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Ricetta del Conditum Paradoxum (vino speziato) per i giorni nostri che si avvicina all’originale

Der römer shop  Foto by Carole Raddato

Il Conditum era molto apprezzato dagli antichi romani. Nell’antica Roma non era comune bere il vino puro e veniva  diluito con acqua. Puoi aggiungere acqua a questa ricetta per smorzare il gusto di questo vino estremamente dolce.

Ingredienti
  • 1 bottiglia di vino bianco (750 ml)
  • 1 tazza di miele  
  • 1 cucchiaino di pepe nero
  • ½ cucchiaino di semi di finocchio
  • 2 foglie di alloro
  • Un pizzico di zafferano
  • Diversi fili di zafferano
  • 1 piccola manciata di uvetta o datteri
 Procedimento
  1. Far bollire in un pentolino 75 ml (circa 1/3 di tazza) di vino e miele, mescolando spesso finché il miele non si sarà sciolto completamente.
  2. Ridurre a fuoco lento e aggiungere gli ingredienti rimanenti.
  3. Copri la padella e fai sobbollire per 10 minuti.
  4. Filtrare il composto in una brocca con un colino fine e un filtro per il caffè.
  5. Aggiungi il vino rimanente alla miscela filtrata.
  6. Servire freddo.
Pass the Garum. pass-the-garum.blogspot.com

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Der römer shop  Foto by Carole Raddato

Apicio: Ricetta del CONDITUM PARADOXUM con volgarizzamento del 1852.

Apicio: Ricetta del MULSUM con volgarizzamento e note del 1852.

Il Vin brulé

Vino cotto marchigiano

ABBINAMENTO CIBO-VINO

  Di Carole Raddato from FRANKFURT, Germany – BIVE VIVAS MULTIS ANNI, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=37878438 Di Carole Raddato from FRANKFURT, Germany – Conditum paradoxum – Ancient red wine from Apicius, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=45976697
apicio vino antica roma Roemerwein_in_Speyer

Apicio: Ricetta del CONDITUM PARADOXUM con volgarizzamento del 1852.

La bottiglia di vino di Spira. La bottiglia di vino più antica al mondo risale all’epoca romana, più precisamente, al IV secolo d.C. (325-350 d.C.) ed è stata trovata nel 1867 in una tomba romana vicino alla città di Speyer, in Germania, da cui ha preso il nome.
Manoscritto di Apicio (ca 900 d.C.), monastero di Fulda in Germania, acquistato nel 1929 dall’Accademia di Medicina di New York.

File:Apicius Handschrift New York Academy of Medicine.jpg

Marcus Gavius Apiciius De re coquinaria Liber I –  Epimeles I.  CONDITUM PARADOXUM

1.1. CONDITI PARADOXI COMPOSITIO

Mellis pondo XV in aeneum vai mitluntur, praemissis vini sex tari is duobus, ut in coctura mellis vinum decoquas: quod igni lento, et aridis lignis calcfactum, commotum ferula dum coquitur, si effervere caeperit, Tini rore compescitur, praeter quod subtracto igni in se rediL Cum perfrixerit,rursus accendilur. Hoc secundo ac tertio fìat. Ac tum demum reraotum a foco postridie despuinatur. Tum addcs piperis uncias IV. jam tri tas, mastiche! scrupulos tres, folii et croci drachroas singulas, ductylorum ossibus lorridorum quinque, iisdemque daclylis vino mollitis, intercedente prius suffusione vini de suo modo ac numero, ut tritura lenis habeatur. Uis omnibus paratia, supermittcs vini settaria X V11I. Carbone» perfecto aderunt duo millia.

C. APICIO, delle vivande e condimenti ovvero DELL’ARTE DELLA CUCINA di Giambattista Baseggio- 1852- Volgarizzamento

(Vino) CONDITO MIRABILE

1.1. COMPOSIZIONE DEL CONDITO MIRABILE.

«Versa in vaso di bronzo quaranta once¹ di vino e quindici parti di miele, perchè cuocendo il mele il vino si scemi. Scalda a fuoco lento di legna ben secche e diguazza con bastoncello finché cuoce; che se leva il bollore, spruzza vino e fermalo; senzachè, a farlo posare, basta sottrargli il fuoco. Raffreddato che sia, riponilo al fuoco, e ciò per due e tre volte. Finalmente toltolo, nel dì vegnente lo schiuma.

•Quindi vi aggiungi quattro once di pepe trito, tre scropoli di mastice² un dramma di malabastro³ ed altrettanto di zafferano, cinque ossicelli torrefatti di datteri, e pure cinque datteri (i) ammollati nel vino tanto, quanto basti perchè riescano teneri a dovere. Compiuta la operazione, versavi trenta libbre di vino delicato. Consumati due mila carboni, la cottura sarà perfetta•»

•Quindi aggiungere 4 once di pepe, poco pistacchio, cannella e zafferano, cinque ossi di datteri arrostiti; trita cinque datteri che dal giorno precedente avrai posti nel vino per farli ammorbidire. Fatto ciò versa due litri circa di vino giovane. La cottura sarà perfetta quando avrai consumato circa un chilo e mezzo di carbone•

¹Un’oncia equivale a 28,35 grammi
Note del 1852:
²mastice: La resina prodotta dalla pianta nominata dal Linneo Pistacia Lentiscus (Pistacchio).
³malabastro: Bene considerato ciò che dice Plinio intorno il solium mi attengo al Bauhin: Pinax 4. Basileae 1671, e quindi ritengo che sieno le foglie della Cannella del Malabar, ossia del Laurus Cassia di Linneo (…)
Sestario: Antica misura di capacità romana corrispondente a un sesto del congio, cioè a 0,545 l. Accanto al s. romano esistevano numerosi s. provinciali derivati da misure locali. (Treccani.it/enciclopedia/sestario)
Mixtura cum Caseo, Formaggio a pasta molle con purea di erbe e Hapalos Artos, pane morbido
undefinedDi Carole Raddato from FRANKFURT, Germany – Mixtura cum Caseo (Soft Cheese with a Herb Purée) & Hapalos Artos (soft bread), CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=38328971 Bottiglia di Spira Di Immanuel Giel – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=19228090

Ricetta del Conditum Paradoxum (vino speziato) per i giorni nostri che si avvicina all’originale

Apicio: Ricetta del MULSUM con volgarizzamento e note del 1852.

I cibi afrodisiaci di Apicio nell’antica Roma

Moretum

Moretum, crema di formaggio alle erbe (con noci o pinoli) dell’antica Roma

Moretum by Carole Raddato from FRANKFURT, Germany

Il Moretum era un formaggio spalmabile alle erbe, con noci o pinoli, che gli antichi romani mangiavano con il pane. La variante con i pinoli era simile all’odierno pesto alla genovese. Pinoli e noci venivano pestati nel mortaio (moretarium: attrezzo per ottenere il moretum).

In epoca romana il Moretum venne descritto da Virgilio nel poema della Appendix Vergiliana: breve idillio di ispirazione campestre in cui viene descritto il risveglio di un contadino all’alba. Appena alzato si prepara, aiutato dalla schiava, una colazione rustica a base di formaggio, erbe ed aglio, che mangia con appetito. Terminato il pasto, si reca al lavoro.

Nel De Re Rustica di Columella, nel Libro XII, si trovano ulteriori ricette di moretum.

File:Moretum, Ingredients (14964548651).jpg

Ricetta di Carole Raddato
Ingredienti
  • 8 spicchi d’aglio,
  • 200 gr di formaggio (io ho usato la ricotta ma potete usare anche la feta),
  • 2 gambi di sedano con le foglie,
  • un mazzetto abbondante di foglie di prezzemolo,
  • un mazzetto abbondante di foglie di coriandolo,
  • 2 cucchiai di olio d’oliva,
  • 4 cucchiai di olio d’oliva con aceto di vino bianco,
  • sale di mare.
  • Noci o pinoli.

File:Moretum DSC 3294.jpg

Preparazione

Il moretum si ottiene pestando (mescolando a pressione) il sedano, il prezzemolo, il coriandolo con il sale, le noci o i pinoli e l’aglio, il tutto condito con il formaggio e l’olio extravergine di oliva. Si tratta quindi di una salsa a crudo, ovvero un composto nel quale gli ingredienti sono amalgamati a freddo, non cotti.

Moretum and Roman bread by Carole Raddato from FRANKFURT, Germany

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Garum o Liquamen, salsa milleusi dell’antica Roma, anche in versione moderna

Il pesto alla genovese per condire le Trenette

Pesto di rucola con noci o mandorle

Pesto trapanese

Ingredienti Moretum, Ingredients (14964548651).jpg [[File:Moretum, Ingredients (14964548651).jpg|Moretum,_Ingredients_(14964548651)]] Presentazione Moretum and Roman bread (14971169175).jpg [[File:Moretum and Roman bread (14971169175).jpg|Moretum_and_Roman_bread_(14971169175)]] Mortaio Moretum DSC 3294.jpg [[File:Moretum DSC 3294.jpg|Moretum_DSC_3294]]
Pettole pugliesi, frittelle rustiche o dolci

Pettole pugliesi, semplici o ripiene per San Martino

Mottole di Oria, Brindisi, Salento, Puglia
Le pèttole (pèttëlë in dialetto pugliese, mottole ad Oria (Br), zeppole in Irpinia, scorpelle a San Severo, pèttuli nel Brindisino, pìttule nel Leccese, pètt’l nel Materano, pèttule nel Potentino) sono pallottole di pasta lievitata molto morbida fritte nell’olio bollente, tipiche delle regioni Puglia, Campania e Basilicata.
Possono essere rustiche o dolci, semplici o ripiene, e spesso vengono usate in sostituzione del pane, oppure come antipasto. In tutte le varianti, si realizzano utilizzando farina, patata, lievito di birra, acqua e sale, ma ne esiste anche una versione più semplice che non prevede l’utilizzo della patata e comunque la pasta deve risultare piuttosto fluida per poterla versare nell’olio senza fare un panetto solido destinato ad inzupparsi di olio. La forma può essere quella della “pallottola” oppure di una ciambella, come è tradizione a Ferrandina, Bernalda, Salandra e Pomarico.

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Nella zona leccese del Salento la prima frittura avviene l’11 novembre, giorno in cui si celebrano San Martino e, secondo la tradizione, la fine del periodo di fermentazione del mosto che coincide quindi con l`arrivo sulle mense del vino nuovo o novello. È costume ancora molto praticato tra i leccesi, per l’occasione, festeggiare Santu Martinu ritrovandosi tra amici e parenti, preferibilmente nelle tipiche abitazioni di campagna normalmente preposte alla villeggiatura estiva. L`usanza locale prevede il consumo, oltre che delle pittule e del vino novello, anche di carni arrostite alla brace, particolarmente di cavallo e di maiale.

Ingredienti
  • 1 Kg di farina 00,
  • 1 bicchiere d’acqua tiepida con dentro sciolti 3 cucchiaini colmi di sale fino,
  • 1 bicchiere d’acqua tiepida con dentro sciolto 1 cubetto di lievito di birra,
  • 1 bicchiere scarso di latte tiepido,
  • 400 ml circa di acqua tiepida,
  • olio per friggere.
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Preparazione

Pettole pugliesi pittule

La preparazione con foto passo passo la trovi ” Nel  cuore dei sapori”

Leggi anche

A Foggia è usanza preparare l’impasto per le pettole dal primo mattino del 24 dicembre per friggerle e consumarle ancora calde verso mezzogiorno come “spuntino” in attesa del cenone della vigilia. Come variante c’è l’aggiunta di alici sott’olio (prima della frittura) o la preparazione di vere e proprie pizzette fritte da condire con pomodoro, basilico e pecorino. Alcune famiglie ripropongono le pettole la mattina del 31 dicembre. A Monte Sant’Angelo nell’impasto si aggiungono anche delle patate lesse affinché la pettola risulti essere più morbida.
A Brindisi, tradizione vuole che le pettole vengano preparate il 7 dicembre, ovvero il giorno della vigilia dell’Immacolata Concezione, per poi essere riproposte nel periodo natalizio. In molte altre località, la data di inizio della preparazione delle pettole è invece la festa dell’Immacolata Concezione, l’8 dicembre, infatti nel Salento tarantino e precisamente a Lizzano, c’è un proverbio che dice: Ti la Mmaculata la prima frizzulata, ti la Cannilora l’ultima frizzola, cioè: Nel giorno dell’Immacolata, la prima preparazione di pettole, nel giorno della Candelora, l’ultima.
Nella zona leccese del Salento la prima frittura avviene l’11 novembre, giorno in cui si celebrano San Martino e, secondo la tradizione, la fine del periodo di fermentazione del mosto che coincide quindi con l`arrivo sulle mense del vino nuovo o novello. È costume ancora molto praticato tra i leccesi, per l’occasione, festeggiare Santu Martinu ritrovandosi tra amici e parenti, preferibilmente nelle tipiche abitazioni di campagna normalmente preposte alla villeggiatura estiva. L`usanza locale prevede il consumo, oltre che delle pittule e del vino novello, anche di carni arrostite alla brace, particolarmente di cavallo e di maiale.
Nell’area di Taranto (in cui la tradizione della pettola è ancora molto sentita) si preparano nel giorno in cui si festeggia Santa Cecilia, il 22 novembre, e a seguire durante le festività natalizie. In alcuni comuni del sud-est barese, come Rutigliano è consuetudine prepararle il giorno di Santa Caterina, il 25 novembre. Si usa ancora prepararle recitando preghiere. La ricetta tipica usata a Taranto è quella che le vede cosparse di zucchero, ma anche di sale.
In altre zone della Regione è possibile degustarle ricoperte di vincotto o vincotto di fichi o miele, ma volendo si possono riempire con piccoli pezzi di baccalà lessato o di alice salata, oppure con un broccoletto di cavolo cotto a metà. Wikipedia
Pittule cu li fiuri ti cucuzza, pittule (o pettole) con i fiori di zucchina

File:Pittule cu li fiuri ti cucuzza.jpg

Pettole pugliesi, frittelle rustiche o dolci
Di Florixc (Opera propria) [GFDL (http://www.gnu.org/copyleft/fdl.html) o CC BY-SA 3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], attraverso Wikimedia Commons
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Oca in porchetta per la festa di San Martino

Perché si mangia l’oca alla festa di San Martino?

 Oca in porchetta
è una preparazione tipica del periodo della mietitura e viene fatta nelle case di campagna utilizzando i forni a legna. Il grasso recuperato si utilizza per cucinare le patate al forno.
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L’oca viene accuratamente pulita, tagliata lungo la pancia e privata delle interiora. Vengono, quindi, rotte le ossa facendo attenzione a non rovinare la pelle che la ricopre.
Sempre all’interno praticare delle profonde incisure e introdurvi sale e pepe, finocchio selvatico¹ e spicchi di aglio interi in abbondanza. Cospargere l’interno dell’oca con molto lardo macinato.
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Lasciare riposare. Chiudere con un filo di refe e cuocere a forno caldo 200 gradi. Ogni tanto salare a piccole manciate e ungere con olio di oliva o lardo. Occorre sistemare vicino all’oca un recipiente con acqua avendo l’accortezza di non farla esaurire, ciò perchè il vapore dell’acqua lascerà cuocere la carne senza farla seccare.
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Quando l’oca è quasi cotta e l’acqua è completamente evaporata, rosolare e togliere dal fuoco. Eliminare gli aromi e servire caldo.
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Con il termine “porchettare” si intende un metodo di preparazione che prende spunto dalla “porchetta” propriamente detta e si applica ad altre carni come l’agnello, il coniglio. i pesci come la carpa. Di qui, il “coniglio porchettato” o “coniglio in porchetta”, la “carpa porchettata”.
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Come preparare la selvaggina da piuma (o da penna)

Come preparare la selvaggina da piuma (o da penna)

Frollatura e marinatura della selvaggina

Frollatura e marinatura della selvaggina prima della cottura

 

 

 

 

 

 

 

¹Il finocchio selvatico può essere sostituito con barbe di finocchio fresco normale o, fuori stagione, con un pizzico di semi di finocchio. Questo aroma, tipico della ricetta originale, può comunque essere eliminato da quanti non lo gradiscano.

Risultati migliori si avranno se si è in grado di far disossare il coniglio (solo la gabbia toracica: restano le ossa delle zampe): in tal caso aumentate il ripieno, impastando le carni con la mollica di un panino inzuppata nel latte e con 2 cucchiai di formaggio grana grattugiato. Ottimo accompagnamento per questo piatto è una purea di patate e spinaci o patate al forno cucinate nel grasso di cottura della carne.

Oca da 4 a 5 kg. per 6-8 persone. E’ grassa quindi è necessario togliere la pelle con un coltellino sottile, “sbucciare” l’oca e togliere il grasso sottocutaneo, farlo fondere con salvia e rosmarino e cuocere l’oca con il suo grasso, senza altri condimenti, se arrosto o al forno; oppure conservare il grasso (ottimo per i fritti), e lessare l’oca a pezzi. Sgrassata, sarà leggerissima.

oca porchetta Roasted_goose_St_Martin's_Day

Vino

Rosso Conero (Marche), Rosso Piceno Superiore (Marche), Teroldego Rotaliano (Trentino), Cabernette Sauvignon (Friuli), Schioppettino (Friuli), Aglianico (Basilicata), Sangiovese di Romagna.

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Ciambelline di San Martino con batate (patate dolci americane)coniglio lardellato (5)

 

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Stufato al vino bianco in salsa di prugne ed albicocchepane patate
   
Roasted goose St Martin’s Day.jpg [[File:Roasted goose St Martin’s Day.jpg|Roasted_goose_St_Martin’s_Day]] Christmas-goose-(Weihnachtsgans) 1.jpg[[File:Christmas-goose-(Weihnachtsgans) 1.jpg|Christmas-goose-(Weihnachtsgans)_1]]
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Pane di patate con farina di castagne e noci

Avete mai pensato a quanti luoghi portano il none di San Martino? Paesi, sorgenti, grotte, valli, torrenti: poi anche molti uccelli: il martinello, il martinaccio, il martin pescatore, il passero di San Martino. Mah… misteri dei santi! O forse, semplicemente, una conseguenza della sua grande popolarità. La sua festa cade l’ 11 novembre e solitamente coincide con sette giorni di temperatura assai mite: l’estate, detta appunto, di San Martino, Questo è altresì il periodo in cui il mosto si muta in vino: così il santo è il tutore dei vinai. Lo è anche, purtroppo, degli ubriachi e dei beoni.
Ah! Non avete mai sentito l’espressione “far San Martino”? Ebbene vuol dire cambiare casa, e viene dalla consuetudine, tipica del mondo contadino, di fissare per l’11 novembre la scadenza dei contratti d’affitto. Così il santo famoso per aver diviso il mantello con un povero è diventato anche il protettore dei traslochi.
Le feste dell’anno – Walt Disney

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Il “Pane di San Martino” o Pan di patate (che si prepara con patate e farina bianca o con patate e farina di castagne), è una ricetta tradizionale del giorno di San Martino (11 novembre) tipica dell’Emilia ma è conosciuta fino in Salento.

 Ricetta con la farina di castagne 
Tempo di preparazione: 40 minuti – Riposo: 3 ore – Tempo di cottura: 30 – 45 minuti.
 Ingredienti per 6 persone

Preparazione con la farina di castagne

  • 400 gr. di farina integrale di frumento,
  • 250 gr. di farina di castagne,
  • 200 gr. di farina bianca 0,
  • 150 gr. di patate lessate,
  • 40 gr. di pasta madre secca (in alternativa utilizzare lievito di birra fresco, dopo averlo ammollato in acqua a temperatura ambiente con aggiunto un cucchiaino di zucchero o miele),
  • 3 cucchiai di olio d’oliva,
  • 4 cucchiaini di sale fino (che non deve venire mai a contatto con la pasta madre o con il lievito, perchè potrebbe compromettere la lievitazione),
  • gherigli di noci
  • acqua q.b.
Preparazione
Lessate le patate e, una volta cotte, pelatele e schiacciatele. In una ciotola mescolare le farine setacciate con il lievito sciolto in poca acqua tiepida con un pizzico di zucchero.
Aggiungete le patate, i gherigli di noci e l’olio a filo. Aggiungete acqua tiepida ed impastate bene fino ad ottenere un composto omogeneo.
Formare una palla, copritela con un panno umido e lasciate lievitare per almeno 2 ore (dovrà raddoppiare di volume). Impastate ancora un po’ e mettete l’impasto in una teglia foderata con carta da forno e lasciare riposare per 1 ora.
Riscaldate molto bene il forno e cuocere per 30-45 minuti a 200 gradi. Infilate ed estraete dal pane uno stecchino: se esce pulito il pane è cotto. Lasciate raffreddare in forno.
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Ciambelline di San Martino con batate (patate dolci americane)

Ciambelline fritte di San Martino con Batate (patate dolci americane)

La ricetta qui di seguito, è quella delle Ciambelle di San Martino di patate siciliane, ma ho utilizzato le patate dolci anzichè le patate classiche. Nella tradizione siciliana queste frittelle possono essere sia dolci che salate e vengono preparate in occasione dell’11 novembre (San Martino).

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 Ciambelline di San Martino con batate (patate dolci americane)

La patata dolce, conosciuta anche come patata americana e meno comunemente come batata, è originaria nelle regioni tropicali in America del sud. Nonostante il nome diffuso di patata dolce o americana, il rapporto con le patate comuni è minimo, in quanto appartengono alla famiglia delle Solanaceae, come i pomodori.
Le patate dolci possono essere fritte e cotte in forno, inoltre sono un delizioso ingrediente per zuppe, gnocchi, dolci, dolcetti, torte, infatti costituiscono un’ottima alternativa alle patate comuni.

ciambelline fritte (2)

Ingredienti per 4 persone
  • 500 g di batate (patate dolci americane),
  • 500 g di farina 00,
  • 25 g di lievito di birra,
  • 150 ml di latte intero,
  • 3 uova,
  • zucchero a velo q.b,
  • cannella in polvere (facoltativo),
  • olio per friggere q.b,
  • 1 pizzico di sale.
 Preparazione

Lessate le batate con la buccia in abbondante acqua, scolatele, pelatele e passatele nello schiacciapatate.
Sciogliete il lievito nel latte tiepido. Sbattete a parte le uova e poi incorporatele alla purea di patate. Aggiungete la farina setacciata, il latte con il lievito e un pizzico di sale. Amalgamate gli ingredienti fino a ottenere un impasto ben amalgamato e sodo (quasi come quello del pane). Coprite con la pellicola trasparente e lasciate riposare in un luogo non soggetto a correnti d’aria fredda.

Dopo un’ora circa, riprendete l’impasto, manipolatelo ancora qualche minuto e, prendendone un pezzetto alla volta, formate dei bastoncini lunghi circa 30 centimetri, che poi arrotolerete formando delle ciambelline.
Una volta preparate le ciambelle, scaldate l’olio in padella e, quando immergendovi uno stecchino si formeranno tante bollicine attorno ad esso, mettete poche ciambelline alla volta. Estraetele man mano che diventano dorate, sgocciolatele e mettetele a scolare su carta assorbente da cucina. Proseguite fino ad esaurimento dell’impasto.

Dopo aver disposto ciambelle su un vassoio cospargetele di zucchero a velo e, se volete, cannella in polvere.

Accorgimenti

La consistenza dell’impasto non deve essere eccessivamente soda, quindi, se necessario, aggiungete un po’ di latte o acqua tiepida. Attenti però a non renderla troppo liquida!

 Idee e varianti

Potete arricchire l’impasto aggiungendo della scorza grattugiata di limone e semini di finocchietto selvatico. Ottimo e tradizionalissimo l’inserimento dell’uva sultanina. Potete spolverizzare anche con zucchero semolato.

Vino

Servite con un vino novello rosso oppure accompagnate con vino bianco dolcissimo.

Crema pasticcera per farcire le Crêpes

Crema inglese, English custard

Oca in porchetta per la festa di San Martino

Il pane di San Martino o pan di patate

Ciambelline di San Martino con batate (patate dolci americane)
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Del modo di formar Giulebbe, ricette del 1778 di Vincenzo Corrado “Il credenziere di buon gusto”

treccani.it
giulebbe giulèbbe s. m. [dal pers. gulāb «acqua rosa», comp. di gul «rosa» e āb «acqua», attrav. l’arabo giulāb], tosc. e letter. – Bevanda fatta con succo di frutti bolliti con zucchero, diluito e chiarificato; […] anche, più generica., sciroppo fatto con acqua zuccherata e aromatizzata. In similitudini: essere, parere un g., di cibo o bevanda troppo dolce, e, fig., di persona o cosa sdolcinata; fig., vivere, tuffarsi
giulebbare v. tr. [der. di giulebbe] (io giulèbbo, ecc.), tosc. o letter. – Cuocere nel giulebbe, sciroppare; anche addolcire a modo di giulebbe. Fig., giulebbarsi qualcuno, essere costretto a sopportarne […] la presenza o la compagnia, fingendo di provarne piacere. ◆ Part. pass. giulebbato, anche come agg.: frutta giulebbata, cotta nello sciroppo.

giulebbe corrado (2)

CAPITOLO I
Dello Zucchero, e Giulebbi;

Ognun sa, che lo zucchero è natural prodotto delle piante, ma estratto però, e reso nella maniera che sì vede con grande ajuto dell’ arte, e perciò di varie qualità si rende.  Il migliore è quello di grana bianca, lucida, e soda; e di quello io intendo parlare nel presente trattato (…)

Delli Giulebbi.

I Giulebbi si fanno dello zucchero in grana sciolto e tirato a cottura di Manuscritto, rendendoli varj con fiori, frutta, radiche, serri, e succhi di vegetabili freschi e teneri; e quelli si compongono, chi per macerazione, chi per infusione, e chi per decozione, delle quali maniere se ne parlerà con chiarezza.

Giulebbe di Viole, o Boragine senza fuoco.
In un vase di creta, o vetro si dispongono quattro libre¹ di fiori di Viole o Boragine tramezzate con due libre di zucchero fino in polvere, facendole cosi macerare per quattro giorni in luogo fresco: dopo si passerà; il giulebbe, così preparato per un panno di lana con soppressarlo, bene, acciò tutto il succo i fiori tramandino; e ciò fatto se ne farà ufo.

Dell’ istessi in altra maniera.
Una libra di fiori si metta in un vase di vetro con una libra di zucchero in polvere ed altra d’ acqua calda, e si lasci stare al sole per un giorno; dopo si aggiunga altra libra di fiori, e nel terzo giorno altra, con mezza di zucchero e mezza d’acqua calda, e chiuso bene il vase si lascerà così per altri otto giorni scuotendolo due volte al giorno. Si passerà dopo per un panno di lana in un bacile il giulebbe, e coverto d’ un velo si tornerà al sole per quattro giorni, che addensato si conserverà.

Dell’ istessi in altra manlera
Dentro un vase di vetro si méttano quattro libre di detti fiori con libre due di zucchero fino, e libre due di acqua, e chiuso bene si metterà dentro altro vase di rame con acqua a bollire fintanto che i fiori siano disfatti ed il giulebbe addensato. Ciò fatto si leverà dal fuoco il vase di rame lasciando dentro quello di vetro a raffreddare, per poi passare il giulebbe per panno di lana sospeso in aria acciò pian piano gocciola in altro vase, dal quale si passerà a conservare nelle Bottiglie di Cristallo

Giulebbe di Rigolizia
Once sei di Radici di Regolizla rotte e schiacciate, si mettono a bollire in vase di creta con quattro libre di acqua finché cali la metà; dopo si farà raffreddare, e passandoli per un panno si metterà in un stainato con una chiara d’ uovo montata e libre due di zucchero, facendola bollire e chiarire con alcune gocce di succo di limone; e quando sarà alla cottura di manuscritto, sarà fatto il giulebbe.

(…)

Giulebbe di Cannella.
Due once di Cannella in pezzi si mettano in una boccia, di vetro con libre due di zucchero in giulebbe lungo, e si facciano bollire dentro un vase di rame con acqua, fermando la boccia con panno acciò non versi, e quando si conoscerà ch’ il giulebbe si è addensato, allora si caverà, e si passerà per colatojò di rame per confervarsi ad ufo.

Giulebbe di fragole
Giulebbate due libre di zucchero e tirate alla densa cottura di Manuscritto, vi sfi metterà una libra di Fragole (temperate con acqua di Cannella, e passate per setaccio; e deposto il tutto in una boccia si metterà al sole per qualche giorno, acciò vieppiù si addensi.

Giulebbe di Caffè
Si mettano in una boccia di vetro due once di Caffè abrustolito e macinato con due libre d’ acqua bollente, e tra le ceneri calde si lascino per qualche ora; dopo in un stainato passando per panno di lana l’ acqua, vi si metterà una chiara d’ uovo con libre due di zucchero e si farà bollire per chiarire il giulebbe ed addensarlo.

(…)

Colori vari Per Giulebbe
Mentre bolle una libra di acqua vi si metterà mezz’ oncia  di Cuciniglia, un cucchiajo di Cremor di Tartaro, e mezzo di  Alume di Rocca, tutto in polvere. Bollendo si proverà sopra un pezzo d’argento per la qualità, e tinta varia che si vuole , poiché crescendo o diminuendo l’ uno o l’altra si avrà quel colore che fi desidera.

Il color Torchino del giulebbe di Viole mutasi tosto in rosso se vi s’ infondono alcune gocce di spirito di Vetriolo; laddove se vi si getta del sale Alkalico si fa subito verde.

Qualunque Giulebbe poi, che si voglia render più vivo nel suo natural colore, basta che vi si gettino mentre bolle alcune gocce di succo di limone.

Buonissimo è anche il Mele² per far Giulebbi, poiché tutti sanno, ch’ ei nasce dagl’ umori più raffinati e più perfetti delle piante (benché raccolto dalle Api, e qualche tempo serbato in certi follicoli entro al loro corpo , e quindi ne’ Favi deposto); ond’ è tra succhi vegetabili. Con due parti di Mele, ed una di Aceto si fa il Giulebbe detto Osmele, facendolo bollire sintanto che cali il terzo, con spumarlo bene per renderlo chiaro.

¹1 libbra=  454 gr.
²Mele: miele
Edoardo Mori Raccolta di libri gratis digitalizzati

giulebbe corrado

Syrop z pędów sosny.jpg [[File:Syrop z pędów sosny.jpg|Syrop_z_pędów_sosny]]
Panini all’olio

Panini all’olio

Ingredienti 
  • 500 gr. di farina di grano tenero 0,
  • 5 gr. di sale,
  • 50 gr. di olio extravergine d’oliva,
  • 10 gr. di lievito di  birra,
  • 1 cucchiaino di zucchero,
  • 300 ml. di acqua tiepida.
Preparazione

Per preparare i panini all’olio, per prima cosa, fate sciogliere il panetto di lievito in una ciotolina insieme a un cucchiaino di zucchero e a dell’acqua tiepida (presa dal totale).

Mentre lasciate riposare per una decina di minuti il lievito, procedete a pesare la farina all’interno di una ciotola capiente e aggiungete il sale e l’olio evo.  Cominciate ad impastare fino ad ottenere un impasto sabbioso, poi quando il lievito si sarà sciolto del tutto, aggiungetelo poco per volta nella ciotola a lavorare il composto.

Una volta che avrete incorporato tutto il lievito e tutta l’acqua, trasferite l’impasto su un piano da lavoro leggermente oliato e lavorate il composto per una decina di minuti.

Quando otterrete un impasto omogeneo, liscio ed elastico, arrotondatelo tra le mani e poi trasferitelo all’interno di una ciotola leggermente unta. Praticate un taglio a croce sull’impasto per favorirne la lievitazione e copritelo con un canovaccio pulito. Fate lievitare l’impasto per almeno 2 ore in luogo caldo e asciutto e quando avrà raddoppiato il suo volume, trasferitelo nuovamente sul piano da lavoro.

Dividete l’impasto in tante pagnottelle e spennellatele con una emulsione di olio e acqua. Posizionate i panini sulla leccarda del forno, ricoperta di carta forno, ben distanziati tra loro. Coprite con un canovaccio pulito e fate lievitare per 30 minuti, sempre al caldo.

Quando i panini saranno lievitati, spennellateli nuovamente con una emulsione di olio e acqua  e cuoceteli in forno statico, già  caldo, a 190 gradi per 30 minuti. Una volta ben cotti, sfornateli e fateli raffreddare su una gratella.

 

Per accorgimenti e varianti continua qui

Ricetta di gustissimo.it.
cinghiale vincenzo corrado Estofado_de_Jabalí_juantiagues_2013

Vincenzo Corrado, Il Cuoco galante, ricette del 1773 per cucinare il cinghiale

pag 57cuoco galante vincenzo corrado

TRATTATO III.

Degli Animali quadrupedi salvatici.

I Quadrupedi animali salvatici, perchè meschino frangibili, e gustosi al dente, ed al palalo dell’ uomo, bisogna far premura di averli grassi sì, ma più giovani. In essi la grassezza val poco, ma di molto la gioventù; poiché un salvatico quadrupede sebben sia grasso, e non giovane, è sempre da escludersi, perché pel suo lungo vivere nell’ aperta campagna ha fatta la carne sì compatta, e fibrosa, ed insieme scevera di umore, che non è possibile senza incomodo, frangerla, e triturarla. Ma all’ opposto, quando è giovane, l’ ha tenera, onde con facile riuscita può soddisfare il gusto di chi la mangia, nonostante, che non sia di molto grasso avvalorala.

C A P I T O L O  I – Del Cinghiale.

Nel rigore dello Inverno si può mangiare il Cinghiale. La carne di questo animale è quasi simile a quella del Porco, ma ha bisogno di diverso condimento, perchè ha del salvatico, ed è più magra.

Cinghialolto Arrosto.
Il Cinghialotlo netto, e ripieno delle sue interiora, passate con botirro, e condite di un senso di aglio, timo, targone, spezie, e coriandri, si farà cuocere in arrosto, ingrassato con olio, e si servirà con salsa di olive, ed acciughe all’ olio.

In istuf’ alle Scalogne.
Si può cuocere un Cinghialotto in istufa con fette di lardo, presciutto, alloro, aglio, targone, e spezie; e stagionato, che sarà, si bagnerà con vino di Borgogna. Si servirà con salsa di scalogne , passate con lo stesso sugo.

In vino per Entremets.
Si cuoce ancora un Cinghialolto in vino bianco con foglie di alloro, coriandri, cortecce di limon verde, pepe schiaccialo, e sale. Si servirà freddo con salsa di acciughe all’ olio.

Testa di Cinghiale alla scarlata in freddo.
La testa intiera di un giovane Cinghiale si pulirà, e si disosserà intiera in modo da non far rompere, la pelle. Fatto ciò, si strupiccerà con salnitro sì da dentro, che da fuori , e per circa ore ventiquattro si lascerà cosi in un vaso. Dopo tal tempo si laverà , e si metterà in altro vaso con giusta quantità di sal comune, aromi in polvere, ginepri, coriandri, foglie di alloro, e spicchi di agli, lasciandola cosi per circa otto giorni, ed in luogo ventilalo, e fresco. Si laverà dopo, e si metterà a cuocere con acqua, e vino bianco, e con essa si uniranno piedi, orecchie, mussi, e panzetta di porco. Si condiranno con ogni sorta di aromi schiacciati, e con erbe come sopra. Si avrà l’ avvertenza di toglier le carni a misura, che si andranno cuocendo, e tenerle sempre calde. Cotto, che sarà tutto, si lascerà la testa intera, ed invece delle sue ossa estratte, si riempierà, nella sua natural forma con delle carni suddette, le quali si debbono tagliare a filetti grossi, e con ordine si tramezzeranno con grossi lardoni, presciutto a filetti, frittate di varj colori, e con pistacchi, pignoli, e spezie tutto condito. Ciò fatto, si leghi la Testa, e secondo la sua forma, calda com’ è, s’ involge in una salvietta, e si mette sotto ad un peso atto a far unire, ed attaccar insieme tutte le parti componenti una tal vivanda, la quale dopo ventiquattr’ore si leverà, si svolgerà dalla salvietta, si guarnirà a piacere, con farli anche i zanni di butirro, e gli occhi con tartufi; e sopra biancheria, e verdura si servirà questa gustosa pezza fredda.

In Agro-dolce.
Dopo che la Testa del Cinghiale sarà cotta, come si è detto, si può servire fredda (fuor del ripieno) con sals’ agro-dolce, fatta con aceto, giulebbe, e polvere di mostaccioli.

In istuf’ alle Acciuche.
Quando la Testa del Cinghiai’ è dissossata, anche si può cuocere in isfufa con olio, aglio, alloro, rosmarino, e spezie, ed indi bagnata con vino generoso; e si serva con salsa di scalogne, ed acciughe.

Alla salsa di Cedro.
La Coscia del Cinghiale netta da nervi, e dalle ossa, si steccherà di cannella, e garofani, foglie di salvia, e rosmarino, si polverizza di pepe, e sale, e si farà cuocere in vino bianco, involta prima in fette di lardo, e panno. Cotta, si servirà fredda con salsa di cedro, e sugo di limone, o pur di pistacchi all’ olio.

In Braciole per Entrees.
Ridotta la Coscia del Cinghiale in fette, le quali schiacciate bene, vi si metta sopra una farsa composta di lardo, capparini, acciughe, e spezie; s’ involteranno bene strette, e si faran cuocere in cassarola unta di olio: bagnandole con vino generoso; e cotte, bisogna servirle con salsa di targone.

In Entrèes alla Salvia.
La Coscia del Cinghiale steccata di lardelli e presciutto, si farà cuocere in istufa con spezie, salvia, e rosmarino; e cotta, bisogna servirla con salsa di presciutto, e salvia.

Alla Ramolata.
Cotta in vino la Coscia del Cinghiale, e condita di spezie, alloro, e coriandri, si servirà con salsa ramolata.

In Arrosto.
Il Filetto del Cinghiale marinalo con limone, aceto, pepe, semi di finocchi, coriandri, rosmarino, aglio, ed alloro, si farà cuocere allo spiedo, ingrassalo di butirro; e si servirà con sua salsa fatta con lo stesso marinato.

Alle Braci.
Si può cuocere il Filetto suddetto alle braci in una cassarola con olio; e servirlo con salsa di capparini.

Coste di Cinghiale.
Le Coste del Cinghiale si possono cuocere, e condire in tutte le suddette maniere; o pure su la graticola, servite con salsa di aceto, zucchero, pepe, e coriandro.

  1. Frollatura e marinatura della selvaggina prima della cottura
  2. Marinare la selvaggina da pelo prima della cottura

2 marinata cinghiale-arrosto-al-forno-R-9wBuVq

Ricette

Cinghiale arrosto al fornoCignale (cinghiale) dolce-forte ArtusiCinghiale in umido o in salmì

ragu cinghiale pappardelle

 

 

Estofado de Jabalí – juantiagues 2013.jpg [[File:Estofado de Jabalí – juantiagues 2013.jpg|Estofado_de_Jabalí_-_juantiagues_2013]]
crema rose cavalcanti Güllaç

Ippolito Cavalcanti, Delle creme: Crema di rose, ricetta edita nel 1839

Güllaç, dessert turco con acqua di rose

ippolito cavalcantiIppolito Cavalcanti, duca di Buonvicino (Afragola1787 – Napoli 1859), è stato un cuoco e letterato italiano. Il suo trattato Cucina teorico-pratica, pubblicato per la prima volta a Napoli nel 1837 alla quale aggiunge, nella seconda edizione del 1839, l’appendice Cusina casarinola co la lengua napolitana, presenta numerose ricette dell’epoca, provenienti dalle diverse classi sociali. Il libro ebbe, dal 1837 al 1865 nove edizioni, abbastanza diverse fra di loro in quanto venivano continuamente ampliate dall’autore. La Cucina teorico-pratica è un compendio di cucina tradizionale napoletana, alcune delle ricette sono di ispirazione francese, in quanto la cucina d’Oltralpe era all’epoca molto presente sulle mense dell’aristocrazia o dell’alta borghesia, l’appendice ci riporta invece alla cucina casareccia in uso all’epoca presso il popolo. W

Cucina teorico pratica, II Ed. – Napoli 1839

CAPITOLO XVIII. delle creme p. 146

Metodo per le creme di qualunque senso.

Prendi una caraffa di latte, che sia munto a te dinanzi onde sia perfetto. Metti in una casseruola mezza caraffa d’acqua, dentro della quale porrai due chiara d’ovi, che frollerai bene fino a che sopra dell’acqua sorta fuori la spuma; indi ci porrai un terzo di zucchero grascio, che mescolerai, e la porrai sulla fornella; e quando la spuma tutta si riunisce bollendo, allora colla mescola bucata ne spumerai tutta la lordura del zucchero, che porrai dentro un passabrodo con un vase al disotto , perchè ne possa sgocciolare dell’altro zucchero, che porrai nel giulebbe¹; e quando credi, che sia spumato interamente lo leverai dal foco, facendolo alquanto raffreddare. In un altro vase porrai mezza caraffa d’acqua fresca con cinque once² di amido, ovvero fioretto, e con la mano lo farai ben liquefare: ci mescolerai ancora otto torli d’ovi freschi, e ci unirai la caraffa di latte col giulebbe, un pochino di sale, e con la raspatura di limone, o di portogallo³; mescolerai benissimo tutto; quindi passerai questa composizione per setaccio, la porrai in una casseruola sulla fornella, e con mescola di legno nuova principierai a girare, sempre però da un lato facendola indensare, che farai siccome più ti necessita, come per esempio; se la crema ti bisognasse per formarne una turta, de’ pasticcetti, allora alla crema ci darai un maggior punto di cottura; se ti necessita per formare un ªgattò  un punto di meno; se poi per una crema semplice, o anche per una zuppa di pane di spagna, la farai più morbida.

Ti raccomando di non alienarti mentre giri la tua crema, e di girarla sempre da un lato diversamente non farai più la crema.

¹Giulebbe o acqua di rose, è una bevanda fatta con acqua, succo di erbe o frutti, zucchero o miele, che deve il nome al suo tipico colore rosato derivato appunto dalla presenza dell’estratto di rosa. Leonardo Da Vinci, nel Codice Atlantico, cita l’ acquarosa, una bevanda i cui ingredienti sono estratto di rose, zucchero e succo di limone.
²Un’oncia equivale a 28,35 grammi
³Portogallo: Arance. I soldati francesi distribuivano periodicamente arance gratuitamente, alla popolazione napoletana, esclamando in Francese “pour toi!”. I napoletani, allora, accorrevano in massa a prendere “’e purtuà”.
ªGattò  è una torta salata tipica della cucina napoletana.

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Metodo per le creme

Metodo per le creme

 di qualunque senso

di qualunque senso

Crema di rose

Crema di rose

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 Crema di rose
 p. 148

Farai la composizione solita della crema semplice, però prenderai once¹ tre di bombò di Francia² col senso di rose, che farai liquefare nel giulebbe³ dopo di averlo spumato, aggiungendoci un altro tantinello d’acqua, perchè diyersamente restringendosi il giulebbe fin che li bombò si liquefacessero, diverrebbe molto di meno il fluido dello giulebbe, laddove non ti riuscisse avere gli anzidetti bombò porrai nel la composizione generale tante stille di oglio di rose per quanto basterà dare il senso, e se ne’ anche questo avrai, e volendo fare la crema di rose potrai servirti dell’acqua distillata di rose adoperandone mezza caraffa,  quella appunto che vi necessita per liquefare le cinque once di amido, e se nettampoco questa avrai non saprei mio caro suggerirti altro mezzo, perchè Gastronomia non ha preveduto un tal caso; finalmente, avendo, o gli uni, o le altre, o l’ultima farai la crema come di sopra.

¹Un’oncia equivale a 28,35 grammi
²Bombò di francia: dolcetto, cioccolatino, francesismo nel dialetto napoletano che deriva da bon bon
³Giulebbe o acqua di rose, è una bevanda fatta con acqua, succo di erbe o frutti, zucchero o miele, che deve il nome al suo tipico colore rosato derivato appunto dalla presenza dell’estratto di rosa. Leonardo Da Vinci, nel Codice Atlantico, cita l’ Acquarosa, una bevanda i cui ingredienti sono estratto di rose, zucchero e succo di limone

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La ricetta edita nel 1839 delle Zeppole fritte, scritta da Ippolito Cavalcanti

Il “sublime” Sartù (o Sortù) di riso: le ricette del Corrado 1793 e del Cavalcanti 1837

“L’ Acquarosa”, bevanda afrodisiaca di Leonardo da Vinci

Güllaç with pomegranate.jpg [[File:Güllaç with pomegranate.jpg|Güllaç_with_pomegranate]]
Teodoro Duclère la friggitrice di zeppole 1858 British Library

La ricetta edita nel 1839 delle Zeppole fritte, scritta da Ippolito Cavalcanti

Teodoro Duclère “La friggitrice di zeppole” 1858 British Library –
pag. 314, vol. 2 “Usi e costumi di Napoli e contorni descritti e dipinti”  by BOURCARD

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ippolito cavalcanti

Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino (Afragola1787 – Napoli 1859), è stato un cuoco e letterato italiano. Il suo trattato Cucina teorico-pratica, pubblicato per la prima volta a Napoli nel 1837 alla quale aggiunge, nella seconda edizione del 1839, l’appendice Cusina casarinola co la lengua napolitana, presenta numerose ricette dell’epoca, provenienti dalle diverse classi sociali. Il libro ebbe, dal 1837 al 1865 nove edizioni, abbastanza diverse fra di loro in quanto venivano continuamente ampliate dall’autore. La Cucina teorico-pratica è un compendio di cucina tradizionale napoletana, alcune delle ricette sono di ispirazione francese, in quanto la cucina d’Oltralpe era all’epoca molto presente sulle mense dell’aristocrazia o dell’alta borghesia, l’appendice ci riporta invece alla cucina casareccia in uso all’epoca presso il popolo. W

Cucina teorico pratica, II Ed. – Napoli 1839;
da pag. 349 in dialetto napoletano con il titolo Cucina casareccia in dialetto napoletano:

Cucina casarinola  all’uso nuosto napolitanoRegola unnece (11) piatte rustech’ e doce – pagina 397

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Per la traduzione ringrazio  Museo della cucina.com
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L’antenato delle Zeppole di San Giuseppe

«Porrai sulla fornella a bollire una casseruola con una caraffa e mezzo d’acqua, e mezzo bicchiere di vino bianco quando sta per bollire, allora ci mescolerai diligentemente un rotolo di ottimo fior di farina, e con lo stenderello la girerai sempre fin che la pasta si stacca dal bordo della casseruola, allora è il vero suo punto di cottura, la porrai sulla tavola di marmo appena con un unto d’olio, e la rammasserai con mescola; raffreddatasi alquanto, che rendesi maneggiabile, ne farai tante giuste porzioni¹, e di ciascuna di esse ne formerai un tortanetto, che friggerai o con olio, o con strutto, ma che le zeppole vadano galleggianti nella padella; fatta appena la primiera e leggiera crosta le rivolterai e le principierai a pungere o con forchettone oppure con strumento di legno fatto precisamente, perchè così si vuoteranno, badando che non si brucino, e se vedi, che la padella fosse molto arroventata la toglierai dalla fornella gondolando sempre; divenute color d’oro le farai sgocciolare con sotto una carta floscia, l’accomoderai nel piatto proprio a piramide versandoci del giulebbe [acqua di rose ndR.] strettissimo, polverizzandole di zucchero.»

(¹Porzioni, e non già palle, come ho dovuto spiegarmi parlando… segue su Museo della cucina.com)

Zeppole di San Giuseppe alla Panna: al forno e fritte

Zeppole di San Giuseppe alla crema: al forno e fritte

Zeppole con patate per la Festa del Papà

Kaiserschmarrn, frittelle austriache salsa di mele

Salsa mousse di mele renette

Kaiserschmarrn, frittelle dolci austriache servite con salsa di mele (Apfelmus)
  • La salsa di mele è un contorno dolce diffuso in diversi paesi europei e nel Nord America.  Ha gusto dolce e speziato. Viene spesso usata per insaporire alimenti salati come l’arrosto di maiale e le verdure. Viene preparato per l’inverno in quanto è un alimento che si conserva a lungo. In Austria si accompagna a Kaiserschmarrn, in Germania si consuma con le frittelle di patate, nei Paesi Bassi con le patate fritte mentre negli USA funge da ingrediente per le torte di mele e si consuma con il pane da toast.  In Francia, dove viene chiamata compote, viene servita a temperatura ambiente e si consuma con il boudin aux pommes (un sanguinaccio con la salsa di mele). Inoltre, la salsa di mele è una valida sostituta di altri grassi alimentari, come l’olio o il burro, per la cottura degli alimenti.
  • La renetta (reinette) è una mela acidula zuccherina e profumata originaria della Francia di colorazione diversa a seconda della varietà: dal verde uniforme al giallo rugginoso uniforme al grigio rugginoso uniforme, bicolore verde-rosso oppure giallo-rosso più o meno rugginoso.

Ingredienti per un barattolo medio 
  • 600 gr. di mele renette,
  • succo di 1 limone,
  • 4 cucchiai di cognac o brandy,
  • 240 gr. di zucchero.
 Preparazione

Pelate le mele renette e tagliatele a cubetti.

Mettetele in un tegame con lo zucchero ed il succo di limone e fatele ammorbidire.

Dopo 15 minuti circa versate il liquore e fatelo sfumare, quindi schiacciate il composto con una forchetta (o al mixer) per ridurle a purea.

Potete conservare la salsa in barattoli di vetro:  sterilizzate i vasetti. Versatevi la salsa e pulite i bordi superiori. Mettete i coperchi (devono essere nuovi) con le guarnizioni in gomma, stringere bene.  Fare bollire i barattoli di vetro come spiegato qui

conserve 2 mele renette

File: Salsa alla crema di pollame, 2006.jpg

Come sterilizzare i recipienti per una perfetta conservazione di frutta e verdura

Personalizziamo i barattoli delle marmellate, delle salse e delle conserve fatte in casa

Di Ich – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=112662384 CC BY-SA 2.0 de, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=328858
mariconda messibusbugo

La cucina Rinascimentale: Mariconda alla Ragonese, ricetta del 1549

Ricetta tratta dal volume di Cristoforo da Messisbugo: “Banchetti, compositioni di vivande et apparecchio generale”, comparso per la prima volta a Ferrara nel 1549 postumo.

Mariconda alla Ragonese

Ingredienti

  • Pane raffermo,
  • latte,
  • burro,
  • uova,
  • grana,
  • noce moscata,
  • brodo di carne,
  • sale,
  • pepe

Preparazione:
In un recipiente sbriciolate della mollica di pane raffermo e ricopritela di latte, lasciandola riposare. Sciogliete del burro in un tegame, aggiungete il pane ben strizzato dal latte, ponete sul fuoco, e fate asciugare avendo cura di mescolare il tutto. In una terrina mettete il pane, delle uova, grana grattugiato, noce moscata, sale e pepe, amalgamate bene il composto e lasciate riposare coprendo con un canovaccio. Scaldate del brodo di carne, quando alzerà il bollore prendete il composto a mezzo cucchiaio alla volta, e gettatelo nel liquido fino ad esaurimento. Cuocete per pochi minuti, travasate la minestra in una zuppiera, e servitela immediatamente con a parte del formaggio grattugiato.

In origine questo era un piatto dolce, nell’impasto del quale entravano zucchero, uvetta e cannella.

fonte: taccuini storici.it

minestra mariconda brodo pane stracciatella 1

 

Cristoforo da Messisbugo: “Banchetti, compositioni di vivande et apparecchio generale”

La cucina Rinascimentale: Torta lombarda di bieta, ricetta del 1549

La cucina Rinascimentale: Mariconda alla ragonese, ricetta del 1549 Di Mike.lifeguard – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=6943929
Fesa_di_tacchino_in_carpione

Fesa di tacchino in carpione alla medievale

Il carpione è una preparazione utilizzata per la marinatura di carne, pesce e verdure. Va preparato in anticipo e servito freddo, a piacere guarnito con anelli di cipolla bianca. È un piatto molto antico che può essere classificato sia come antipasto che come secondo.

Fesa di tacchino in carpione alla medievale

Ricetta di Aiafood.com

Il tacchino va infarinato e cotto in padella, quindi va lasciato marinare con le verdure.

 Ingredienti per 4 persone
  • 350 gr. di fette di fesa di tacchino,
  • 100 gr. di carote,
  • 100 gr. di cipolle,
  • 100 gr. di sedano,
  • gelatina da brodo,
  • semi di cumino,
  • aceto bianco,
  • 1 bustina di zafferano,
  • vino bianco,
  • prezzemolo tritato,
  • olio evo.
Preparazione

Pulite la carota e il sedano, quindi tagliatele a julienne. Tagliate a fette sottili la cipolla e separate gli anelli.

Fate stufare le verdure in padella con un po’ di olio evo e bagnatele con vino e aceto. Aggiungete il cumino e il prezzemolo tritato. Lasciate bollire per una decina di minuti.

Stemperate la gelatina co lo zafferano. Raccogliete due cucchiai del liquido di cottura e aggiungeteli alla gelatina e allo zafferano. Mettete il tutto nella padella con le verdure e spegnete il fuoco.

Infarinate le fette di tacchino e cuocetele con una noce di burro fino a quando saranno dorate in entrambi i lati.

Disponete le fette di fesa di tacchino in una pirofila e versateci sopra le verdure con la salsa e lasciate marinare per almeno 12 ore prima di servire.

Il carpione per marinare carne, pesce e verdure: Filetti di trota in carpione

Tinca carpionata. Ricetta del 1901

Fesa di tacchino in carpione.jpg [[File:Fesa di tacchino in carpione.jpg|Fesa_di_tacchino_in_carpione]]
carpione trota Inlagd_strömming

Il carpione per marinare carne, pesce e verdure: Filetti di trota in carpione

Il carpione è una preparazione utilizzata per la marinatura di carne, pesce e verdure. Va servito freddo, a piacere guarnito con anelli di cipolla bianca. È un piatto molto antico che può essere classificato sia come antipasto che come secondo.

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Ingredienti e dosi per 4 persone
  • 2 trote da 300 gr l’una,
  • 2 cipolle medie,
  • 1 carota,
  • 1 gambo di sedano,
  • 2 spicchi di aglio con la buccia,
  • 2 foglie di alloro,
  • 8 grani di pepe,
  • 200 ml. di olio extravergine di oliva,
  • 100 ml. di aceto bianco,
  • farina,
  • sale e pepe.

trota carpione -Rainbow-trout-in-market

Preparazione

Pulite le trote: evisceratele, eliminate le teste, la pelle e le lische e ricavate i filetti. Salateli, pepateli, infarinateli, poi cuoceteli in olio bollente. Fateli asciugare su carta assorbente da cucina e sistemateli in una pirofila.

Mondate la cipolla, la carota e il sedano: lavateli e tagliateli a julienne. Fateli quindi soffriggere nell’olio insieme all’aglio: aggiungete l’aceto, l’alloro e i grani di pepe e portate a ebollizione. Insaporite con sale e pepe.

Versate le verdure bollenti sui filetti di trota. Trasferite la pirofila nel forno preriscaldato a 100°C e cuocete per 8-12 minuti. Alternate strati di pesce e di verdura; lasciate riposare.

Prima di servire condite con un filo di olio. A piacere guarnite con verdura fresca di stagione.

  • I cibi in carpione vengono in genere serviti freddi, a piacere guarniti con anelli di cipolla bianca. Si tratta di ricette particolarmente apprezzate nel periodo estivo. Possono essere utilizzati sia come antipasto che come secondo.

Fesa di tacchino in carpione alla medievale

Tinca carpionata. Ricetta del 1901

Inlagd strömming.jpg [[File:Inlagd strömming.jpg|Inlagd_strömming]]
Rainbow-trout-in-market.jpg [[File:Rainbow-trout-in-market.jpg|Rainbow-trout-in-market]]
Liz's_amaretti_topped_with_almonds

Amaretti casalinghi alla maniera della Petronilla

Consigli pratici della Petronilla

Amaretti casalinghi

Se volete preparare il dolce in modo perfetto ma non trovate “amaretti”, fabbricatene voi stesse così. Togliete la buccia a 50 gr. di mandorle dolci (anche di albicocche) ed a 25 amare; asciugatele; pestatele nel mortaio con 125 gr. di zucchero; unite un albume e mezzo cucchiaio di zucchero bruciato tenendolo nel cucchiaio, sopra la fiamma; fatene palline; stendetele sulla lastra imburrata; schiacciatele leggermente; infornate in forno non troppo caldo e dopo 10-15 minuti ecco gli amaretti pronti.

Con i dolcetti pronti si possono preparare le Pesche ripiene di amaretti e mandorle

Desinaretti 1944

Desinaretti 1944

Petronilla, chi era?

  • PETRONILLA: svolse un ruolo importante negli anni delle ristrettezze economiche dovute alla guerra. Di fronte alla drastica riduzione dei beni alimentari disponibili, proponeva i suoi suggerimenti «sul modo di sbarcare il lunario mangereccio, consumando poco grasso, poco riso, poca pasta, poca farina e poco zucchero; spendendo pochetto ma….nutrendo bastevolmente»
Ricette di Petronilla per tempi eccezionali

Pesche ripiene per un desinaretto estivo alla maniera di Petronilla

Liz’s amaretti topped with almonds.jpg [[File:Liz’s amaretti topped with almonds.jpg|Liz’s_amaretti_topped_with_almonds]]
salsa al crescione watercress fungo cardoncello

Salsa al crescione

Fungo cardoncello in salsa al crescione con lime e olio di argan
Salsa al crescione
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Ingredienti
  • 160 gr. di burro,
  • 3 tuorli d’uovo,
  • 60 gr. di crescione,
  • 2 cucchiai di succo di limone,
  • sale e pepe.
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Preparazione

Lavate con cura il crescione, tritatelo finemente e tenetelo da parte in una ciotola.

Quindi dividete il burro in pezzetti, mettetene uno in un casserruolino posto a bagnomaria (cioè immerso in una casseruola più grande piena di acqua e messa sul fuoco) con i tuorli d’uovo privati del bianco ed il succo di limone. Sempre sbattendo il tutto con un cucchiaio di legno fate cuocere finchè il pezzo di burro si sarà sciolto.

Aggiungete allora gli altri, uno alla volta, soltanto quando il precedente sarà già ben incorporato e continuate sempre a sbattere.

Quando la salsa avrà raggiunto la consistenza di una maionese, aggiungete un poco di sale, un po’ di pepe macinato al momento ed il crescione tenuto da parte. tenete la salsa in caldo a bagnomaria fino al momento di servirla.

In caso la salsa, durante la cottura, non dovesse addensare unitevi uno o due cucchiai di acqua fredda.

 I miei menù – Selezione dal Reader’s Digest 1989

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File: Salsa alla crema di pollame, 2006.jpg

Ricette con erbe di campo spontanee

mezze-penne-con-asparagi-selvatici-di-bosco-L-Ing4b1ortiche come pulire.

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2. Menù per la Festa di Laurea

Terrine de cresson.jpg [[File:Terrine de cresson.jpg|Terrine_de_cresson]] KingTrumperWatercressArganLime (8333951921).jpg [[File:KingTrumperWatercressArganLime (8333951921).jpg|KingTrumperWatercressArganLime_(8333951921)]] Di Masparasol – Opera propria, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5707861
carolina crostata

Crostata sfiziosa di ricotta e amaretti con paperelle e coniglietti

La crostata preparata dalla mia amica Carolina è ricoperta con biscottini di pasta frolla.

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  Ingredienti

Primo impasto:

  • 200 gr. di farina,
  • 100 gr. di burro,
  • 100 gr. di zucchero fine (non zucchero a velo),
  • 50 gr. di latte,
  • 1 uovo,
  • 2 cucchiaini di lievito,
  • estratto naturale di vaniglia qb.

Secondo impasto:

  • 250 gr. di ricotta,
  • 100 gr. di zucchero fine,
  • 1 uovo,
  • 110 gr. di amaretti.
Preparazione

Primo impasto:
Lavorate il burro con lo zucchero, aggiungete l’uovo ed amalgamate fino ad ottenere un composto soffice e spumoso. Aggiungete il latte ed incorporatelo gradatamente; unite la farina setacciata con il lievito, amalgamate ed aggiungete, infine, la vaniglia.

Secondo impasto:
In una ciotola lavorate la ricotta con lo zucchero e l’uovo ed unite gli amaretti tritati finemente.

Ora imburrate uno stampo di 20 cm. con cerniera e ricoprite il fondo con la carta forno anch’essa imburrata. Versate il primo impasto (quello con la farina) e livellate con una spatola. Versatevi sopra l’impasto di ricotta  e livellate.

Cuocete in forno gà caldo a 180 gradi per circa 45 minuti. Lasciate raffreddare la crostata prima di sformarla.

.lemillericette.it
Accorgimenti

Prima di infornare la crostata, potete ricoprire la superficie con mandorle appoggiate delicatamente senza farle affondare.

Oppure mettete biscottini come ha fatto la mia amica Carolina.

crostata ricotta amaretti 2

spaghetti aglio oglio peperoncino e acciughe

Spaghetti aglio, olio, peperoncino e acciughe (alici)

Una ricetta veloce ma di sicura riuscita.

Ingredienti e dosi per 8 persone
  • 400 gr. di spaghetti,
  • 2 spicchi d’aglio,
  • 8 acciughe (alici) sott’olio,
  • prezzemolo tritato,
  • 1 peperoncino (facoltativo),
  • 4 cucchiai di olio evo,
  • sale qb.
Preparazione

Cuocete gli spaghetti al dente (circa 8 minuti) in abbondante acqua salata.

Nel frattempo preparate il sugo:
In una padella con l’olio mettete l’aglio e il peperoncino. Aggiungete le acciughe (alici) e fatele sciogliere. Eliminate l’aglio.

Quando gli spaghetti saranno cotti al dente, scolateli e passateli nella padella con il sugo. Aggiungete il prezzemolo tritato e mantecate.

Servite ben caldo.

 Spaghetti con sugo di peperoncini tondi piccantipeperoncini Peppers_in_glas

 

 

 

 
Spaghetti Aglio e Olio Acciuga.jpg [[File:Spaghetti Aglio e Olio Acciuga.jpg|Spaghetti_Aglio_e_Olio_Acciuga]]