whisky.
  • Alle signore che non bevono alcolici si offrirà del succo di pomodoro condito con sale, pepe e limone, oppure una spremuta di arance.
  • Gli aperitivi si servono prima dei pasti, accompagnati da cubetti di ghiaccio e acqua minerale o seltz
  • La padrona di casa porgerà il bicchiere direttamente da mano a mano.
[segue]

Il Ghiaccio

  • cubetto troncoconico pieno
  • cubetto frantumato pronto per cocktails
  • ghiaccio in scaglia piatta
  • ghiaccio secco per l’effetto vapore

“Come fare il ghiaccio trasparente e non opaco come di solito sono i cubetti che ci facciamo in casa. Il segreto è prendere dell’acqua possibilmente già filtrata dalle impurità poi bollirla per due volte. In questo modo (almeno da come dicono nel video) si elimina l’aria dissolta nell’acqua e si scompongono alcuni minerali.”

Come si mangiano i cibi, Prima parte Galateo 1 of 6    1  2   3 … 6 
“Absynth fire (681831758)” di Ricardo Liberato – Absynth fire. Con licenza CC BY-SA 2.0 tramite Wikimedia Commons 
Bicchieri attrezzatura x bar
Pinza_bolognese

Pinza bolognese, l’antico Pan di Natale, la ricetta del 1664

La pinza bolognese (pénza in bolognese) è un dolce che proviene dalla tradizione contadina bolognese, che si preparava generalmente durante le festività natalizie, anche se ormai viene consumata tutto l’anno. La sua ricetta appare per la prima volta all’interno del volume L’economia del cittadino in villa di Vincenzo Tanara. Il nome deriva molto probabilmente dalla sua forma, poiché si presenta come un rotolo di pasta dura che stringe al suo interno della mostarda bolognese .

Non va confusa con la pinza veneta, a cui somiglia solo il nome.

L’economia del cittadino in villa¹ del Signor Vincenzo Tanara. edizione del 1713
ricetta
L’ECONOMIA DEL CITTADINO IN VILLA
Il pane e il vino
LIBRO PRIMO
pag. 35

Pan di Natale, Pinza

I nostri Contadini con minor spesa impastano la farina con levito, sale , & acqua over d’acqua melata, incorporando dentro vva fecca, e zucca condita in mele, aggiuntovi pepe, e ne fanno una pagnotta grossa, quale chiamano Pan da Natale, altri impastando farina con acqua zaffaranata,& assai fermento, quale con la mattarella, o canna à foggia di sfoglia assottilano alla grossezza d’un mezo dito poi coperta d’ uva secca cominciano a rivoltarla dalla parte più stretta, avertendo d’includer ben dentro la detta uva secca, e così rivolgendo fino all’altra parte ne fanno una pagnotta ovata, qual chiamano Pinza. E tanto amico dell’ huomo questo pane, che pare, che in volendo far vivande il pane habbia la qualità dell’huomo, poiche, si come l’ huomo è animale, che ama  ama la compagnia, così facendosi diverse vivande di pane, vuole sempre compagnia, onde ancor in questo s’ avverta, che di sol pane non vive l’huomo. Scriveronne dunque alcune vivande, come di quelle, che si chiamano sotto nome di pane, overo di quelle, ove per la maggior parte siano fatte di pane, di molte ancora s’ havrà occasione di parlare più innanzi in descrivendo vivande d’altre cose, ove come ingrediente, ò accessorio vi si pone.

¹L’economia del cittadino in villa è un libro scritto da Vincenzo Tanara, marchese bolognese, nel 1644. I temi principali trattati sono l’agricultura dei campi e della vite, l’allevamento e l’utilità del porco e come gli astri celesti influiscano nella vita quotidiana con il fine di insegnare a chi non conosceva la vita rustica tutti i segreti e tradizioni della cultura contadina emiliana. Il libro contiene la traduzione del Testamentum Porcelli («Il testamento del porcello»), una breve satira medievale erroneamente attribuita a San Gerolamo, dove un porcello che sta per essere macellato descrive ironicamente a chi e a quali scopi vuole che vadano le parti del proprio corpo martoriato.

 

pinza bolognesepinza bolognese 2

 

 

 

 

 

 

 

Pinza bolognese

ricetta di Ilgiornaledel cibo.it
Ingredienti per 8 persone 
  • 500 gr. di farina 00,
  • 250 gr. di zucchero,
  • ½ bustina di lievito,
  • 140 gr. di burro ammorbidito,
  • 3 uova intere a pasta gialla,
  • 150 gr. di mostarda bolognese,
  • un pizzico di sale.
Preparazione
  • Disponete la farina, lo zucchero e un pizzico di sale a fontana, al centro ponete le uova, il burro ammorbidito ed il lievito. Impastate fino ad ottenere un impasto omogeneo e non appiccicoso, se lo risultasse aggiungete farina quanto basta.
  • Lasciate riposare l’impasto per 10 minuti, quindi stendetelo tra due fogli di carta da forno per lo spessore di circa ½ cm., rimuovete un foglio e spalmatela di mostarda.
  • Iniziando da un lato arrotolatela aiutandovi con la carta da forno che si staccherà ad ogni giro, avrete così ottenuto la classica forma salame. Spennellate la superficie del salame con uovo sbattuto e zucchero semolato ed infornate in forno caldo a 180 gradi. per 25 minuti.
  • Una volta cotta, la pinza avrà le caratteristiche spaccature da cui fuoriesce la mostarda.
  • Si serve fredda, tagliata a fettine, pronta per essere “tocciata” in un po’ di Albana passito o latte, fate voi.
  • Si conserva in luogo fresco avvolta nella carta da forno anche per 15 giorni.
File: Distribuisci il ripieno di mostarda alla bolognese quasi fino al bordo.png

Distribuire il ripieno di mostarda alla bolognese quasi fino al bordo

Ricetta in dialetto bolognese di “Gli apostoli della tagliatella”

pinza bolognese

Pinza veneta dell’ Epifania alla maniera di Petronilla

Il Certosino di Bologna, l’antico Pan speziale, ricco dolce natalizio

Pinza bolognese.jpg [[File:Spread the mostarda bolognese filling nearly to the edge.png|Spread_the_mostarda_bolognese_filling_nearly_to_the_edge]]
asparagi uova strapazzate (3)

Menù per SANTI PIETRO E PAOLO delle famiglie nobiliari ravennati di inizio ‘900 (Romagna)

Asparagi  con uova strapazzate
“Cunario di una vecchia famiglia nobiliare”: Menù per festività e ricorrenze con oltre 350 ricette raccolti in un cucinario di una vecchia famiglia nobiliare romagnola che il rampollo Giovanni Manzoni ha svelato in questo libro ricco di suggerimenti e leccornie. Tra le ricette più selezionate ben otto modi di fare i cappelletti romagnoli ed altrettanti per i tortellini bolognesi con tanto di brodo doc per palati fini. Da citare la polenta alla Manzoni che riporta gli antichi sapori nostrani, poi per sbizzarrirsi si può provare a cucinare altre ricette che si adattano a qualsiasi piatto ed accostamento di cibi. Lugo di Romagna 1985.
29 Giugno, SS. Pietro e Paolo
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Menù
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PRANZO
Minestre
in brodo di midollo d’ossa, Cappelletti romagnoli
Pietanze
Fagiano, pollo e gallina faraona arrosto
contornati da Carote al vin Santo e patate fritte
Sformato di piselli
contornato con fave fresche sgranate condite con olio, pepe e sale
Formaggi
Ricotta e di vacca
Frutta
Ciliegie, albicocche, perine e meline San Pietro
Dolci
Torta di fragole e Frittelle dolci di riso
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Carote al Vin Santo
Tagliare a fettine le carote lessate e riscaldarle con il burro. Sciogliere due cucchiai di farina in due bicchierini di vino santo, versare il composto sopra le carote e cuocere a fuoco lento.
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Torta di fragole
Mettere sopra un grande piatto liscio una ruota con orlatura di pasta sfoglia già cotta e versare sopra questa le fragole condite con marmellata e rum e ricoprirle con panna montata.
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Crostata crumble fragole mandorlefragole torta in padella

 

 

 

 

.torta-di-fragole-panna-e-cioccolato-R-QTpfbwFrittelle dolci riso di San Giuseppe

 

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CENA

Menù
Minestre
Passatelli in brodo o Taglioline in brodo
Pietanze
Carni lessate contornate da fette di polenta spolverate di formaggio e da fagioli lessati conditi con olio, pepe, sale, aceto e prezzemolo tritato
Asparagi con le uova
Formaggi
Di vacca e di pecora
Frutta
Ciliegie, albicocche, fragole
Dolci
Palle dolci di riso
Biscottoni.

 

Asparagi con le uova
Mettere degli asparagi lessati a punte di fronte in un tegame, aggiungere un pizzico di sale, uno di pepe, olio o burro sulla parte verde degli asparagi, delle uova. Togliere il tegame quando le uova sono cotte e spolverare il tutto con formaggio parmigiano grattugiato.

Minestra Passatelli Artusiasparagi uova strapazzate (3)

Menù SANTI PIETRO PAOLO inizio ‘900

 

 

 

17 gennaio. PRANZO di S. Antonio Abate – “Cucinario di una vecchia famiglia nobiliare”

17 gennaio. CENA di S. Antonio Abate – “Cucinario di una vecchia famiglia nobiliare”

Menù per SANTO STEFANO (pranzo e cena) delle famiglie nobiliari ravennati di inizio ‘900

 

salsicce wurstel avvolti speck

Gespickte Würste, Salsicce piccanti avvolte nello speck

Salsicce bernesi con cipolle, rafano e salsa puszta ungherese
Il würstel (dal diminutivo della parola tedesca Wurst, “insaccato”, secondo i dialetti tedeschi meridionali, laddove il termine in tedesco standard, hochdeutsch, suonerebbe Würstchen), chiamato erroneamente in Italia anche salsiccia, è una specie di insaccato preparato con carni tritate bovine e suine, tipico della Germania e dell’Austria e, in Italia, del Trentino e dell’Alto Adige. Da alcuni anni sono commercializzati anche würstel prodotti con carne di pollo e di tacchino, pubblicizzati come prodotti più leggeri rispetto a quelli di suino e molto apprezzati dal mercato mediorientale (o dagli immigrati musulmani all’estero).
Il würstel più diffuso in Italia corrisponde generalmente al Wiener o Wiener Würstchen (letteralmente “salsicciotto di Vienna” o “viennese”) reperibile in Germania. Lo stesso prodotto in Svizzera è chiamato Wienerli e in Austria Frankfurter (Würstel), letteralmente “salsicciotto di Francoforte”, sebbene in origine i due tipi (Wiener e Frankfurter) non fossero identici: il primo conteneva sia carne suina che bovina, era più corto e veniva servito appaiato a un altro, il secondo conteneva solo carne suina, era più lungo e veniva servito da solo. Alcune aziende del settore hanno cominciato a produrre anche in Italia würstel simili a quelli venduti in Germania, commercializzandoli come “würstel tipici

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Ingredienti
  Preparazione

Tagliare i würstel (o le salsicce) per la lunghezza lasciando unite le due parti. Riempire l’interno dei wurstel con striscioline sottilissime di sottiletta (in cottura non deve fuoriuscire) e la senape. Una volta riempiti tutti i wurstel, avvolgere ognuno con una sottile fetta di speck. Passare i würstel in forno finchè lo speck risulterà croccante.

 “So schmeckt’s besser” Heimeran Verlag 1970 Siemens
1708347913Gespickte Würste, Salsicce piccanti So schmeckt’s besser
– 17-09-07-Berner-Würstel RR70623 1.jpg [[File:17-09-07-Berner-Würstel RR70623 1.jpg|17-09-07-Berner-Würstel_RR70623_1]]
mangiari nobiliari s. giovanni Ferdinand_Max_Bredt_Frühstück_zu_Kriegszeiten_1918

Menù per SAN GIOVANNI delle famiglie nobiliari ravennati di inizio ‘900 (Romagna)

Ferdinand Max Bredt  1918, Colazione Bredt in tempo di guerra
“Cucinario di una vecchia famiglia nobiliare”.
Menù per festività e ricorrenze con oltre 350 ricette raccolti in un cucinario di una vecchia famiglia nobiliare romagnola che il rampollo Giovanni Manzoni ha svelato in questo libro ricco di suggerimenti e leccornie. Tra le ricette più selezionate ben otto modi di fare i cappelletti romagnoli ed altrettanti per i tortellini bolognesi con tanto di brodo doc per palati fini. Da citare la polenta alla Manzoni che riporta gli antichi sapori nostrani, poi per sbizzarrirsi si può provare a cucinare altre ricette che si adattano a qualsiasi piatto ed accostamento di cibi. Lugo di Romagna 1985

24 giugno, San Giovanni Battista

Menù

PRANZO

Minestre
Risotto ai fegatini di pollo
Spaghetti ai piselli
Pietanze
Piccioni al limone
Filetti al Vin Santo
contornati da finocchi al Trebbiano
cipolle al Trebbiano* e patate alla contadina
Formaggi campagnuoli
Frutta
Pere e mele di San Giovanni, ciliegie, fragole al Vin Santo
Dolci
Biscotti di San Giovanni

Filetti al Vin Santo
Mettere in una casseruola, olio, sugo di limone, un bicchiere di Vin Santo e cuocere entro questi ingredienti fette di filetto salate e pepate

Finocchi al Trebbiano
lessare i finocchi, tagliarli in quattro o sei parti, secondo la loro grossezza, riporli in una ruola¹ cosparsa di burro, bagnarli con vino Trebbiano secco e con brodo, salarli e pelarli e aggiungere un pizzico di noce moscata e spolverarli di formaggio parmigiano grattugiato, fare bollire sino all’assorbimento degli ingredienti.
 
Cipolle al Trebbiano
Lessare le cipolle, tagliarle a metà, riporle in una ruola¹ cosparsa di burro, bagnarle con vino Trebbiano secco e con brodo, salarle e pelarle e aggiungere prezzemolo tritato in piccola quantità. Cuocere un po’ a fuoco lento per fare evaporare il tutto.

Biscotti di San Giovanni
Lavorare 200 grammi di farina, 150 grammi di burro, 85 grammi di mandorle dolci o noci o nocciole tritate, 85 grammi di zucchero. Tirare una sfoglia grossa uno scudo² e tagliarla a piccoli quadri o a piccoli tondi sopra ai quali mettere un cucchiaino di marmellata. Cuocere al forno su piastre di ferro unte e spolverate di farina.

  • ¹”Ruola” o “Sole” è una padella di rame stagnato di circa 40-45 cm di diametro con un lungo manico. Le ruole devono essere “preparate” per poter essere utilizzate e questo della preparazione è un segreto che ogni cuoco difende gelosamente La cottura è effettuata su fornelli speciali (detti “fuochi” o “foconi”) che poggiano su un treppiede e che scaldano uniformemente la padella.
  • ²Scudo (in francese écu, in spagnolo ed in portoghese escudo) è il nome di alcuni tipi di moneta sia d’oro che d’argento. Fu così chiamato perché le prime recavano lo stemma nobiliare dell’autorità che le aveva emesse. L’utilizzo del nome si diffuse al di fuori dei confini francesi, in Italia, Austria-Ungheria, Savoia, Roma.

Menù

CENA

Minestra
Tagliatelline in brodo o Quadretti in brodo
Pietanze
Carni lessate contornate da porri e patate conditi con olio, sale, pepe e aceto.
Uova fritte contornate da frittelle di sparagi (asparagi)*
Formaggi campagnuoli
Frutta
Pere, meline, ciliegie, albicocche.
Dolci
Crema di fragole*
Biscotti

Frittelle di sparagi (asparagi)
Lessare gli asparagi, togliere in questi la parte bianca, tagliare la parte verde a pezzettini e passarla più volte in uovo sbattuto, farina, pangrattato e friggere a cucchiai il composto ottenuto in olio e grasso bollente.

Menù SAN GIOVANNI  inizio ‘900

Crema con fragole per la cena di San Giovanni, ricetta di una famiglia nobiliare ravennate di inizio ‘900 (Romagna)

Patate alla contadina per il pranzo di San Giovanni, ricetta di una famiglia nobiliare ravennate di inizio ‘900 (Romagna)

Di Ferdinand Max Bredt – http://www.artshop-berlin.com/catalog/product_info.php?products_id=383&osCsid=9f712a1830d84f9acfc9a18194c64dcb[collegamento interrotto], Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=16141205