Escargots à la Bourguignonne, Lumache alla Borgognona

La cucina francese: Escargots à la Bourguignonne, Lumache alla Borgognona

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La ricetta più prestigiosa per servire le lumache è sicuramente quella delle Escargots à la Bourguignonne, ma danno buoni risultati preparate con qualsiasi tipo di intingolo, dal pomodoro alla salsa di funghi, oppure servite con la polenta. In Italia a Roma, sono il piatto tradizionale della cena di San Giovanni Battista (24 giugno) e vengono servite nelle osterie, in particolare, nel quartiere Laterano.
Questo piatto francese è citato in una divertente scena del film “Pretty Woman, dove vediamo la deliziosa Vivian (Julia Roberts) alle prese, proprio, con un piatto di Lumache alla Bourguignonne
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 Escargots à la Bourguignonne, Lumache alla Borgognona

Ricetta tratta da Il grande libro della cucina francese di Auguste Escoffier.
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« Scegliere delle lumache di vigna; togliere la chiusura calcarea; lavarle cambiando più volte l’acqua; metterle a spurgare per un’ora in acqua con sale grigio e aceto. Lavarle di nuovo in abbondante acqua, per togliere tutta la viscosità, poi immergerle completamente in acqua e farle bollire per 5-6 minuti. Sgocciolarle, farle raffreddare, toglierle dal guscio e eliminare la parte nera che hanno all’estremità. Cuocerle quindi in una parte di vino bianco e una parte d’acqua, in quantità tale da ricoprirle completamente; aggiungere carote, cipolla, scalogno tritato e un mazzetto guarnito. Condire con 8 gr. di sale per ogni litro di brodo e cuocere a fuoco lento, per circa 3 ore. Lasciarle raffreddare nel loro brodo di cottura. Lavare i gusci, farli sgocciolare e asciugarli in una stufa.

N.B. In primavera o in autunno, raccogliete le lumache nelle vigne. E’ necessario tenerle in gabbia e farle digiunare per 8 giorni prima di cucinarle.»

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« Cuocere le lumache come indicato; sgocciolarle. Guarnire il fondo di ogni guscio con una noce di burro, così preparato (per 50 lumache): aggiungere a 300 gr. di burro, 30 gr. di scalogno finemente tritato, un piccolo spicchio d’aglio, schiacciato e ridotto in poltiglia, 1 cucchiaio di prezzemolo tritato, 12 gr. di sale e 2 gr. di pepe. Amalgamare il tutto e tenere in fresco.
Introdurre la lumaca nella conchiglia, chiudere quest’ultima con il burro e disporle man mano in una teglia o in un apposito recipiente. mettere un po’ d’acqua nel fondo della teglia; spolverare con pangrattato il burro delle lumache e cuocere a fuoco vivo per 7-8 minuti.»

A. Escoffier

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La cucina francese

LIBRI Escoffier-Ma_cuisine Il grande libro della cucina francese 19341 of 4 – 1   2   3    4   

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salsa bbq

Salsa BBQ fatta in casa

La Salsa Barbecue

La Barbecue, spesso abbreviata nell’acronimo BBQ sauce, è una salsa utilizzata come condimento, comunemente applicata sulla carne cotta alla griglia nella modalità Barbecue. Probabilmente fu inventata tra il XIX e il XX secolo negli Stati Uniti dai coloni d’origine europea. La prima standardizzazione storica della sua ricetta avvenne contemporaneamente con la sua commercializzazione, nel 1926, ma divenne popolare soprattutto dopo che la H. J. Heinz Company ne realizzò una propria versione industriale, nel 1948.

Si fa soffriggere in padella della cipolla tritata finissima con aglio, olio/burro e aceto di vino. Poi vi s’aggiunge zucchero, salsa di pomodoro, sale e peperoncino tritato. Si condisce infine con pepe, salsa Worcestershire e si fa cuocere il tutto per qualche minuto.

 

 

La ricetta

Ingredienti 
  • Cipolla bianca 2 spicchi,
  • Salsa Worcestershire 2 cucchiai,
  • Zucchero di canna 2 cucchiai,
  • Paprika forte 1 cucchiaio,
  • Senape 1 cucchiai,
  • Miele 2 cucchiai,
  • Salsa ketchup 2 cucchiai,
  • Passata di pomodoro 200 g,
  • Salsa di soia 1 cucchiaio,
  • Aceto 4 cucchiai,
  • Olio extravergine d’oliva 1 cucchiaio,
  • Pepe q.b., Sale q.b.
Preparazione

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salsa bbq (2)

File: Salsa alla crema di pollame, 2006.jpg

B.B.Q. Pulled Pork Sandwich.jpg [[File:B.B.Q. Pulled Pork Sandwich.jpg|B.B.Q._Pulled_Pork_Sandwich]]
Grandi banchetti al castello

Grandi banchetti al castello

Il banchetto nella pineta. Nastagio degli Onesti III ep.
E’ un dipinto a tempera su tavola (82×142 cm) di Sandro Botticelli, databile al 1483 e conservato nel Museo del Prado di Madrid. La tavola fa parte di una serie di quattro pannelli, forse commissionati da Lorenzo il Magnifico per farne dono a Giannozzo Pucci in occasione del suo matrimonio con Lucrezia Bini. Raffigura il banchetto nella pineta a cui Nastalgio ha invitato la figlia di messer Paolo Traversari, da lui amata senza essere corrisposto. Alla fanciulla e agli invitati, colmi di terrore, appare il cavaliere che insegue con i cani la fanciulla ignuda che gli si era rifiutata. Nastagio, in piedi, rivolto verso l’amata allargale braccia con gesto dimostrativo.

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XII sec. Ricevimento al castello feudale

  • La grande sala era abbellita con tovaglie e cuscini ricamati e al riverbero delle fiamme del cammino, gli ospiti incoronati di fiori sedevano intorno a lunghi tavoli.
    Dalle cucine, poste in edifici separati dall’aula comitis per evitare gli incendi, arrivavano sulla mensa signorile cinghiali, cervi, pollame, montoni misti a verdure, cotti allo spiedo dopo una rapida bollitura e trionfanti su enormi piatti d’argento che testimoniavano la ricchezza del casato; la vivanda più apprezzata era i piccioni il cui allevamento era appannaggio dei signori. A fine pasto si sgranocchiavano pasticcini al miele e frutta secca importata da paesi lontani che incideva pesantemente sul bilancio. L’altra spesa considerevole della tavola feudale erano le spezie mutuate dalla tradizione romana: zenzero, cannella, zafferano e grandi quantità di pepe che davano ai sapori altrimenti piuttosto monotoni.
    La panetteria del castello cuoceva pane di frumento solo per la tavola del Signore.

Nel giugno del 1469, in occasione del suo matrimonio con Clarice Orsini,

  • Lorenzo il Magnifico fece distribuire ai fiorentini dal palazzo di via Larga i doni alimentari che aveva ricevuto; il giorno della cerimonia non furono elargiti al popolo degli avanzi, ma 1500 taglieri di gelatina e polli, pesci, confetti e altre ghiottonerie appositamente confezionate.
    Ai conviti di famiglia erano di rigore le buone maniere e la più assoluta pulizia; i vasi, i candelieri, l’argenteria erano scelti per il loro valore artistico; in controtendenza rispetto alle altre corti, i cuochi dei Medici diretti dalle padrone di casa non si sbizzarrivano in artifici sgradevoli al palato, ma utilizzavano, rigorosamente, prodotti genuini della regione per piatti della tradizione toscana, spesso di derivazione popolare.

Nel 1505 il cardinale Grimani offerse a Roma, a palazzo Venezia un convito in musica agli ambasciatori di Venezia

  • che furono accolti con pifferi e tamburi. Le trombe introdussero conserve confetture, mentre piatti d’oro e d’argento colmi di biscotti e pinoli apparvero al suono delle arpe. Dopo una zuppa di latte e vassoi di teste di capriolo, le tube annunciarono 64 portate di polli in salsa catalana e i piatti degli arrosti e dei fagiani volteggiarono in sala sulle armonie delle viole. Col dessert di panna montata e marzapane si accompagnarono le danze di una giovane araba e una più ingenua recita di bambini.

Il 13 settembre del 1513 la Roma di Papa Leone X Medici, noto buongustaio, festeggiò la nomina a patrizio del nipote Giuliano

  • con un banchetto solenne in Campidoglio. La tavola che accoglieva 20 sceltissimi convitati, troneggiava su un soppalco al centro della piazza, mentre intorno era stata eretta una gradinata a semicerchio per la folla che assisteva allo spettacolo. Quando, al passaggio dei bacili di acqua odorosa, gli ospiti dispiegarono i tovaglioli bianchissimi per asciugare le mani, si liberò un volo di uccelletti che rimasero a saltellare sulla tavola. L’abbondanza era tale, narrano i cronisti, che convitati presero a gettarsi l’un l’altro le portate e infine si videro capretti, fagiani, porcellini e pernici volare verso le tribune e insozzare la piazza.

Nel 1574 Venezia accolse Enrico III di Francia, figlio di Caterina dei Medici con grandi festeggiamenti

  • che culminarono la domenica in un banchetto offerto nella sala del Maggior Consiglio.
    Enrico III fu accolto dalle 200 più belle patrizie di Venezia vestite di bianco e coperte di gioielli. La tavola si presentava ornata di sculture di zucchero progettate dal Sansavino: c’erano due leoni, una regina a cavallo tra due tigri e Davide e San Marco tra immagini di re e papi, e animali, piante, frutti. Erano di zucchero la tovaglia, i tovaglioli¹, il pane, i piatti e le posate. Quando Enrico III fece per spiegare il tovagliolo¹,
    se lo sentì sbriciolare tra le dita. Dopo questa visita Enrico III impose in Francia l’uso della forchetta individuale.

Nel marzo del 1593, accogliendo i figli del duca Guglielmo di Baviera, Roma rinnovò i fasti trascorsi

  • anzi li superò, perché alle 1.000 persone ammesse in Castel Sant’Angelo la tavola d’onore apparve, tra gli stemmi del pontefice e dei principi tedeschi, letteralmente coperta d’oro. Quattro pavoni bianchi con la coda a ruota e un collare d’oro e perle si alternavano a quattro fagiani dalle penne tempestate di gocce d’oro tremolanti e a tre leoni di pasta reale dorata; dorati erano anche i pasticci freddi a forma di aquile, leoni e tigri. Al termine del pranzo fu portato in sala un modello di pasta di Castel Sant’Angelo, da cui uscirono pernici e uccelletti vivi che reggevano sul capino coroncine d’oro e dietro loro apparve un toro meccanico, ovviamente dorato, che camminava da solo.

 A tavola con la storia di M. L. Minarelli

 ¹Il tovagliolo, che inizialmente si chiamava “truccabocca”, inizia ad essere utilizzato a tavola nel Rinascimento. Questo accessorio nasce come mezzo di purificazione delle dita sporche di cibo e per pulirsi la bocca prima di bere dal bicchiere comune. I galatei dell’epoca raccomandano di non usare il tovagliolo per pulirsi il viso, i denti o per soffiarsi il naso. Quando le posate sono in cumune tra i commensali, viene anche utilizzato per pulirle prima di porgerle agli altri commensali. Il tovagliolo viene portato sulla spalla o sul braccio sinistro perchè si usa mettere nei piatti comuni la mano destra.

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 Grandi banchetti al castello .Di Sandro Botticelli – http://www.museodelprado.es, Pubblico dominio,
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Maestro Martino: Cap. IV. Per far ogni ragion Torte

Torte rievocate all’Hampton Court Palace.

Maestro Martino «Il Libro de Arte Coquinaria» 1450-60maestro martino

CAPITOLO IV – PER FAR OGNI RAGION TORTE

Torta biancha.
Piglia una libra et meza di bono cascio frescho, et taglialo menuto, et pistalo
molto bene, et piglia dodici o quindici albume o bianchi d’ova, et macinali
molto bene con questo cascio, agiongendovi meza libra di zuccharo, et meza
oncia di zenzevero del più biancho che possi havere, similemente meza libra
di strutto di porcho bello et biancho, o in loco di strutto altretanto botiro bono
et frescho, item de lo lacte competentemente, quanto basti, che serà assai
un terzo di bocchale. Poi farrai la pasta overo crosta in la padella, sottile come
vole essere, et mectiraila a cocere dandoli il focho a bell’agio di sotto et
di sopra; et farai che sia di sopra un pocho colorita per el caldo del focho;
et quando ti pare cotta, cacciala fore de la padella, et di sopra vi metterai
del zuccharo fino et di bona acqua rosata.

Le zucche
Habi le zucche et mondale molto bene, et grattale como gratti il cascio,
et farale un pocho bollire in un bono brodo, overo in bon latte.
Et pigliarai tanta quantità di cascio frescho quanto è ditto in li sopra
ditti capitoli, giongendovi con esse et miscelandovi un pocho di cascio vecchio
che sia bono. Et pigliarai una libra di bona ventresca di porco, overo una tetta
di vitella cotta molto bene allessa et battuta assai col coltello.
Et volendo poterai in loco de queste doi cose sopra ditte, se più ti piace,
usare il butiro, overo il strutto, giongendovi meza libra di zuccharo, un pocho
di zenzevero et di cannella, con un bicchieri di lacte, et sei ova.
Et como ti pare che le preditte zucche siano cotte, tirale fora dell’acqua,
et passale per la stamegnia; et farai gialla questa compositione col sesanime;
poi la mitterai in una padella solo con una pasta sottile di sotto et non di
sopra, et darali il focho temperatamente di sotto et di sopra; et quando ti pare
meza cotta gli gitterai di sopra, in loco de la crosta, de le lasagne ben minute.
Et quando serà cotta abastanza vi metterai suso di bono zuccharo et acqua rosata.

Per far altre torte.
Similemente secondo i tempi et le stagioni poterai fare torte di rape,
et etiamdio di pera cotte prima stagionate molto bene sotto la bragia,
et etiamdio co le poma cotogne poterai fare tagliandole prima in quarti
o in pezi, mondandole et nettandole bene; et dentro le farai allessare
in bono brodo. Et se più ti piacesse le poterai etiamdio cocere sotto la brascia,
che forse seriano meglio, passandole sempre per la stamegna et giongendovi
le altre cose sopra ditte como s’è ditto con la zuccha.

Li fiori.
Le rose roscie

Habi i fiori sgranandoli et levandoli politamente da quelli soi ramicelli,
et con essi incorporarai molto bene tutta la materia che è scripta in nel
capitolo di fare la torta biancha. Ma nota che questa tal compositione posta
con li fiori vole esser più stretta o più spessa. Et questo perché li fiori
si vengano bene a compartire, et che ne sia tanto di sotto quanto in mezo,
et di sopra et per tucto equalmente.

Il riso
Lava il riso et nettalo molto bene, et fallo cocere in lacte o in bono brodo
grasso tanto che sia ben cotto; et poi il cavarai fora sopra ad un tagliero
et lassaralo asciucchare et pigliarai un pocho di bono cascio frescho pistato
molto bene giungendovi dece bianchi d’ova, del zuccharo et dell’acqua rosata.
Et anchora piacendoti vi poterai mettere un pocho di lacte quanto tene un
piccholo bicchieri. Et mescolato bene ogni cosa inseme la metterai bene
a cocere in la padella observandoli quello ordine et modo che è ditto di
sopra de la torta biancha. Et nota che questa richiede et vole minore
quantità di cascio che l’altre torte sopra scripte.

Il farre
Netta molto bene il farre et fallo cocere in bono brodo grasso,
et cavalo fore ad asciucchare como s’è ditto del riso. Et pigliarai una libra
di cascio frescho, et meza libra di bon cascio vecchio, facendo pistare l’uno,
et l’altro grattare como s’accostuma di fare. Et haverai una ventrescha
di porcho, o una tetta di vitella tanto cotta che quasi sia disfatta et ben
battuta con il coltello, giongendoli de bone spetie et del zuccharo se ti piace,
et quindici ova con un pocho di zafrano. Et mescolate bene tutte queste cose
inseme solo con la crosta di sotto le mitterai a cocere in la padella.
Et quando ti pare che sia presso che cotta habi de le lasangne ben secche
et mettile di sopra et spesse; et lasciarai cocere un pocho più, et fornita
che sia de cocere, gli metterai di sopra del zuccharo et acqua rosata.

Per far torta di herbe
Habi li gamari et falli allessare, et d’essi caverai tutto quello che è bono,
et pistaralo molto bene nel mortale; et farai di bon lacte de amandole
bene stretto, passando le diete amandole o lacte per la stamegna,
con un [poco] d’acqua rosata, et non avendone, in loco di quella, serà
bono il brodo di peselli, o de cici bianchi franti; et con queste cose pistarai
molto bene un pocha de uva passa, et quattro o cinque fichi, agiognendovi
anchora un’altra pocha de uva passa sana, un pocho de petrosillo, et maiorana,
et vieta, fritte in prima un pocho in bono oglio, et battute ben menute
col coltello, agiongendovi del zenzevero et de la canella, et zuccharo.
Et questo tal pieno overo compositione vole essere ben pisto nel mortale.
Et per fare che si prenda como l’altre torte gli mettirai dentro un pocha
di polvere di amitto incorporandola molto bene con queste altre cose,
overo un pocho pocho di ova de luccio piste et passate per la stamegna
che strengono molto et fanno prendere meglio. Et farali le soe croste
di sotto et di sopra como all’altre torte. Et quando è cotta mettegli
sopra del zuccharo, et dell’acqua rosata.

Le cerase
Habi le cerase de le più negre che tu trovi, et cavatene fora le ossa
macinarale molto bene nel mortale, et habi de le rose roscie battute molto
bene col coltello, con un pocho di cascio frescho et un pocho di bon
cascio vecchio, agiongendoli de le spetie, cioè canella, zenzevero,
et pocho pepe, et del zuccharo; et mescolarai molto bene tutte queste cose,
agiongendovi etiam tre o quattro ova secundo la quantità che vorrai fare,
et con la crosta di sotto la metterai a cocere a bello agio in la padella.
Et quando sia cotta gli metterai di sopra del zuccharo et dell’acqua rosata.

Per fare torta di farro.
Netta molto bene il farre et fallo cocere in bono brodo grasso, et cavalo fore ad asciucchare como s’è ditto del riso. Et pigliarai una libra di cascio frescho, et meza libra di bon cascio vecchio, facendo pistare l’uno, et l’altro grattare como s’accostuma di fare. Et haverai una ventrescha di porcho, o una tetta di vitella tanto cotta che quasi sia disfatta et ben battuta con il coltello, giongendoli de bone spetie et del zuccharo se ti piace, et quindici ova con un pocho di zafrano. Et mescolate bene tutte queste cose inseme solo con la crosta di sotto le mitterai a cocere in la padella. Et quando ti pare che sia presso che cotta habi de le lasangne ben secche et mettile di sopra et spesse; et lasciarai cocere un pocho più, et fornita che sia de cocere, gli metterai di sopra del zuccharo et acqua rosata.
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Per fare torta di castagne.
Farai cocere le castagne allesso et un pocho pistate le passarai per la stamegna con un pocho di bon lacte, giungendoli tutte l’altre spitiarie¹ et cose che intrano² nel pieno et compositione de la torta del farro sopra scripta³ et farala gialla con lo zafrano.

  • ¹spitiarie = spezierie
  • ²intrano = entrano
  • ³sopra scripta = la ricetta precedente della torta di farro

Per fare torta di ceci.
Farai cocere una libra de cici rosci, pistali molto bene, et col suo brodo et con un pocha d’acqua rosata gli passarai per una stamegna bene stretta; et habi una libra de amandole ben mondate et bianche piste molto bene, perché non se vogliono passare per la stamegna; et con esse se vol pistare doi once de uva passa et tre o quattro fiche secche, item un’oncia et meza di pignoli rotti un pocho et nonpisti, giognendoli del zuccharo, dell’acqua rosata, de la cannella, et del zenzevero, mescolando bene tutte queste cose inseme. Et per farla prendere l’incorporarai de la farina d’amitto o dill’ova del luccio como è ditto di sopra, et mettirala accocere con una crosta di sotto; et quando ti pare presso che cotta gli mettirai suso del zuccharo et dell’acqua rosata, et darali anchora di sopra una bona calda di foco. Et nota che questa torta vole essere bassa.

Per fare altre torte.
Similemente secondo i tempi et le stagioni poterai fare torte di rape, et etiamdio di pera cotte prima stagionate molto bene sotto la bragia, et etiamdio co le poma cotogne poterai fare tagliandole prima in quarti o in pezi, mondandole et nettandole bene; et dentro le farai allessare in bono brodo. Et se più ti piacesse le poterai etiamdio cocere sotto la brascia, che forse seriano meglio, passandole sempre per la stamegna et giongendovi le altre cose sopra ditte como s’è ditto con la zuccha.

Le bevande erano, sulla tavola dei ricchi, in bottiglie di vetro o in brocche metalliche e si servivano in metallo prezioso, di vetro o di legno decorato.
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Per fare Torta al salmone con Salsa Cameline per un banchetto medievale

  Maestro Martino: Cap. IV. Per far ogni ragion Torte castagne farro ceci Di Chiswick Chap – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=48386150 Maestro Martino – Ogni ragion torte: castagne farro ceci Di Chiswick Chap – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=48386150
Banchetto per le nozze di Ercole d'Este

A.D. 1529 – Banchetto per le nozze di Ercole d’Este

Sandro Botticelli, Il banchetto di Nozze di Nastagio degli Onesti, 1483 – Firenze, Palazzo Pucci

Ferrara 24 gennaio del 1529, Nozze del principe Ercole d’Este con la figlia del re di Francia alla presenza di Isabella d’Este Gonzaga.

Maestro di casa: Cristoforo da Messisbugo.

Descrizione delle tavole e dei luoghi.

C’erano due tavole:
una per il padrone, sua moglie e la marchesa di Mantova; l’altra per gli altri 104 ospiti.

Su queste due tavole furono disposte: 25 saline d’ argento, 104 salviette, altrettanti coltelli, pani al latte, piccole caraffe con latte zuccherato e bacinelle con acqua profumata!

Nel soffitto vennero appesi 48 doppieri di cera bianca.

Per le operazioni di servizio furono apparecchiate 3 tavole per i credenzieri e 2 per i buttiglieri, con ogni vino pregiato, per il piacere dei sommelier.

Vennero poste sulla mensa 25 figure di zucchero, rappresentanti le forze d’Ercole che vinsero il Leone. Erano grandi più di due palmi e mezzo, dorate e dipinte, con le carnagioni che parevano vive, rimasero sulla tavola fino a quando non fu tolta la prima tovaglia. Su di essa furono poste, in 104 piattini e in 25 piatti più grandi: insalata di capperi, tartufi e uva passa; insalata d’indivia, radicchio e cedri; insalata d’acciughe; ravanelli grossi lavorati d’intaglio e ravanelli piccoli interi; sfogliatelle con panna; fette di prosciutto e di lingua di manzo fritte con sopra zucchero e cannella; orate in carpione con foglie di lauro.

Al suono delle trombe gli invitati entrarono nella sala del banchetto e, dopo i lavacri con acqua profumata, presero posto alla mensa.

Ebbe inizio la cena vera e propria, composta da 8 vivande multiple (ndr. per vivanda si intendeva ciò che ai giorni nostri sarebbe considerato un pranzo pantagruelico, cioè ricco).

Per ogni vivanda cambiava il genere d’intrattenimento: musiche con vari strumenti, canti solisti, dialoghi a più voci accompagnati dal flauto, dalla viola e dal trombone.

Lista delle vivande

I vivanda
Involtini di polpa di cappone fritti e ricoperti di zucchero; quaglie, polpette e fegati di cappone arrostiti; fagiani arrostiti con arance spaccate; zuppa di cipolle con sfogliatelle di pinoli; code di trote in carpione con limoni tagliati, barbi fritti; anguille in pasta reale; dentici in brodetto.

II vivanda
Polpettoni ripieni accompagnati da salsicce bianche in padella; animelle di vitelle fritte e spolverate di zucchero e cannella; capponi alla tedesca in vino dolce con macis; pasticci casalinghi di piccioni; carpioni fritti; rombi in pezzi; code e zampe di gamberoni fritte con aceto sopra; pasticci d’uova di trota; pastine di mandorle alla napoletana.

III vivanda
Pernici arrosto con salsa reale; conigli, tortore e capponi ripieni alla lombarda; piccioni casalinghi ripieni con cedri tagliati; le parti migliori di alcuni pesci arrostite, con zucchero e cannella; pesciolini fritti coperti di salsa dolce con pinoli canditi; trota in brodetto alla comacchiese; lamprede arrosto con salsa; tortine di castagne.

IV vivanda
Capretti ripieni arrostiti; capponi in pasta; piccioni ripieni alla lombarda; arrosto con salsa francese; lucci al sale ricoperti di salsa gialla, trote al vino alla ungherese con fette di pane; rombi fritti, coperti di salsa e mostarda; sarde fritte con arance e zucchero; pasticci di pasta reale ripieni di riso alla turca, fritti e ricoperti di zucchero.

V vivanda
Piccioni casalinghi a pezzi; pernici in brodo grasso; lombata di manzo arrosto con salsa alla tedesca; porchette di latte arrosto; barbi alla griglia con salsa; passerotti fritti caldi con arance sopra; aguglie fritte; tortine di frumento all’anice e canditi; pasticcio di vitello giovane.

VI vivanda
Lombate di vitello arrosto con salsa alle amarene; pavoni cucinati in brodo bollente; caprioli con salsa, zuppa nera con mandorle candite; pasticcini di pasta reale ripieni di uova, formaggio e zucchero; salsa di pavone; carponi all’aceto; orate alla griglia con prezzemolo e cipolline, speziate e soffritte nel burro.

VII vivanda
Pasticci di pere; gelatina torbida di polpe di fagiani, pernici e capponi; gelatina bianca di luccio; finocchi in aceto;
olive di Spagna; uova fresche, pere e mele; formaggio parmigiano; cardi con pere e sale.

VIII vivanda
Ostriche, arance e pere; lattemiele; cialdoni; albume d’uovo sbattuto in coppe.

fonte: “A tavola con la storia di M.L.Minarelli e “A tavola con gli amici”
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A.D. 1600 – Banchetto per le nozze di Maria de’ Medici con Enrico IV: Lista delle vivande e cronaca della cena

Di Sandro Botticelli – Web Gallery of Art:   Image  Info about artwork, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1133780
Pesche Melba

Pesche Melba alla maniera di Escoffier

.Peach Melba Recreated and Photographed at The Savoy Hotel by Martin Chiffers Executive Pastry Chef 2012.

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« Prendere delle pesche spaccarelle dalla polpa morbida. Tuffarle rapidamente in acqua bollente, poi in acqua gelata come descritto per le pesche Adrienne¹. Adagiarle su di un piatto, spolverarle di zucchero e tenerle in fresco. Precedentemente saranno stati preparati un gelato alla vaniglia molto cremoso e un puré zuccherato di lamponi freschissimi. Sistemare il gelato in una coppa d’argento o di cristallo e ricoprirlo di puré di lamponi.»
N.B. Nella stagione delle mandorle verdi, cospargere le pesche di filetti di mandorle. Non servirsi mai di mandorle secche.

  • ¹Pesche Adrienne – Prendere delle pesche dalla polpa morbida, mature al punto giusto, tante quanti sono i convitati. Immergerle in acqua bollente, ritirarle immediatamente con la schiumarola e gettatele in acqua contenente pezzi di ghiaccio. Sbucciarle, sistemarle su di un piatto cospargerle di zucchero e tenerle al fresco. Precedentemente sarà stato preparato un gelato di fragole di bosco e panna fresca profumata alla vaniglia e tante conchiglie di meringa quante sono le pesche. Sistemare il gelato in una coppa di cristallo e incrostarvi le conchiglie di meringa. Appoggiare una pesca su ognuna di queste conchiglie e coprirle leggermente di mousse al Curaçao non gelata. Stendervi sopra un velo di zucchero filato cosparso di petali di rosa cristallizzati. incastrare la coppa in un blocco di ghiaccio o circondarla semplicemente di ghiaccio tritato a neve.”
A. Escoffier, Il grande libro della cucina francese

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Creativo e innovatore, Escoffier fu autore di ricette conosciute in tutto il mondo, fra cui la celeberrima Pesca Melba, dedicata alla famosissima cantante lirica australiana Nellie Melba.
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La ricetta
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Tempo di preparazione: 30 minuti – Tempo di cottura: 30 minuti
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Ingredienti e dosi per 4-6 persone
  • 4 pesche di media grossezza ben sode di pasta gialla,
  • 350 gr. di lamponi freschi,
  • 600 gr. di gelato alla crema,
  • 1 pezzetto di vaniglia,
  • 3 cucchiai di zucchero,
  • 2 cucchiai di zucchero in polvere.
Preparazione

Tuffate per qualche istante, in una pentola colma d’acqua bollente, le pesche, estraetele e pelatele. Dividetele a metà, eliminate il nocciolo, mettetele in un tegame (meglio se di pirofila o simili).
Ricopritele a filo con l’acqua, unite lo zucchero e la vaniglia e lasciate cuocere a fuoco bassissimo fino a che il liquido avrà la consistenza di uno sciroppo; le pesche però dovranno restare intere.

Spegnete il fuoco, lasciando le pesche nello sciroppo. Lavate rapidamente i lamponi. Sgocciolateli bene e passateli al setaccio o al frullatore in modo da ottenere una purea che metterete in una terrina con lo zucchero in polvere.
Disponete il gelato in una coppa di vetro livellandone la superficie con la lama di un coltello; estraete le pesche dallo sciroppo e disponetele con la parte convessa rivolta verso l’alto, sopra al gelato. Coprite il tutto con la purea di lamponi e lasciate in frigorifero cinque o dieci minuti prima di portare in tavola.

Se lo desiderate, potete aromatizzare la purea di lamponi con un cucchiaio di liquore di lamponi o un cucchiaino di rum. Oggi è molto in uso servire questa preparazione in singole coppette; la si può realizzare anche utilizzando lamponi surgelati e pesche sciroppate.

Questa è la ricetta autentica: le aggiunte di panna montata, canditi o altro, sono da considerarsi arbitrari.

Vino

Spumante d’Alto Adige demi-sec servito a 7°C. Champagne demi-sec (Francia) servito a 6 °C, Sherry Oloroso (Spagna) servito a 9°C.

“La mia cucina pratica” 1988
peach melba trifle from Cafe Causette in Mandarin Oriental, Hong Kong

Peach melba trifle from Cafe Causette in Mandarin Oriental, Hong Kong

La cucina francese

LIBRI Escoffier-Ma_cuisine Il grande libro della cucina francese 19341 of 4 – 1   2   3    4   

Foto:
[[File:Peach melba trifle from MOHK.jpg|Peach_melba_trifle_from_MOHK]]Peachyeung316 “Peach Melba” di Robbie Sproule – Flickr, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2186888
enciclopedia della donna 1962

Enciclopedia della Donna 1962 Fratelli Fabbri Ed.

Articolo di Fondazione Circolo dei lettori, che ringrazio.

L’ENCICLOPEDIA DELLA DONNA. TUTTO QUELLO CHE …

“L’ Enciclopedia della donna uscì in fascicoli settimanali tutti i sabati a 150 lire, e mia nonna ne nascose ogni numero dentro Il Mattino, che acquistava per mio nonno, perché per quattro anni (tanti ne servirono agli esperti della Fabbri per sentirsi esaurienti rispetto alle nozioni necessarie alle donne) lei, con una pazienza che oggi sarebbe patologica, stipò di nascosto il sogno di regalare il prezioso vademecum alla sua primogenita femmina. Mia madre.”

Comincia così Enciclopedia della donna. Aggiornamento (Einaudi), il nuovo romanzo di Valeria Parrella. Il vademecum di cui parla la scrittrice è una vera e propria enciclopedia illustrata, uscita tra il 1962 e il 1966, che affrontava i temi più vari e offriva consigli utilissimi per tutte le future madri e mogli perfette. Tagliocucitocucinaeconomia domesticagalateo sono alcuni dei temi dei fascicoli. Duecento dispense di sedici pagine illustrate che spiegavano alle donne dell’epoca come essere impeccabili in casa e in società. Un prontuario per aspiranti fidanzate e spose, sempre devotamente a servizio dell’uomo. Le fotografie a corredo dei precetti sono bellissime modelle molto simili a Monica Vitti. Questo il materiale di partenza per l’autrice di Lo spazio bianco e Troppa importanza all’amore, entrambi Einaudi.

“Nei luoghi pubblici la donna di buon gusto sarà sempre ordinata. Non è più sconveniente che una signora entri da sola in un bar, purché mantenga un contegno appropriato.”

Accanto a simili insegnamenti ne manca uno, ha notato Valeria Parrella, che ha deciso di aggiornarla con un romanzo, protagonista Amanda, 53 anni e un sacco di cose da spiegare

enciclopedia della donna 1962 (2)enciclopedia della donna 1962 (3)enciclopedia della donna 1962 (4)

 

 

 

 

Come si mangiano i cibi, Prima parte Galateo 1 of 6    1  2   3 … 6 
Galateo: Il Grande libro della casa Donna Letizia 1967

Il Grande libro della casa di Donna Letizia 1967

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Donna Letizia (pseudonimo di Colette Cacciapuoti Rosselli) negli anni 50 pubblicò, sulle pagine del settimanale “Gente” e in diversi libri, consigli pratici  relativi al galateo e alle buone maniere. Colette Cacciapuoti Rosselli (Losanna, 25 maggio 1911 – Roma, 9 marzo 1996) fu scrittrice e  illustratrice. Viene anche ricordata per essere stata moglie del grande giornalista Indro Montanelli.
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GabriellaTurnaturi – www.150anni.it

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Donna colta ed elegante, laureata in lingua e letteratura francese all’Università di Losanna, città dove nacque, Colette Rosselli è nota al grande pubblico soprattutto con lo pseudonimo di Donna Letizia. Donna Letizia nella storia del costume italiano ha ricoperto un ruolo significativo ed indiscusso di Signora del bon ton. Per più di trent’anni ha educato le italiane e gli italiani, all’arte della socievolezza e delle buone maniere con i suoi consigli e suggerimenti. Per chiunque fosse in difficoltà, sia nell’allestire un ricevimento che nello scegliere un abito era d’obbligo consultare “La Posta del cuore”, la sua seguitissima rubrica pubblicata dal settimanale femminile Grazia. E vero e proprio manuale imprescindibile per imparare l’arte del comportarsi in società divenne il suo libro Il saper vivere (Mondadori 1960, 1972, 1976, 1979).

Ma prima di diventare la Signora indiscussa del bon ton, Colette Rosselli aveva già raggiunto una grande notorietà, fra un pubblico più sofisticato, come illustratrice. Negli anni Quaranta illustrò soprattutto libri per l’infanzia come Per i bimbi buoni e anche quelli cattivi, Il primo libro di Susanna, Il secondo libro di Susanna, Il cavaliere Dodipetto, I poemetti di Susanna. Trasferitasi negli Stati Uniti negli anni Cinquanta, lavora come illustratrice delle più prestigiose riviste dell’epoca: Harper’s Bazaar, Mademoiselle, Vogue. Nel 1950 vince un premio per la migliore copertina dell’anno. Le illustrazioni e la pittura resteranno la sua passione e nel corso degli anni i suoi quadri vennero esposti in importanti gallerie. La sua versatilità si proverà anche nella pubblicazione di due romanzi: Ma non troppo e Casa di randagia. Il suo prestigio personale e sociale si accrebbe notevolmente con il matrimonio con Indro Montanelli a cui resterà legata sino alla morte. La conoscenza diretta del bel mondo, la frequentazione dei salotti più esclusivi, sia nazionali che internazionali, il cosmopolitismo, una buona dose di cultura ed un’innegabile eleganza fecero di lei una maestra indiscussa del buon gusto borghese dell’Italia del dopoguerra. Ai consigli su come comportarsi ad un pranzo sapeva alternare suggerimenti sentimentali e velatamente indicare anche comportamenti “corretti” riguardanti la sfera, innominabile sino alla fine degli anni Sessanta, della sessualità. Celebre resta un suo ammonimento, quasi un grido che spesso echeggiava dalla rubrica “La Posta del cuore”:
«Non ceda, non ceda», rivolto alle signorine, fidanzate o meno, a cui sempre più pressantemente, il nuovo maschio italiano richiedeva, come certificato di modernità, la “prova d’amore”.

L’eleganza e l’ironia della scrittura nascondevano spesso un solido conservatorismo ed una celebrazione degli stili di vita della “gente per bene” ovvero della vecchia e consolidata borghesia, opposti tenacemente alla grossolanità ed ai nuovi modelli di comportamento introdotti dai nuovi ricchi. Gli anni della maggior popolarità di Donna Letizia, sono gli anni Sessanta, ovvero quegli anni attraversati da profonde contraddizioni nella società italiana, che si andava modernizzando, arricchendo, ma che al contempo cercava strenuamente di difendere consuetudini, tradizioni e rapporti di potere. Queste contraddizioni si riflettevano nel costume delle italiane e degli italiani, sospesi fra vecchio e nuovo, fra ansia di modernizzazione e paura del mutamento. Donna Letizia si fece interprete di questi timori e con prudenza cercò di traghettare le nuove aspiranti “vere signore” verso una modernità controllata, dove i rapporti fra le classi e fra i sessi restassero però indiscussi. Legittimati dalle regole eterne del saper vivere.

Di fronte al lusso vistoso ostentato dei nuovi ricchi, sono questi gli anni del boom economico, Colette Rosselli difenderà sempre una discreta eleganza. Sarà lei a costruire il modello della Vera Signora, della donna elegante che preferisce sempre ad una vistosa pelliccia, un cappotto di buon taglio, che tratta con cortesia e paternalismo la servitù, e soprattutto impegnata a difendere sempre e dovunque la sua immagine di donna pudica e riservata. La Vera Signora sembra essere innanzitutto asessuata, e non permette assolutamente mai che intorno a lei vi siano comportamenti e conversazioni poco rispettosi.

«La Vera Signora non cammina ancheggiando volutamente. […] Se qualche vitellone mugge dietro a lei un complimento superlativo, non lascia trasparire un sorriso compiaciuto». Il “Saper Vivere” di Donna Letizia diviene così il capofila di tutti i galatei di quegli anni impegnati soprattutto nell’educazione della nuova borghesia in ascesa, che si vuole plasmare a tutti i costi sul modello del vecchio ceto aristocratico-alto borghese. Leggiamo dai consigli di Donna Letizia alla “Signora che vuole arrivare”:
«Abbia un cuoco francese, elargisca laute somme alle Opere benefiche capeggiate da dame autorevoli; inviti spesso qualche nobile decaduto ma à la page, disposto a consigliarla e a pilotarla in cambio di un posto sempre disponibile a tavola. Abbia una casa arredata da un decoratore di gusto sicuro e piuttosto tradizionale e quando riuscirà a riunire nel suo salotto un mazzetto di marchese e di contesse non imiti di colpo i loro modi di parlare; non inserisca a vanvera parole straniere nella conversazione. Meglio piuttosto, inserire frasi di questo genere: “Io che non ho avuto un’infanzia privilegiata come tutte voi”, “Mio padre che si è fatto da sé…”

Si dirà di lei che ha l’orgoglio di essere quello che è, e il coraggio di non rinnegare le sue origini». Non sappiamo con precisione se ancora oggi esistano i salotti descritti da Colette Rosselli popolati da contesse, marchese ed alti prelati, ma i suoi consigli sono sopravvissuti a tutte le tempeste che hanno attraversato la storia della società e del costume italiano, tant’è che nel 1991 viene pubblicato con enorme successo Il nuovo Saper vivere, di Donna Letizia. E chi volesse oggi ricostruire la storia del costume italiano non può rinunciare alla lettura dei galatei di Donna Letizia e alla sua “Posta del cuore”, in gran parte raccolta in Cara Donna Letizia (Mondadori, 1981).

GabriellaTurnaturi – www.150anni.it
Come si mangiano i cibi, Prima parte Galateo 1 of 6    1  2   3 … 6 
Manuali di galateo
  • Il saper vivere di Donna Letizia, Arnoldo Mondadori Editore, 1960
  • Cara Donna Letizia… venticinque anni in confidenza, Rusconi Editore, 1981
  • Ma non troppo, Longanesi & C., 1986
  • Case di Randagia, Longanesi & C., 1989
  • Il nuovo saper vivere di Donna Letizia, Arnoldo Mondadori Editore, 1990
  • C’era una volta il galateo, Longanesi & C., 1996
  • Il saper vivere di Donna Letizia, BUR, 2007
Galateo: Il Grande libro della casa Donna Letizia 1967
1963

Eleganza e Galateo per le nozze di Primavera-Estate degli anni ’60: LA SPOSA

 Le cerimonie MATRIMONIO

Enciclopedia della donna 1963

PRIMAVERA-ESTATE: TEMPO DI NOZZE

Non c’è una stagione per i matrimoni; eppure quasi tutte le donne sognano di sposarsi in un giorno caldo e luminoso, pieno di profumi e di fiori, indossando un abito candido e fresco, un velo leggero leggero nel quale il sole e la brezza scherzino volentieri. La primavera e ancor più l’inizio dell’estate sembrano dunque le stagioni ideali per i matrimoni; se ne celebrano moltissimi, infatti, da aprile a luglio; tutti, semplici o importanti, intimi o sfarzosi sono, salvo rare eccezioni, assistiti da del tempo.

LA SPOSA
La sposa può scegliere il suo abito tra gli innumerevoli modelli tradizionali o tra quelli proposti dall’ultima moda. In ogni caso, per l’abito lungo e importante oppure corto e “svelto”, bianco o in colore, bisognerà studiare soprattutto due elementi: linea e tessuto.

La linea.
Nella scelta del vestito di nozze la futura sposa dovrà tener presente la sua figura, la sua età, il suo tipo. Tutti guardano la sposa, si sa, e in genere i commenti sono benevoli perché la felicità rende, si dice, tutte le spose belle. Ma un vestito sbagliato, magari bellissimo in sé, ma inadatto, può compromettere seriamente la sua bellezza che, non dimentichiamolo, sarà “eternata” dalle immancabili fotografie. Non dica ” io mi sposo per lui e lui quel giorno non guarderà il vestito, tanto non se ne intende” per improvvisare all’ultimo momento un abito che può rivelarsi poco felice; e neppure però faccia un dramma, un problema mondiale di questo vestito. Se ne occupi possibilmente, parecchio tempo prima della fatidica data, consigliandosi con la sarta, sfogliando riviste di moda (esistono di “speciali” che presentano soltanto abiti di nozze), provando a schizzare da sola, se ne è capace, il modello che ha sempre sognato. Ricordi poi che la linea impero sta bene a tutte: alle piccole perché le allunga, a chi non ha la vita di vespa perché la nasconde (ma non esageri spostandola troppo in su). I vestiti dalla gonna ampia a palloncino stanno bene alle magrissime che hanno bisogno di “riempirsi” e di mettere in risalto la vita sottile.
Le linee molto elaborate, con mantelli e cappe che appesantiscono inevitabilmente l’insieme,, non sono adatte alla stagione primaverile-estiva. Meglio adottare corpini lisci, con maniche corte (se non si hanno braccia troppo robuste o magre come grissini) e scollature a barchetta appena scese sotto la base del collo che danno slancio a tutta la testa. Non troppi particolari e troppi motivi, per carità: pochi, ma ben studiati. I nodi, i fiori, i volants sono classici, sempre nuovi, sempre bellissimi, ma vanno usati con discrezione.

I tessuti
più adatti per la sposa d’estate sono quelli leggieri, leggerissimi, quasi inconsistenti. Perciò tulle, organza, chiffon, sete papillons saranno molto più adatti del raso, del broccato e del pizzo, decisamente invernali. Per i matrimoni non troppo pomposi sono bellissimi e particolarmente freschi i tessuti di cotone, sangallo, plumetis, batista, piquet (delizioso soprattutto per la sposa giovane e romantica). Un altro tessuto adatto alla stagione estiva è il lino, liscio o ricamato, perché è fresco ed elegante: potrete renderlo più importante accostandogli una guarnizione di pizzo o di plumetis.

L’acconciatura
Importantissimo: non sbagliare l’acconciatura. Perciò studiatela bene e, prima ancora, studiate e decidete la pettinatura che adotterete “quel giorno”. Il binomio pettinatura-acconciatura è indissolubile. Se volete qualcosa di sicuro, scartate tutto ciò che è troppo voluminoso o troppo piatto. Dimenticate l’esistenza di lustrini e orientatevi sulle coroncine di fiori piccoli o sul copri chignon, sempre di fiori. Quando il velo classico è in tulle la sua lunghezza dipende dall’abito. Se il velo è lungo dovrà essere sempre più lungo dell’abito; se è corto sarà piuttosto ricco e spumeggiante. Meno classico ma molto bello il velo di organza o di chiffon. La sposa che ha adottato la formula “da viaggio” rinunciando all’abito bianco tradizionale sceglierà un cappello: una cuffietta di fiori, un copri chignon di paglia lucida o un cappello ad ala ampia di tessuto vaporoso (ad esempio: organza, tulle) nello stesso colore dell’abito.
Stabilito l’abito e decisa l’acconciatura bisogna scegliere gli altri accessori che, naturalmente, dovranno essere perfetti e intonati al vestito.

I guanti
Saranno bianchi, dello stesso bianco dell’abito, in capretto o in pelle glacée con cuciture interne. la loro lunghezza dipenderà direttamente dalla lunghezza della manica: se la manica è corta saranno lunghissimi, saliranno cioè oltre il gomito in modo da coprire interamente il braccio. Se la manica dell’abito è a tre-quarti saranno semi-lunghi. Se la manica è lunga saranno cortissimi, al polso. Con l’abito colorato si portino guanti neutri (bianco avorio, beige rosato, bianco ghiaccio) o colorati in sfumature pallide (rosa, lilla, azzurro polvere).

Le scarpe
Poiché l’estate, o quasi estate, la sposa potrà scegliere le classiche scarpine scollate o quelle a sandalo, con punta chiusa, stile Chanel, più comode e fresche. Le scarpe classiche da sposa sono in raso, lisce o impreziosite da ricami, da fibbie di perline, da piccoli motivi vari. Ma possono essere anche in canneté o della stessa stoffa dell’abito. meglio evitare invece la pelle che, in bianco, non è molto elegante. ma qualunque modello di scarpine abbia scelto la sposa, c’è un articolare da prendere in considerazione, al momento dell’acquisto: il tacco. basso o altissimo, a spillo o a rocchetto, non dovrà piacere soltanto alla sposa, ma dovrà soprattutto essere proporzionato alla statura dello sposo.

Il bouquet
E’ il mazzo di fiori tradizionale che sostituisce la borsetta nelle mani della sposa. A questo dolce e bellissimo particolare deve pensare lo sposo; sarà perciò, per lei, una sorpresa. ma lo sposo farà bene a informarsi diplomaticamente, magari presso la futura suocera, se c’è (e quasi sempre c’è) qualche fiore nell’abito e nella acconciatura della sua promessa, in modo da far preparare il bouquet con gli stessi fiori. E’ una piccola pignoleria? No, una raffinatezza che costa poco e che sarà certo apprezzata. Il bouquet potrà essere piccolo, e allora la sposa lo terrà in mano, oppure più grande e allora lo porterà nell’incavo del braccio. I fiori più classici e più adatti al bouquet sono i fiori d’arancio, i gelsomini, i mughetti, le boarie, circondati da ruches di tulle e legati da nastro di raso. Ma a questi se ne aggiungono altri, legati strettamente alla stagione, non importa che siano tutti assolutamente bianchi, possono avere sfumature diverse: rosa, azzurro, lilla, giallo.

La bella stagione suggerisce ancora il rinfresco all’aperto
Poiché ormai le giornate sono calde e serene si potrà predisporre il rinfresco, che seguirà la cerimonia, all’aperto. Invece della solita, fredda e un po’ anonima sala d’albergo perché non scegliere un locale (trattoria, piccolo albergo) appena fuori città ma già pieno di verde e di odore di campagna? Oppure si può organizzare il matrimonio nel paese ove abbiamo trascorso tante estati e dove abbiamo conosciuto “lui”, o dove abbiamo una casetta con giardino. In questi casi, la sposa può sottolineare anche nel suo abbigliamento il tono semplice dell’insieme, scegliendo un abito di cotone, un acconciatura insolita formata da un velo annodato sotto il mento o sulla nuca come un foulard, un bouquet di fiori di campo.

L’abito si trasforma
La bella stagione ci dà un suggerimento utile anche per l’abito della sposa previdente. Potrà essere cioè un abito con ampia scollatura coperta da bolero o da giacchettino perfettamente chiuso. Questa soluzione permette di utilizzare l’abito scollato come abito da sera; potrà essere portato specialmente se corto, anche in viaggio di nozze e messo per andare a ballare sotto la luna. In questo caso sarà bene completarlo con accessori coloratissimi; scarpine, borsetta a bustina e rosa in vita rosso brillante o verde smeraldo; o anche nero, secondo l’accostamento classico e sempre raffinato.
Torniamo ancora ai fiori che, se non fanno parte dell’abbigliamento vero e proprio, sono però strettamente legati alle decorazioni di un matrimonio. Oltre a quelli classici della sposa, si possono scegliere quelli legati alla stagione, che sono oltretutto, più economici. In maggio saranno ideali le rose, i lillà, le tuberose, in luglio le camelie, le fresie, i gladioli.

L’acconciatura di fiori freschi
Ecco un’idea originale. Invece dei soliti fiori finti, l’acconciatura della sposa può essere di fiori freschi puntati sulla nuca, in cima allo chignon, dietro le orecchie. Mettetevi d’accordo con il fioraio che vi preparerà un mazzetto o un ciuffo di fiori (secondo un “disegno” studiato con la modista che vi appunterà il velo) che saranno poi fissati con qualche forcina sotto il velo. Naturalmente, dovranno arrivare in casa della sposa la mattina stessa delle nozze proprio all’ultimo momento (ma non in ritardo) per essere freschissimi.

Confetti e Auguri – Il Galateo del matrimonio dall’A alla Z- 1986
I riti nuziali di ogni civiltà e tradizione hanno attribuito grande importanza alla veste indossata dalla sposa, come simbolo di passaggio dal suo stato di sdonna nubile a quello di dona sposata. Il rosso, in tutte le sue sfumature, è stato per secoli il colore tradizionale della tunica della sposa sia in occidente che in oriente. Il bianco, che per noi è il colore classico delle spose, si è affermato in tempi recenti, per la precisione nel secolo scorso nell’ Inghilterra vittoriana: solo le famiglie più ricche e benestanti potevano concedere alle proprie figlie che si sposavano un abito di un colore così delicato e così facile da sporcare, che come un fiore durava soltanto un giorno e come un fiore doveva essere bellissimo ed effimero. E poi il bianco era anche il colore della purezza e dell’innocenza.(..).

 Galateo x nozze Primavera-Estate: LA SPOSA

Come si mangiano i cibi, Prima parte Galateo 1 of 6    1  2   3 … 6 

Eleganza e Galateo per le nozze di Autunno-Inverno degli anni ’60: LA SPOSA

Eleganza e Galateo per le nozze di Autunno-Inverno degli anni ’60: LO SPOSO e gli invitati

Eleganza e Galateo per le nozze di Primavera-Estate degli anni ’60: LO SPOSO e gli invitati

salsa menta

Salsa alla menta della Petronilla

Ricetta da: Capretto (o agnello) arrosto con salsa di menta alla maniera di Petronilla

(…) Mentre il capretto (preparato in questo modo qua) arrostirà spandendo il suo profumo delizioso, preparate quella tal salsetta in… quel tal modo là.
Tritate, cioè, una manciata di foglie di menta (negli orti, nei giardini, sulle sponde dei ruscelli, le pianticelle, sì ricche di essenze, avranno ormai allargate le loro foglie d’alloro seghettato).
Mettete il trito nella salsiera; aggiungete il succo di un limone, un cucchiaino ben ricolmo di zucchero, mezza chicchera di aceto sopraffino, e mezza chicchera di acqua; mescolate; e lasciate la riposare.
***
Servite l’arrosto, preferibilmente freddo (…)

Petronilla, chi era?Ricette della Petronilla libri

  • PETRONILLA: svolse un ruolo importante negli anni delle ristrettezze economiche dovute alla guerra. Di fronte alla drastica riduzione dei beni alimentari disponibili, proponeva i suoi suggerimenti «sul modo di sbarcare il lunario mangereccio, consumando poco grasso, poco riso, poca pasta, poca farina e poco zucchero; spendendo pochetto ma….nutrendo bastevolmente»

File: Salsa alla crema di pollame, 2006.jpg

Capretto (o agnello) arrosto con salsa di menta alla maniera di Petronilla

Di rjp – Flickr: Proto Mint Sauce, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=22821263
torta panna fragole cioccolato Strawberry_tart_with_chocolate_stripes

Torta di fragole e panna

 Ingredienti per 4 persone

1 rotolo di pasta sfoglia

per la farcitura:

  • fragole,
  • 3 tuorli,
  • 80 gr. di zucchero,
  • 5 fogli di colla di pesce,
  • mezzo litro di panna,
  • cioccolato grattugiato q.b.,
  • latte q.b.
 Preparazione

Stendere la pasta sfoglia e foderare con essa uno stampo. Cuocere in forno a 180-200 gradi.

Preparare la farcitura:
mescolare lo zucchero con i tuorli e un po’ di latte. Far bollire e aggiungere la colla di pesce. Montare la panna ed unire, delicatamente, le fragole a pezzetti.. Riempire, con questo composto, la torta e guarnire con cioccolato grattugiato, panna a fiocchetti e fragole.

Tempo: 45′ Calorie: 700

Torta fragole panna la Buona Tavola 1967

Dolce in teglia con le fragole

Crostata crumble di fragole e mandorle

Strawberry Pavlova, Torta Pavlova alle fragole

[[File:Strawberry tart with chocolate stripes.jpg|Strawberry_tart_with_chocolate_stripes]]
fragole torta in padella

Dolce in teglia con le fragole

 Ingredienti per 4 persone
  • 3 etti di biscotti,
  • 1 bicchierino di rum,
  • mezzo chilo di crema alla vaniglia,
  • fragole,
  • 3 albumi,
  • 140 gr. di zucchero.
Preparazione

Adagiare i biscotti imbevuti di rum in un recipiente resistente al fuoco. Sopra i biscotti mettere la crema alla vaniglia e quindi uno strato di fragole. Montare gli albumi a neve con lo zucchero e ricoprire il dolce. Infornare per breve per qualche minuto, fin quando l’albume avrà assunto un colore dorato. Guarnire con altre fragole.

Tempo: 40′     Calorie: 700

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File:Strawberry cake(2).jpg  la Buona Tavola 1967
Dolce in padella con fragole

Crostata crumble vegana con fragole e rabarbaro

Strawberry Pavlova, Torta Pavlova alle fragole

Crema con fragole per la cena di San Giovanni, ricetta di una famiglia nobiliare ravennate di inizio ‘900 (Romagna)

 Cake With Raspberry Jam Filling, Whipped Cream and Meringue (KETO, LCHF, Low Carb, Gluten free).jpg [[Gluten free).jpg|Cake_With_Raspberry_Jam_Filling,_Whipped_Cream_and_Meringue_(KETO,_LCHF,_Low_Carb,_Gluten_free)]]Strawberry cake(2).jpg[[File:Strawberry cake(2).jpg|Strawberry_cake(2)]]
minestra di sambuco Lemon_posset-3

Menestra de fior de sambucho e amandole, ricetta del 1460

 Libro de Arte Coquinaria, 1450-60

maestro martino

Capitolo II

Per fare menestra¹ de fior de sambuco

Per farne dudici menestre in tempo quadragesimale prendiraiSciroppo di fiori di sambuco
una libra et meza di amandole monde et pistale bene como è ditto di sopra.  Et prenderai tre once di fiori di sambucho quando è secco.
Et prima tenerailo a moglio in acqua frescha per spatio de una hora strengendo et premendo fore l’acqua. Et de li dicti fiori pistarane la mità con le mandole agiongendovi la mollicha d’un pane biancho, et meza libra di zuccharo, con un pocho de zenzevero.
Et se voi che sia giallo vi mitterai un pocho di zafrano, et tutto il passarai per la stamegna²; et mettiralo accocere como è ditto in l’altro capitolo precedente. Et posto al focho ve mettirai di sopra quell’altra mità di fiori sopra scripti così integri. Et quando sia cotta a sufficientia farai le menestre mectendogli di sopra de bone spetie dolci. Et se a tempo di carne vorrai fare la dicta menestra gli metterai tre rossi d’ova, et distemperarala con brodo di pollo grosso, o altro bon brod passandola per la stamegna, et mettendogli il zuccharo con le altre spetie con i fiori integri como è ditto di sopra. Ma nota quando che sia meza cotta da giongervi doi once de bono strutto, o di butiro frescho.

  • ¹Menestra = pietanza
  • ²La stamigna o stamina è tessuto ad armatura tela con fili radi, di mano molle e medio peso. Trova utilizzo in cucina come filtro o colino, con la sua trama rada riesce a chiarificare un liquido, filtrare i grumi e le impurità, si usa per passare le salse.
Menestra de fior de sambuco – Maestro Martino da Como

Torta con i fiori sambuco

 

creme colorate di fiori di sambuco svizzeraliquore fiori sambuco cocktail frittelle di fiori di sambuco Hollerkiachal


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frittelle sambuco fiori fritti Hollerkiachalsciroppo di fiori sambuco Preparare_socată

Sciroppo di fiori di sambuco

 

 

Medio-evo, Rinascimento, Barocco: ricette con foto
torte maestro martino medioevoTudor_pies_on_pewter_plates_at_Hampton_Court
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Per far frittelle di fiori di sambuco, ricette di ieri e di oggi

Confettura di bacche di sambuco

[[File:Lemon posset-3.jpg|Lemon_posset-3]] Lemon posset-3.jpg
torta fiori sambuco

Torta con fiori di sambuco

Spring Desserts
Ricetta di Roberto Mambretti Cookaround
 Ingredienti
  • Farina bianca 300 g,
  • farina gialla 200 g,
  • zucchero q. b.,
  • burro 150 g (è possibile sostituire il burro con lo yogurt ),
  • uova 3,
  • fiori di sambuco secchi 4 cucchiai,
  • bustina di lievito 1,
  • zucchero a velo.
 Preparazione

Sbattere i tuorli con lo zucchero. Unire la farina bianca e gialla (già mescolate con il lievito). Aggiungere il burro fuso o lo yogurt. Montare gli albumi a neve ben ferma e aggiungerli all’impasto continuando a mescolare delicatamente l’impasto. Se necessario ammorbidire l’impasto aggiungendo latte tiepido. E’ consigliabile passare il lievito con un colino e la farina bianca con un setaccio da cucina. Aggiungere i fiori di Sambuco: 3 cucchiai.

Preparare una teglia imburrata e spolverata di farina, versare l’impasto cospargendolo in superficie di fiori di Sambuco (1 cucchiaio). Mettere in forno già caldo a 180° per 25 minuti. Fare raffreddare la torta in forno. A freddo cospargere la torta con zucchero a velo.

Con lo stesso impasto potete preparare una crostata, usando, come farcitura, la Crema dolce di fiori di sambuco oppure la confettura di bacche di sambuco.

Torta con i fiori sambuco

torta fiori sambuco

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  • Il Fiore di sambuco
    è facilmente reperibile a giugno nei boschi da aprile ma giugno (dipende dalle zone)- si fa seccare per circa 15 giorni in luogo asciutto e non esposto al sole – ne va raccolto parecchio perché durante l’ essicatura diminuisce notevolmente di quantità. Si conserva benissimo per tutto l’anno in un vasetto di vetro. Probabilmente si trova anche nelle erboristerie.
    Proprietà: Il Sambuco ha proprietà diuretiche, antireumatiche, antinevralgiche, emollienti (attenua lo stato di infiammazione). Con i fiori del Sambuco, usati anche come componenti aromatici in liquoreria, si fa una gradevole tisana che serve come rimedio sintomatico popolare per il raffreddore, l’influenza, la tosse, l’asma, i reumatismi; ai fiori vengono anche riconosciute proprietà lassative e antiemorroidarie.
    Il sambuco in Alto Adige fiorisce dopo metà maggio nel fondovalle e all’inizio di giugno in montagna, oltre gli 800 m. Il fiore di sambuco va colto in un luogo non troppo esposto all’inquinamento stradale, le piante si trovano preferibilmente ai margini dei campi o lungo i corsi d’acqua. Le bacche del sambuco si formano più tardi, verso agosto. Lo sciroppo viene imbottigliato e quindi conservato in un luogo fresco (in cantina). Al momento dell’uso se ne versa una determinata quantità in una brocca e viene diluito con l’acqua fresca. La bottiglia con il succo viene conservata in frigorifero. Lo sciroppo di sambuco è un ottimo rinfrescante durante la calura estiva. Qui alcuni metodi di preparazione, i quali sono sicuramenti soggetti ad ulteriori interpretazioni personali, come ad esempio il tempo di riposo. Ho notato che se c’è troppo sole ed il tempo è lungo (più di 3 giorni) il tutto potrebbe andare in fermentazione, quindi consiglio di controllare ogni tanto .
    bolzano.net

Sciroppo di fiori di sambuco

Confettura di bacche di sambuco

Spring Desserts (Unsplash).jpg [[File:Spring Desserts (Unsplash).jpg|Spring_Desserts_(Unsplash)]]
pasta avanzata romanella spaghetti

La “Romanella”, la ricetta-sonetto di Aldo Fabrizi – Ricicliamo la pasta avanzata

Non buttiamo la pasta avanzata, la possiamo riciclare per il giorno dopo. Ci sono diverse soluzioni per riproporla in modo gustoso e non buttarla nell’immondizia.

  • Pasta (io avevo gli spaghetti col tonno) avanzata croccante.
    Ungete una padella aderente di giusta misura, con olio o burro. Versate la pasta, ricoprite con pangrattato e una manciata di parmigiano grattugiato. Rimescolate bene. Attenzione, a non bruciarla. Fate bene rosolare, mescolando, su fuoco vivace finchè la pasta risulterà croccante.
  • Pasta avanzata in forno
    Se di pasta ne è rimasta una quantità considerevole: mettetela in una teglia, ricopritela di besciamella e/o formaggio grattugiato e pane grattugiato. Se vi va potete aggiungere anche delle verdure. Gratinate in forno a 200 gradi circa.
  • Frittata di pasta
    Se la quantità è poca: sminuzzatela e amalgamatela con delle uova. Aggiungete il sale, il pepe, formaggio grattugiato e noce moscata.
  • Torta salata di pasta avanzata
    Mescolare la pasta con panna, uova sbattute, sale e pepe. Cuocetela in forno a 200 gradi per 15 minuti circa. Foderare una teglia con pasta sfoglia.

Romanella, spaghetti avanzata

La “Romanella”. Le ricette-poesie di Aldo Fabrizi

I
Mì nonna, benedetta indó riposa,
se comportava come ‘na formica
e puro si avanzava ‘na mollica
l’utilizzava per un’antra cosa.

Perciò er dovere primo d’ogni sposa,
pure che costa un’oncia de fatica,
è d’esse sempre, a la maniera antica,
risparmiatrice, pratica e ingegnosa.

Si avanza un po’ de pasta, mai buttalla:
se sarta co’ un po’ d’acqua solamente,
pe’ falla abbruscolì senz’abbrucialla.
E la riuscita de ‘sta Romanella¹
che fa faville e che nun costa gnente
dipenne da ‘na semplice padella.

II
Mò l’urtima invenzione è ‘na padella,
che quello che se còce poi se stacca,
mastice, colla, pece e ceralacca,
se rivorteno come ‘na frittella.

‘Sta novità sarà ‘na cosa bella,
ma dato che la Pasta nun attacca
in pratica sarebbe ‘na patacca²
perché dev’esse mezz’abbruscatella.

Vedete, er gusto nun dipenne mica
dar fatto che diventa più odorosa,
ma dar sapore de padella antica³.

E detto questo, porca la miseria,
fò a meno de la chiusa spiritosa,
perché ‘sto piatto qui è ‘na cosa seria!

¹Rimaneggiatina, rifacimento, aggiustatella.
.
²Una buggeratura, una patacca: come quando una moneta falsa (che vale un’ acca) si paga per antica.
.
³Di quelle vecchie padelle di ferro che in certe famiglie si tramandano da una generazione all’ altra, con la preghiera di non lavarle mai con acqua. Arcaiche, fedeli, nere, care padelle di casa, nelle quali non attacca più niente, e non per il velo di una sostanza chimica che non si sa di che accidente è fatto, ma per la patina dell’ uso e del tempo che l’ hanno trasformata in un pezzo d’ antiquariato, in un oggetto sacro, che ricorda le cose buone di un’ epoca poetica… basta! Scriverò una poesia intitolata La padella de nonna e se non darà brividi di commozione, parola mia, me la darò in testa!
Aldo Fabrizi – La pastasciutta 1974

Ricette-sonetto di Aldo FABRIZI

la pastasciutta A Fabrizi 1974 libri

1 di 1

 Aldo Fabrizi (Roma, 1905 -1990) è stato un attore, sceneggiatore, regista e poeta italiano. Di umile famiglia (la madre gestiva un banco di frutta e verdura a Campo de’ Fiori) a undici anni rimase orfano del padre Giuseppe, morto in un grave incidente. Costretto ad abbandonare gli studi per contribuire al sostentamento della numerosa famiglia, che comprendeva anche cinque sorelle – tra le quali Elena Fabrizi (1915-1993), in seguito soprannominata sora Lella – si adattò a fare i lavori più disparati. Appassionato di gastronomia amava in modo particolare cucinare la pasta e, sulla pasta e le sue tante e diverse ricette, scrisse anche alcune  poesie in dialetto romanesco.
telline spaghetti

Spaghetti alle telline (arselle), la ricetta-sonetto di Aldo Fabrizi

Spaghettini a l’odor de mare  

Spaghetti telline, la ricetta-sonetto Aldo Fabrizi

«Scallate a secco un chilo de telline (o arselle),
appena che so’ aperte e so’ scolate¹,
staccatele dar guscio (che buttate)
e dateje tre o quattro sciacquatine.²
Friggete l’ajo a fette fine fine
cor foco basso, quanno so’ indorate,
metete le telline e ce schiacciate
un paro d’alicette senza spine.³
C’è chi le fa cor sugo; a me me pare
che questa sia ‘na giunta negativa,
perchè je leva quell’odore de mare.
Però p’avè ‘st’odore c’è ‘no scoio,
si nun se pesca a un mijo da la riva
l’odor de mare … puzza de petroio.»

¹Il liquido che cacciano va filtrato attraverso un panno e va versato nella padella dopo che l’aglio si sarà imbiondito. Di solito le telline contengono poco liquido, specie se sono piccine, e in questo caso vi consiglio di non comprarle e ripiegate sulle vongole.

²In modo che non resti più nessuna traccia di sabbia.

³Io per far prima, uso la pasta d’acciughe, anche perchè le “fu” spine la rendono più saporosa, e non dimenticate il prezzemolo e il peperoncino. E per la filtratura, mi servo di quei fazzolettini di tulle ancora profumati di confetti che mi vengono inviati (molto spesso) con tanti abbracci, mille bacetti e una speranzella.

Aprite a secco un chilo di telline, appena che si sono aperte scolate.

Spaghetti alle telline

Aldo Fabrizi – La pastasciutta 1974

Ricette-sonetto di Aldo FABRIZI

la pastasciutta A Fabrizi 1974 libri

1 di 1

 Aldo Fabrizi (Roma, 1905 -1990) è stato un attore, sceneggiatore, regista e poeta italiano. Di umile famiglia (la madre gestiva un banco di frutta e verdura a Campo de’ Fiori) a undici anni rimase orfano del padre Giuseppe, morto in un grave incidente. Costretto ad abbandonare gli studi per contribuire al sostentamento della numerosa famiglia, che comprendeva anche cinque sorelle – tra le quali Elena Fabrizi (1915-1993), in seguito soprannominata sora Lella – si adattò a fare i lavori più disparati. Appassionato di gastronomia amava in modo particolare cucinare la pasta e, sulla pasta e le sue tante e diverse ricette, scrisse anche alcune  poesie in dialetto romanesco.

Pasta all’ acquamarina, la ricetta-sonetto di Aldo Fabrizi

La “Romanella”, la ricetta-sonetto di Aldo Fabrizi – Ricicliamo la pasta avanzata


Spaghetti telline, la ricetta-sonetto Aldo Fabrizi [[File:Amiata2009Mauro042.jpg|Amiata2009Mauro042]]
Galateo: Secondo matrimonio Pranzo nozze: suggerimenti menù Galateo

Pranzo di nozze anni sessanta: suggerimenti e menù – Galateo di Donna Letizia

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IL PRANZO DI NOZZEdonna_letizia libri
Prima di parlare del pranzo vero e proprio, vediamo come disporre gli invitati, senza fare torto a nessuno, e scegliamo tra le due soluzioni:
Tavolini separati e tavolo centrale per gli sposi e i testimoni;
Grande tavolata a ferro di cavallo, con al centro gli sposi.

  • Tavolini separati per quattro persone (due uomini due donne): disporrete i posti in modo che gli invitati si conoscano tra loro e possano quindi scambiare una conversazione piacevole. Dividete le coppie di sposi: non dividete fidanzati. Mettete la gioventù con la gioventù. Non mettete allo stesso tavolo dirigenti e dipendenti, nel caso invitate colleghi di ufficio. Se sapete che la signora Rossi è maledettamente gelosa del marito, non mettete il signor Rossi accanto alla più bella donna della compagnia, sistematelo vicino a una signora più matura e importante, meno pericolosa. Il tavolo degli sposi, disposto logicamente dove tutti li possano vedere, dovrà essere composto da: sposi, testimoni e rispettive mogli, madrina, genitori di lei e di lui, e gli invitati più degni di riguardo. Il tavolo degli sposi sarà sempre servito per primo, ma abbiate cura di provvedere che tutti gli altri siano serviti contemporaneamente per evitare scompensi di servizio e fare in modo che al momento del taglio della torta, metà della sala non sia ancora alle prese con l’antipasto. Il servizio sia quindi accuratissimo e solerte: dovrà esserci sempre da bere per tutti, vini e acque minerali.
  • Tavolata forma di ferro di cavallo. Si procederà per l’assegnazione dei posti, dal centro della tavola. La sposa siederà a destra dello sposo, poi dall’alto della sposa, il padre dello sposo, la madrina (o la nonna), il padre della sposa, una parente, un testimone, e poi via via calando a seconda dell’importante degli invitati. Dal lato dello sposo siederà la madre della sposa, il testimone della sposa, la madre dello sposo, un testimone, una parente, un altro testimone, e poi via via come sopra. Nel servizio, i camerieri serviranno prima gli sposi, poi mentre procederanno verso l’esterno, altri due dall’esterno procederanno verso il centro. Lo champagne verrà sturato e servito da più camerieri contemporaneamente, e si attenderà a brindare che tutti siano stati serviti.

Vediamo ora qualche menù-base per pranzo di nozze.

 1° menu
  • Antipasto misto con salmone e caviale;
  • Primo piatto che potrà essere costituito da ravioli in brodo, o un risotto di funghi;
  • Un entremets di verdure;
  • Arrosto o roast-beef, o pollo con preparazione speciale; contorno di insalata e altre due verdure di stagione;
  • Piatto di formaggi assortiti;
  • Macedonia con gelato;
  • Torta di nozze.

Vini: vino bianco secco di bottiglia, Tocai o Soave; vino rosso o rosato-grigio tipo Merlot o Marzemino con gli arrosti; Champagne dal dolce poi; caffè e liquori.

antipasto all'italianariso risotto funghicarolina carnevale

 

 

 

 

2° menù

Vini: vino bianco secco del Reno, con il pesce; vino rosso ambrato, tipo Borgogna o Barolo vecchio, con le carni; dal dolce poi, champagne; caffè e liquori.

scampi cocktail gamberi Brockley_Jack_prawn_cocktail_aragosta Homard_à_l'américainepollo all crema champagne

 

 

 

 

3° menù
  • Ravioli o tortellini alla panna;
  • Trotelle con patate al vapore;
  • Fette di punta di vitello al forno o di arrosto magro con contorno di insalata e due verdure di stagione;
  • Formaggi;
  • Macedonia d frutta;
  • Torta di nozze.

Vini: vino bianco secco del Reno o Soave con i primi due piatti; Merlot rosso fino alla macedonia; Champagne con la torta di nozze; caffè e liquori.

Si intende che i nostri sono semplici suggerimenti. Ogni ristorante o albergo ha dei menù base, proprio per pranzi di nozze, che variano ovviamente di prezzo, a seconda dell’importanza. Comunque vi ricordiamo che non è necessario dar tanto da mangiare agli ospiti, quanto curare al massimo la qualità, la presentazione, la raffinatezza dei piatti.

tortellini alla panna Тортелини_Пана_Фунги

carolina carnevale

Pranzo nozze: suggerimenti menù Galateo
Mirto per amore
Se volete addobbare la tavola degli sposi, cercate dei ramoscelli di mirto. Questa pianta per secoli è stata considerata un simbolo d’amore. In Gran Bretagna venne introdotta nel XIX secolo una deliziosa tradizione, quando il principe Albero, futuro marito della regina Vittoria, aggiunse un ramoscello di mirto al bouquet della sposa. Il ramo venne poi piantato e attecchì. Da allora, tutte le spose, della casa reale inglese adottarono la consuetudine di staccare un ramoscello da quella pianta per aggiungerlo al proprio bouquet.
Come si mangiano i cibi, Prima parte Galateo 1 of 6    1  2   3 … 6 

Cocktail di scampi (o gamberi) in salsa rosa

Aragosta all’americana

Torta salata con salmone e caviale

“Wedding cake -18August2008” di Ferris – originally posted to Flickr as _MG_5690.jpg. Con licenza CC BY 2.0 tramite Wikimedia Commons https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Wedding_cake_-18August2008.jpg#/media/File:Wedding_cake_-18August2008.jpg
5 Ottobre 1893, LA MODA ILLUSTRATA giornale settimanale

5 Ottobre 1893, LA MODA ILLUSTRATA giornale settimanale per le famiglie

Ecco alcune pagine di questo settimanale di moda di 120 anni fa.

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MASSIME

Uno dei più grandi segreti per essere amti, gli è quello di piacere e di divertire, dacchè i cuori umani si inteneriscono tanto nella gioja quanto colle lagrime.

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Il soverchio lusso nella toletta d’ una donna è un difetto, perocchè esso ne nasconde la bellezza.

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A questo mondo le donne ingannate sarebbero in minor numero, se elleno potessero preferire un uomo che le ama a quello che amano esse.

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La gelosia nasce sempre coll’ amore, ma non sempre se ne muore con esso.

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Il geloso spende la sua vita nella ricerca d’ un segreto, la scoperta del quale distrugge la sua felicità.

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Gli è introducendo la gioja nel cuore di una donna, che vi si fa penetrare l’amore.

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Le belle donne sono come tanticespugli di spine che attirano coi loro fiori; più se ne colgono più si toccano punture.

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INFORMAZIONI DIVERSE

LA VELOUTINE
è una polvere di riso speciale preparata col bismunto e per conseguenza di un’ azione salutare sulla
pelle. Essa è aderente ed invisibile, per lo che dà alla carnagione la freschezza naturale.
Presso FAY
9, Rue de la Paix – Parigi.

Diffidare delle imitazioni e falsificazioni
SENTENZA
Tribunale Civile della Senna dell’ 8 marzo 1875.

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Menù Comunione Daniele

Menù per la Comunione di Daniele

Menù

Aperitivo del Parco

Antipasti
Speck della Valtellina
Insalatine miste
Crostini caldi

Primi
Consommé di Passatelli
Tortelloni alla crema di asparagi
Strozzapreti al pasticcio

Secondi
Scaloppine al profumo di Porcini
Coniglio in porchetta
Anatra all’arancia

Contorni
Patate al rosmarino
Pomodori e Melanzane al forno

Dessert
Prugne al maraschino
Torta

Vini, Spumante,
Caffè, Amari

Bomboniere a punto croce

 

Minestra Passatelli Artusi

Passatelli dell’Artusi

scaloppine-con-champignon-in-salsa-di-noci-R-eI3TF7

Scaloppine con porcini

 

 

 

 

 

 

La ricetta per il coniglio in porchetta

Coniglio in porchetta

 https://ierioggiincucina.myblog.it/2014/11/21/anatra-all-arancia/

Anatra all’arancia,

 

 

 

 

 

bomboniera punto croce-comunione-2

Bomboniere a Punto Croce

bomboniera punto croce- (2)

Bomboniere e Confetti

 

 

 

 

 

 

Festoni delicati per la tavola della festa

Festoni per la tavola

Menù per Prima Comunione o Cresima

Galateo: Comunione e Cresima

 

 

 

 

 

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Pranzo casa Comunione Cresima

Pranzo in casa

Uncinetto: Cestini e Cuori come bomboniere

Cuori come bomboniere

Galateo Festa di bambini

Battesimo, Comunione e Cresima

Menù Comunione Daniele
bomboniera punto croce-comunione-2

Bomboniere a Punto Croce per una Comunione di 40 anni fa

Ho realizzato queste bomboniere perchè, passata la festa, questi pensieri preziosi realizzati a mano da me, restassero ad amici e parenti come ricordo di un giorno bello ed importante nella vita di Daniele.

bomboniera punto croce- (2)

 

 

bomboniera punto croce- (3)

 

 

 

 

 

Ho ricamato tanti rettangoli di tela Aida per realizzare bomboniere per quanti erano gli invitati e i regali ricevuti (mettendone in conto qualcuna in più per eventuali imprevisti).

Una volta pronti, alcuni li ho fatti incorniciare e con altri ho preparato delicati cuscinetti portaspilli rifiniti con bordure in pizzo. Ho ordinato delle scatoline che ho poi rivestito con carta di tema floreale. Ho inserito le bomboniere e ho legato con nastrino di raso azzurro. Ho raccolto tutte le bomboniere in cesti e Daniele le ha distribuite a parenti ed amici presenti al pranzo.

bomboniera punto croce-

Il mazzolino di roselline con nastri

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Potete prendere spunto da queste facili proposte ricamate a punto croce anche per altre ricorrenze felici: quadretti, cuscinetti, scatolette decorate, sacchetti rifiniti con bordure in tricot e fermati con nastrino di raso in tinte pastello: bianco, rosa, azzurro, lilla, verde salvia, giallo oro, ecc.

bomboniera punto croce

Il mazzolino di violette

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Menù Comunione Daniele
Bomboniere Punto Croce Comunione Daniele